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Autore: Miky30    06/11/2017    3 recensioni
Un giovanotto non compie 1040 anni tutti i giorni, no? C'era da festeggiare e in grande stile.
Note: questa storia è un momento particolare, una introspezione, una terapia, un racconto. È basata sul mio headcanon e riprende l'headcanon che condividiamo io e Aliseia, che mi perdonerà se qua e là ho preso parte delle sue storie, riferimenti e luoghi e sogni.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me ma a Lisa Jane Smith, Julie Plec, Michael Narducci, Diane Ademou-John, nonché agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Dedica: ad Aliseia. È tutto un sogno, plottato e riplottato. C'ho provato a farlo, ma non so se ci sono riuscita.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elijah, Klaus, Tristan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Everything I do

 

Look into my eyes
You will see
What you mean to me
Search your heart
Search your soul
And when you find me there, you'll search no more
Don't tell me it's not worth tryin' for
You can't tell me it's not worth dyin' for
You know it's true
Everything I do
I do it for you
Look into your heart
You will find
There's nothin' there to hide
Take me as I am
Take my life
I would give it all, I would sacrifice
Don't tell me it's not worth fightin' for
I can't help it, there's nothin' I want more
You know it's true
Everything I do
I do it for you
There's no love
Like your love
And no other
Could give more love
There's nowhere
Unless you're there
All the time
All the way, yeah

 

Da quando era tornato da New Orleans, Elijah era stanco, sembrava sottotono, come se pensasse di non meritare tutto quello che con tanta fatica e tanto dolore si erano guadagnati.

Si era chiuso dietro il suo bel sorriso storto e niente sembrava smuoverlo, né farlo uscire da quella nebbia che gli aleggiava nella mente, rendendolo malinconico e scostante. Non gli andava di uscire, non voleva parlare, aveva smesso di radersi e spesso si rintanava nel suo studio con la scusa di leggere e invece se ne stava lì con lo sguardo perso nel vuoto e l’aria triste.

Tristan aveva più volte provato a parlare con lui, ma egli aveva innalzato un muro, era testardo e scontroso e il Conte decise che ne aveva abbastanza di quella situazione e che avrebbe dovuto trovare il modo di sbloccarla.

Passò notti insonni a pensare a cosa stesse angustiando il suo bell’originale e poi d’un tratto capì: avrebbe dovuto portare la sua famiglia qui e fargli vedere che Elijah non avrebbe mai più dovuto scegliere tra lui e loro.

Capì anche come fare: tra poche settimane sarebbe stato il 1040 compleanno di Elijah, un giovanotto non compie tutti i giorni 1040 anni, no? C’era da festeggiare e in grande stile.

L’unica cosa davvero difficile da fare era ingoiare l’orgoglio e riunire tutta la famiglia, certo non era cosa da poco: doveva fare i conti con i fratelli, Nik e Kol, le sorelle, Freya e Rebekah, che lo detestavano, e rispettivi consorti,  per non parlare poi della one-night-stand del cognato maggiore, nonché madre della bellissima Hope e per giunta ex di Elijah. Che avrebbe dovuto fare?

C’era una sola possibilità di successo: chiamare Niklaus e sperare di trovarlo ben disposto, ma se questo era il solo modo per aiutare il suo capoccione immusonito, non rimaneva altro che prendere il telefono e chiamare.

Disse ad Elijah che sarebbe uscito per delle commissioni, non avrebbe potuto affrontare quella conversazione con l’originale che ne ascoltava parola per parola.

Uscì e compose il numero, si sentiva un po’ irrequieto ma la spinta che lo comandava era più forte della paura della risposta del fratello del suo uomo.

“In che guaio si è cacciato questa volta il mostriciattolo del mio big brother per arrivare a chiedere aiuto proprio a me?” Tristan avvertì il tono rilassato dell’originale e stette al gioco:

“Ciao Niklaus, il piacere è tutto mio. No, nessun guaio e non ti sto chiedendo aiuto, bhè – ammise – non nel senso che intendi tu.”

Spiegò rapidamente il problema di Elijah e come lui aveva intenzione di dare una svolta alla situazione.

