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Autore: Amatus    08/11/2017    4 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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L

Quel sentiero gli era ormai divenuto familiare, da mesi attraversava il bosco quasi ogni giorno con la dedizione di un vero scolaro. L'emicrania era sempre in agguato, ma in qualche modo era divenuto piacevole avere di nuovo una connessione con il mondo al di là del velo. Inizialmente era stata l'ebbrezza della sfida a guidarlo ma non poteva negare di essere ormai stranamente affezionato a quel mago così unico. Questa missione era nata come una scommessa e sapeva bene quanto Abelas disapprovasse, era una puntata irragionevole ma se si fosse dimostrata vincente sarebbe stato un passo più vicino alla vittoria. Non era mai stato un giocatore cauto, non era capace di risparmiarsi, era arrivato un tempo a farsi paria tra i paria per sposare la loro causa e questo gli era costato tutto, da allora credeva di aver appreso la lezione, le circostanze lo additavano invece come uno studente indisciplinato. Dopo tutto non era mai stato docile, non importava quanto inevitabile potessero essere gli eventi, non vi si sarebbe rassegnato e questa volta non sarebbe stato diverso.
Ma per quanto terribile si prospettasse la strada perseguita, Solas era determinato a renderla meno dolorosa possibile o forse il suo orgoglio lo spingeva a mettersi al riparo da qualunque recriminazione. Qualunque? Non si ingannava forse cercando di generalizzare quell'idea? Non era la prospettiva della resa dei conti con una persona in particolare che lo spingeva a voler dimostrare a tutti i costi di essere nel giusto? E quale mezzo migliore per provare la rettitudine del proprio agire che avere al suo fianco Giustizia a consigliarlo? Purtroppo il vecchio spirito era imprigionato da molti anni in una forma umana e per avvicinarlo era necessario avere a che fare con il vecchio amico di Varric.
A ben pensare erano piuttosto evidenti i motivi che avevano spinto Abelas ad essere contrario alla missione ma i preparativi erano stati minuziosi, i suoi agenti avevano tenuto d'occhio il mago per mesi, nessuna comunicazione lo raggiungeva tra le montagne fatta eccezione per qualche breve nota della Campionessa che rimaneva però lontana, trattenuta da qualche misteriosa missione su cui altri avrebbero presto dovuto indagare. Tutto era stato pianificato in modo da minimizzare i rischi e quando dopo anni di approcci cauti, controlli accurati e prove superate, una vecchia compagna di Anders si era unita alla sua gente, Solas aveva colto l'occasione per mettere in atto il piano che serbava ormai da troppo tempo.
Sperava di poter separare lo spirito dal mago senza troppi danni, ma sapeva anche che Giustizia sarebbe stato la priorità in caso di problemi. Forse per questo il tempo che lo separava dal raggiungimento dell'obiettivo continuava a dilatarsi.
Aveva guadagnato la fiducia del mago da molto ormai, avrebbe potuto portare a termine il rituale da diverso tempo ma continuava a rimandare senza darsi spiegazioni convincenti.
Si era avvicinato al mago con la scusa di voler apprendere le arti curative e la diffidenza dell'uomo era stata vinta presto grazie ad una storia confezionata ad arte, come al solito non troppo lontana dalla realtà. Solas aveva raccontato all'uomo che la sua gente soffriva per i terribili soprusi di alcuni malvagi signori, si era dipinto come un sobillatore, aveva raccontato di come avesse portato la sua gente a ribellarsi peggiorando però di molto la loro condizione. Costretto alla fuga, si era messo alla disperata ricerca di un modo per espiare le proprie colpe, sarebbe tornato tra la sua gente solo dopo aver appreso le arti curative così da poter riparare ai propri danni guarendo un ferito alla volta. La triste storia fece facilmente breccia nel cuore del mago che lo accolse in casa sua iniziando ad insegnare quanto conosceva di erbe e incantesimi. L'uomo si rivelò incredibilmente piacevole, un dolore evidente accompagnava ogni suo gesto e segnava i suoi tratti, ma faceva quanto in suo potere per tenerlo a freno e per risultare allegro e piacevole per il suo nuovo allievo. Solas si lasciò toccare da quella gentilezza e dalla cura che il biondino gli aveva riservato. Il tempo speso con l'Inquisizione aveva irrimediabilmente intenerito il suo cuore.
Quel giorno sarebbe però stato l'ultimo, aveva intenzione di raccontare la verità al mago e di eseguire il rituale quella sera stessa. Erano troppe notti ormai che sognava un giovane lupo dargli la caccia, sapeva chi si nascondeva dietro quella forma. Ciò che continuava ad ignorare era il come quella dalish avesse ottenuto il potere di mutare forma e di rintracciare altri nei sogni, non chiunque altro poi, quella ragazzina aveva il potere di rintracciare lui, Fen'harel, nei sogni. Quei dannatissimi marchi dovevano essere collegati in qualche modo al suo potere, l'ancora li aveva risvegliati e ora probabilmente la ragazza aveva trovato il modo per rendere quella connessione biunivoca. Avrebbe dovuto toglierli quando ne aveva avuto l'occasione, avrebbe evitato molti problemi di diversa natura.
Il sentiero lo condusse ad una piccola radura nella quale sorgeva la casupola del mago. Lui era fuori intento a spaccare della legna e quando lo vide lo salutò con la solita cordialità: “Amico mio speravo davvero di vederti oggi, abbiamo degli ospiti, vieni voglio presentarti.”
Non era raro che il mago ospitasse ogni genere di derelitti: contadini ammalati, maghi in fuga, elfi sfuggiti ai padroni, una volta aveva trovato sdraiato sul lettino improvvisato addirittura un templare ferito, ma sapeva che quest'oggi avrebbe trovato una giovane elfa nella capanna. La sua agente aveva il compito, di rassicurare il mago e convincerlo delle buone intenzioni di Solas qualora la sua fiducia in lui avesse dovuto vacillare.
