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Autore: _Charlie_    05/11/2017    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 45:
 

La Sfera della Distruzione

 

 

E fu subito buio.
Il baccano, le grida strazianti di chi perdeva i propri cari... ogni suono si estinse.
Per qualche minuto, o forse per un'interminabile era, l'Universo tacque.
Era da sola, vittima del silenzio e dell'oscurità.
Teneva ancora gli occhi chiusi quando la sua mano andò in cerca di un qualcosa che lei stessa ignorava. Il tappeto di neve era svanito, la luce del sole adesso le irradiava il volto.
Mosse un piede scoprendo di non essersi fatta alcun male. Com'era possibile?
Inarcò le sopracciglia e dischiuse una fessura di smeraldo, cauta. Non una singola nuvola ad oltraggiare quell'azzurro così limpido, brillante, puro.
Si appoggiò sugli avambracci mentre il suo corpo e la sua mente si abituavano a quel nuovo scenario. Non aveva più le ali, l'uniforme e la Spada; indosso, un abitino bianco – le maniche lunghe, di pizzo, la gonna che le arrivava all'altezza delle ginocchia.
Si alzò in piedi, la cascata rossa che le percorreva la schiena.
Tutt'intorno non vi era altro che verde: i cipressi, nobili e importanti, si stagliavano seguendo un loro proprio tragitto, rigando in questo modo i confini dell'arena. Il prato era infinito, pallido e monocromatico. I fiori erano stati banditi, le rose erano elementi sconosciuti. Uno zefiro soave spirò poi dalle ombre delle chiome, portando con sé il sussurro di una voce... una voce che la fanciulla conosceva fin troppo bene.
Il primo istinto fu quello di scappare.
Il secondo, il terzo ed i successivi pensieri furono: resta.
Deglutì, nervosa. Erano anni che attendeva quell'incontro, di vedere quella donna sbucare fuori dall'ombra e parlarle.
Morgause sorrise, accelerando il passo. L'inesorabile scorrere del tempo non aveva scalfito il suo volto di pietra nemmeno con una piccola ruga. Aveva i capelli bruni che le calavano sul petto, indosso un maglione viola ed un pantalone stretto, più scuro, che le accentuava le forme sottili.
Man mano che si avvicinava ed il suo profumo di vaniglia prendeva ad inquinare l'aria, la ragazza scoppiò a piangere.
Troppi pensieri le affollarono la mente.
« Bambina mia » debuttò Morgause, avvolgendola tra le proprie braccia: « sta' tranquilla... ci sono io adesso ».
« Perché? » Sbottò Arya, tra un singhiozzo e l'altro – i pugni chiusi ed il viso inondato dalle lacrime. « Perché?! »
La donna le baciò la fronte e la convinse a sdraiarsi sull'erba, con la testa sulle sue gambe.
La radura si ammutolì, mentre i raggi solari accompagnavano quell'inedito, dolce quadretto: la figlia sventurata, piccola e tutta rannicchiata, tentava di imporsi la calma; la madre sciagurata, invece, le carezzava le gote, sussurrandole che ogni cosa, presto o tardi, sarebbe andata per il verso giusto.
« Sono morta? »
« No, Arya. Avevo solo voglia di vederti ».
« Ma tu mi odiavi ».
« Io non ti ho mai odiata » ammise Morgause, sorridente: « odiavo il pensiero che un giorno ti avrei persa, che un giorno non saresti più stata mia. Crescevi ed io non potevo far nulla al riguardo ».
Arya sorrise al suo stesso modo.
« Sei stata molto coraggiosa... non ti ho mai persa di vista ».
« Davvero? »
La donna annuì: « quando sei venuta al cimitero, quando hai sconfitto quel demone e chiuso il Portale, io ero lì ».
« Insieme al papà? »
« Ovviamente ».
Restarono in quella posizione per altri mille anni, con Morgause che intonava strofe di ninnananne e cullava sua figlia come mai aveva fatto prima.
Arya si addormentò, trovando la pace. Niente e nessuno avrebbe potuto trascinarla via da quell'incantesimo. Al suo risveglio, si accorse di non aver sognato nulla. Tutto ciò di cui aveva bisogno era lì, in carne ed ossa.
Il sole l'accecava. Non sarebbe mai tramontato, o almeno non lo avrebbe mai fatto spontaneamente, senza che gli venisse imposto un ordine.
« Come mai ci troviamo qui? » Le domandò a bassa voce.
« Non lo so. Non l'ho creato io ».
« Pensi sia il Paradiso? » Disse Arya, colta da un'epifania tanto improvvisa quanto sconvolgente: « dov'è la zia Sarah? Dov'è Frank? »
« Non ti curar di loro » le rispose Morgause: « ci siamo solo noi due ».