Klaus ascoltò il cognato con attenzione, anche se qua e là gli scappò qualche risatina divertita, e rispose: “Mi sembra un buon piano, migliore di quelli che escogita di solito Elijah” e sorrise ancora, divertito, al pensiero dell’espressione di rimprovero che il fratello avrebbe avuto se l’avesse sentito.

“Sono contento che almeno una volta in mille anni possiamo essere d’accordo” aggiunse Tristan, molto sollevato dall’aver trovato un alleato così facilmente.

“Certo non sarà facile convincere il resto della famiglia…”

“Lo so! Per questo ho chiamato te. Tu sei l’unico che può farlo e sei l’unico che vuole bene ad Elijah così tanto da accettare anche il suo mostriciattolo.”

Non avrebbe voluto dire quelle parole, gli sfuggirono perché aprirsi con Niklaus era fin troppo facile, ma forse, pensò questo si sarebbe rivelato un tassello importante. E così fu.

“Sai non è perché tengo tanto a mio fratello che ti ho accettato. Non è per rispetto nei suoi confronti. Sappi che se tu lo facessi star male non esiterei un istante a farti a pezzi, amore o non amore per mio fratello. Invece sembra che tu lo renda felice, finalmente completo, finalmente in pace e non perché si sente in dovere di farlo. Ti garantisco che non l’ho mai visto così sereno da quando sono nato, la sua felicità è la mia, quindi vedi, sembra che io abbia guadagnato un fratello.

Devo a te questo nuovo Elijah e mi sembra un mezzo miracolo.

Sembra che tu sia, tuo malgrado, parte di questa famiglia. Almeno per me è così. Ora dovrò spiegarlo e farlo capire agli altri.”

Tristan rimase così spiazzato che gli mancò la terra sotto i piedi, dovette sedersi sul primo muretto che incontrò, tanta fu la sua meraviglia. Non sapeva cosa rispondere e balbettò un “grazie”. Non era facile far ammutolire il Conte de Martel. Di certo non si aspettava quella risposta, non dal terribile Klaus Mikaelson.

Sicuramente non si sarebbe aspettato di vederlo spuntare dopo pochi giorni, con l’aria più tranquilla di sempre, dicendo di aver avuto un’improvvisa voglia di far visita al suo fratellone ed essere così impudente da strizzargli persino l’occhio.

Non ci avrebbe creduto nemmeno se glielo avessero raccontato, forse non ci credeva nemmeno in quel momento, mentre lo vedeva con i suoi occhi, spalancati all’inverosimile, mentre Niklaus correva su per le scale di casa loro come un cucciolo sovraeccitato ed Elijah che gli gridava dietro, per la tromba delle scale, di piantarla di fare il ragazzino.

 

Elijah non si capacitava degli sguardi complici che si scoccavano il suo fratellino e il suo amante, nè del fatto che erano insieme da più di un'ora e nemmeno una volta era dovuto intervenire per dividerli.

Sembravano andare d'accordo: sicuramente tramavano qualcosa.

Ne ebbe la certezza quando Niklaus si offrì di accompagnare Tristan dal sarto, lasciando Elijah da solo in casa a sbrigare i suoi affari. Chissà che avevano in mente quei due sconsiderati e perché. Lo avrebbe scoperto e avrebbe fatto loro passare la voglia di tenergli le cose nascoste. Tutto sommato, però, quella loro complicità tutta nuova era una piacevole scoperta: sapere che il suo fratellino andava d'accordo con l'uomo della sua vita gli dava una certa soddisfazione.

Klaus e Tristan uscirono per le loro commissioni, passarono dal ristorante a prenotare e altre mille piccole cose per la riuscita della festa di compleanno su cui i cognati lavoravano senza sosta. Avere un alleato a portata di mano era un bel sollievo per Tristan. Fra una commissione e l'altra avevano anche modo di farsi qualche confidenza, visto che entrambi erano molto famosi per la loro parlantina. 

