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Autore: Chiaro_di_Luna07    05/11/2017    0 recensioni
"Amami o odiami, entrambi sono a mio favore.
Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore,
se mi odi, sarò sempre nella tua mente."
(Sogno di una notte di mezza estate)
[Personaggi: Jhin, Nuovo Personaggio; scusate non sono riuscita a trovarli nell'elenco TT-TT]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8.CAP7

“È bastato uno sguardo, o un gesto, o un breve colloquio. La loro anima se n’è andata, per un istante, per un’ora.
(Søren Kierkegaard)

 

La mattina successiva Selene era stata costretta ad alzarsi presto a causa di un violento conato di vomito; subito era corsa in bagno e lì era rimasta, finché sfinita non si era appoggiata al muro con le labbra sporche di sangue scarlatto e nero. Appena ebbe il coraggio di vedere ciò che aveva rigettato, rabbrividì: nel sanitario vi era solo sangue; il cuore le batteva all’impazzata mentre prendeva coscienza del fatto che la discesa lenta e inesorabile verso la morte era iniziata. In quel momento più che mai aveva bisogno di uscire e prendere una boccata di aria fresca; sentiva il corpo caldo e le mani pizzicare, mentre prepotenti lacrime inondavano i suoi occhi. Deglutì ricacciandole indietro, poi si rimise in piedi e si avviò verso il giardino che si trovava alle spalle della locanda, quindi scese le scale, attraversò il salottino davanti la reception e varcò la porta che si affacciava sul retro. Nel cortile fu investita da una piacevole brezza, così richiuse il mantello che Hadmon le aveva lasciato in camera la sera prima e si avviò verso una piccola panchina posizionata a ridosso di un albero.

Silenziosamente si sedette e rimase a contemplare un piccolo laghetto che si trovava a pochi metri da lei; portò le gambe al petto mentre nella sua mente si facevano largo le preoccupazioni che aveva cercato di scacciare nell’arco di quei giorni. Passarono pochi attimi e poi, non potendo più contenersi, scoppiò in lacrime; odiava con tutta sé stessa l’eccezionalità del suo ruolo che proprio ora la stava privando della sua stessa vita e della normalità che aveva sempre agognato. Poggiò il capo al tronco dell’albero vicino a lei e rimase ad osservare il lago, mentre le lacrime percorrevano le sue guance, bagnando alcune ciocche di capelli e il mantello. “Perché…” si chiese mentalmente, mentre il suo stomaco si contraeva per la frustrazione e la desolazione. Si mise una mano di fronte agli occhi nel momento in cui riprese a piangere, singhiozzando. Tuttavia presa come era dalle sue preoccupazioni non si accorse che qualcuno si era avvicinato a lei.

-Selene? –

Di scatto Selene sollevò il viso e con la vista offuscata dalle lacrime vide la figura di Jhin. Dietro la sua maschera il suo occhio scarlatto le rivolgeva uno sguardo preoccupato, mentre il ghigno sinistro che aveva scolpito sul viso sembrava essersi velato di malinconia e tristezza, come se averla vista in quello stato fosse stato qualcosa di cui rammaricarsi.

-Va via…- singhiozzò Selene, nascondendo il viso.

Insolitamente dispiaciuto e preoccupato nel vederla in quello stato, e nuovamente spinto dall’ormai familiare filo invisibile, rimase e si chinò su di lei. Con delicatezza le scostò le mani dal viso e quando lo fece l’altra oppose poca resistenza, lasciandogli scostare le ciocche umide che coprivano le sue pozze ghiaccio. Scorse le sue labbra macchiate di sangue e sentì una fitta all’altezza del cuore: stava succedendo ciò che Hadmon gli aveva accennato. Deglutì a vuoto.

-Cosa c’è che non va Selene? – chiese timorosamente Jhin. Ogni parola di quella frase da lui pronunciata pesava più di un macigno: conosceva già la risposta.

-Io… il mio corpo sta morendo… - singhiozzò Selene, asciugando le lacrime con il mantello che aveva indosso -… e io non voglio, ho paura…-

Aveva posto un inutile domanda, solo per aver certezza di un destino immutabile, ma ancor più dolorosa fu sentire quella risposta; per qualche motivo remoto sentiva di essere legato a lei e quel pensiero permise al suo cuore di prendere il sopravvento in quella situazione. Solo per quella volta le sarebbe stato accanto e l’avrebbe sostenuta. Solo per quella volta avrebbe messo da parte ogni rischio cui avrebbe esposto entrambi, avvicinandosi e fidandosi di lei. Solo per quella volta non avrebbe pensato a nessuna conseguenza. Le prese delicatamente il viso tra le mani e con un fazzoletto le asciugò le lacrime, le sussurrò di aprire gli occhi e di guardarlo. Non era mai stato bravo a mostrare il suo lato più umano, perciò si lasciò guidare dall’istinto e da quell’invisibile legame, divenuto sempre più intenso.

