Capitolo 7
Day 7: Save the Date
Aprii gli occhi ancor prima del suono della
sveglia e cercai di fare mente locale, confusa più che mai.
Avevo sognato?
Luca mi aveva baciato, aveva detto che gli
piacevo, il tutto nella sala riunioni dove chiunque avrebbe potuto beccarci,
poi mi aveva accompagnato fino alla mia stanza dove, rapidamente, sperando che
nessuna ragazzina del mio piano aprisse la porta, mi aveva baciato con tanto di
“Buonanotte, domani mattina vengo da te verso le sette, ok?”, mi aveva stretto a
sé per l’ultima volta e se ne era andato, salvo poi voltarsi e farmi
quell’occhiolino che ormai era il suo marchio.
Sospirai, mi voltai su un fianco e vidi il
vestito azzurro di Forever21 su una gruccia, appoggiato vicino l’armadio.
No, non era un sogno.
Mi misi a sedere e mi sforzai di non
pensare alla realtà che di sicuro mi avrebbe punto come una marea di spilli.
Tralasciando la precarietà della situazione
visto che tra una settimana esatta io e Luca non avremmo più condiviso il luogo
in cui ci trovavamo e che magari quel pomeriggio, passando del tempo insieme,
saremmo tornati a litigare e ci saremmo mandati a quel paese, stavamo andando
contro la regola di Saverio e se ci avessero beccati ciò avrebbe inciso sulla
nostra valutazione finale.
Ne valeva la pena?
Ripensai alla sensazione di gioia che avevo
provato in quei minuti gloriosi in cui mi aveva baciato e mi aveva stretto a sé
e conclusi che, sì, ne valeva la pena visto che non mi sentivo così viva da
tanto.
Ragion per cui mi alzai rapidamente e mi affrettai
a prepararmi visto che nel giro di trenta minuti Luca avrebbe bussato alla mia
porta.
Lottai contro la doccia per non bagnare i
capelli visto che avevano ancora una piega decente e mi sforzai di rendermi più
presentabile usando un po’ di trucco in più.
Per fortuna, alle sei e cinquanta, ero già
pronta perché lui bussò alla porta in netto anticipo.
Sentivo le gambe che mi tremavano, mi
affrettai ad aprire senza fare domande stupide come “Chi é?” per non far
sentire la sua voce alle ragazzine che avevano la stanza nel mio stesso
corridoio.
Quando me lo ritrovai davanti sorrisi senza
riuscire a controllarmi, lo feci entrare e senza fregarmene lo abbracciai, con
il risultato che ci trovammo stretti contro la porta.
“Buon compleanno, Alice” sussurrò al mio
orecchio, mentre mi stringeva a sua volta.
“Grazie... per l’ennesima volta” ironizzai,
separandomi da lui.
Lui si guardò intorno, osservò la stanza
dalle mura beige in tinta con l’armadio e la scrivania e si soffermò a guardare
il vestito.
“La tua camera è più carina della mia,
l’ala dell’edificio dei ragazzi è più rozza” osservò.
“Non oso immaginare, già questa non è un
granché” provai a fare conversazione.
Per tenermi impegnata controllai lo zaino e
ripescai il badge dalla scrivania, salvo poi guardarlo di nuovo.
“Vuoi sederti?” proposi, indicando
stupidamente il letto.
Lui assunse un’aria furba e mi si avvicinò.
“Eviterei, Alice. Meglio questa” indicò la
sedia della scrivania – ringraziai mentalmente il fatto di averla svuotata dai
vestiti il giorno prima – e prese posto, per poi prendermi per un braccio e
trascinarmi su di sè.
Mi ritrovai seduta sulle sue gambe, con le
sue braccia che circondavano le mie.
“Ciao” sussurrai imbarazzata, visto che i
nostri visi se ne stavano a pochi centimetri di distanza.
“Ciao” ribadì lui. “Quando ti imbarazzi
sei... Non lo so, non so descriverlo... Adorabile”.
“Ma no, non sono imbarazzata...”.
“Ah, no?”.
“Vuoi perdere tempo a litigare?” lo
provocai, appoggiando le braccia sulle sue spalle belle larghe che erano uno
degli elementi della sua fisicità che adoravo.
“No, Ali. Non voglio perdere tempo con te,
nemmeno un minuto” dichiarò, questa volta serio, senza smettere di guardarmi
negli occhi. “Non vedo l’ora di stare con te, oggi... Sembrerà sciocco, ma a
causa tua ho dormito pochissimo”.
“E’ una cosa carina” sottolineai, per poi
accarezzargli una parte del volto senza riuscire a controllarmi. Non aveva
barba, i capelli castano scuro gli circondavano il viso un po’ ovale e
contrastavano con gli occhi verdi e la pelle un po’ abbronzata. “Io... Mi sento
felice”.
“Anche io. E fortunato! Tra tanti nomi sei
capitata tu... che fortuna”.
Avrei potuto fare la scema e fare qualche
smorfia, ma mi limitai a continuare a guardarlo, fino a che la distanza
tra noi fu nulla, i nostri nasi si sfiorarono e ci ribaciammo.