"Mi devi proprio spiegare come hai convinto mio fratello ad acquistare quella palazzina antica!" 
Tristan sbuffò divertito "Potresti chiederlo a lui, ma dubito che ti risponderebbe"

"Infatti l'ho chiesto a te, mostriciattolo"

"Se proprio vuoi saperlo, è stato lui a portarmi a visitarla, dopo che la scoprimmo per caso baciandoci appoggiati al portone azzurro"

Klaus roteò gli occhi: "Sapevo che non avrei dovuto chiedere, forza, continua.."

"Stavamo passeggiando dopo aver cenato, nel ristorante dove siamo stati poco fa a prenotare, quando d'un tratto per scansare un'auto che ci avrebbe investiti, Elijah mi spinse contro il portone azzurro e praticamente si incollò addosso a me, baciandomi. Solo dopo ci rendemmo conto del portone azzurro, che lui dice gli ricorda il colore dei miei occhi, e della palazzina. A tuo fratello piaceva molto il quartiere e anche a me non dispiaceva, anche se continuo a pensare che potrebbero tenerlo meglio. Il giorno successivo Elijah partì per New Orleans e non pensai più alla palazzina e al resto. Avevo da pensare a cose ben più importanti, tipo far tornare Elijah tutto intero. Quando al suo ritorno mi dette appuntamento qui, certo non potevo immaginare che lui avesse organizzato un incontro col proprietario, né ero preparato a ritrovare Elijah Mikaelson. Era partito da qui due settimane prima che non ricordava niente del suo passato e nel momento stesso in cui l'ho visto arrivare, col suo passo fiero e sicuro di sé ho capito che l'uomo che avevo di fronte era Elijah al 100% e non solo il suo sexy involucro. Quando arrivò il proprietario ci invitò ad entrare e ci mostrò l'ingresso, l'appartamento del primo piano e l'appartamento centrale, e poi ancora sopra la deliziosa mansarda. Ma la decisione credo che Elijah l'abbia presa quando siamo entrati nello studio: non ho proprio potuto nascondere la meraviglia per quella vista mozzafiato. Devo aver avuto un'espressione buffa perché Elijah ha scosso la testa  e ha sorriso. Dopodiché ha acquistato la palazzina, senza neanche darmi il tempo di dire che avrei voluto che quella diventasse la nostra casa." 

"Immagino che non avesse bisogno di domandarlo"

"Perché?"

"Avresti dovuto vedere la tua faccia mentre lo raccontavi a me, e la luce che emanavano i tuoi occhi. Suppongo che anche uno un po' testone come il mio big brother ci sia arrivato" Ed entrambi sorrisero. 

Si incamminarono sulla via di casa chiacchierando tranquillamente della festa e di come tutto si doveva svolgere perfettamente.

Il Conte capì di essersi sempre sbagliato sul conto di Klaus: sicuramente era un tipino particolare, ma in fondo la sua presenza e il suo fare allegro aveva portato una ventata di sorrisi nelle loro vite.

Così, tra i preparativi segretissimi e la vita quotidiana, passarono i giorni. Nik si era stabilito in mansarda, dove aveva allestito un piccolo studio per dipingere dicendo che lassù c'era una vista magnifica e che la mansarda, d'ora in poi, sarebbe stata sua.

"Ci verrò d'estate a dipingere, quando avrò voglia di passare un po' di tempo nel vecchio continente e - notando lo sguardo del fratello maggiore - quando avrò voglia di essere rimproverato fino alla morte. Non fare quella faccia, fratello, qualcuno deve pur dare una mano a questo povero martire che ti sopporta!"

"Quando avete finito di prendervi gioco di me..." ma la frase gli rimase a metà perché non riuscì a trattenere una risata né uno scappellotto al fratellino, il quale incassò il colpetto con un sorriso divertito.

Erano secoli che non lo vedeva così felice. Forse, a pensarci bene, non lo era mai stato.

*

Finalmente arrivò il giorno del 1040 compleanno di Elijah. Tristan decise, in accordo con Nik, di comportarsi in modo normale fino alla sera. Nik aveva l'incarico di accogliere e di occuparsi del resto della famiglia, mentre Tristan teneva Elijah occupato per tutto il giorno con la scusa di festeggiare il suo giorno speciale a partire dalla colazione per proseguire con il resto.