-Cerca di calmarti, Selene… -

-Proprio non ci riesco… mi sento così impotente e sola… il mio corpo ha iniziato a degradarsi, il mio paese sta venendo distrutto… - disse Selene, cadendo in ginocchio a terra di fronte a lui -… io non posso fare niente… niente! –

A quelle parole Jhin rimase in silenzio. Solitudine. Conosceva bene così bene quel termine, era divenuto così familiare al punto da caratterizzarlo: il gelo che accompagnava quella parola con gli anni aveva iniziato a scorrere nelle sue vene e aveva seppellito il suo cuore insieme ai suoi sentimenti; non poteva abbandonarla a quel destino, non voleva, nonostante sapesse che prendendo quella scelta avrebbe esposto entrambi. Un individuo come lui, un criminale come lui non poteva avvicinarsi a una Guardiana; gli era stato vietato, e lui sapeva che scotto bisognava pagare nell’infrangerlo. Non conosceva nulla sul suo paese, però finché sarebbe stata a Ionia l’avrebbe aiutata a qualsiasi costo.

-Selene, ascoltami – disse Jhin con tono serio, prendendole il viso tra le mani - io ti aiuterò. Hadmon sta già cercando una soluzione, perciò è solo una questione di tempo. Puoi star certa che non morirai. Io non lo permetterò –

-Jhin…- sussurrò Selene, inchiodando gli occhi nel suo. La maschera sul suo volto aveva smesso di fissarla maleficamente e il suo occhio scarlatto la osservava trasmettendole uno strano quanto insolito affetto.

-Hadmon mi ha spiegato chi sei e cosa ti succederà… non lascerò che la tua vita sfumi via tra le mie mani. Non accadrà di nuovo, non con te –

Selene rimase interdetta da quelle parole, non avrebbe mai pensato di poterle sentire da un uomo come il Demone d’Oro; istintivamente portò le mani al suo collo, abbracciandolo. La tristezza di quel momento di debolezza stava lentamente sfumando via e questo grazie alle parole dell’uomo che le fecero recuperare un minimo di speranza. Al suo gesto sentì Jhin irrigidirsi, poi posare timorosamente le mani sulla sua schiena e il capo sulla sua spalla. Sapeva che era sbagliato, le era stato vietato di lasciarsi affascinare da un criminale come lui, eppure in quel momento non riuscì a cogliere nessuna nota che strideva. Si separò da lui qualche minuto dopo, rimanendo in silenzio, notò che persino inginocchiata vi era una differenza di altezza tra lei e il pistolero. In quel momento nello sguardo attento di Jhin colse un magnetismo sottile che la attrasse fatalmente all’altro; per un momento si chiese per quale motivo iniziasse a maturare più del semplice interesse nei suoi confronti, ma presto smise di pensare e si lasciò guidare dal suo cuore e dalla strana forza che la spingeva ad avvicinarsi all’uomo. Così portò le mani sulla sua maschera, subito Jhin indietreggiò appena con il capo ma lei posò le sottili dita alla base della sua maschera; non appena la sollevò per scostarla, Jhin le afferrò il polso e lei chiese silenziosamente il permesso di continuare. Una volta che l’altro ebbe lasciato la presa, gli tolse la maschera e la ripose a terra; come se quella concessione gli fosse costata immenso dolore, Jhin chiuse gli occhi e inspirò profondamente, di fatto a insaputa di Selene così era per lui: sfilare la sua maschera significava strappare via il suo odio, cosa a cui lui non era pronto. Con delicatezza Selene posò le mani sul suo viso coperto dal passamontagna, senza obiettare con gli occhi chiusi l’altro posò una guancia sulla sua mano sinistra, assecondando i suoi gesti. Quando riaprì il suo unico occhio la guardò intensamente. Vide l’altro sollevarle il mento e chinarsi su di lei, le sue labbra coperte erano a pochi millimetri dalle sue e il suo cuore iniziò a battere velocemente. Selene non seppe spiegare perfettamente il motivo per cui aveva agito istintivamente in quel modo, sentiva solo di starsi affezionando a lui. In un istante senza potersene capacitare Jhin le strappò un fugace bacio e, sebbene le labbra di lui fossero coperte dal passamontagna, riuscì a percepire la loro morbidezza; leggero come le piume il bacio durò un istante, dopo di che Jhin si separò da lei, sollevandosi in piedi.