Solas seguì il mago all'interno e vi trovò la giovane elfa alle prese con alcune fiale, lo salutò impacciata rischiando di far cadere a terra l'intera farmacia del guaritore. Solas non capiva come potesse qualcuno essere tanto potente e tanto goffo allo stesso tempo, quella ragazza sarebbe stata un vero pericolo se non avesse avuto un ottimo controllo dei suoi poteri.
“Merril, lascia a me.” L'uomo intervenne pronto evitando la catastrofe, poi invitando i suoi ospiti a sedere fece le presentazioni e si accinse a preparare loro del tè. Mise il bollitore sul fuoco che scoppiettava allegro nel focolare e poggiò sul tavolo tre tazze, rozze ma pulite.
“Sai che non bevo tè.”
“Non è per te, aspetto altri ospiti.” Solas aveva parlato con familiarità ma il tono freddo con cui il mago aveva risposto lo aveva messo stranamente in allarme. Non ebbe però tempo di focalizzare i motivi della sua preoccupazione perché dalla porta come chiamata a fare la sua comparsa entrò lei. Solas si sentì scattare in piedi prima ancora di realizzare cosa stesse facendo. L'unica stanza di quella casa era stretta ed ora decisamente affollata, Solas si sentiva in trappola, si sentiva soffocare. Avrebbe voluto uscire, ma lei ferma sulla porta gli sbarrava la strada. Il suo viso era una maschera impenetrabile, ma i suoi occhi sembravano febbricitanti, li vide assumere un'espressione nota quando la sentì dire: “Sospetto tu abbia delle domande.”
Era caduto in trappola e lei si stava prendendo gioco di lui. Sì guardò attorno sbigottito, Anders evitava il suo sguardo e Merril bisbigliava con qualcuno. Solo allora Solas realizzò che assieme alla ragazza, anche Varric aveva fatto il suo ingresso nella casetta e confabulava ora con quella che lui aveva creduto essere una sua agente.
Cercò di riacquistare un poco di contegno e si preparò a fronteggiare la sua nemica più temibile.
“Sei stata scaltra devo ammetterlo, non mi aspettavo di trovarti qui. Devo immaginare che ci sia un esercito qui fuori pronto a catturarmi?” L'idea lo aveva appena sfiorato ma non lo spaventava quanto la prospettiva di dover rimanere ancora con lei in quella stanza.
“Sai che non mi piace mandare a morire i miei uomini, ci siamo solo noi.” Si studiarono per un poco e Solas si accorse di fare fatica a deglutire. Non avrebbe fatto domande, non le avrebbe dato tanta soddisfazione. Dopo poco la ragazza distolse lo sguardo e riprese a parlare: “Sappiamo cosa progetti di fare e siamo d'accordo con te. Abbiamo lo stesso obiettivo e abbiamo ritenuto che tu ci fossi utile.” La ragazza riportò lo sguardo su di lui solo per aggiungere sprezzante: “Mi dispiace non avere un castello da darti in cambio, ma puoi avere questa casa se vuoi, dopo che Anders sarà tornato in salute.” Questa volta Solas non seppe trattenere un sorriso, quella giovane caparbia era maestra nell'arte della provocazione, doveva ammetterlo.
“Questo non spiega comunque perché siete qui, sono vostro prigioniero?” Solas ripagò con lo stesso tono di sfida la giovane che gli sbarrava la strada.
“Vogliamo solo assicurarci che nulla di brutto accada ad Anders. E finché i nostri sentieri conducono nella stessa direzione non sei nostro prigioniero, solo nostro ospite. Sappiamo che la tua gente aspetta il tuo ritorno entro due giorni, quindi direi che è il momento di metterci a lavoro.”
Solas le voltò le spalle studiò il viso di Merril, gli occhi enormi dell'elfa sembravano colmi di imbarazzo, come aveva fatto quell'elfa imbranata a prendersi gioco di lui e di tutti i suoi agenti? Era forse possibile che avesse recitato per tutto quel tempo? Cosa nascondeva in realtà sotto quell'apparenza innocente? Aveva vissuto con loro per anni senza destare il più piccolo sospetto, era stata obbediente e anche spietata all'occorrenza, aveva dato prova innumerevoli volte di essere dedita alla causa, aveva affrontato e superato prove più dure di chiunque altro, perché i sospetti su di lei erano numerosi, ma lei aveva sbaragliato qualunque incertezza. Ora davanti ai suoi occhi sembrava sentirsi in colpa, ma non avrebbe avuto pietà di lei, avrebbe pagato per il colpo inferto alla sua gente e al suo orgoglio. Non le avrebbe permesso di parlare. Lasciò la rabbia salire accompagnata dal mana, ma davanti agli occhi che iniziavano a velarsi vide comparire il bel volto di lei. “Dovrai uccidere me prima di chiunque altro. Loro sono qui su mio ordine, quindi se vuoi farci entrare nella tua collezione di statue dovrai iniziare da me.” Gli occhi duri e calmi della ragazza lo gelarono, era pronta davvero a farsi uccidere? Era pronta a morire per mano sua? O semplicemente sapeva che non avrebbe mai avuto la forza di farle del male? Lasciò andare i propositi di vendetta per il momento. Avevano effettivamente il medesimo scopo, poteva sopportare una temporanea e urticante umiliazione in cambio dell'aiuto di Giustizia. E anche lui poteva alla fine avere qualche asso nella manica per riportare in equilibrio la situazione, anche lei si sarebbe pentita di avergli teso una trappola.
