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Autore: missiswolf03    07/11/2017    0 recensioni
"Attenta a ciò che desideri, Sol, perchè un giorno potrebbe avverarsi"
*
Sol ha diciassette anni, lunghi capelli color miele e unghie perfettamente curate. Vive a Milano, va a scuola, si diverte... forse. Perché quando sei la figlia del più grande imprenditore del millennio e di un'ereditiera brasiliana, non è che tu possa andare proprio dove vuoi, non è che tu possa fare proprio come vuoi... non è che la tua vita sia proprio in mano tua. Sol vuole scappare, vuole andarsene, lo ha sempre desiderato... Ma è davvero quello che vuole? Una notizia sconvolgente, una rivelazione scioccante, un viaggio verso la sua nuova esistenza. Riusciranno otto ragazzi a farle tornare il sole negli occhi e a placare il vento che le scombussola il cuore?
{Illuminati Crew}
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Illuminati Crew, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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15 Settembre 2017.

La sveglia martellante sta suonando ormai da cinque minuti buoni, con quel suo bip stramaledetto che stamattina sembra urlare "SCUOLA, SCUOLA, SCUOLA", ma nonostante ciò e i vicini che avranno sicuramente minacciato di denunciarci, per poi ricordarsi " chi siamo", il mio corpo e specialmente le mie gambe sembrano paralizzate. Continuo a contorcermi tra le costose lenzuola di seta realizzate appositamente dal miglior sarto in circolazione, stiracchiandomi fino a occupare tutte le due piazze del mio "lettino", come lo chiama mia madre. Ma, quando sei figlia di uno degli imprenditori europei più ricchi e famosi e di un' ereditiera brasiliana, tutto questo è perfettamente normale. Al lieve bussare alla porta riesco a tirare su la testa, gli occhi impastati dal sonno, e a biascicare un "avanti", per poi crollare con la faccia nel cuscino di piume d'oca. La domestica si affaccia sull'uscio per metà, come se avesse paura di quel che potrei farle se solo entrasse. Le solite seghe mentali dei domestici. Con voce tremolante e la testa bassa, inizia a parlare:
- Signorina Sol, volevo solo informarla che tra dieci minuti l'autista sarà pronto per scortarla a scuola, e che sarebbe meglio se scendesse a fare colazione.
Mi tiro su, sbuffando, e le rivolgo un'occhiataccia.
- Anna, quante volte ti ho detto che non voglio essere chiamata signorina? Ho quattro anni meno di te, così è ridicolo! E poi, quando i miei non ci sono, non voglio sentirmi dare del lei, mi sento vecchia! -, le dico, con un finto tono di rimprovero nella voce. Lei sembra prenderla come un richiamo, perché abbassa ancora di più la testa, annuendo velocemente.
- Ma che davvero? Anna, non ti stavo rimproverando! Dì a Franca che arrivo, dammi il tempo di vestirmi.-, le dico infine, rassegnata; quella ragazza non capirà mai. Anna annuisce e se ne va, chiudendosi la porta alle spalle. Sbuffo sonoramente; qualche anno fa probabilmente avrei riso di questa cosa, ma ora è insopportabile. Per i dipendenti sembro essere di un altro pianeta. In preda a un istinto rabbioso, prendo il cuscino e lo scaglio contro la porta, cercando di non iniziare a prendere a pugni il materasso o a urlare. Passato il momento sfogo, mi decido ad alzarmi, a farmi una doccia veloce e a vestirmi. Metto una camicetta azzurra e dei pantaloni "da ufficio" (terminologia di mia madre, chi la capisce è bravo), raccolgo i capelli in una treccia e mi passo un filo di mascara sulle ciglia lunghe. Guardo il mio riflesso allo specchio; la perfetta figlia modello, nè sciapa nè volgare. Che noia. Esco dalla camera, attraverso i vari salotti e supero le porte delle camere degli ospiti, poi scendo le scale e, finalmente, arrivo in sala, dove una colazione che farebbe impallidire un principe occupa un quarto della tavola. Alzo gli occhi al cielo, afferro velocemente un cornetto vuoto e mi preparo a uscire. Sto per aprire la porta che da sul cortile quando, dallo studio, esce mio padre; il signor Ambrogio Rossi, l'imprenditore che è riuscito a trovare uno dei più grandi giacimenti europei di petrolio proprio davanti alla sua vecchia casa di campagna, lo "Sceicco di Milano", uno degli uomini con più charme in circolazione. Ora, nonostante mi sovrasti col suo metro e novanta, se io lo guardo in faccia vedo solo tanta stanchezza nei suoi occhi. Altro che sex simbol, ormai ha cinquant'anni, e le rughe, nonostante tutti gli sforzi di mia madre e delle estetiste, cominciano a essere molto evidenti.