Jhin sapeva bene che tutto quello era sbagliato e che così facendo aveva violato l’unico divieto impostogli: non avvicinarsi alla sua custode, peggio ancora a una Guardiana. Se mai fosse venuto allo scoperto quell’avvenimento, per lui non vi sarebbe stato scampo; inoltre temeva di potersi affezionare eccessivamente, sebbene non riuscisse a frenare più di tanto quel filo che tirava il suo cuore alla donna. Quell’avvenimento sarebbe stato solo una piccola parentesi fuori dalla normalità, non sarebbe dovuto mai più riaccadere dato che non voleva far correre rischi a entrambi e soprattutto non dover ripetere le vicende del passato. Indossò la maschera e posò lo sguardo su di lei, per un momento colse veramente la bellezza dei suoi lineamenti, cosa cui non aveva mai fatto caso; odiava la simmetria dei bei visi, e quello di Selene ne era la perfetta definizione, eppure nel suo volto vi era una curiosa nota armonica che lo rendeva diverso e unico. I suoi occhi ghiaccio lo osservavano intensamente, trasmettendogli una certa serenità che mai aveva avuto. Sorrise sotto la maschera, nonostante avesse temuto per anni di lasciar spazio ogni tanto al suo lato sentimentale, in quel momento sentiva di aver meno paura; aveva finalmente appurato che lei non era una minaccia per la sua indipendenza come aveva pensato nella Landa. Tuttavia nonostante gli costasse una immensa difficoltà, il sottile legame tra di loro non poteva rafforzarsi ulteriormente; avrebbe aiutato Hadmon e lei, mantenendo tutto nella più completa indifferenza. A quell’idea sentì una fitta al cuore, quella scelta era insolitamente dolorosa ma necessaria, nonostante nascondesse una verità ancora più profonda: lui aveva paura di affezionarsi, del suo passato e di poter fronteggiare i suoi fantasmi.

-Scusa… io… non volevo – disse Jhin, sentendo qualcosa andare in frantumi non appena la ragazza mostrò un’espressione desolata – ti metterei solo in pericolo, se dovessi affezionarmi a te… perciò non dovrà mai riaccadere un evento del genere –

Senza parole Selene sentì la terra venir meno da sotto i suoi piedi; stava accadendo di nuovo: prima si mostrava gentile con lei, poi tornava indietro sui suoi passi lasciando dietro di sé una ventata di gelo e indifferenza. In estremo imbarazzo per quella situazione e per essersi pentita di aver mostrato una parte di sé stessa all’uomo, sentì le gote accaldarsi e la testa girare. Odiava sé stessa per essersi fidata della sua gentilezza. Si mise in piedi barcollando a causa della stanchezza; forse l’imbarazzo estremo e il non potersi capacitare di quella rivelazione dopo che l’altro aveva compiuto quel gesto d’affetto inaspettato, la fecero sentire ancor più confusa; ad accompagnare la confusione vi fu la debolezza che prese possesso delle sue membra, mentre vedeva la vista offuscarsi e il corpo accaldarsi sempre più. Avrebbe voluto ribattere ma non appena aprì la bocca, cadde all’indietro; batté seppure lievemente la testa a terra e quello bastò a farle perdere definitivamente i sensi. Improvvisamente sprofondò nel buio più totale e i suoni armoniosi della natura furono accompagnati presto dal più sordo dei silenzi.

 

 

 

Quando Selene riaprì gli occhi, impiegò qualche minuto a mettere a fuoco l’ambiente che la circondava; presto realizzò di trovarsi nel letto della sua stanza, mentre un lenzuolo copriva interamente il suo corpo. Accanto a lei vi era Hadmon che attendeva una sua mossa; era evidente che fosse preoccupato per le sue condizioni di salute, le sue labbra erano ridotte a una sottile linea e la sua mascella era serrata, gli occhi velati dal dispiacere e celanti parole taciute e letali. Percependo qualcosa di umido sulla sua fronte Selene portò la mano alla fonte di freschezza, ma Hadmon prontamente le bloccò il polso e glielo ripose sul letto; sentiva le membra incredibilmente pesanti e il viso accaldato.

-Ti ho messo un panno sulla fronte per farti abbassare la febbre. Jhin mi ha detto che ti ha trovata svenuta nel giardino…- spiegò Hadmon con voce bassa.

-Jhin? Dove… -

In quel momento Selene si bloccò ricordando il momento in cui l’aveva baciata e poi subito allontanata; aveva mentito ad Hadmon, lui era stato con lei non l’aveva incontrata casualmente. Sentì qualcosa all’altezza del cuore andare in frantumi al punto che istintivamente morse il suo labbro per trattenere le lacrime: odiava sempre più il suo modo di fare, l’aveva risollevata e poi l’aveva fatta di nuovo crollare. Incolpò sé stessa per essere stata così stupida da potersi fidare del pistolero e confessargli alcuni suoi pensieri.

-Jhin si sta preparando, tra poco dovremmo incontrare la scorta di soldati e il governatore di Vindor, cui consegneremo la falce Darkin – disse Hadmon, aiutandola a mettersi seduta – riesci a stare in piedi? –

-Dovrei riuscirci -

Sebbene con molta fatica Selene si mise in piedi, molto lentamente si infilò gli alti stivali e indossò un pesante mantello; sentiva dei brividi di freddo attraversare la sua schiena e la testa incredibilmente pesante, aveva bisogno di riposo ma per quell’occasione avrebbe fatto un’eccezione. Negli occhi di Hadmon colse un velo di dispiacere che li adombrava costantemente: c’era qualcosa che le stava nascondendo? Inoltre perché tutto a un tratto il suo corpo stava risentendo così tanto dell’uso delle arti oscure?