L'originale però era inquieto, sentiva nell'aria qualcosa, ma gli sfuggiva cosa. Il suo compagno si comportava in modo strano e nessuno della famiglia si era fatto vivo, nemmeno Rebekah che era solita essere la prima a fargli gli auguri. Nemmeno Niklaus si era visto per tutto il giorno. 

Ma ormai si era fatto tardi e avrebbero dovuto passare da casa a prepararsi per la cena. Tristan aveva richiesto un abbigliamento formale, chissà che aveva in mente. 

Arrivati a casa non ebbero il tempo di scambiarsi un bacio sotto la doccia che suonò il campanello. Il conte uscì in fretta, acchiappò un asciugamano al volo e ancora mezzo bagnato si avviò ad aprire la porta.

Klaus entrò, elegantissimo nel sul tuxedo classico, con gli occhi che brillavano maliziosi e un riccio ribelle che gli ricadeva sulla fronte.

"Sei sicuro?" Chiese Nik a bruciapelo, alludendo al loro piano per la festa. "Non sono mai stato così certo. Vado a finire di prepararmi nel mio studio ed esco. Tu occupati di Elijah."

L'originale nel frattempo si era rasato e sistemato i capelli nell'usuale, immutabile, pettinatura e si diresse in camera da letto completamente nudo, certo di trovare il suo Conte ad aspettarlo, ma fece un sobbalzo nel vedere il fratello ad attenderlo.

"Niklaus, che ci fai?"

"Aspetto mio fratello per fargli gli auguri, è un reato?"

"No, certo. Credevo di trovare... ma dov'è Tristan?"

"È uscito prima, ha detto che aveva dimenticato qualcosa e che vi troverete direttamente al ristorante "

"E tu? Come mai sei così elegante?"

"Esco a cena con te e siccome ti vesti come un damerino.."

"Non sono un.."

"Barbaro, lo so..ma piuttosto pensi di vestirti o vieni così come Esther ti ha fatto?"

Elijah sorrise e iniziò a vestirsi accuratamente. I fratelli s'incamminarono verso il ristorante conversando amabilmente.

"Benvenuti signori Mikaelson - li accolse con un sorriso l'affabile cameriere - vi accompagno, seguitemi."

Il ristorante, di norma sempre gremito di gente, era stranamente deserto e completamente al buio. 

D'un tratto un pianoforte attaccò una melodia e subito un cono di luce illuminò la più bella creatura che lui avesse visto in tutta la sua lunga vita di vampiro: Tristan De Martel, meravigliosamente vestito in un tuxedo del tutto identico al suo che portava con una grazia straordinaria.

Iniziò a cantare e sembrava di essere in paradiso: "Look into my eyes" 

Come se fosse possibile guardare da qualsiasi altra parte, pensò Elijah. "You will see, what you mean to me, search your heart, search your soul"

Tristan si avvicinò e, mentre cantava  quelle parole, gli appoggiò una mano sul petto, all'altezza del cuore. L'originale fu percorso da un brivido al tocco della mano calda dell'altro ed ebbe una visione: si vide nel corridoio bianco della sua mente, di fronte alla porta con le ali dorate.

"And when you find me there, you'll search no more."

Sulla porta, appoggiato in posa plastica come era solito fare lui stesso, lo vide: gli sorrideva, con i denti bianchissimi che contrastavano il rosso delle labbra, con quei suoi occhi incredibili che brillavano di luce propria, e un ricciolo che gli scendeva sulla fronte, elegante e bellissimo nel suo tuxedo.

La sua voce d'angelo lo riportò al qui ed ora, nel buio della sala dove c'erano solo loro. O forse no.

"Don't tell me it's not worth trying for, you can't tell me it's not worth dying for, you know it's true, everything I do. I do it for you"

Elijah era così rapito dallo splendore di quella scena e dalla potenza di quelle parole che non si rese neanche conto che d'un tratto Tristan, continuando a cantare e ad evocarli immagini nella mente, lo avesse preso per mano e lo avesse condotto al centro della sala.