Fu un bacio lento ma deciso, come quello di
due persone che vogliono godersi nel migliore dei modi ogni istante a loro
disposizione.
Sentivo le sue mani che mi sostenevano, per
poi passare ad accarezzarmi i capelli, mentre io le tenevo sul suo petto, come
se mi fossi ancorata a lui.
Lo sentivo quasi timoroso, come se temesse
di spingersi troppo oltre e la cosa mi sorprese perché ero perfettamente
cosciente del fatto che non avrei avuto la forza di respingerlo.
Mi beavo dei suoi baci sul collo, erano in
grado di trasmettermi una sorta di energia elettrica in tutto il corpo, e
ricambiai avvicinando al suo orecchio.
“No!” mi bloccò, facendomi sobbalzare.
“Cos...?”.
“Alice, sei fantastica ma quello è il mio
punto debole e... Insomma, tra venticinque minuti devo essere con i ragazzi
e...”.
“E...?” lo presi in giro.
“Insomma, sono un gentiluomo ma così
facendo non mi aiuti, vorrei evitare di saltarti addosso e farti pensare...”.
Si stava letteralmente imbarazzando, non
sapeva cosa dire ed io mi alzai, decidendo di lasciargli i suoi spazi.
“Luca, è tutto ok e, diciamolo, ci
attraiamo reciprocamente. Stai tranquillo” lo calmai, sedendomi di fronte a
lui, cercando a mia volta di riprendermi da quella breve ma intensa pomiciata.
“Giuro che pagherei per poter starmene
tranquillo qui, con te. Ho pensato ad un gioco per conoscerci meglio” aggiunse,
cambiando argomento.
“Addirittura!”.
“Addirittura”.
“Sono curiosa, nessuno aveva fatto una cosa
simile per me. Non vedo l’ora di saperne di più sul celebre Luca Antonini. Per
ora so solo che adora il suo lavoro come group leader, che viene da Napoli, che
sotto sotto sembra essere un romanticone, che occasionalmente ha bisogno di una
birra, sembra avere un cuore grande e... Che bacia molto bene”.
Ero davvero io quella che si stava
prendendo la libertà di flirtare così bene?
Evidentemente Luca apprezzò la mia
sfrontataggine perché si alzò e mi venne incontro, fino a sedersi al mio
fianco.
“Io dovrei aggiungere alla lista di ciò che
so su di te che hai un potere innato di stuzzicarmi con delle semplici parole”
esclamò.
“Davvero?”.
“Davvero...”.
Non so precisamente la dinamica con cui ci
ritrovammo stesi sul letto, abbracciati.
Avevo la testa sul suo petto e sentivo il
suo cuore battere forte.
Mi strinse più forte a sé e mi lasciò un
bacio tra i capelli, prima di giocare con una ciocca.
“Alice, la mia tentatrice” ironizzò, ma
come risposta si beccò una cuscinata in faccia.
Tornare alla realtà del college fu davvero
dura, a partire dalle mille strategie per far sì che nessuna delle ragazze
vedesse Luca uscire dalla mia stanza fino al far finta di nulla a colazione.
Stupide regole, stupide formalità, stupidi
sentimenti... Stupida voglia di sentirsi meno soli.
Mi ritrovai ad annuire durante varie
conversazioni ma senza dire la mia o ribattere in maniera intelligente tanto
che mi sentivo sopra una nuvola e feci colazione in modo piuttosto silenziosa,
proprio come Nadia che leggeva qualcosa sul cellulare di tanto in tanto mentre
mangiava.
Mi sforzavo di non guardare Luca – ci
eravamo seduti appositamente lontani – e osservavo gli altri.
Clara sonnecchiava, Salvatore sembrava
assente come Nadia, Giada mangiava, Elena rispondeva a qualche messaggio
vocale, Mario come al solito faceva lo scemo dandoci fastidio.
“Allora, Alice, come ti sembrano questi
venticinque anni, eh?” domandò Clara.
Quasi non sputai per aria i cereali! Mi
contenni e vidi subito che Luca si era voltato a guardarmi.
“Oh beh, bene direi, tranquilli più che
altro” mentii.
“Tranquilli? Allora oggi dobbiamo
movimentarteli un po’!”.
Incredula, mi voltai verso Luca che
sorrideva beffardo. Mi stava forse prendendo in giro?
“Non credo si possa fare molto” stetti al
gioco, guardandolo di striscio, come se la cosa non mi riguardasse.
“Ci proveremo” insisté, senza smettere di
guardarmi.
“Però è stato bello festeggiare ieri sera,
siamo un bel gruppo” disse Nadia, cordiale.
“Sì, un gruppo molto unito” continuò
Luca.
Il bello è che chi non sapeva i retroscena
poteva semplicemente pensare ad un suo essere carino nei confronti del gruppo,
infatti Clara disse: “Oh, Luca, siamo sentimentali oggi!” ed io cercai di
sminuire il tutto con un: “Ma sì, siamo davvero un bel gruppo, mi avete fatto
sentire a casa! Anzi, se mi inviate la foto la posto per ricordo!”.