-Cosa mi sta succedendo Hadmon? – chiese Selene mentre uno strano modo all’altezza dello stomaco si veniva a creare.

-Tu stai morendo Selene… ti rimane meno di un anno di vita o alcuni mesi. Non ho avuto il coraggio di dirtelo… non avrei dovuto lasciarti usare le arti del buio l’altra notte, è un miracolo tu sia viva –

-Pochi mesi… da quanto tempo lo sapevi? – domandò Selene, le morì la voce in gola mentre la preoccupazione tornava ad aumentare e le lacrime minacciavano di nuovo di fuoriuscire.

-Da sempre. Nel momento in cui i guardiani della Notte iniziano ad avere incubi su Thanatòs, la loro vita diventa sempre più in pericolo… troveremo una soluzione Selene –

-NON MENTIRMI! – sbottò Selene al limite della pazienza: la febbre, la delusione della mattina stessa e ora quella notizia l’avevano abbattuta – non la troveremo mai! –

-Si che la troveremo! Dobbiamo solo sbrigarci e cercare più a fondo- ribatté Hadmon, dispiaciuto.

-Non c’è più tempo Hadmon… - balbettò Selene mentre le lacrime rigavano il suo volto.

-Abbia fiducia in me Selene! – disse Hadmon posandole le mani sulle spalle – c’è una soluzione e io la troverò –

Improvvisamente la porta della stanza si aprì e sulla soglia si presentò Jhin; velocemente Selene si voltò e asciugò il suo viso, mentre Hadmon si ricomponeva e si avvicinava al pistolero di un passo. Il pistolero notò subito la condizione di Selene, ma non ebbe coraggio di chiedere cosa non andava: già sapeva quale era il problema e in parte lui era responsabile del suo stato. Cercò di accantonare il pensiero e porse al compagno la falce Darkin avvolta da una maglia di ferro che ora tratteneva tra le mani; prima che il dragone potesse afferrare tra le mani l’oggetto posò lo sguardo su di lui e per un istante poté giurare che Hadmon avesse letto la sua anima, comprendendo forse, che lui era uno dei motivi per cui la Guardiana stava soffrendo. Presto lasciò da parte quella riflessione, dicendo che la sua mente gli stava giocando strani scherzi; non appena l’amico prese le armi e tutti i loro bagagli, decisero insieme di avviarsi verso l’uscita della locanda. Attese sull’uscio della porta della stanza che i due guardiani passassero e quando fu il turno di Selene, sentì di nuovo qualcosa andare in frantumi non appena vide lo sguardo indifferente dell’altra. Temeva quei piccoli e deboli sentimenti che stavano piano piano nascendo in lui, si diede del codardo decidendo per l’ennesima volta di fuggire dal passato e dalla possibilità di fronteggiarlo. Con quei pensieri controllò che nella stanza non ci fosse più nulla, ma prima di lasciarla definitivamente la sua attenzione fu attirata da dello sporco nella toilette; si avviò e rabbrividì di fronte allo scenario che si trovò di fronte: sangue sparso per i sanitari. Sentì il fiato mozzarsi, la condizione della guardiana era peggiore di quanto potesse immaginare e di certo lui non aveva fatto altro che contribuire a minare la sua sicurezza. Una voce lo richiamò alla realtà, Hadmon lo chiamava dal primo piano. Con l’immagine raccapricciante che si lasciava alle spalle, lasciò la stanza e si avviò dai compagni.

 

I raggi luminosi del sole di mezzogiorno si infrangevano sulla superficie del lago del palazzo reale, rendendo il suo scintillio simile a quello di un cristallo. Mentre percorrevano il piccolo viale Selene osservava l’edificio che si stagliava di fronte a loro: alto e maestoso, era interamente realizzato in marmo bianco e arricchito da decorazioni in oro, avvolgendo le finestre che si affacciavano sul verdeggiante giardino. Nonostante cercasse di studiare i dettagli della struttura per svagare la mente, ritornava sempre agli avvenimenti della mattinata e soprattutto a quel bacio rubato e le successive parole di Jhin; al solo ricordo sentì il viso accaldarsi ancora di più e la rabbia ammontare, era stata una stupida a poter pensare di fidarsi, altrettanto sciocca a pensare di potersi affezionare a un uomo del genere. Improvvisamente sentì le forze venir meno e il suo ginocchio cedette a terra; accanto a lei Jhin si avvicinò, porgendole una mano per rimettersi in piedi, ma lei la rifiutò e si rimise subito in piedi. Per un istante incontrò il suo sguardo stranamente dispiaciuto, vide la mano di lui afferrarle il braccio prima che lei si allontanasse, impedendole di proseguire. Selene guardò avanti a lei, Hadmon non si era accorto di nulla e continuava a proseguire.

-Selene per favore…- disse Jhin, lo sguardo dispiaciuto e rabbioso di lei facevano sì che la sua armatura si rigasse indelebilmente.