Si sedette al tavolo e spiegò brevemente il rituale. Per separare lo spirito dal corpo era necessario che l'ospite raggiungesse uno stato di inerzia assoluta così da permettere ai due spiriti di separarrsi. Questo significava innanzitutto ridurre Anders ad uno stato di incoscienza paragonabile alla morte, Solas avrebbe poi usato un incantesimo simile a quello utilizzato dai guaritori per separare il sangue dal veleno che lo infetta, solo infine quando le due entità fossero divenute distinguibili allora Solas si sarebbe fatto tramite per permettere a Giustizia di attingere alle forze oltre il velo per recuperare interamente la sua forma spirituale e lo avrebbe guidato allora verso l'oblio.
“Mago, non ti sembra di dimenticare qualcosa?” La voce ruvida del nano si fece sentire per la prima volta e incrociando il suo sguardo Solas poté riconoscere un disprezzo puro e cristallino, perfetto specchio della naturale affabilità che Varric solitamente dimostrava e di cui evidentemente Solas non era più ritenuto degno.
“Se il rituale dovesse andare a buon fine, basterà interrompere la condizione di stasi di Anders, con qualche pozione e un po' di riposo tornerà in forma in pochi giorni. Ma il rituale ha margini di errore, la vostra spia non vi ha parlato delle possibilità di insuccesso?”
Merril evitò accuratamente lo sguardo di tutti, ma fu il mago a prendere la parola: “Voglio farlo! La decisione è di Giustizia e mia, di nessun altro, e noi siamo entrambi d'accordo. A ciò che siamo è stato permesso di perdurare fin troppo, qualunque siano le conseguenze il nostro tempo deve finire, se non dovessi sopravvivere avrò finalmente espiato tutti i miei peccati.”
Solas accolse la volontà del mago e diede istruzioni perché la branda dei pazienti fosse approntata e la stanza riscaldata il più possibile, poi fece per uscire, ma ancora una volta due occhi verdi gli si pararono davanti a sbarrargli la strada, il suo orgoglio riprese ad ululare ferito nella sua testa, rendendolo feroce. Le si fece pericolosamente vicino e con gli occhi fissi in quelli di lei disse in tono calmo e profondo: “Ci sono componenti da recuperare, hai detto di avere fretta, quindi dovresti lasciarmi uscire. Puoi venire con me se no hai fiducia in me, o se gradisci ancora la mia compagnia.” Si inebriò dello smarrimento che la colse e del fremito che riuscì a percepire. Senza dire una parola lei si scostò per lasciarlo passare liberando appena lo spazio della porta. Passarle accanto fu doloroso come strapparsi la pelle, quel profumo non l'avrebbe lasciato per giorni. Quello doveva ammetterlo era un gioco che entrambi avrebbero potuto giocare, avrebbe fatto bene a tenersene lontano, ma aveva annusato la sfida e tirarsi indietro sarebbe stato incredibilmente difficile.
Si inoltrò nel bosco e la ragazza lo seguì in silenzio. Si voltò irato con l'intento di sputare fuori un commento velenoso ma si trattenne sorpreso. La ragazza, il sentiero, il bosco, tutto aveva contorni più nitidi e l'emicrania era scomparsa, possibile che quella dalish avesse ancora potere su di lui nonostante non avesse più l'ancora? Si ritrovò a studiarla immobile. La manica vuota pendeva inerte al suo fianco e Solas si sentì sopraffatto dal rimorso. La ragazza non portava armi con sé, come avrebbe potuto brandire i suoi pugnali in quelle condizioni? L'aveva resa indifesa.
“Come stai?” Chiese intenerito. La ragazza per la prima volta sembrò davvero spaventata, le si avvicinò e prese tra le mani il braccio mutilato: “Mi dispiace, avrei voluto ci fosse un altro modo.”
Lei si ritrasse di scatto dicendo: “Come fai a sapere che non ci fosse un'altra strada? Che non ci sia un'altra strada.” Lo sguardo era duro, ma non c'era alcuna accusa, era lo sguardo severo che le aveva visto altre volte, lo sguardo dell'Inquisitore.
Eluse la domanda e chiese ancora: “Non hai i tuoi pugnali, non è pericoloso per te avventurarti nei boschi senza difese?”
“Dagna ha costruito per me una protesi meccanica azionata da qualche tipo di runa, non ne so molto, ma funziona bene e mi permette di combattere. Non è molto confortevole e preferisco non indossarla se non è necessario e senza i pugnali mi sono inutili. Ma non sono cose che dovrei raccontare al nemico, giusto?” Solas non seppe dire se con l'ironia la ragazza cercasse di ristabilire le distanze oppure di nascondere un dolore profondo, ma aveva visto uno spiraglio e non avrebbe mollato facilmente.
Si rimise in cammino e poco dopo con una studiata leggerezza riprese: “Se sei qui disarmata e senza esercito evidentemente non mi pensi davvero come un nemico, mi fa piacere.”
“Non sei un nemico che può essere sconfitto con le armi, questo è certo. Anche fossi venuta qui con un esercito nulla ti avrebbe impedito di uccidermi e allora perché rischiare la vita di molti altri?”
Le parole della ragazza erano incredibilmente controllate, sapeva che avrebbe potuto ucciderla con uno sguardo, sapeva che non lo avrebbe mai fatto. Era lui ad essere impotente davanti a lei.
Recuperare l'occorrente richiese molto tempo e quando si prepararono a fare ritorno alla capanna il sole iniziava a calare. Solas sentiva la consuetudine di lunghi giorni trascorsi con lei riaffacciarsi alla mente, aveva lentamente iniziato a riconoscere gesti e sguardi, nonostante il lunghi anni di lontananza i loro gesti sembravano armonizzarsi perfettamente e senza il minimo sforzo. Dovette costringersi a ricordare che la ragazza al suo fianco era il nemico e non la dolce amica di un tempo. Sulla strada del ritorno la voglia di cancellare quelle sensazioni ipnotiche lo spinse a rubare a lei la parte del provocatore.