-Buongiorno, papà, come hai dormito stanotte? Sembri stanco -, osservo io, più per abitudine che per vera preoccupazione; non che non mi importi, soltanto che lui non dorme mai molto, e ormai lo so. Stamattina però sembra diverso.
- Buongiorno, Sol. Non molto bene a dire la verità. Ma non è di questo che voglio parlare.
Anche la sua voce è molto più stanca del solito. Resto stupita; papà che vuole parlarmi di cose serie la mattina, ora del giorno dove di solito si barrica in camera sua e riposa, è come un coccodrillo che si accinge a recitare a teatro; impossibile. Mi sforzo di non mostrare la mia sorpresa, anche se la mia voce un po' mi tradisce.
- A-Ah, okay...- rispondo.
Lui resta impassibile, sta indossando la sua poker face. Con un elegante gesto mi invita a sedermi. Obbedisco, rassegnata ormai al mio ritardo (di cui non importerà a nessuno, visto che la moglie del preside lavora per mio padre), e lo guardo fare altrettanto. Per un po' restiamo così, io che lo guardo e lui che fissa un punto indefinito, la mascella contratta e il pugno stretto, tanto che le nocche sono quasi bianche. Inizio seriamente a preoccuparmi, credevo che volesse parlarmi del lavoro, ma quel cipiglio cupo, vuoto, può significare solo guai. Gli poggio una mano sul braccio e lo scuoto leggermente. Sembra riemergere da un sogno, perché ha un sussulto, poi si volta verso di me, qualcosa simile al dolore addormentato agli angoli degli occhi, e mi guarda.
- Papà... Che succede? -, chiedo, stavolta realmente preoccupata.
- Io... Ecco, vedi...-, balbetta, cercando di prendere tempo; vuole ritardare il più possibile il momento. I peggiori scenari cominciano a farsi strada nella mia mente: rapine, malattie incurabili, rapimenti, omicidi, incendi, incidenti... Mio padre mi scuote leggermente, riportando mi alla realtà.
- Mio Dio, Sol, non è niente di terribile, non serve che tremi! Scusa piccolina, non volevo spaventarti, è solo che...
Si interrompe di nuovo, come se le parole gli si fossero bloccate in gola.
- È solo che...? -, ripeto, incitandolo a continuare.
Sospira, un sospiro lungo e tremolante, e rilassa il pugno; poi, finalmente, si decide a parlare.
- Non puoi più stare qui.
Il mio cuore perde un battito.
- Ch-Che cosa?
Forse ho capito male, forse ho frainteso, forse papà ha usato male le parole. Sospira di nuovo.
- Devi andare via da Milano. Non è più sicuro per te restare.
Sento la testa che inizia a girare, e se non fossi seduta probabilmente sverrei. Devo andarmene, nessun fraintendimento. Gli occhi iniziano a bruciarmi, la vista si appanna. "Perché?", penso.
- Perché? -, chiedo in un sussurro strozzato.
- Sol, io... Vedi...
Papà non sa più che dire, sembra a disagio. Si lascia cadere sulla sedia, due dita sulle palpebre chiuse, e cerca di riprendere il controllo. Le lacrime che finora avevo abilmente trattenuto iniziano a scendermi lungo le guance, mentre i singhiozzi mi sconquassano il petto. Devo andarmene. Devo lasciare la mia famiglia, unica ancora nel mare in cui sono cresciuta. Papà sospira per l'ennesima volta, ora sembra irritato.
- Sol, ora basta. Va a preparare i bagagli, partirai il prima possibile.
La voce è ferma, è tornata quella di sempre, autoritaria, spaventosa... Fredda. Continuo a singhiozzare, incapace di fermarmi.
- Sol, ho detto basta. Su, non fare la bambina.
Il suo tono si sta alzando, capisco che lo sto facendo arrabbiare, ma non riesco a muovermi, sono inchiodata alla sedia. I singhiozzi diminuiscono, ma non si fermano. Papà sbatte il pugno sul tavolo, arrabbiato.
- FA' COME TI HO DETTO, SOL. -,urla.
Tremo. L'ho visto arrabbiato solo poche volte, ma fa sempre tanta paura.
- V-voglio sa-sapere p-perchè -, riesco a dire alla fine, la voce strozzata. Questo non fa che farlo arrabbiare di più.