« Ma io vorrei vederli! »
« Magari loro non vogliono vedere te, Arya ».
« Perché devi dire queste cattiverie? » Si liberò del suo abbraccio e, rialzandosi, proseguì: « loro hanno badato a me quando tu sei morta! »
« Quella è stata solo una tua fantasia! » Esclamò l'altra: « tu sei stata in un orfanotrofio, Arya! Hai sempre avuto delle visioni piuttosto convincenti. Loro non ti vogliono bene. Ti avrebbero gettato in un bidone dell'immondizia al primo accenno di una gravidanza! Lo sai, no? »
Arya s'incupì nuovamente: « no... stai mentendo! »
« Fidati di me, Arya » Morgause le afferrò un polso: « fidati di tua madre ».
La ragazza, più confusa che mai, abbassò lo sguardo.
« Bene... ora, devo solo chiederti un favore ».
« Un favore? »
Ella annuì: « tu hai un qualcosa di molto prezioso che sto cercando da tempo ».
« Di cosa parli? »
« Lo sai ».
Brillarono i Frammenti, comparsi dal nulla, nei palmi della giovane.
Morgause allungò il mento, come se decisa a cacciare una preda facile, orrendamente intontita da sussurri e falsi bisbigli. Quando, però, un'ennesima voce sfumò dalla coltre del bosco, il veleno che le fluiva nelle vene ricominciò a palesarsi.
« Tua madre era un tale mostro, Arya? Non riesci nemmeno a distinguere la sua figura da quella di un demone? »
Arya arretrò di un passo – gesto che non sfuggì alla vista della donna, che immediatamente tentò di riacchiapparla. Avevano riconosciuto entrambe il suono di quella voce e bastarono pochi istanti prima che anche la radura incontrasse una delle streghe più celebri della storia: la leggendaria Hazelle.
« Felice di avervi interrotte » annunciò, il sorriso privo di gioia incastonato tra le rughe del volto antico. Indossava uno dei suoi soliti abiti neri, semplice, con il carrè biondo platino che le scivolava sulle spalle.
Mano nella mano, come se si stesse massaggiando una vecchia ferita, prese a camminare.
Il cielo e la terra attesero, muti, le loro prossime mosse.
« Che ci fai qui, Hazelle? » Abbaiò Morgause.
« Non ho alcuna intenzione di intrattenermi con te, servo delle tenebre ».
Arya aveva così tanto da dirle che non riuscì a proferir parola. Non sapendo da dove iniziare, esordì con la prima cosa che fu in grado di estrapolare dalla mente: « come hai fatto ad arrivare qui? »
« Mi ci hai condotto tu » rivelò Hazelle: « non so che razza di posto sia, però è piuttosto facile da ingannare ed intrufolarcisi ».
« Ho per caso creato una nuova dimensione? »
« Ebbene sì. Pur di non scomparire, di morire, di abbandonarti alle ombre, hai resistito alla fattura di Morgante. Hai creato una dimensione che si staglia tra quella dei vivi e quella dei morti; potrai scegliere da te se continuare o seguirmi. Sei la strega più potente del mondo, Arya ».
« Non darle retta! » Esclamò Morgause, le pupille allungate: « cacciala via! Il vostro rapporto non è mai stato uno dei migliori, no? »
« Vero » ammise Arya, debolmente.
« Arya... quella non è tua madre. È un demone! Morgante sta cercando di impossessarsi dei tuoi Frammenti! ».
« E allora? Non è questo lo scopo principale? Potrei darglieli e basta, no? Almeno tutta questa faccenda finirebbe! È quello che ha detto anche Zehelena! »
« Prego? » La interruppe Hazelle, ad un tratto confusa: « che razza di nome si è originato dalla tua bocca? »
Arya annuì: « avevi ragione su di lei... è sempre rimasta lì, alle Scogliere di Moher. Nascoste agli umani, infatti, nell'ombra di una roccia, si celano le rovine di Meeragonthur... un luogo antico, orribile ».
« Zehelena è viva? » Domandò Morgause, con tono innaturale, demoniaco.
« Taci! » Le ordinò Hazelle e, incerta, riprese: « spiegami tutto ».
Con i Frammenti ancora nel palmo di una mano, Arya concesse un ultimo sguardo all'ombra di sua madre, la quale cominciò a sgretolarsi come un terreno arido non appena la dimensione ricevette il muto sussurro, l'ordine ignoto che neppure ad Hazelle fu concesso ascoltare.
Morgause allungò una mano, ma le caddero le dita, gli occhi e la lingua. In poco meno di un istante, del demone non restò altro che polvere.
« Perché Morgante non mi sta attaccando nel mondo reale? Potrebbe uccidermi subito, sono vulnerabile! »
