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Autore: acchiappanuvole    08/11/2017    3 recensioni
Erano davanti alla stazione, il treno che li aveva portati era già ripartito, una folla si accalcava ancora alle barriere: infermiere, soldati francesi e belgi, una vecchia vestita di nero con una stia di polli. Candy si voltò. In lontananza, come le aveva promesso il Dottor Martin, c’era la sua destinazione: Etaples.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello
che tutto il mondo si innamorerà della notte.
-Romeo & Giulietta-

Erano davanti alla stazione. Il treno che li aveva portati era già ripartito, una folla si accalcava ancora alle barriere: infermiere, soldati francesi e belgi, una vecchia vestita di nero con una stia di polli. Candy si voltò. In lontananza, come le aveva promesso il Dott. Martin, c’era la sua destinazione: Etaples. Un accampamento simile a una piccola città, file e file di baracche, distese di tende color kaki, una piazza d’armi. Candy socchiuse gli occhi, scorgeva le figure degli uomini, minuscoli come formiche, impegnati in un’esercitazione. La vista era bloccata in parte da una donna dalla strana uniforme che includeva un pastrano, e un cappello a bacinella calcato sugli occhi e sui capelli raccolti in una traccia. Doveva averli riconosciuti perché non appena li scorse si fece avanti.
“Candy!” esclamò.
La ragazza trasalì riconoscendo la sua compagna di studi del Santa Johanna, lasciò cadere la valigia e le andò incontro con un gran sorriso.
“Flanny!” l’abbracciò e Flanny arrossì un po’ impacciata non abituata a quegli slanci affettivi, “Flanny sei venuta a prenderci!Come stai? E’ passato così tanto dalla tua ultima lettera. Ti presento il Dottor Martin. Dottor Martin lei è Flanny, ricorda che gliene ho parlato? Flanny è la miglior infermiera che esista.”
“Molto lieta.” Flanny tese la mano magra, “benvenuti a Etaplas. Sono contenta di rivederti Candy e di fare la conoscenza del dottore; attualmente lavoro al campo 15 mentre tu Candy sei stata assegnata al 21, se hai qualche problema con la capoinfermiera vieni pure da me. Ci siamo già scontrate diverse volte. Bene tutto pronto? Allora andiamo. E’ poco più di un chilometro e mezzo, dovrebbero bastare dieci minuti.”
“Devo dire che la tua amica è molto…inglese.”
“Inglese dottore? Flanny è nata a Chicago.”
“No intendevo perentoria.”
Candy si limitò a sorridere con divertita tenerezza. Più avanti Flanny si era fermata su un piccolo dosso.
“Fate attenzione alle spiegazioni, tu in particolare Candy o ti perderai. A destra, dietro di noi, la stazione ferroviaria…”
“L’avevamo notata,” disse il Dottor Martin con un’occhiata affettuosa.
“Quello è il villaggio; pieno di francesi. Sta attenta Andrew, un branco di libertini mangiatori di aglio. Là c’è il campo…quasi tutti inglesi, qualche australiano e neozelandese, forse ci verranno anche gli americani dato che le ultime notizie parlano di un’imminente entrata in guerra. Quello là è l’ospedale, l’edificio grigio fuori dal perimetro, e gli alloggi dei guidatori di ambulanze sono lì vicino.” Girò lo sguardo da Candy al Dottor Martin con un lieve accenno di sorriso, “c’è una tenda sul lato sinistro, è il nostro luogo di deconcentrazione, tovaglie e tazze di porcellana per bere del buon tè, c’è perfino un pianoforte.”
Candy annuì sorridendo a quella notizia.
Il Dottor Marin aveva invece individuato altro, “quello cos’è?”
Guardava in direzione del fiume, Etaples sorgeva tra il corso d’acqua e le colline scoscese.
“Quello?” Flanny sembrava riluttante a seguire lo sguardo del dottore. “E’ il fiume Canche, là dove ci sono quei tetti c’è Le Touquet, sostanzialmente spiagge dove alcune infermiere, con mia disapprovazione, si recano a fare il bagno. E’ la prima fermata del treno.”
“Non alludevo al fiume,” il dottor  Martin non si era mosso, indicò un punto “quello cos’è?”
“Dove scavano quegli uomini?” Flanny sembrava esitare, “è un prolungamento della trincea, in caso di  un attacco aereo. E’ già successo un paio di volte, non ci sono stati danni gravi ma bisogna essere previdenti. Fra una settimana le trincee andranno dal campo alle caverne.”
“Caverne?” Candy si voltò.
“Laggiù dietro il paese, sono enormi e degli ottimi rifugi. Evacuare attraverso le trincee nelle grotte permette anche di poter trasportare i feriti con più facilità. Se notate potete scorgere un’imbarcazione alla foce del fiume,  quella è per l’emergenza estrema nel caso dovesse esserci un’evacuazione inevitabile che ci porti a dover abbandonare la Francia.”
“Perché mai?” domandò Candy.
“Se gli alleati decidessero di abbandonare la parte settentrionale. Tutte sciocchezze alle quali non credo. Vogliamo andare? Purtroppo non posso dedicarvi l’intera giornata c’è costantemente da fare qui.”
Si incamminò e Candy e il Dottor Martin si fissarono per un attimo.
“Crede davvero si tratti solo di precauzione?” chiese Candy riprendendo a camminare. Quell’imbarcazione sembrava grande e maestosa, per la prima volta pensò che gli alleati avrebbero potuto perdere la guerra. Scosse il capo e allungò il passo, il dottor Martin la raggiunse dopo qualche minuto. Flanny si voltava a scrutarli ogni tanto e faceva cenni di approvazione.  Candy si fermò un’ultima volta, avevano quasi raggiunto il campo, un gruppo di australiani stava disponendo le lamiere ondulate sul tratto di trincea appena scavato.
Etaples. Stear era stato lì, forse si era fermato dove lei si trovava ora.
“Quindi se succederà il peggio dove ripareremo?” riprese a camminare.
Il Dottor Martin sorrise bonariamente, “alle caverne mia dolce signorina Andrew, con mille altri. Le imbarcazioni di quella portata servono a portare in salvo solo i pezzi grossi.”
Candy giunse ad Etaples nella primavera del 1917 dopo l’inverno più terribile della prima guerra mondiale, poco dopo il loro arrivo l’America dichiarò guerra alla Germania. Non molto più tardi le truppe canadesi presero la collina di Vimy, seguirono due terribili battaglie, Ypres e Passchendaele.