Subito Mario, il re dei social del gruppo,
si affrettò ad inviarmi la foto della sera prima più altre di cui non ne sapevo
nulla.
Mi sorpresi nel vedere quella in cui spegnevo
le candeline perché si vedeva Luca che mi guardava e sorrideva genuinamente.
Quella di gruppo era fantastica, tutti in
posa ma naturali, tutti avevano le divise tranne me, Giada e Saverio come al
solito ed io sembravo davvero spensierata.
Non decisi nemmeno di aggiungere un filtro,
quella foto doveva rimanere così, naturale.
La postai, taggai tutti e poi, rapidamente,
scrissi un messaggio alle mie migliori amiche che meritavano di sapere.
“Novità, ha detto
che gli piaccio e ci siamo baciati.. Più di una volta! ;)” scrissi
rapidamente nel nostro gruppo Whatsapp.
Sapevo che avrei scatenato il delirio e che
non avrei avuto modo di replicare ma dovevano sapere, dovevano condividere
questo momento con me.
“Che carini che siamo” disse Nadia, mentre
guardava la foto. Guardò l’orologio e afferrò il vassoio con la colazione ormai
finita. “Ragazzi, sono le otto e dieci,corro un attimo in camera perché ho
dimenticato una cosa e torno per portare i miei ragazzi in classe” disse.
“Vai a girare un tutorial?” la presi in
giro.
“Mi hai scoperto! Che bella che eri ieri.
Anche oggi, eh” esclamò, in un moto di affetto tale che mi si avvicinò e mi
diede un bacio sulla guancia prima di andarsene.
“Eh meno male” ridacchiai.
Notai che erano tutti visibilmente stanchi,
infatti finirono di mangiare poco dopo per andare a stendersi nel prato o sulle
panchine retrostanti alla mensa, dove i ragazzi si raggruppavano prima di
andare a lezione.
Sembrava tutto fatto di proposito e non me
lo spiegavo.
In più, Saverio non si era visto e io non
sapevo quanto avrei dovuto lavorare quella mattina.
Ritrovandoci da soli, Luca si spostò di
fronte a me.
“Sei uno scemo” borbottai.
Lui subito capì che parlavo dei suoi
riferimenti e scrollò le spalle.
“Adoro quando cerchi di fare la finta
tonta, davvero”.
“Cazzo!”.
“Cosa...?”.
“Ieri ho lasciato i vestiti in bagno, nella
sala riunioni... Dovrei andare a riprenderli, tanto manca tempo alle nove”
esclamai.
“Dovrei prenderteli io visto che è per colpa
mia se li hai lasciati lì” disse.
“Non ti vantare troppo, Antonini”.
“Eddai...”.
“Ok, si, un po’ è colpa tua. Potresti
aiutarmi trovandomi qualcuno che abbia le chiavi dell’edificio, ad esempio”.
“A disposizione, signorì”.
“Mi piace quando fai il napoletano...”
sussurrai, più che altro per non far ascoltare nulla ad eventuali ragazzini.
“Buono a sapersi” mormorò, guardandomi
intensamente, tanto da farmi venire la pelle d’oca e fingermi disinvolta mi
costò molto.
Uscimmo dalla mensa e per fortuna, su una
panchina di fronte al prato, incontrammo Salvatore che subito ci prestò la
chiave dell’edificio.
“Non sei costretto a venire con me...”
esclamai, quando andai in direzione dei dormitori.
Ritrovarci da solo era rischioso, sapevo
che davanti a una sua dimostrazione d’affetto non mi sarei tirata indietro e
avremmo rischiato grosso.
“Faccio il bravo” disse, probabilmente
capendo il perché della mia preoccupazione.
“Io ancora devo realizzare. Non ci sto
capendo niente” ammisi, voltandomi e trovando il coraggio di guardarlo in
faccia.
“Beh, nemmeno io. E’ tutto così surreale.
Sembra tutto complesso, non credi? Ma forse in fondo è più semplice di quel che
sembra” disse, vago.
“Cosa vuoi dire?”.
“Ci stiamo avvicinando ma ci conosciamo da
una settimana e...”.
Esitai e subito mi bloccai, afferrandolo
per un polso con decisione approfittando dell’assenza di gente dello staff e
dei ragazzi.
In più, eravamo in una zona con varie
piante e giardini quindi potevamo nasconderci.
Vedendo quel gesto fermo, Luca sembrò non
capire.
“Chiariamo una cosa, Luca. Non devi fare
finti discorsi carini per imbambolarmi, non sono quel tipo di ragazza. Siamo
onesti! Sì, ci conosciamo da sette giorni e tra altri sette io andrò a Roma e
tu a Napoli. Tutto semplice, niente di complesso, io non sono la ragazza che ti
perseguiterà o che ha aspettative dopo ieri sera” esclamai, visto che mi ero
sentita in dovere di dire quelle cose non appena c’era stato un accenno di
discorso pseudo complesso.
Lui sembrò sorpreso da quel discorso, nel
senso che mi guardò come se fossi strana.
