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Autore: Teriel Donovan    05/11/2017    2 recensioni
Una storiellina leggera che spero vi divertirà!
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Postilla

1: è assolutamente vietato prendere seriamente questa cosa. È puramente demenziale. Un tot di parole buttate alla buona per strappare un sorriso (?) e nulla di più.
2: nato da un mio sclero e dalla combinazione letale di un pensiero presente nel gruppo che frequento: perché il periodo mestruale è sempre censurato nelle storie?
3: ripeto che è una cavolata, scrivere storie umoristiche non è nelle mie corde ergo siete stati avvertiti, abbiate pietà e state lontani per il vostro bene.
4: Mentre la scrivevo, sono entrata anch'io in quel periodo del mese. E qui capisci quanto la vita sia "Poker Face".
5: *apre ombrello per ripararsi dagli sputi*  @AlenGarou, sappi che è nata per colpa tua. Te la dedico e me la svigno! 
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So Dangerous

(Save me!)

 

 

La luce della luna, seppur incantevole, filtrava appena dalle tende della finestra. Steven si guardò intorno ma era troppo buio per vedere qualcosa piazzato dov'era. Per sfuggire a quell'essere diabolico, era corso lungo le scale, ficcandosi nella prima stanza che aveva trovato ed infine…  
Sotto al letto, pensò sgomento. Solo in quel momento aveva realizzato dov'era. Fra tutte le opzioni possibili… ogni vittima non sceglieva forse quel posto? Neanche fosse un carro armato o una torre magica anti mostro, pensò con astio. E lui che lo sapeva, aveva seguito la massa. Già li vedeva i suoi amici sbellicarsi dalle risate rotolando a più non posso.
Sbuffando, ragionò sul fatto che lui era alto, snello. E bianco com'era, dalla testa ai piedi, che altro poteva fare? Nell'armadio? Un classico. E non vi erano altre scelte ragionevoli. Rimanervi però era ridicolo. Forse poteva fare un bel salto dalla finestra? Era anche muscoloso e flessibile, si vantò fra sé. Rimuginando, Steven annuì ma poi si udì nell'aria un sibilò ed il pelo gli si rizzò completamente, spingendolo a rimanere dov'era. Una lacrima gli scivolò lungo la guancia. Si sentiva così afflitto. Il peggior Halloween di sempre. Annuì convinto. Lui, lontano cugino di IT. Nipote di primo grado del Conte Dracula, amico intimo di Frankenstein, parente lontano dei più antichi fantasmi scozzesi… figlio di Kusai la mummia vampiro e di Canias la donna lupo del Nord, grazie al quale tutti lo scambiavano per Anubis in persona, ridotto così. Sotto a un letto sconosciuto, le mani sul capo. Gli avrebbero riso tutti dietro.
Fra tutte le case… proprio quella doveva scegliere? Tutto era successo così in fretta… Aveva cercato a lungo, con cura, per poi imbattersi in quella deliziosa casetta in legno a due piani completamente isolata e, dalle finestre, aveva intravisto una giovane fanciulla dai lunghi capelli scuri che emanava un profumino delizioso. Ghignando spavaldo, aveva bussato alla porta.
Rabbrividì al solo pensiero. Non l'avesse mai fatto! Desiderava tornare indietro nel tempo per darsi un pugno da solo.
La creatura che gli aveva aperto lo aveva fissato dall'alto della sua piccola altezza. Lui, quasi due metri. Lei, una nanetta che a stento gli arrivava allo stomaco. Capelli ricciuti a più non posso. Pelle cadaverica. Occhiaie sinistre e occhi iniettati di sangue. Indossava un maglioncino blu e i pantaloni del pigiama con cuoricini verdi stampati con una scritta sopra: mai una gioia.