-Non toccarmi… - sussurrò Selene, tentando di scansare la sua mano che fu bloccata da quella dorata dell’altro.

-Tu non capisci, non voglio mettere in pericolo nessun altro – spiegò Jhin, di nuovo: aveva paura.

-È questa la scusa dietro cui ti nascondi, Jhin? Di cosa hai paura? –

Prima di poter ribattere, Hadmon li aveva richiamati e Selene era sfuggita da lui; strinse i pugni e morse il suo labbro, lui aveva paura di quei sentimenti che cercava di soffocare, non aveva coraggio di fronteggiare i fantasmi del passato che subito avrebbero allungato i loro artigli su di lui e di lei. No la verità era che aveva paura di innamorarsi: ”l’amore è per i suicidi” lo aveva sempre ripetuto mentalmente, non era qualcosa che si addiceva al freddo e solitario Demone d’Oro. Notò gli occhi di Hadmon soffermarsi su di lui, studiando la sua figura prima di vederlo voltarsi. Avrebbe messo fine a tutta quella storia presto. Lui doveva.

In silenzio i tre furono scortati da due guardie dal sovrano; l’interno del palazzo era la perfetta definizione di regalità, ricche decorazioni in oro, pavimenti realizzati interamente in marmo su cui erano adagiati lunghi tappeti in velluto color rosso sangue, infine ad arricchire le pareti vi erano dipinti su tela narranti le gesta di onorevoli guerrieri di Ionia, nella loro continua difesa del paese. Giunti alla sala dei ricevimenti, le guardie aprirono la porta e permisero loro di entrare nell’aula, ove il sovrano seduto a una tavola ovale in legno, li attendeva insieme ad altri due soldati. Hadmon con in mano la falce, vide l’uomo mettersi in piedi e avvicinarsi a loro, ne studiò la figura: un uomo di mezza età, capelli castani occhi grigi, una lunga tunica bianca con decorazioni in filo d’oro; colse subito lo sguardo sospetto che rivolse a Jhin, era evidente che non apprezzava la sua presenza. Nonostante ciò accantonò il pensiero, il suo obiettivo era concludere al più presto quella trattativa e tornare a Tuula per riprendere le ricerche e far guarire Selene.

-Sono onorato di incontrare gli emissari del Consiglio, nonché i famosi Guardiani. Permettermi di presentarmi, io sono Roak, sovrano di Vindor – disse il re, chinando il capo in segno di rispetto.

-Lusingati di fare la vostra conoscenza, io sono Hadmon e lei è Selene. Lui è…- disse Hadmon, presentando i suoi compagni.

-So chi è lui. Mi sorprende come possa essere qui, lo spietato e riprovevole Demone d’Oro – osservò sprezzante Roak, facendo cenno alle guardie di avvicinarsi.

-La prego di non mancare di rispetto a un uomo che ha collaborato con noi nella missione – intervenne Selene, pronunciando istintivamente quelle parole di fronte al tono sprezzante dell’altro; allo stesso tempo guadagnò uno sguardo sorpreso di Jhin. Non seppe perché aveva agito così nonostante gli avvenimenti, eppure non tollerava l’odio che veniva riversato su di lui, né tantomeno tollerava la mancanza di informazioni che le aveva fornito Hanzai lasciando correre a loro tutti i rischi della notte precedente.

-Signorina, lei non conosce cosa ha fatto quest’uomo a chi aveva intorno a sé. Una cane disobbediente del Consiglio, un ingranaggio impazzito quattro anni fa che non ha fatto altro che trucidare uomini e donne per puro piacere. Una figura dalle mille maschere ognuna con altrettante sfaccettature, non potrà mai essere giustificata, perciò non difenda chi, probabilmente, la sta ingannando – osservò Roak.

Jhin sentì il sangue ribollire nelle vene, odiava l’uomo di fronte a lui che come tutti i membri del Consiglio avevano manipolato l’incidente a loro favore, mascherando le loro sudice mani sporche del sangue altrui. Vide lo sguardo esitante e dispiaciuto di Selene e sentì il cuore venir trafitto da un pugnale, strinse i pugni: non avrebbe permesso che anche lei venisse raggirata dalle menzogne del Consiglio. Vide Roak cambiare discorso e prendere tra le mani la falce Darkin, consegnandola alle due guardie che lasciarono la stanza. Strinse i pugni, a stento tratteneva il suo odio e la sua rabbia. Il sovrano li ringraziò per il loro aiuto, notò Hadmon spiegare accuratamente l’assalto alla carovana e scusarsi per la perdita delle guardie che erano state uccise durante l’assalto; più scrutava il volto di Roak e la sua falsa serenità più desiderava colpirlo in viso: uomini come lui e il Consiglio avevano omesso appositamente i particolari sui poteri letali di quella falce e il risultato era stato che Selene aveva quasi perso la vita la notte precedente. Come quattro anni prima, i loro interessi predominavano e loro erano semplice pedine.