« Probabilmente è solo ciò che pensi tu. Potrebbe essere che non ci stia riuscendo e che abbia inviato quella cosa per facilitarsi il compito ».
« Potrebbe essere così, in effetti! » Esclamò Arya, preoccupata: « devo sbrigarmi! »
Dunque, riferì ad Hazelle tutto ciò che era accaduto fino a quel momento: partendo dal Rifugio, passando per Rhona, e arrivando a Zehelena.
Gli occhi della strega brillarono di luce propria e lacrime di sollievo le scesero in volto, terminando il loro cammino tra le pieghe della bocca.
« Se solo avessi saputo... » cominciò, affranta.
« ...avresti seguito Zehelena in quel posto dimenticato dall'Universo » terminò Arya: « e Zehelena non te l'avrebbe mai perdonato ».
« Non troverò mai la pace... neppure da morta » Hazelle si passò una mano tra i capelli, accorgendosi solo allora di quanto stesse tremando.
« Non dire così » Arya gliela afferrò saldamente: « ti prometto che troverò il modo di liberarla... prima o poi, vi ricongiungerete ».
« E come credi che si possa fare? » Sorrise Hazelle.
« Tu lascia fare a me ».
Ed il buio tornò, soffocando la radura e la luce.
In un attimo, Arya sentì un dolore accentuarsi alla caviglia, le ali pesare sulla propria schiena.
Batté più volte le ciglia, notando le fiamme divampare nella notte.
Sputò polvere e neve, tentando in ogni modo di rimettersi in piedi.
Era possibile che stesse avendo delle allucinazioni? Accanto a lei si stagliavano alcune figure che immediatamente non fu in grado di riconoscere: la prima era alta, con i capelli dorati ed un pugnale chiuso nel pugno destro; la seconda era più bassa, il volto coperto dalla fuliggine ed il sangue di qualcun altro.
« Cassandra! » Esclamò quest'ultima, felice: « Cassandra! Corri! Si è svegliata! »
« Oh, grazie al cielo... »
Beckah, le braccia allungate contro un'orda famelica di demoni, volse ancora lo sguardo: « come ti senti, Arya? Stai bene? »
« Hai fatto proprio un bel volo! » Esclamò Cassandra, anche lei impegnata nel difenderla: « fortuna che sei precipitata a qualche metro da qui! Siamo riuscite appena in tempo a teletrasportarti via dall'ira di Morgante! »
« Ma che cosa state facendo? » Arya si alzò a fatica, con la testa che andò a sbattere contro il punto più alto di quella barriera invisibile che le due streghe avevano appena eretto.
« Ti proteggiamo, non vedi? »
« Appena te la senti... NOX MORDRE! » Beckah cacciò via un'aracnide: « ti liberiamo, okay? »
Ma Arya non ebbe alcuna difficoltà ad uscir via da quella cupola stretta e scomoda; difatti, le bastò colpire un'unica volta la parete immateriale che essa si sbriciolò in una cenere argentea.
« Dov'è lui? E dove sono tutti gli altri? » Chiese con un tono di voce che non le si addiceva.
Cassandra allungò il mento: « lassù! »
Così, nel buio pesto della notte, Arya riuscì ad individuare Morgante: teneva le braccia incrociate dinanzi al petto e muoveva il volto lentamente, come un cacciatore alle prese con un animale che presto avrebbe divorato.
« Non andare, Arya! » La ammonì Beckah: « non devi farlo! »
« Perché? Il piano è quello di consegnargli i Frammenti! »
« Sì, ma ciò non implica che tu ti faccia ammazzare! »
Arya inspirò profondamente, cercando di chiarirsi le idee. « Dobbiamo far terminare questa guerra il prima possibile – tentennò per un istante – abbiamo già perso Quinn, non vorrei che altri facessero la stessa fine ».
Cassandra, finalmente, si concesse una pausa dallo sterminio di demoni che stava attuando e le riservò uno sguardo perplesso. « Che cos'hai detto? »
Beckah, al contrario, strizzò gli occhi per non farsi cogliere da un pianto isterico.
« Sì, Quinn non c'è più! » Ribadì Arya, stanca: « ma non è certo morta invano! È riuscita ad uccidere Castigo ».
« Oh, cazzo... » Cassandra afferrò una fiaschetta dalla sua uniforme e bevve coraggio liquido.
« Passalo anche a me! » Esclamò Arya: « spero proprio che tutti gli altri stiano bene. Voi due come vi siete trovate? »
« Be', ecco » iniziò Beckah: « devo dirti una cosa ».
« Oh, no. Non credo sia il momento giusto » tentò Cassandra.
« Che cosa dovete dirmi? Parlate! » Le invitò Arya, attenta.
« I Demoni-Senza-Nome di Castigo ci hanno attaccati nelle fogne » Beckah si trovava ormai sull'orlo della disperazione: « sono esplosi al contatto con i Bracciali di Oliver e Logan ».