“Devo ammettere che ti sei dimostrata un'allieva incredibilmente capace. Sei riuscita ad infiltrarti tra i miei agenti senza che io sospettassi nulla. Ma hai permesso alla tua amica di correre un grave pericolo, chi la difenderà ora?”
“Merril si è offerta liberamente per questa missione. Ha lasciato la capanna appena noi ci siamo allontanati, questo dovrebbe darle tempo.”
“Il tempo, da'len, è l'unica cosa che non mi manca.” Si fermò sbarrando la strada all'elfa che lo seguiva dappresso, si girò a fronteggiarla e disse: “Hai sacrificato una giovane intelligente e piena di fiducia alla tua causa. Ti stai trasformando in me.”
Lo sguardo della ragazza ardeva nella sfida, lui si fece un passo più vicino arrivando ad un palmo da lei. Il suo profumo era stordente ma il suo sguardo confuso lo inebriava di vittoria, era in vantaggio e ne avrebbe approfittato. Sollevò una mano e con un dito le sfiorò il viso, vide i tatuaggi illuminarsi e sorrise divertito: “Dovendo affrontare così tanti cambiamenti, sarai felice di sapere che qualcosa in te non è mutato.” davanti al suo sguardo stupito si chinò su di lei per sussurrare al suo orecchio: “I tuoi tatuaggi, da'len.”
Lei si portò la mano al viso e poi come riscossa dai propri pensieri si fece avanti all'improvviso urtandolo e superandolo a passi lunghi dirigendosi in fretta verso la capanna del mago. Con quella mossa era decisamente passato in vantaggio, se fosse stato attento e non si fosse lasciato sorprendere, entro la fine di quella giornata avrebbe potuto mangiare la regina.
Si accinse a preparare la pozione necessaria per rendere Anders incosciente, come anticipato dalla ragazza non vi era traccia di Merril nella capanna. Sapevano che la presenza della maga non li avrebbe aiutati, non c'era modo per lei, per potente che fosse, di contrastare la sua magia, guadagnare tempo era tutto ciò che quella piccola traditrice avrebbe potuto fare, ma per quanto lontano potesse fuggire lui avrebbe fiutato di nuovo le sue tracce presto o tardi e allora avrebbe pagato per il suo tradimento.
Anders aveva intanto iniziato a svolgere un altro tipo di preparativi, lo vide chiudere una lettera e consegnarla nelle mani di Varric.
“Se qualcosa dovesse andare storto sai cosa fare.” Poi i tre cospiratori uscirono dalla capanna lasciandolo lì ad ultimare i preparativi. Stupito vide il nano rientrare da solo e mettersi a studiare le sue mosse. Il suo sguardo ostile come sempre lo faceva sentire a disagio: “Sono io ad essere stato preso in trappola qui, sto facendo solo ciò che voi mi avete chiesto. Anders è d'accordo, cosa vuoi da me Varric?
“Credi davvero che possa fidarmi di te? Perché lo fai?” Le parole del nano erano caustiche. A volte in passato aveva ripensato alle allegre chiacchiere di Varric e alla sua piacevole compagnia con malinconia, il suo disprezzo ora spazzava via tutto e Solas non poté non sentire un dolore indefinito, che si premurò di allontanare immediatamente.
“Perché lui acconsente?”
“Lo fa per lei ottuso che non sei altro, lo fa per Hawke, per tornare ad essere solo lui, per poter affrontare da solo le conseguenze di ciò che ha fatto.”
“Io ho bisogno di Giustizia al mio fianco.” Disse Solas onestamente.
“Ho visto di cosa è capace, ho visto come ha trasformato il mio amico, dubito che tu abbia bisogno di questo. Sei già come lui, senza bisogno di aiuto.” Ma Solas non aveva bisogno dell'approvazione del nano e appena Anders fu rientrato il rituale ebbe inizio.
Aveva avuto modo di mettere in atto qualcosa di simile in passato, ma era un altro mondo e un tempo lontano, non avrebbe saputo dire se anche qui avrebbe avuto effetto. La sua bella amica si era seduta in un angolo e osservava le sue mosse in silenzio. Sentire i suoi occhi addosso lo faceva sentire stranamente emozionato, si sentiva giovane e vanesio, non stava solo portando a termine una missione, stava cercando di farsi vedere da lei sotto la migliore luce possibile.
In realtà poteva solo dare il via al al processo che una volta iniziato sarebbe stato molto lungo e sarebbe proceduto senza il suo aiuto. Anders bevve la pozione che lo fece addormentare quasi all'istante, Solas osservò il suo respiro farsi sempre più rado fino a scomparire quasi del tutto, il colore abbandonò il volto dell'uomo e ben presto non rimase che una maschera di morte. Solas vide Varric farsi inquieto, continuava a portare lo sguardo sul volto esangue dell'amico e poi a voltarsi bruscamente, doveva essere un'agonia per lui vedere il mago in quelle condizioni. Solas disegnò a terra, sotto la branda, un glifo di stasi e poi lanciò l'incantesimo che avrebbe permesso ai due spiriti di dividersi. L'incantamento richiese più potere di quanto si sarebbe aspettato, Solas si scostò appena dalla branda e si mise a sedere. I due compagni lo fissavano e l'impazienza di Varric bruciò sul tempo la domanda che sicuramente anche lei tratteneva ora tra le labbra: “Quindi?”
Solas a fatica mise insieme le energie per rispondere: “Non c'è che da aspettare, quando lo spirito di Giustizia sarà separato da quello di Anders potrò riportarlo nell'Oblio e voi potrete riportare in vita il vostro amico. Questa è la fase cruciale se la divisione dovesse avvenire senza difficoltà, tutto andrà per il meglio.”
“Possiamo fare qualcosa?”