“Alice... Stavo per dire che in realtà è
semplice perché ci conosciamo da poco ma c’è chimica tra di noi e quella non
scatta dopo un tot di tempo, o c’è o non c’è” sottolineò.
Arrossii e mi portai una mano alla bocca,
abbassando lo sguardo per poi tornare a camminare.
“Lo penso anche io ma ciò non cambia ciò
che ho detto”.
“Hai ragione e io non ho mai pensato che tu
fossi il tipo di ragazza che si riempie di chissà quali aspettative, anzi, a
questo punto mi sa che le mie sono più alte delle tue...”.
“Ma dai! Luca, godiamoci il presente” lo
incoraggiai, alzando gli occhi e vedendo che mi guardava in un modo che
ispirava fiducia.
Lo spinsi verso una zona piena di piccoli
cespugli e mi strinsi a lui come per confermare che ero sempre la stessa della
sera prima e lui parve gradire perché mi afferrò per un fianco e ricambiò la
stretta.
Quando arrivammo all’edificio lui mi
aspettò fuori, così aprii il piccolo portone di ingresso, mi avviai al primo
piano ed entrai nella sala riunioni.
Aprii la porta di scatto, decisa nel fare
in fretta, ed entrai rapidamente.
Tuttavia, mi bloccai di scatto quando mi si
parò davanti una scena che non dimenticherò mai e poi mai, nemmeno sotto
l’effetto di qualche procedura intensiva o ipnosi.
C’era una ragazza stesa sul divano con un
ragazzo sopra di lei e i due stavano pomiciando selvaggiamente, tanto che le
gambe di lei erano attorno alla vita di lui.
“Ahhh!!” urlai senza riuscire a contenermi,
per poi scappare fuori dalla sala.
“Alice, che cazzo...?!”.
Mi coprii la mano con la bocca, rossa come
un peperone, con il cuore che mi batteva a mille, indecisa se riprendermi o
continuare a dileguarmi.
“Alice...”.
Mi voltai e vidi che Nadia e Saverio non
stavano meglio di me, entrambi con i volti arrossati – probabilmente per altre
cause – gli abiti stropicciati e via dicendo.
Per una volta, lei non aveva il rossetto...
“Ragazzi, scusate, ieri ho dimenticato i
vestiti che indossavo prima di provare l’abito e volevo prenderli visto che
mancano una trentina di minuti alle nove. Scusate, ho chiesto la chiave
dell’edificio a Salvatore...” biascicai, quasi mangiando alcune parole per
l’imbarazzo.
“Avresti dovuto avvisarmi! Vivo io qui, è
come se io venissi nella sala del tuo piano!” esclamò Saverio.
“Ma non ti ho visto a colazione! Sei sempre
così pieno di cose da fare che non volevo disturbarti per una cosa scema...”.
“Alice ha ragione. La colpa è nostra”
sussurrò Nadia, senza avere la forza di guardarmi negli occhi.
“Perché non vi siete chiusi in una stanza?
Qui la porta non ha la chiave!” osservai. “Avrebbe potuto beccarvi
chiunque...”.
“No! Chiunque no! Nessuno ha la chiave...”.
“Oltre a Nadia anche Mario ed Elena vivono
qui” gli feci notare. “Comunque scusatemi e tranquilli che sarò super discreta”
mormorai, anche se non riuscivo a capacitarmene visto che Saverio era quello
che mi diceva di non fare cazzate e mi aveva avvertito sulle relazioni con i
colleghi.
Certo, io ero dalla parte del torto visto
che avevo pomiciato a mia volta con un collega, solo che è strano vedere il tuo
capo predicare bene e razzolare male.
“Dopo, in ufficio, possiamo parlare?”
aggiunse il capo, improvvisamente più docile.
“Certo, come sempre” dissi, prima di
guardarli un’ultima volta, entrare di nuovo nella sala, prendere i vestiti e
uscire.
Non dissi niente a Luca – avrei voluto
tanto, davvero, soprattutto per dirgli che non eravamo gli unici a star
combinando qualcosa che andava contro il regolamento – ma Saverio era colui che
dal primo giorno mi aveva supportato e non meritava una bastardata simile.
Volevo saperne di più e non creare pasticci
visto che mi bastavano quelli creati fino a quel momento.
Così, quando Luca mi vide un po’
accigliata, dissi semplicemente che pensavo a quanto sarebbe stata dura
concentrarsi sul lavoro.
Io tornai in camera per posare i vestiti e
lui tornò al campus per raccogliere i suoi ragazzi e portarli in classe.
Le immagini di Saverio e Nadia che si
stringevano freneticamente mi inondavano la testa e pensavo ad un eventuale
evento simile tra me e Luca.
E se ci avessero scoperto?
Nessuno dei due era il capo, nessuno ci
avrebbe tutelato!
Valutazione negativa e via, lavoro perso,
nessuna possibilità di essere richiamati.
Ne valeva la pena?
Era la seconda volta che me lo chiedevo ma
con una prospettiva diversa nel giro di meno due ore.