-Vi ringrazio ancora per il vostro aiuto, vi sarò infinitamente grato – disse Roak.

-Voi, avete omesso appositamente il potere demoniaco della falce Darkin, non siamo stati avvisati dei rischi che avremmo corso solo impugnandola. Non avete comunicato ad Hanzai che la falce, animata da una seconda entità, sprigionava i lati più oscuri dell’uomo; i vostri taciuti segreti hanno portato la morte dei suoi soldati e hanno messo in pericolo la vita di una Guardiana, inoltre non ci avevate avvisato del fatto che l’Ordine delle Ombre aveva mire non solo sulla falce ma anche su Selene. Le solite menti ipocrite del Consiglio, non si smentiscono mai – disse Jhin, incrociando le braccia.

Selene guardò sorpresa Jhin, sgranando gli occhi di fronte all’affronto verbale che aveva fatto al sovrano di Vindor. Cosa gli stava passando per la testa? In quel modo non avrebbe fatto altro che aggravare la sua condizione, rendendo impossibile la sua liberazione definitiva. Per quanto lei e Hadmon potevano nascondere alcuni suoi singoli comportamenti non comuni, quell’oltraggio non sarebbe di certo passato inosservato al Consiglio, soprattutto perché il sovrano di Vindor come emergeva dalle parole del pistolero, era membro del Consiglio stesso. Accanto a lei Hadmon le rivolse un’occhiata sconcertata, lei scrollò le spalle come a dire che non aveva spiegazioni per quell’affronto. Ancor più sorprendente fu l’insolita preoccupazione verso il Demone d’Oro. Già, perché tanta preoccupazione dopo gli avvenimenti della mattina stessa?

-Farò finta di non aver sentito le tue parole – rispose Roak irrigidendosi.

-Ha sentito benissimo. Sono stato più che esaustivo nella spiegazione – sibilò minacciosamente Jhin.

-Ho riferito ad Hanzai tutti i dettagli di mia conoscenza sulla falce Darkin. Le tue insinuazioni aggravano la tua posizione precaria Khada Jhin, farò presente al Consiglio la tua mancanza di rispetto nei miei confronti – osservò Roak, l’arroganza del pistolero e la sua conoscenza su avvenimenti passati lo rendevano una presenza scomoda. Proseguì giustificandosi – i miei soldati sono morti con onore in battaglia, il loro sacrificio è stato necessario, come puoi accusarmi di tacere segreti che potrebbero aver messo in pericolo le loro vite? –

-Avete agito così quattro anni fa, manipolandomi non dubito che continuiate ancora a farlo con estranei come i Guardiani – disse Jhin, stringendo i pugni: su di lui si sarebbe riversata la sua rabbia, uno ad uno sarebbero caduti i membri del Consiglio e così la verità sarebbe venuta a galla – tessete la vostra rete di menzogne, manipolando le informazioni e le persone a vostro vantaggio –

-Non so di cosa stai parlando, evidentemente, tutti questi anni in prigione hanno acuito la tua follia. Sono sempre stato contrario alla tua scarcerazione, così come all’eccessiva clemenza che Shen mostrò nella notte di quattro anni fa: tu saresti dovuto morire, punito per i tuoi reati e la tua disobbedienza; saresti dovuto morire con lei – disse Roak, mostrando tutto l’odio verso il Demone d’Oro.

Selene sgranò gli occhi sorpresa da quelle parole: di cosa stavano parlando? Forse i dubbi sull’onestà del Consiglio non erano poi così infondati. Tuttavia quello non era il momento per elaborare ipotesi, lei e Hadmon dovevano intromettersi nella discussione prima che fosse troppo tardi. Vide Jhin stringere i pugni e capì che si sarebbe avventato sul sovrano, ma prima di poter agire Hadmon si era posto tra il pistolero e Roak; subito Selene notò Jhin non fermarsi e fare un passo avanti per allungare le mani sull’uomo, ma lei afferrò la sua mano e l’uomo subito si immobilizzò. Di nuovo un filo invisibile l’aveva spinta a star vicino al pistolero, nonostante le innumerevoli volte che l’aveva mandata in frantumi senza scrupoli non riusciva a non stargli accanto. Vide Jhin chinare il capo e per un istante intrecciò lo sguardo con il suo; l’odio nel suo unico occhio scarlatto parve svanire e i muscoli sotto la sua mano si rilassarono.

-Per favore, mi sembra che la mia compagna abbia già chiesto la cortesia di non mancare di rispetto a un uomo che ha collaborato con noi. Ci scusiamo per questa situazione, la prego di perdonarci– disse rispettosamente Hadmon, chinando il capo.