- Non è più sicuro, stop. Non devi sapere altro.
Ora sono io che comincio ad arrabbiarmi.
- Non ti credo -, rispondo, con voce ferma, i singhiozzi sono spariti, le lacrime anche. Ora è come se avessi il fuoco negli occhi. Ricevo un'occhiata che raggelerebbe il sangue a chiunque. Ma io sono sua figlia.
- Non osare rispondermi. È così e basta.
Eccolo di nuovo, quel tono alterato. Il tono del signor Ambrogio Rossi, non di mio padre. Non ci vedo più dalla rabbia, so che mi sta nascondendo qualcosa. In preda a un attacco d'ira, esplodo, non riuscendo più a trattenermi.
- BALLE!! -, urlo, alzandomi di scatto e rovesciando la sedia. Inizio a sfogarmi contro di lui, lanciandogli contro tutta la rabbia repressa che covo dentro di me. Ad ogni parola lo vedo scurirsi, preda di quello che sembra dolore. Sta lottando contro se stesso, contro i suoi stessi demoni. Sa che, se me lo dice, qualcosa si spezzerà. Me lo sento, so che è così. Ma la situazione si è fatta insostenibile. So che non mi ha mai detto sempre e solo la verità, ma le carte in tavola non hanno mai avuto a che fare con me, di solito era il lavoro. Ora è diverso. Sono stanca. Basta balle. Nemmeno lui riesce più a mentire, e alla fine cede.
- LUI È TORNATO!! -, urla, per coprire la mia voce.
Mi zittisco subito, sgranando gli occhi. Non posso aver capito bene. La logica mi dice che è impossibile. Lui... Non può essere qui. Eppure... sento che è vero.
- Sol, io...
Non sento le sue parole. Non sento niente. Lui è qui. È tornato. È vivo. La testa inizia a girarmi, e mi aggrappo al tavolo per non cadere.
- Tu... Tu avevi detto che... Tu mi avevi assicurato che...
Non riesco a finire le frasi. È tutto così confuso. Le lacrime tornano a scendere, copiose, e i singhiozzi tornano, più forti di prima.
- Ti prego, Sol, ascolt...
- MI HAI MENTITO!! -, urlo, in preda alla rabbia mista a dolore trattenuta per tutto questo tempo.
- Non capisci, io...
- CAPISCO BENISSIMO!! -, lo zittisco io. Non replica, sembra mortificato, devastato. Ma io non provo nessuna pietà. Mi avvicino, con l'odio negli occhi, finché non siamo a pochi centimetri di distanza. Non riesce a guardarmi negli occhi.
- Guardami -, sibilo, con la stessa freddezza che lui mi aveva rivolto prima. Alza lo sguardo, titubante. È triste. Ma non me ne frega nulla.
- Mi hai mentito. Per un anno. Mi hai rovinato la vita. E ora vuoi che me ne vada. Sai che c'è? Okay. Vado via. Ma sappi che ti odio.
Giro i tacchi e scappo via, lasciandolo lì, sconvolto. Ma ormai è come se non esistesse per me. Apro la porta di camera mia, mi fiondo dentro e la richiudo, sbattendola violentemente. Tiro le tende, spengo la luce e mi butto sul letto, rannicchiandomi sotto quelle coperte che, tra poco, non mi apparterranno più. Abbraccio quel cuscino su cui tante volte mi sono sfogata, su cui ho pianto calde lacrime e ho espresso desideri, come quello di andare via da qui. "Finalmente si è avverato, contenta?", domando a me stessa. La risposta è no. Non è così che volevo succedesse. Non all'improvviso, non per questo motivo. Ma ormai è tardi. Il dado è tratto. Chiudo gli occhi, le lacrime che tornano e che ancora una volta bagnano il cuscino e il letto. "Stai attenta a quello che desideri, Sol, perché potrebbe avverarsi", diceva la nonna. Mentre le palpebre mi si chiudono, penso che avrei dovuto darle ascolto anche stavolta.


Angolo autrice:
eccomi subito col primo vero capitolo!! Introdurrò gli youtubers dal prossimo capitolo, poichè ho ritenuto necessario frammentare la storia (don't hate me pliz, dopo mi pregherete di levarveli dalle balls da quanto saranno presenti ahah). Vi piace quest'inizio? Vi prego, fatemelo sapere in modo da correggere eventuali errori o da modificare parti noiose o scritte male. Al prossimo capitolo!!!! Kisskiss,
missiswolf03

   
 
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