Nadia non avrebbe avuto alcuna valutazione
negativa, pensai, arrabbiata, mentre io dovevo pensarci mille volte dopo che
per un anno non avevo avuto alcuna gioia in ambito sentimentale.
In tutto ciò, il mio cellulare stava
andando a fuoco visto i mille messaggi delle mie amiche che volevano saperne di
più.
Cosaaaa?
Lo sapevo!
E raccontaci dai!
Comunque ho visto la foto su Facebook e ho
capito perché ti interessa, furbacchiona!
E’ davvero bellissimo!
Presi un bel respiro e, provando a
schiarirmi la mente, feci una registrazione in cui riassumevo tutto,
tralasciando la questione di Saverio, per poi tornare verso il campus.
Stavo confrontando il testo di un’email con
ciò che avevo tradotto per confrontare il tutto quando vidi Saverio spuntare
dalla porta con in mano un fazzoletto con su un mega cookie con scaglie di
cioccolato.
Eravamo soli, tutti erano in giro con i
ragazzi visto che era già l’ora della pausa.
Lui prese posto di fronte a me e appoggiò
il biscotto al mio lato con gentilezza.
“Per te. A quanto pare questo è il meglio
che ti danno se in caffetteria chiedi qualcosa di dolce per una che compie gli
anni” si scusò.
Sorrisi per il pensiero e alzai lo sguardo.
“Grazie. Vuoi forse corrompermi...?” ironizzai.
Il mio capo prese un bel respiro e si
guardò intorno prima di guardarmi in faccia con aria grave.
“Alice, il mio destino qui è farti delle
paternali e poi tornare sulla retta via. Ti ho aggredito come un pazzo, non te
lo meritavi, semplicemente mi comporto così quando le cose non vanno come dico
io” si scusò, colpevole. “Cosa avrai pensato di me? “Questo stronzo mi fa il
discorsetto se uno spagnolo mi invita a ballare e poi lo becco addosso a una
mia collega”. Lo so che è così” insisté quando finsi di dissimulare. “E hai
ragione. Hai ragione, Alice!”.
“Saverio, tu non devi giustificarti con me,
basta che ciò non vada a sfavore di Nadia perché so quanto sia un periodo
critico per lei e...”.
“Pensi che non lo sappia? Pensi che...”.
Saverio si passò una mano in volta e poi strinse un pugno più forte che mai
sulla scrivania. Esitò e poi tornò sui suoi passi. “E’ successo tutto
all’improvviso, Alice, due giorni fa, dopo la solita riunione. Io da quando
l’ho vista ne sono rimasto colpito ma lei è sempre così schiva, silenziosa...
Nei vari momenti liberi abbiamo avuto modo di chiacchierare e una volta abbiamo
pranzato insieme, a Londra, quando voi avete scelto di mangiare da un’altra
parte. Non so come due giorni fa sono uscito fuori per fumare, voi eravate già
tutti nelle vostre stanze, e lei era lì, fumava a sua volta. Non ricordo che ci
siamo detti, so solo che l’ho accompagnata in camera sua e lei mi ha
baciato. Lei, Alice! Ci credi? Io no, non ancora! E sono due giorni che sono
allegro ma con la testa tra le nuvole perché mi sembra di conoscerla da una
vita” spiegò rapidamente, infervorato come non lo avevo mai visto.
Aveva gli occhi lucidi attraverso gli
occhiali, un’aria da hipster sentimentale e l’aria di chi sta vivendo un sogno
e non se ne capacita.
Vedendolo così mi sentii commossa e felice
per lui perché si vedeva che era qualcosa di profondo e non una classica
storiella.
“Vivete anche nella stessa regione, no?”
azzardai, speranzosa.
Lui parve illuminarsi udendo questa
informazione.
“Sì. Lei sembra decisa a vedermi anche al
ritorno...”.
“Mi fa piacere per voi”.
“Alice, se mi stai giudicando...”.
“Saverio, non ti giudico. Nadia mi ha
raccontato un po’ della sua vita e merita un po’ di felicità e tu... Beh, non
conosco la tua vita sentimentale, ma ti vedo più tranquillo tranne quando mi
urli contro” - qui rise di cuore - “Quindi non mi sembra male. Farò il
tifo per voi e terrò la bocca chiusa” promisi.
“In realtà pensavamo di dirlo al gruppo”.
Avevo appena preso un pezzetto di cookie e
quasi mi strozzai udendo ciò.
Tossii, feci fatica ad ingoiare il tutto e
alla fine lo guardai con gli occhi dilatati.
“Che?”.
“Sì. Diciamocelo, come te chiunque potrebbe
beccarci ed è meglio essere onesti. Staremo più tranquilli...”.
“E, scusami, quando parlavi di valutazioni
negative in questi casi...?”.
Volevo sapere, morivo dalla voglia di
capire se il discorso di Saverio era lineare o a convenienza.
“Capisco dove vuoi andare a parare. Se hai
notato io mi riferivo in particolare agli spagnoli, agli inglesi, perché sono
quelli che non lavorano per la nostra azienda e potrebbero denunciarci alle
risorse umane in qualsiasi momento. Tra di noi intesi come facenti parte della Emperor
Travel, beh, se ci fidiamo non c’è problema”.