-Non avete alcuna colpa signor Hadmon. Quanto a te Jhin – osservò Roak, avendo colto lo sguardo rancoroso dell’uomo addolcirsi nell’incontrare quello della giovane donna – presta attenzione alle tue parole e soprattutto a non infrangere una seconda volta i divieti imposti. Non ci sarà perdono questa volta. Quanto a voi Guardiani, vi sono infinitamente grato per il vostro aiuto, come segno di ringraziamento ho messo a vostra disposizione la più grande delle mie carrozze per il viaggio di ritorno a Tuula; grazie ancora, a nome mio e di tutta Ionia –

Con profondo rispetto Selene e Hadmon si chinarono e ringraziarono il sovrano, dopo di che si avviarono verso l’uscita del palazzo, lasciando alle spalle l’immensa struttura che troneggiava sulle loro piccole figure. Alle loro spalle, dall’alto di una finestra Roak studiava la figura di Jhin e quella della Guardiana; un sorriso sinistro si dipinse sulle sue labbra: a quanto pare il temuto Demone aveva un punto debole nella sua corazza, chissà se avrebbe di nuovo infranto il divieto. Iniziò a comporre una lettera il cui destinatario era Klein, il capo del Consiglio, descrivendo l’accaduto del pomeriggio stesso e soffermandosi soprattutto sul possibile attaccamento del pistolero alla Guardiana; quando sollevò la penna dal foglio richiuse la lettera e chiamò una guardia porgendogli l’oggetto e chiedendo di recapitarlo a destinazione. Riprese ad osservare il cortile sottostante, sorrise di nuovo:” staremo a vedere cosa sarai in grado di fare, Khada Jhin”.

 

Silenziosamente i tre salirono sulla carrozza e subito rimasero sbalorditi dall’interno: morbidi e ampi sedili in velluto rosso con cuscini del medesimo colore, tendine nere per coprire l’eventuale luce entrante dalle finestre infine appesa al tetto della carrozza una piccola lampadina. Una volta seduti la carrozza partì e si misero in viaggio alla volta di Tuula, li aspettavano tre giorni di viaggio e avrebbero colto l’occasione per riposare e guarire dalle ferite. Accanto a lei Selene sapeva che Hadmon era molto nervoso, batteva le dita sul suo ginocchio mentre osservava la vegetazione fuori dal finestrino, sicuramente stava cercando di trovare le parole per esprimere la sua totale disapprovazione sull’affronto del pistolero. Di fronte a lei Jhin, si era seduto nel punto del sedile più lontano da loro accanto alla finestrella opposta, bruciava di odio e fissava rabbioso il cielo fuori dalla finestra. Dopo la loro conversazione era sempre più curiosa di avere maggiori informazioni sul Consiglio e sul fantomatico incidente; sicuramente Hadmon nutriva il suo stesso interesse e al termine di quel viaggio ne avrebbero discusso.

-Si può sapere cosa diavolo ti sia passato per la testa? – chiese Hadmon non potendo trattenere il nervosismo; vedendolo ignorarlo proseguì preoccupato– hai peggiorato la tua condizione, Jhin. Noi non sappiamo cosa può farti il Consiglio se mai decidesse di non liberarti, in quel caso non potremmo salvarti –

-Quell’uomo ha omesso appositamente i particolari sulla falce, ha taciuto segreti che hanno costato quasi la vita di Selene e causato la morte di tutti i soldati. Voi non conoscete Roak, non conoscete un singolo membro del Consiglio per rendervi conto che vi stanno raggirando con l’inganno, tessono i loro fili su di voi per estorcerci qualcosa. So di essere un elemento scomodo per il Consiglio, molti di loro avrebbero preferito uccidermi tempo addietro perché io conoscevo i loro segreti, Roak è uno di questi. Non tollero che ci usino come pedine, che sfruttano le nostre vite come meglio preferiscono. Infangano il passato per mascherare le loro sudice mani sporche di sangue innocente, di orrori, e io non mi farò piegare di nuovo – spiegò rabbioso Jhin, stringendo i pugni.

-Cosa intendi dire sul Consiglio? Cosa stanno architettando e nascondendo? – chiese Hadmon, estremamente confuso e pieno di domande da rivolgere a Jhin: perché il Consiglio lo voleva morto? Cosa era accaduto quattro anni prima?

-Le nostre ombre si proiettano pesanti sul suolo per ricordarci sempre gli errori del passato ogni qualvolta uno spiraglio di luce illumina la nostra figura. Ognuno di loro nasconde l’anima marcia proiettando sugli altri una luce talmente forte da accecarli e mascherando in questo modo le loro ombre. Non so cosa stia architettando il Consiglio, so solo che la mia vendetta si abbatterà su ognuno di loro, non mi interessa la mia situazione, loro non sfuggiranno alla furia del Demone d’Oro: al mostro che loro stessi hanno creato –  ringhiò Jhin, sbattendo un pugno sul sedile, il calore bruciante dell’odio scorreva nelle sue vene.

-Non puoi farlo. Prima di fare qualunque azione, dobbiamo informarci bene sul Consiglio e sapere le versioni di entrambe le parti… conoscere se la tua versione degli avvenimenti sia vera o reale solo in parte – osservò Hadmon.