“Dovete solo aspettare.” Era stata lei a porre la domanda questa volta e lui aveva risposto aspramente senza volerlo. La voce chiara della ragazza affondava in lui con prepotenza ora che si sentiva più debole, doveva dormire e sperare che quella piccola infingarda non lo pugnalasse nel sonno. Si alzò a fatica dalla sedia e si avvicinò alla porta. Ancora lei: “Dove vai?”
“Non c'è bisogno di me ora.”
“Te ne vai quindi?” La voce della ragazza sembrava allarmata, lui sentì il peso di quel timore e lo comprese. Era irrazionale e istintivo, lei temeva di vederlo uscire e scomparire di nuovo eppure erano lì a fronteggiarsi come nemici.
“Puoi venire con me e controllarmi se vuoi, ho solo bisogno di aria.” Lei lo seguì di nuovo in silenzio, lo irritava tutto in quella situazione, la propria impotenza, la propria ingenuità, l'arroganza di lei, il desiderio che ancora provava per quella piccola dalish, il desiderio che vedeva riflesso identico nei suoi occhi.
Avrebbe bruciato il mondo anche solo per poter uscire da quell'ingorgo di pensieri e sensazioni ma doveva lasciare sopiti i propositi incendiari e quindi sfogò su di lei la propria frustrazione: “Sei tu l'impostore qui, perché dovrei essere io a non meritare fiducia? Tu controlli ogni mio passo aspettando il tranello dopo aver infiltrato le tue spie tra la mia gente, dopo avermi ingannato e teso una trappola, dopo aver probabilmente acquisito informazioni su di me per anni. Dimmi non ti sembra ipocrita da parte tua?”

“Non direi, sei tu quello che progetta un genocidio senza mostrare di provare pietà o rimorso.”
“La pietà, la compassione, certo! Sono sentimenti nobili e facili quando non devi fare i conti con gli effetti che quella pietà produce! Fra cinquanta anni tu non sarai altro che un ricordo ma io dovrò affrontare ogni giorno per l'eternità questo mondo deforme sapendo che ne sono l'artefice. In quanti dovranno soffrire e morire e per quanto tempo prima di diventare degni della tua nobile pietà? O meritano la tua pietà solo coloro che ti riveriscono come la salvatrice? Sei sorda ai lamenti di tutti gli altri come io sono cieco davanti al tentativo di questo mondo di Calma di dimostrarsi reale. Siamo uguali io e te!” Tacque e si accorse di essere rimasto senza fiato nello sforzo di mettere insieme quelle parole e di placare nel contempo la propria rabbia, si sentì vacillare e la ragazza gli fu accanto in un soffio aiutandolo a recuperare l'equilibrio. Lo aiutò a sedersi su un grosso tronco non ancora tagliato ma che era stato trasportato lì probabilmente dal mago con l'aiuto di qualche incantesimo. Si sedette e studiò il profilo della ragazza seduta accanto a lui, nel buio della notte le linee del suo viso si stagliavano appena nell'ombra, solo le stelle illuminavano la notte, la luna già nascosta dalle montagne. La fatica lo confondeva e il calore della ragazza al suo fianco lo inteneriva. Parlò di nuovo, senza rabbia questa volta: “In una cosa siamo diversi, io non ti disprezzo. Ancora una volta vorrei avere la tua saggezza, venhan.”
La vide irrigidirsi e poi senza guardarlo disse: “Non chiamarmi così.” Ma nonostante la durezza delle parole, il tono era del tutto simile ad una supplica. Le prese la mano e la indusse a guardarlo, subito i tatuaggi di lei baluginarono nel buio. Le sovvenne all'improvviso che lei non conosceva ancora l'esatta natura di quei marchi, aveva il potere di spezzare quel legame così doloroso per entrambe, lei sarebbe stata libera da quei sentimenti che la ferivano e lui sarebbe finalmente stato al sicuro dallo strano potere che lei aveva dimostrato di avere. Era arrivato il momento di dire finalmente tutta la verità.

“Cosa desideri, venhan?” Il suo sguardo si velò di dolore ma la voce uscì di nuovo pulita e sicura: “Poterti convincere che altre strade sono possibili o nella peggiore delle ipotesi poterti fermare senza doverci necessariamente distruggere a vicenda.”
Non avrebbe dovuto più essere una sorpresa la sua capacità di stupirlo eppure ogni volta lo spiazzava.
“Non vorresti dimenticare ciò che c'è tra noi? Sarebbe molto più facile affrontare ciò che ci riserva il futuro.”
“Questo è sempre stato il tuo desiderio, non il mio. Perché credi che io sia qui?” Ancora una volta non seppe rispondere, non poteva darle ciò che desiderava, ma ancora una volta poteva offrirle la verità.
“Ricordi ciò che ti raccontai riguardo i tuoi Vallaslin?” Una fitta di dolore attraversò lo sguardo della ragazza e Solas l'accolse come un sì. “Ho motivo di credere che l'ancora abbia riattivato i tuoi marchi e che questi ti abbiano fatto entrare in connessione con me, sono i marchi di Fen'harel quelli che porti. Temo che quelli ti abbiano portato a condividere i miei desideri e i miei sentimenti, se spezzassi questa connessione, tu saresti libera, non saresti più succube di ciò che provo per te.”
Un'espressione di disgusto si dipinse sul bel viso. “Stai forse dicendo che tutto ciò che provo per te non è reale?” Solas si sentì scioccamente elettrizzato dalla semplice confessione che aveva lasciato le labbra della bella dalish, non aveva parlato al passato ma al presente.
“Mi spiace da'len, ho cercato di dirtelo in passato ma...” la ragazza lo interruppe bruscamente senza lasciargli il tempo di spiegare.
“Vuoi dire che non hai mai creduto che i miei sentimenti per te fossero reali?”