Annuii, comprendendo solo in parte il suo
discorso perché qualche giorno fa la situazione era decisamente più seria, ora
tutto sembrava sorridergli in seguito all’ “effetto Nadia”.
“Dai che domenica ti danno pure la camera
doppia, fa proprio al caso tuo” lo presi in giro, senza commentare
l’informazione che mi aveva dato.
“Tralasciando che Nadia lavorerà come
tutti, la camera la lascio a te che hai salvato la gita, ricordi?”.
“No, avevi detto che era tua quando siamo
tornati in ufficio...”.
“Alì, dai, su, non farti pregare. E’ tua,
scherzavo. Non lo faccio perché ora potresti sputtanarmi...”.
“Ah, no?”.
“No, portati qualcuno pure tu. Mario mi
sembra proprio bisognoso di coccole, facci un pensierino”.
“Lo farò” lo presi in giro, giusto per
deviare l’attenzione su altri colleghi.
Detto ciò si alzò con un “Bella
chiacchierata”, alzò il pollice e uscì, dicendomi che dopo avrebbe letto gli
appunti che gli avrei lasciato.
Quando sentii il rumore della porta che si
era chiusa, la realtà mi piombò addosso.
Nel giro di tre giorni avrei avuto una
camera d’hotel doppia tutta per me, una camera super lussuosa, in un hotel con
spa e Luca, per uno scherzo del destino, aveva la domenica libera.
Andai in panico, e non perché lui sembrava
il tipo che di fronte a una simile congiunzione astrale mi avrebbe proposto
insistentemente di fare qualcosa, più che altro perché io non sapevo
cosa volessi.
Ero preoccupata, quando Luca mi stava
vicino perdevo il controllo e temevo che, lasciandomi andare, qualcuno ci
avrebbe scoperti.
Il mio cervello, in un secondo, mi propinò
scene in cui qualche ragazzino non si sa come ci vedeva, o qualche membro del
team inglese, in cui non potevamo tutelarci...
E fu la fine della mia pace.
“Raggiungimi qui”.
Non so come ero riuscita a starmene per i
fatti miei dicendo che nel tempo libero avrei cercato una libreria mentre Luca
già se ne era andato, raggiungendo il posto di cui mi aveva inviato la
localizzazione.
Era a trecento metri da me, così, a
malincuore obbedii e seguii il percorso, più che altro perché non sapevo cosa
fare.
Saverio ci avrebbe parlato quella sera
della sua storia con Nadia e io ero ancora indecisa su cosa fare.
“Eccoti!”.
Non ebbi nemmeno il tempo di dire qualcosa
che Luca mi stava stringendo a sé con una dolcezza mai vista, in un modo che
quasi mi faceva scomparire tra le sue enormi e salde braccia.
“Ehi” sussurrai, quando ci ritrovammo
faccia a faccia.
“Finalmente soli!”.
Sembrava decisamente su di giri, entusiasta
e mi guardava in attesa.
“Ti va di prendere qualcosa da bere?”
propose.
Era così emozionato e trepidante che mi
sentivo in colpa per il mio stato d’animo non proprio adatto all’occasione.
Annuii e mi sentii strana quando mi prese
per mano, conducendomi fino ad un bar a un centinaio di metri da dove eravamo.
Quel gesto mi mise ansia, lui sembrava
troppo coinvolto nonostante ci fossimo solo dati qualche bacio e io, nel
momento in cui stavamo per entrare nel locale, esitai.
Cosa dovevo fare?
Non sapevo bene cosa, ma non volevo
assolutamente passare per pazza.
“Luca, non pensi che stiamo correndo
troppo?” domandai, con un nodo in gola che quasi mi impediva di parlare.
Lentamente, separai le nostre mani e mi
sentii mortificata quando lui mi guardò senza capire.
“Cosa?”.
“Sì, insomma...”.
“Alice, stiamo andando a prendere qualcosa
al bar” mi ricordò gentilmente.
“Ho paura, Luca” ammisi quindi, non
riuscendo a guardarlo in faccia.
“Paura?”.
Non potevo vederlo ma suonava sorpreso e
intimorito.
“Di cosa?”.
“Di tutto! Che ci scoprano, di rimanere
delusa per qualcosa, di...”.
“Di metterti in gioco” concluse lui per me.
“Guardami, Alice”.
Trepidante, alzai il volto e vidi tanta
amarezza dipinta sul suo volto.
“Non devi cacciare scuse se hai cambiato
idea o hai visto che non ti interesso, non siamo bambini” esclamò, sforzandosi
di essere pacato.
Feci un cenno negativo. “No! Non è
questo... Tu sei capace di farmi stare tranquilla e serena, stamattina non
credevo ai miei occhi quando sei venuto in camera, è che...”.
Mi bloccai.
Tradire Saverio o passare per pazza?
Lui avrebbe comunque detto la verità a
tutti, no, quella sera? Che senso aveva non spiegare l’origine di quel caos se
comunque nel giro di poche ore lo avrebbe scoperto?