Semplici abiti che mettevano in risalto una figuretta minuta. Aveva quasi sbuffato, pensando che avrebbe fatto bene a trovarsi un dessert. Lei certo non gli sarebbe bastata a saziarsi l'appetito.
Lo aveva guardato con occhi stralunati. La bocca socchiusa in stato di shock.
Al grido di: «Nutrimi con il tuo sangue, donna!» aveva messo in mostra i canini che per l'occasione aveva lucidato ben bene.  Oh, come si era gustato quel momento! Annuì convinto, versando qualche lacrimuccia. Si era aspettato che ridesse, un classico che lui adorava perché poteva dare un bel morso dimostrativo degno del suo rango. Tanto bastava per vederli sbiancare e sentire il loro sangue pompar più veloce nelle vene. Non vi era altra musica più deliziosa, davvero.
Aveva visto la sua bocca spalancarsi e quanto aveva goduto al suo grido! Si sarebbe messo a ballare. E mezza piroetta l'aveva fatta. E poi il dramma.
«Tu…» aveva biasciato l'umana con voce tenebrosa e cavernicola. «Ti sei vestito da Tampax gigante.»
Eh? Era stato il suo turno di guardarla sgomento. Una luce sinistra era comparsa nello sguardo della ragazza.
«Come osi!» Aveva letteralmente ringhiato, afferrando le sue pantofole di peluche. Così morbide a vedersi e così... letali!  Chi lo avrebbe mai detto che potevano fare così male? Steven guaì piano.
Con un feroce ruggito, la creatura umana lo aveva trascinato dentro con una mossa degna del più grande Wrestling Man della terra mai esistito. Gli era sempre piaciuto ficcanasare nelle cose umane. Era un modo per studiare la preda e le sue abitudini e il Wrestling era fra i suoi programmi favoriti, ma mai si sarebbe aspettato di viverlo in prima persona. Torsioni, morsi, pugni, calci… aveva preso a sbatacchiarlo qua e là come se fosse stato una pallina.
Tutto al ritmo di:
«Come osi offendere una povera donna indifesa.»
«Come osi ricordarmi che sono nel mio periodo mensile.»
«Come osi prendertela con un fiore così delicato e fragile nel suo periodo più oscuro?»
Si era ritrovato a chiederle se fosse figlia lontana di qualche mostro, una tal forza bruta non si spiegava. Aveva ragionato sul fatto che quella creatura mostruosa probabilmente aveva mangiato un'umana e lo aveva indotto a pensare che quel dolce aroma che Steven aveva fiutato provenisse da lei. Errori che succedono.
Era una creatura oscura bene educata e cortese lui, pronto a porgerle le sue scuse. Attaccava solo gli umani. Un altro imperdonabile errore.
Lo aveva letteralmente assordato con un urlo così acuto che le sue orecchie avevano minacciato di rompersi. «Come osi ferire così i miei sentimenti! Sono solo una povera donna indifesa!» aveva latrato. «Me la pagherai, Tampax Man!»
Tampax man, pensò sbigottito in quel momento. Non si sarebbe mai ripreso. In tutta la sua carriera non aveva mai ricevuto una simile offesa.
«Prima la mia famiglia mi abbandona qui! Me, la loro unica bambina, Eloise!» aveva proseguito lei in tono teatrale. «Dicendo che sono insopportabile e che torneranno a prendermi fra una settimana, quando mi sarà passato il mio periodo! Ma un po' di sensibilità per le mie condizioni? Abbandonarmi così!» aveva sbuffato, digrignando i denti emettendo un rumore infernale. «E poi arriva il mio dolce fidanzatino a sfottermi.» gli aveva lanciato un'occhiata omicida. «E così io sarei una bestiolina che farebbe prima a vestirsi di tamponi, per quanto sangue perde, eh Steven? Dolce amore della mia vita!»
O dell'Oltretomba, per come lo aveva guardato.