"I can't help it, there's nothing I want more. I would fight for you, I'd lie for you, walk the fire for you, yeah, I'd die for you "

Sapeva benissimo quanto vere fossero quelle parole e il cuore gli si strizzò così forte da far male. Trattenne a stento l'urgenza di baciarlo in quello stesso istante solo perché non voleva che smettesse di cantare: era così ipnotico e sexy.

La canzone giunse al termine e sulle note finali Tristan gli si strinse addosso e gli sussurrò sulle labbra: "Buon compleanno, Elijah "

Si accesero le luci e partì un applauso. L'originale sbattè le palpebre e si guardò intorno: non riusciva a credere che stesse succedendo davvero, lì riuniti, che gli sorridevano c'erano tutti i componenti della famiglia. E lui li stringeva con lo sguardo tutti in un abbraccio. L'emozione fu enorme, il di solito molto compassato Elijah Mikaelson, aveva un nodo in gola e non sarebbe uscito da quell'empasse tanto facilmente se Niklaus non gli si fosse avvicinato con una pacca sulla spalla e non l'avesse abbracciato stretto, dandogli modo di riprendere fiato e di lasciare che anche gli altri facessero altrettanto. 

Una volta salutati Rebekah, Freya, Kol, Hope, Hayley e i rispettivi compagni, si dette inizio alla festa vera e propria. 

Trovarsi lì a capotavola, con tutta la famiglia riunita, era come un balsamo. Elijah se ne stava lì, estasiato, come il patriarca che è sempre stato, a godersi i sorrisi e le chiacchiere della famiglia.

D'un tratto si avvicinò a Tristan, rubandogli un bacio e sussurrandogli all'orecchio: "Tu ed io facciamo i conti più tardi" lo minacciò giocosamente con una strizzatina d'occhio. Quella serata gli sembrava un sogno e la doveva al suo uomo che gli aveva letto dentro tutta la paura che aveva di non esser capace di poter avere tutto questo. Credeva che il resto della famiglia non avrebbe capito, non avrebbe accettato, ma evidentemente non aveva fatto i conti con Tristan stesso e la sua improbabile alleanza con Niklaus. 

Quei due erano riusciti in un'impresa titanica e, a vedere da come parlottavano tra loro, si congratulavano l'un l'altro.

"Certo, mostrino, devo darti atto di aver escogitato un bel piano"

"Siamo stati bravi a realizzarlo, non sarebbe riuscito senza il tuo aiuto" aggiunse Tristan.

Due grandi mani planarono non proprio delicatamente sulla nuca di entrambi, una cosa a metà tra uno scappellotto e una carezza affettuosa ma un po' ruvida.

"Dunque d'ora in poi dovrò guardarmi le spalle da voi due? Mi fa un certo effetto vedervi andare così d'accordo. Mi fate un po' paura e vi avverto se scopro che agite alle mie spalle..."

Ma lasciò cadere la minaccia e sostituì lo sguardo serio con un sorriso sornione. Abbassò le ciglia nerissime e aggiunse "grazie, per questo" e ammiccò l'intera sala col gesto elegante di una mano.

La festa si protrasse a lungo fra cibo delizioso, musica e champagne. Ad una certa ora gli ospiti salutarono il festeggiato con la promessa di vedersi l'indomani per pranzo. Nik si offrì di accompagnare la famiglia all'hotel che aveva prenotato per loro e così Elijah e Tristan rimasero soli.

"Milord, andiamo anche noi?"

"Certo, hai ancora il tuo regalo da scartare"

Elijah lo guardò con un'espressione interrogativa e aggiunse:

"Non potrei desiderare altro" e l'attirò a sè per un bacio che non ammetteva repliche. 

"Aspetta almeno di arrivare a casa, per scartare" disse Tristan ansante tra un bacio e l'altro, mentre l'originale gli slacciava il cravattino.

Si incamminarono verso casa, scortati da una luna che illuminava il cammino e le dita intrecciate. Quella notte non sarebbe stata facilmente dimenticata, nemmeno per coloro che hanno vissuto secoli e che ne vedranno ancora a lungo.

   
 
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