“Stamattina, in sala riunione, ho
beccato... Saverio e Nadia. Si baciavano...”.
“Cosa?”.
“Sì. Saverio ce lo dirà stasera, lui e
Nadia sembrano avere intenzioni serie, si trovano bene, ma tutto ciò che io ho
visto in quel momento è stato qualcuno che scopriva me e te nella stessa
situazione e qui nessuno dei due è il capo, nessuno ci può tutelare, hai
sentito Saverio”.
Luca sembrava scioccato, confuso, si
portava la mano alla testa, mi guardava incredulo.
“Hai capito che... Io non ne valgo la
pena”.
“Luca, non dire così... Sono andata in
panico!”.
“E io sono qui per questo! Se ti va
possiamo essere l’uno l’ancora dell’altro, se hai qualche preoccupazione io
sono qui per te” disse, quasi sussurrando.
Mi si avvicinò, mi prese per mano e mi
strinse a sè gentilmente, accarezzandomi pacatamente la schiena.
“Io amo il mio lavoro come te, Alice, ma
solo starti vicino lo rende migliore” sussurrò al mio orecchio.
Non riuscii a trattenermi, non ero
tranquilla nonostante i suoi tentativi, così mi separai gentilmente e ci
guardammo.
“Stai per piangere...?” domandò, esitante.
“Io... Se devo esserci voglio esserci
dentro fino al collo, per ora non me la sento” dissi, con un’orribile voce
nasale.
Luca lasciò ogni contatto e sospirò.
“Come vuoi, Alice. Calmati, ci vediamo a
cena” esclamò, senza insistere o senza pregarmi.
Lentamente si allontanò da me, fece qualche
passo, si voltò in mia direzione e poi continuò a guardare avanti, mentre io
maledicevo ogni singola cellula del mio corpo che mi rendeva così nervosa e
sensibile.
Che bel compleanno.
Tutti, a cena, sembravano allegri e
tranquilli.
Mi cantarono per l’ennesima volta “Tanti
auguri!”, tanto che i ragazzi di vari gruppi mi si avvicinarono e mi fecero gli
auguri a loro volta.
Io ovviamente fingevo di stare calma e Luca
sembrava ancora più coinvolto dai suoi ragazzi, Nadia mi lanciava delle
occhiate ansiose ed io mi sforzavo di sorriderle e Saverio sembrava
innaturalmente giocherellone.
Non vedevo l’ora di tornare in camera e
dormire ma, ovviamente, c’era la riunione serale, prevista per le dieci.
I GL erano già nella sala riunioni con
Elena e Saverio perché stavano organizzando la divisione delle camere una volta
giunti in hotel ad Oxford ed io, Mario e Giada non avevamo niente da fare
nell’arco di tempo precedente all’incontro, così mi andai a fare una doccia e
alle 21.45 ero fuori all’edificio con loro.
“Alice, è successa una cosa carinissima!”
mi accolse Giada, seduta su una panchina.
“Cosa?” mi informai, prendendo posto al suo
fianco.
Mario se ne stava seduto davanti a noi e
sembrava a sua volta piacevolmente animato da quel misterioso accaduto. “Lo
abbiamo appena saputo, è successo oggi. Hai presente Mirko, quello della
squadra di Luca?”.
“Sì, quello che ballava con Enzo, no?”.
“Esattamente! Praticamente oggi Luca lo ha
incontrato durante il tempo libero, tutto solo... Si è confidato e gli ha detto
di avere una cotta per Enzo ma temeva di esporsi”.
“Sì!” continuò Giada. “Luca gli ha detto di
non pensare alle conseguenze, di vivere il momento, di dare retta ai suoi
sentimenti... Lo ha aiutato, ha chiamato Enzo dicendolo di venire ad coffee
shop, così lui si è ritrovato Mirko, li ha lasciati parlare e li abbiamo
beccati vicini in pullman, abbracciati!”.
“Noo, che carini!” esclamai, desiderando in
cuore mio di avere la stessa leggerezza e voglia di mettersi in gioco di due
adolescenti.
“Sì, abbiamo la prima coppietta, mi sa!”.
“E’ appena finita la prima settimana, ora
spunteranno come i funghi” disse profeticamente Mario, con l’aria di chi la
sapeva lunga e io mi chiesi se sapesse di Saverio e Nadia visto che sembrava
essergli molto amico.
“Non c’è cosa più romantica di una storia
vissuta in una vacanza studio” sospirò Giada, quasi con gli occhi che le
brillavano. “La consapevolezza di avere poco tempo a meno che non si abiti
vicini o sia pronti a una storia a distanza amplifica il tutto di dieci volte,
i sentimenti sono più veri che mai, si vive bene ogni istante...”.
Presi il cellulare e finsi di aver ricevuto
un messaggio, troppo emotiva per sentire quel discorso.
Mi sentivo in colpa come non mai, pensavo a
Luca, al mio essere un po’ troppo rigida e paurosa...