“No, ho realizzato che le cose potessero essere in questo modo la notte che abbiamo trascorso da soli tra le montagne. Ti avrei raccontato la verità se avessi accettato di rimuovere i tatuaggi, ma mi hai sorpreso e non ho saputo dirti nulla.”
La ragazza rifletté per un poco e poi disse decisa: “Fallo ora.”
Il dolore affondò nel cuore del mago, nonostante quanto affermato poco prima era pronta in realtà a liberarsi di lui. Non era in grado di leggere l'espressione sul bel viso ma senza dubbio non sembrava provare rimorso. Stringeva ancora la sua mano nella propria, la trattenne e si alzò incamminandosi nel bosco. Si inoltrò un poco per non rischiare di essere disturbato da Varric, raggiunto un piccolo spiazzo lontano dal sentiero si inginocchiò e guidò lei a fare lo stesso. Erano uno di fronte all'altra il chiarore delle stelle illuminava le loro sagome e i tatuaggi rischiaravano il volto della ragazza, lo prese tra le mani e lei chiuse gli occhi per un istante. I tatuaggi brillarono con più intensità li avrebbe visti brillare per lui per l'ultima volta. Solas si sentì impotente, non poteva perderla. Per quanto posticcio e indotto tutto quello fosse per lei, per lui rimaneva incredibilmente reale, uno spiraglio di speranza, l'unico rimasto nel buio del suo futuro. Ma lei meritava di essere libera. Tracciò quei simboli con la punta delle dita un'ultima volta poi accostò a questi i palmi delle mani e lasciò il mana fluire. L'incantesimo era semplice, non avrebbe richiesto che un briciolo del suo ritrovato potere eppure lo lasciò svuotato e Solas poté darne la colpa al rituale appena condotto. Appena fu in grado di aprire di nuovo gli occhi guardò il volto disadorno della ragazza, era bellissima, perfetta. “Ar lasa mala revas. Sei libera, non sei più la Figlia del Lupo, potrai essere solo Lena d'ora in poi.” Pronunciava in quel momento per la prima volta il suo nome e aveva sulle sue labbra un gusto agrodolce.
Lo sguardo di lei aveva profondità nuove e sembrava deciso a non lasciarlo andare. I due begli occhi verdi erano fissi nei suoi quando disse: “Come hai potuto pensare che tutto questo non fosse vero? Come hai potuto avere così poca fiducia in me? Quante bugie hai raccontato a te stesso?”

Solas era stupito e non riusciva a comprendere, si era sottoposta all'incantesimo per dimostrargli che aveva torto? Era confuso e all'improvviso non era più in grado di sostenere il suo sguardo.
“Guardami!” Gli ingiunse lei e sollevando lo sguardo riconobbe la propria bugia. Non era stato quello l'ennesimo tentativo di sminuirla e di renderla meno degna di quanto in realtà non fosse? Era stato cieco e sciocco. Si alzò cercando di allontanarsi da lei ma lei lo raggiunse e lo costrinse a guardarla. Cercando di allontanarsi da lei si trovò presto con le spalle contro un albero impossibilitato a muovere un solo passo e lei con gli occhi di fuoco si faceva sempre più vicina.
“Cosa stai facendo?” Chiese Solas tanto spaventato da poter chiedere con lo stesso tono allarmato: Chi sei? Che cosa vuoi?
Ma lei annullando le distanze tra loro rispose con rabbia: “Sto aspettando che tu mi dica di fermarmi.”
Lo guardò per un istante, Solas sentiva l'urgenza di parlare, di allontanarsi ma non riuscì a lasciare andare una sola sillaba e la ragazza lo baciò. Una sensualità e una passione rabbiosa la spingevano e Solas si sentiva impotente, non avrebbe potuto allontanarla neanche se avesse voluto. E in ogni caso decisamente non voleva. Un turbine di labbra e mani, di denti e pelle, sentiva la pelle di lei tra le dita, il suo sapore, il suo odore, era perduto ed era felice, se non fosse riuscito ad avere altro avrebbe avuto almeno lei anche se solo per quella notte. Sentì la mano di lei farsi strada sotto l'ormai logora casacca, il calore della pelle in contrasto con il freddo della notte moltiplicò i brividi. La aiutò a liberarlo dell'inutile indumento e rimasto a torso nudo poté sentire la corteccia dell'albero graffiargli la schiena e la morbidezza ipnotizzante della ragazza contro il suo petto. Lei gli aveva lasciato andare le labbra e lui respirava ora l'aria attraverso i suoi capelli mentre vorace lei torturava deliziosamente il suo collo, la sua gola, il suo petto. Non riuscì a reprimere un gemito quando sentì la mano di lei farsi strada impudentemente verso il basso. Non più un solo pensiero poteva far breccia nella sua mente, niente l'avrebbe distratto da lei o dal bel corpo acceso che aveva tra le mani, era perduto e rassegnato quando lei all'improvviso fece un passo indietro. Lui poté guardarla in volto, era illuminato dalla luce dei vallaslin. Come era possibile? Ma la ragione non obbediva, non importava voleva solo che lei tornasse ad aderire a lui, voleva sentirla vicina, molto più vicina. Fece un passo verso di lei ma lei si allontanò di nuovo.
“Non ci sono divieti che ti trattengono ora?”
Parlare era difficile ma lei continuava sfuggirlo e avrebbe detto qualunque cosa per tornare ad affogare in lei: “Ora sai chi sono e non sei più vincolata a me.”

“Non lo sono mai stata, ma tu non hai creduto in me neanche per un istante.” Si allontanò senza aggiungere nulla.