«Cos-?» aveva balbettato d'istinto. Invero, aveva ripreso sicurezza. Il suo malcapitato fidanzato si chiamava come lui. Lei lo aveva scambiato per un altro.
Ignara di tutto, Eloise gli aveva rivolto un sorriso maligno. «Si, me lo ricordo bene.» aveva confermato. «A quanto pare la lezioncina non ti è bastata, vero Steven? Solo tu potevi osare tanto!»
«Io non sono il tuo ragazzo!» aveva replicato indignato, ergendosi fieramente in tutta la sua altezza.
«Sono un nobile mostro di prima categoria! E compiango quel povero umano!»
Si era aspettato che finalmente mostrasse un po' di comprensibile timore. Persino pentimento…
Gli aveva graffiato la faccia con due rapide mosse degne di un felino, mettendolo all'angolo.
«Lurido bugiardo!»
«Ste-ven!» sentì la sua voce cantilenare proprio in quel momento. «Steven! Mio piccolo Tampax Man adorato, dove sei?»
Rabbrividì. Mai fidarsi di qualcuno che pronuncia il tuo nome in quel modo, prolungandolo all'infinito. Ha in mente solo turpi torture.
Supplicante, immune di fronte alla sua brutale forza disumana, Steven si era ritrovato a pronunciare una solenne promessa: «Io, Steven, chiedo umilmente perdono e giuro che non lo rifarò più! Risparmia la mia vita!»
Non era bastato. Gli aveva urlato con voce velenosa che era troppo tardi. Avrebbe giurato che la sua lingua era spuntata fuori, biforcuta e malevola mentre ribadiva: «ti farò gustare il mio sangue. Non è questo quello che volevi?»
I suoi occhi avevano scintillato. Alla scuola di mostri sarebbe stata la prima della classe, con laurea ad honorem.
Steven aveva scosso il capo, muovendolo ad una tale velocità che per poco non gli si era staccata dalle spalle. Qualsiasi cosa significasse… non voleva scoprirlo. Era scappato a gambe levate, distruggendo la parete alle sue spalle. Eloise non lo aveva preso per un soffio. Aveva sentito distintamente le sue unghie affondargli nella schiena. E bruciava ancora. Gli sfuggì un altro piccolo guaito. Aveva bisogno di gelato, coccole e cure mediche.
«Esci fuori! Non ti faccio niente, promesso!»
La sua voce era innaturalmente zuccherosa. Steven abbassò le orecchie. Era così che facevano le femmine degli insetti prima di staccare la testa del compagno. Non doveva trovarlo, pensò, assolutamente no! Era un essere orribile, sul serio.
Tutto a un tratto gli si parò davanti un volto distorto dall'ira. Urlò in preda al panico, schizzò verso l’alto e la sua povera testa sbatté contro le doghe di legno e giù contro il pavimento!
Con una mossa fulminea lei scaraventò via il letto, le labbra curvate in un sorriso sinistro.
Gli afferrò un orecchio, tirandolo forte per poi fissarlo stupefatta.
«Non viene via.» commentò.
«Non sono il tuo Steven! Te lo avevo detto di non esserlo!» si lagnò. Ma ormai non gli importava più. Approfittando del suo momento di sorpresa, compiendo un elegante balzo che gli fece riacquistare un po' di orgoglio perduto, oltrepassò la finestra, ricadendo perfettamente sul prato.
«Mi hai rotto la finestra!» ruggì Eloise.
Steven alzò il capo d'istinto, trovandola affacciata, i capelli spioventi in avanti in stile piovra.
«T'inseguirò fino ai confini del mondo!»
La vide saltare e Steven non aveva alcun dubbio che sarebbe sopravvissuta né che avrebbe messo in atto le sue minacce. Per questo scappò a zampe levate!
Avrebbe scritto un manuale, se fosse sopravvissuto.
Prima regola dei mostri: Nessuno era più spaventoso di una donna in periodo mestruale. Nessuno…
Steven ululò alla luna.
 

 

 

 

 

   
 
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