All’udire di quelle parole Jhin fu preso dall’ira, nuovamente qualcuno di cui pensava potersi fidare non riponeva in lui alcuna fiducia ed esitava: anche loro alla fin fine erano marionette del Consiglio; una risata profonda e derisoria si levò nella carrozza, lasciando le sue labbra. Scattò in piedi e afferrò il compagno per la giacca e lo inchiodò sul sedile; vide Selene scattare in piedi e avvicinarsi a lui per fermarlo, ma la scansò prepotentemente e senza accorgersene la spinse, facendole battere il capo contro la finestra della carrozza. Nessuno capiva, nessuno lo avrebbe mai sostenuto, ecco cosa succedeva a riporre la fiducia in qualcuno: solo ferite sulla sua anima. “Adesso basta” pensò rabbioso Jhin.

-Ho riposto la mia fiducia in te Hadmon, ti ho aiutato. Credi veramente che io possa mentirvi? Io non ho a cuore le vostre patetiche vite, ho sperato in vano che foste più accorti rispetto ai precedenti custodi invece siete ottusi e ciechi come ogni Ioniano di questa terra. Come un illuso ho pensato che vi foste fidati di me, invece credete alle parole di criminali che si spacciano per governatori. Patetico, veramente patetico; chissà quanti segreti tacete anche voi come Roak e il Consiglio – sibilò Jhin a denti stretti.

Mosso dall’ira Jhin fece per colpire con in viso Hadmon, improvvisamente vide Selene porsi tra lui e Hadmon e il suo pugno finì per colpire il viso di lei. Subito si ritrasse; dopo quel gesto la rabbia scemò via lasciando spazio al dispiacere. Riprese coscienza e ragionò a mente lucida su come stesse agendo, ma quando lo fece presto si rese conto che era troppo tardi; ormai negli occhi di Selene, la minima di traccia di calore che aveva scorto qualche ora prima nel palazzo era sparita dietro il gelo delle sue pozze ghiaccio; subito iniziò a trovare un modo per rimediare all’errore compiuto. Anche Hadmon rimase sconcertato dal suo gesto ed entrambi deglutirono a vuoto per il silenzio in cui piombò la carrozza.

-Adesso basta! – disse Selene furiosa, guardando entrambi, poi posò gli occhi su Jhin e proseguì – non so cosa è accaduto in passato tra te e il Consiglio, noi non siamo marionette e abbiamo riposto in te fiducia, mancheremo di ingegno ma prima di poter denunciare le azioni del Consiglio dobbiamo sapere di più. So che siamo una presenza scomoda per te, non mi interessa cosa pensi di noi o di me, ma puoi star certo che non appena tutto questo finirà di noi non vedrai più la minima ombra e potrai tornare alla calma delle tue giornate. Fino ad allora, sceglierete la maschera che più vi aggrada e andrete d’accordo. Noi ci fidiamo di te Jhin, non ti abbiamo mai mentito, contrariamente a come ci aveva chiesto il Consiglio e ti saremo sempre infinitamente grati per l’aiuto che ci hai dato, in particolare io; perciò per una volta puoi abbandonare la tua ira e non vederci come minacce. Noi faremo tutto ciò che è possibile per aiutarti e svelare la verità, però dovrai permetterci di conoscere la versione di entrambe le parti; non ci sarà bisogno di essere prevenuti con noi, il nostro obiettivo non è raggirarti con l’inganno. L’unica richiesta che ho da farvi è di non rendere o creare situazioni difficili; se hai paura di poterti fidare di noi puoi non farlo, cosicché fintanto che la nostra missione non sarà finita, vivremo come estranei. A te la scelta –

Dopo quel discorso Selene si mise a sedere insieme agli altri, le ultime parole che aveva pronunciato avevano fatto insolitamente male e quello era indice che si stava affezionando a Jhin; eppure date le loro posizioni era meglio soffocare ogni cosa sul nascere, nonostante odiasse il dispiacere che avrebbe accompagnato tutto quello. Sentiva su di sé lo sguardo di Jhin, in quel momento era estremamente vulnerabile e incontrare il suo occhio scarlatto avrebbe aggravato la sua situazione, perciò posò il capo sul finestrino e chiuse gli occhi. Una lacrima percorse la sua guancia: paura, dolore agitavano il suo cuore e lo intrappolavano in una stretta mortale. Temeva per la sua vita e allo stesso tempo era sempre maggiormente cosciente del fatto che soffocare l’affetto che nutriva per Jhin sarebbe stato più che difficile. Nascose il suo viso nel cappuccio, non voleva che nessuno vedesse in quel momento il suo stato, nonostante quello la facesse sentire estremamente sola; una seconda lacrima percorse la sua guancia prima che potesse sprofondare nel sonno profondo e prima di potersi rendere conto che il filo invisibile che la attirava al pistolero era divenuto ancora più insistente e non avrebbe più abbandonato il suo cuore. Era troppo tardi: lei si era affezionata. Un’immagine del bacio che le era stato strappato le balenò nella mente. Non poteva più tornare indietro, non poteva recidere quel legame impalpabile. Non più.

  
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