Solas piantato in asso nel bosco si accasciò a terra con la schiena contro lo stesso albero concentrato nel recuperare il controllo del proprio corpo teso nel desiderio di lei, noncurante dell'umidità che calava lenta a raffreddare il suo ardore. Si addormentò, fu Varric a trovarlo era ancora notte ma il volto allarmato del nano diceva che c'era bisogno di lui. Si alzò in fretta e si preparò a seguirlo, quando il nano fece un passo indietro e si chinò per raccogliere qualcosa in un cespuglio Solas si accorse di essere ancora semi svestito.
“Rivestiti rubacuori, non vorrai mica combinare altri guai.” Varric gli lanciò la casacca e Solas rivestendosi annotò mentalmente che la preoccupazione non aveva effetti sull'indole beffarda del nano.
Nella capanna, la ragazza era seduta in un angolo e non alzò lo sguardo quando lo sentì rientrare. I tatuaggi, sebbene i segni fossero più lievi facevano ancora bella mostra sul bel viso di lei, niente avrebbe potuto sconvolgerlo di più.
Anders sul malfermo lettino sudava copiosamente e il suo corpo era interamente circondato da una strana aura magica. Era il momento, avvisò i compagni ed iniziò a recitare l'incantesimo che avrebbe separato Giustizia dal mago. Entrò in contatto con lo spirito che avrebbe dovuto attingere alla sua energia per farsi strada nell'oblio. Ma quando la sua mente entrò in contatto con quella di giustizia, Solas seppe immediatamente che qualcosa non andava. Lo spirito era troppo forte e lui troppo debole, doveva aver assorbito l'energia vitale del mago per possedere ancora così tanta forza dopo un rituale tanto faticoso. All'improvviso Solas comprese di essere stato ingannato di nuovo. Giustizia toccò la sua mente e gli mostrò immagini orribili di battaglie future, cadaveri su cadaveri intrecciati in una catasta raccapricciante. Gli mostrò innocenti smarriti e terrorizzati chiedere aiuto a un lupo pronto a maciullarli tra zanne già insanguinate. E infine lei, smembrata dai suoi stessi seguaci, usata come vessillo contro di lui e poi arsa sulla pira con milioni di altri morti.
Non era la prima volta che assisteva alla distruzione, ma era la prima volta che gli veniva mostrata per mano di Giustizia.
Un istante ancora e vide la sua gente ugualmente trucidata, le immagini erano meno cruente ma più vere e quindi ancor più dolorose. Vide Abelas combattere qualcuno che aveva le sembianze di Cullen, lo vide resistere a lungo e poi soccombere, lo vide morire finalmente sereno. Giustizia gli mostrò la sua fortezza in fiamme e poté ascoltare le grida straziate di coloro che avevano confidato in lui. Vide i resti dell'antico mondo ridotto in cenere. Anche Skyhold bruciava, l'eluvian distrutto i suoi dipinti ridotti in fumo come la storia che narravano.
Si accorse d'improvviso di poter sentire sulla pelle il calore del fuoco e nelle narici l'odore del fumo, non era una visione, tutto quello era reale. Potevano aver approfittato della sua lontananza per lanciare un attacco alla sua roccaforte? Vide maghi vestiti secondo l'orrida moda del Tevinter, erano in gran numero, vide soldati senza vessilli, vide innumerevoli assassini apparire alle spalle di elfi indifesi e poi tornare a nascondersi nelle ombre lasciandosi dietro una scia di sangue e sgomento, vide la distruzione della sua gente, di nuovo.
Si sentì spezzato, piegato cadde ginocchia a terra e supplicò Giustizia di lasciarlo andare.
“Ho lasciato che un mortale mi ancorasse alla sua causa, ho sperimentato l'orrore di questo mondo e ne sono rimasto corrotto. Ora che l'uomo ha deciso di dare la sua vita per lasciarmi recuperare la mia essenza non permetterò che nessun altro mi renda servo della propria causa. Ho conosciuto il mondo del velo e mi ha trasformato in Vendetta, non ti aiuterò a costruire un mondo che mi trasformi in Espiazione. Io sono Giustizia!”

La voce di tuono dello spirito lo fece sentire piccolo e indifeso, si sentì tornato bambino ed ebbe l'istinto di nascondersi in un cantuccio per sfuggire ai rimproveri degli adulti, chiuse gli occhi d'istinto e quando li riaprì era solo. Non aveva mai visto quel posto, ma sapeva di essere in un sogno. Si guardò attorno, si trovava all'ingresso di una costruzione imponente, non propriamente bella, ma neanche sgradevole, sembrava una fortezza, ma non aveva in realtà mura di cinta o ponti levatoi, un grande cortile si estendeva attorno a lui e una piccola fontana basculante, fatta interamente di legno, scandiva il tempo con rintocchi e scrosci precisi. Ogni cosa sembrava essere pregna di colore, tutto sembrava stranamente intenso anche se questa luce non feriva gli occhi.
Una sagoma nota si avvicinava lentamente con passo felpato. Il lupo fulvo si fermò ad una certa distanza da lui, si sedette e i due rimasero a fronteggiarsi per un po'. Solas non voleva ammettere che lei potesse avere delle risposte per lui, quello era il suo mondo, il mondo del sogno gli apparteneva non avrebbe chiesto spiegazioni a lei. Lentamente il lupo mutò nella bella forma della sua amica che lo osservava seduta a terra a gambe incrociate, Solas si sedette imitando il suo contegno.
“Sai perché siamo qui?” chiese lei con una voce tanto profonda che sarebbe potuta giungere dal fondo di un pozzo. Solas si prese del tempo per studiarla meglio, il suo volto era deformato da un dolore nuovo, il verde dei suoi occhi si era fatto più cupo, non vi era più luce, doveva essere uno scherzo giocato da quello strano posto.