« E adesso dove stanno? Throker e Zhokron, invece? »
« Non te lo so dire. Le fogne sono una fittissima rete di tunnel e... – incespicò – ci hanno attaccati ancora con la Marea Nera... la stessa che avevano utilizzato al Rifugio ».
« Vi siete divisi? Parla! » Esclamò ancora Arya.
« Ho perso di vista Oliver e Logan... ma Throker e Zhokron, invece... » Beckah non riuscì più a trattenere le lacrime: « era velocissima, non puoi neanche immaginare! Eravamo in trappola e loro non riuscivano a stare al mio passo, erano troppo lenti! »
« Quindi li hai lasciati indietro? »
Beckah annuì.
« Tu li hai lasciati morire in quel modo? » Arya si morse un labbro, tanto da farlo sanguinare: « sei proprio una stronza ».
« No, Arya! » Gridò Beckah, afferrandola per un polso: « non me lo perdonerò mai, ma ero troppo spaventata... credevo di morire ».
« Fa' silenzio! » Le ordinò Arya, liberandosi dalla sua presa: « non aggravare ancor di più la situazione! » Dunque, spiegò le ali nere come il suo cuore e volò via.
Con la perdita delle certezze ed un mondo che bruciava ai suoi piedi, si impose il controllo. Ancora una volta, non poteva mostrarsi per quel che era, ovvero una ragazzina debole, stanca, fragile, distrutta, in perenne conflitto con se stessa, che in quel momento non desiderava altro che la pace eterna.
Morgante rise e la raggiunse, lento.
Arya gli allungò i Frammenti.
« È questo ciò che desideri, no? » Disse, nervosa. « Vieni e- ».
Un pugno ben assestato ed un dente schizzò via dalla sua bocca.
Morgante l'acchiappò dai capelli e la lanciò contro il tetto di una villa.
Arya, il volto pregno di sangue, non ebbe neanche il tempo di riprendersi che fu attaccata nuovamente. Urlò dal dolore quando Morgante le prese a pugni lo stomaco, le afferrò la testa e gliela fece sbattere una, due, tre volte contro le marsigliesi.
« UCCIDIMI! » Sbraitò Arya, senza reagire: « UCCIDIMI, FORZA! »
« Non così in fretta! » Sibilò lui, accostandosi sempre più e privandola facilmente di una piuma.
« Cosa stai facendo? »
« Sta' zitta! » E con violenza immane, le dita del serpente le si annidarono sulla schiena, proprio lì, dove ala e carne trovavano il loro punto di incontro. « Ti farò soffrire così tanto, Arya Mason, Ex-Custode della Chiave e fottutissima Guardiana del Fuoco Aureo ».
Schizzi di sangue, lacrime e urla accompagnarono quel gesto tanto meschino quanto brutale.
Arya percepì il corpo andarle a fuoco, la vista annebbiarsi. Adesso era solamente in grado di ascoltare quella risata malvagia, che le inquinava la mente e la umiliava.
Il suo sguardo era quello di una bambina, un trionfo di muco e sangue.
Morgante agitò l'ala nera a mo' di ventaglio, per poi allentare la presa attorno all'osso e farla precipitare in mezzo alla neve.
« Adesso dammi i Frammenti, o ti staccherò anche l'altra ».
Arya allungò la mano tremante.
« Grazie mille » Morgante si aprì in un sorriso privo di gioia: « avresti potuto consegnarli a tua madre, almeno ci saremmo risparmiati questa triste scena ».
« Ci rivediamo all'Inferno, Morgante ».
« Stanne certa ».
E così, tutti e sette i Frammenti furono riuniti. La luce che si sprigionò al loro primo contatto fu accecante, fredda ed eterna. Quando la Sfera della Distruzione si presentò sul palmo del demone, la terra tremò ed il cielo assunse un colorito minaccioso.
Una minuscola crepa si aprì poi sulla sua superficie e dal viola uscì del fumo nero, così denso, così velenoso.
Ben presto, la risata di Morgante mutò in un grido disperato.
Sotto lo sguardo attento di Arya e di tutti i cittadini di Rozendhel, egli fu inghiottito dal fumo: gli esplosero gli occhi, gli caddero i capelli, gli si squagliò l'abito...
Il fumo marciò ovunque prendendo le sembianze di una nube nera, più vasta del cielo stesso.
Intermittenti lampi rossi accesero la notte, ed Incubo, il cosiddetto Demone Supremo, finalmente, si mostrò loro.
Non aveva volto. Non aveva forma. Non aveva pensieri.
Ruggì la sua ira, sfidando l'Universo, e celebrò il suo ritorno.
La Spada di Meera vibrò nel cuoio ed Arya tentò di rimettersi in piedi.
Seppur non avesse occhi, Incubo la guardò.
In un attimo, tutto tacque.

 

 

  
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