Lui aveva dato dei consigli preziosi ad un
ragazzo che li aveva seguiti e ora aveva al suo fianco colui per cui si era
beccato una cotta, mentre io me ne stavo così, immobile, persa nella teoria e
nell’astratto di varie possibilità.
Nel giro di pochi minuti lo vidi uscire
dall’edificio con il resto dello staff, che sembrava parecchio provato e
stanco.
Lo guardai e lui mi rivolse un breve cenno,
prima di scroccare una sigaretta a Saverio.
“Tu fumi?” domandò Clara, incredula, mentre
accendeva a sua volta una sigaretta.
Luca scrollò le spalle. “Occasionalmente,
non ho il vizio ma ogni tanto mi rilassa” spiegò.
“Ragazzi, pausa sigaretta e poi riunione,
ho una cosa da dirvi” disse Saverio, concitato.
Guardai Nadia e la vidi quasi sobbalzare al
solo pensiero, così mi avvicinai a lei e con una scusa ci allontanammo un po’
dal gruppo.
“Andrà bene” sussurrai.
Lei mi guardò e si torturò le mani,
incerta.
“Mi odio. Mi sono messa in una
situazione...” boccheggiò, alzando gli occhi al cielo.
“Nadia, se ho capito bene ci tieni a lui,
vero?” domandai.
“Molto. Non lo so, mi sembra di conoscerlo
da secoli e... Alice, mi fa sentire al sicuro, rispettata, mi credi?” chiese.
“Sì, Nadia, e sono felice per voi”.
“Scusami per oggi, chissà che avrai
pensato...”.
Mi lasciai scappare una risata e lei mi
imitò, poi le passai un braccio attorno la spalla e lei mi sorrise, un po’ più
serena.
Appurato ciò che c’era da fare in vista del
London Eye e dell’organizzazione degli ultimi dettagli per Oxford, Saverio si
prese una pausa e guardò Nadia.
Tutti erano con le energie al minimo, poco
reattivi, e probabilmente il capo se ne rese conto.
Si avvicinò alla group leader, la strinse a
sé e, senza darle il tempo di muoversi, le stampò un bacio in bocca.
Le reazioni furono prevedibili: Clara
scattò in avanti, aguzzando la vista, Salvatore quasi si strozzò con una birra,
Luca sobbalzò e poi mi guardò impercettibilmente, Elena si portò una mano alla
bocca, Giada disse: “Eeeeeeh?” e Mario gongolò soddisfatto dicendo: “Lo
sapevo!”.
Quando si separò da Nadia ci guardò,
annuendo.
“Sì, abbiamo una storia da due giorni. Sì,
va contro le regole... Ma oggi Alice ci ha beccato e abbiamo deciso di rendere
partecipe tutto il gruppo perché sappiamo che ci sosterrete, basta non farlo
sapere agli altri team”.
Rossa in volto – e non per il blush – Nadia
annuì timidamente.
“Ci troviamo bene e non sarà una cosa passeggera,
ecco perché ve ne parliamo. E sono stata io ad iniziare il tutto, Saverio è
stato sulle sue” spiegò, alzandosi e prendendo la mano del direttore tra le
sue.
Quel gesto mi fece commuovere e pensai a
quando, poche ore prima, Luca aveva fatto lo stesso con me.
“E braviiii!” urlò Mario, gettandosi
addosso ai due, seguito da Clara ed Elena.
Salvatore era evidentemente sotto shock e
Luca sembrava indeciso sul da farsi, alla fine optò per una pacca sulla spalla
e una frase di circostanza, salvo poi sedersi di nuovo e prendersi a sua volta
una delle varie birre avanzate dalla sera prima.
“Mi hanno fatto un bel regalo di
compleanno” ironizzai io, facendo ridere tutti, mentre, dentro di me, non mi
andava proprio di ridere.
*°*°*°*
Dopo secoli sono di nuovo qui, scusate.
Non aggiorno da quasi due mesi ma ho un motivo ben preciso: a metà settembre sono stata convocata come insegnante di spagnolo e ho realizzato il mio “sogno”, mi sono trasferita dalla Campania all’Emilia Romagna e piano piano ho raggiunto la cattedra completa, inizialmente la situazione era precaria perché avevo poche ore... Quindi tra trasferimenti, treni, ricerca della casa, il lavoro e tutto il resto non avevo la tranquillità e il tempo per aggiornare.
Ora sono qui, con uno dei miei capitoli preferiti e spero davvero che vi sia piaciuto, ci tengo molto.
Non abbandonerò Alice, piano piano aggiornerò e continuerò a scrivere, ora sono al capitolo 10.
Che ne dite? Fatemi sapere :D
Ecco uno spoiler per farmi perdonare ehhe:
“Dipende, non so se
Saverio mi cerca” dissi, riluttante, spostandomi di qualche passo.
“Non ci ha detto
nulla...”.
“Luca, hello!
Welcome to the kitchen lab!” esclamò Paula, nel suo inglese che non esitava
a celare l’accento spagnolo.
Vedendola così
entusiasta mi irrigidii.
“Ma, dopotutto, se
Saverio mi vuole me lo farà sapere” conclusi, tornando al mio posto.
A presto <3
Milly.