“Siamo nel regno di Giustizia?” Chiese infine Solas mettendo a tacere il proprio orgoglio. La ragazza annuì poi si alzò e si avvicinò per sedersi proprio di fronte a lui. Visti da vicino i suoi occhi sembravano uno spazio vuoto pronto a risucchiarlo al loro interno, era una visione inquietante e Solas dovette distogliere lo sguardo.
“Il rituale è andato a buon fine. Giustizia è libero.” Dopo un momento di pausa aggiunse in un sospiro: “ha preso il tuo posto.”
Solas rimase per un attimo senza parole, possibile che avessero trovato il modo di bandirlo dal mondo come lui un giorno aveva fatto con i falsi dei? “Cosa vuoi dire?”
“Dorian e suoi si sono dati molto da fare in questi anni, sono riusciti a rubare alcuni dei rituali segreti di cui Morrigan era custode e alla fine sono riusciti a creare una trappola perfetta. Il corpo di Anders era incantato e quando hai lanciato il primo incantesimo la magia ha iniziato ad agire su di te come un veleno. Lui spiegherebbe tutto questo molto meglio di me.”
Ma Solas comprese comunque: la debolezza, lo smarrimento, era tutto fin troppo chiaro e lei era stata la sua esca. Si era lasciato distrarre da lei e aveva abbassato la guardia.
a c'era un'altra domanda che lo tormentava: “E tu? Perché sei qui?” ma nel momento in cui la domanda lasciò le sue labbra la risposta lo colpì improvvisa. L'incantesimo che aveva lanciato su di lei doveva averla infettata.

“Sembra che i nostri desideri debbano rimanere inesauditi. Probabilmente è ciò che entrambi meritiamo.” Non una nota di ironia aveva alleggerito il tono lapidario della ragazza e Solas sentì il cuore ancor più pesante. Non avrebbe mai pensato di potersi sentire peggio eppure continuava ad essere sorpreso dagli eventi.
“Ciò che giustizia mi ha mostrato, è tutto vero? La mia roccaforte è bruciata e i miei uomini sono morti?”
Lei non rispose subito, annuì e abbassò il capo guardandosi entrambe le mani. Un dono di quello strano sogno.
“Il guaritore ha le mani sporche di sangue.” Alzò di nuovo quel nuovo sguardo inquietante su di lui prima di aggiungere: “Anche il macellaio, è facile ingannarsi quindi.” Abbassò di nuovo gli occhi e proseguì: “Giustizia prenderà il tuo posto e cercherà di portare in salvo i superstiti di entrambe le fazioni. Il tuo corpo tornerà a riposare nell'Uthenera, tu potrai tornarne in possesso e Giustizia sarà libero di fare ritorno nel suo regno. Nel frattempo faremo meglio a metterci comodi, Dorian mi ha assicurato che nessuno sarebbe stato in grado di lasciare questo posto fino al ritorno di Giustizia.”
Solas si sentì stanco di lottare, niente aveva importanza, il suo tempo era finito, Giustizia avrebbe portato un equilibrio nuovo in quel mondo abominevole e lui avrebbe chiuso gli occhi su quell'orrore, forse per sempre, i suoi errori lo avrebbero seppellito. Ma lei?
“Cosa accadrà a te?”
“Io non sarei dovuta essere qui, ma alla fine mi sembra che ci sia un'ironica giustizia in questo. La mia anima e il mio corpo non sono immortali come i tuoi. Sospetto che il mio corpo sia già morto, non so cosa sarà del mio spirito. Se è vero come dici che è collegato al tuo forse dipende da te.”
Nonostante l'orrore creato e subito forse alla fine avrebbe sfuggito la sua paura più grande, forse infine non sarebbe morto da solo.

 

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In quella città come in ogni altra c'erano troppe luci, troppi rumori, gli orrendi veicoli che riempivano le strade avevano anche l'effetto di avvelenare l'aria e il cielo non smetteva un istante di vomitare acqua colma di quello stesso veleno. Immergersi in queste strade caotiche era una terribile esperienza, ma trovare spazi tranquilli era sempre più difficile. Non vi erano più foreste o spazi aperti, gli uomini si stringevano sempre più l'uno all'altro per paura di essere lasciati soli con i propri pensieri, con i propri demoni. Eppure innumerevoli demoni facevano bella mostra di loro dietro ogni vetrina e su ogni manifesto pubblicitario, quel mondo era riuscito infine a corrompere ogni cosa. Guardò con la coda dell'occhio la ragazza che camminava accanto a lui infagottata dentro una giacca scura incapace di proteggerla dalla pioggia. Per quanto il suo aspetto fosse diverso aveva ancora il potere di rendere accettabile ciò che la circondava, forse  poteva esserci ancora una pallida speranza, nonostante tutto.
Svoltarono in una stradina secondaria e inciamparono in una donnina ben vestita e dall'aria per bene.

“Conoscete la buona notizia?” La voce stridula della donna ferì le sue orecchie, ne aveva abbastanza di quelle sciocchezze, quel mondo era pieno di gente che andava predicando che il mondo era salvo, la magia debellata perché i salvatori avevano finalmente liberato tutti dal peccato e dalla piaga magica. Cercò di ignorarla e di continuare dritto per la sua strada ma la donnina insistente gli lasciò tra le mani un opuscolo. Continuarono a camminare e la ragazza accanto a lui gli strappò di mano il ridicolo pamphlet.
“Ha donato sua figlia per liberarci dai nostri peccati.” Lesse ad alta voce e poi lasciò andare una risata allegra, nonostante tutto anche lei come quel mondo non sarebbe mai cambiata, prendeva tutto con leggerezza.
Arrivarono infine a destinazione bussarono sulla porticina di metallo che chiudeva la via.
Una donna dagli occhi d'ambra aprì e li squadrò per bene prima di lasciarli entrare: “Bene, bene. Chi abbiamo qui? Vi siete fatti attendere ma ora la festa può finalmente iniziare.”

 

   
 
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