Ospedale generale 1, 22 marzo 1917

Caro Albert, da sei giorni non perdevo un paziente, ma questa sera è morto un giovane ragazzo canadese. Voglio scrivere il suo nome: James Cunningham, la sua famiglia era del Devonshire, nativo di un paese piccolissimo. Ho scritto a sua madre, sapevo che sarebbe morto, i dottori non avevano lasciato speranze. Mi ha parlato per un’ora prima di morire, mi ha descritto la sua fattoria, era vicino a un lago. Nelle mattine d’inverno quando si alzava a mungere passeggiava lungo il lago e guardava il levar del sole, il ghiaccio era spesso un metro e durava da settembre a marzo, da bambino suo padre gli aveva insegnato a pattinare sul lago, da grande ci andava con la ragazza e li le ha chiesto di sposarlo. Si era arruolato a diciotto anni, ieri ne avrebbe compiuti diciannove. Prima di morire ha nominato sua madre, l’ha chiamata, voleva dirle qualcosa e nel mentre mi stringeva la mano. Vedevo le parole nei suoi occhi ma non riusciva a pronunciarle tanto soffriva. Caro Albert credo di non aver mai provato una rabbia simile, un’impotenza così devastante. Volevo un miracolo, volevo tendere le mani e sentire la vita che tornava in lui; ho pregato ma non è successo niente, non succede mai niente. Non ci sono più miracoli. Non ho mai dubitato nell’esistenza di Dio ma ora…ora forse Dio non esiste e dovevo venire fin qui per scoprirlo. Preferisco non credere nel Dio che vedo ogni giorno, nei reparti dell’ospedale, un Dio che non risparmia nessuno e non interviene mai. Potrebbe dare un segno…è chiedere troppo? Anche questo mi sta esasperando e le lacrime sono inutili, non danno conforto. Scusami se scrivo tutto questo, so quanto tu sia  sempre stato contrario alla mia decisione di venire qui e talvolta per trovare pace penso alle nostre passeggiate nel roseto di Anthony, al tuo sorriso rassicurante e mi sembra incredibile che un posto simile esista realmente e non sia frutto di dolci sogni. Sarò forte, Albert, voglio esserlo e proseguire in questa missione anche quando tutto sembra troppo da sopportare.  Il Dottor Martin mi è vicino e Flanny  sa essere una buona maestra ed una indispensabile amica. Ti supplico di dare mie notizia e Suor Maria e Miss Pony, dì loro che Candy sorride ancora, che tutto sta andando bene, non voglio abbiano pensiero. Ed anche tu non preoccuparti per me, ho tutte le intenzioni di tornare da voi senza nemmeno un graffietto.
Con caro affetto.
Candy.


Nelle immediate vicinanze della spiaggia c’era uno stretto promontorio che si protendeva verso il mare ed era chiamato Pointe Sublime.
Non era affatto sublime per la verità ed il freddo in quel punto era tagliente, le nubi oscuravano la vista del mare, ma Candy non badava a tutto questo. Alzò il colletto del cappotto e chinò la testa, proseguì sul sentiero sopra le dune; aveva intenzione di raggiungere l’estremità del promontorio e di tornare indietro. Era pomeriggio inoltrato e piovigginava, l’aria sapeva di salsedine. Quando arrivò all’estremità del promontorio si voltò, in lontananza si potevano scorgere le luci della stazione, oltre ancora le tende del campo. Più vicino invece, sotto di lei, si stavano accendendo le luci dei cafés di Saint Hilaire, in uno qualcuno stava suonando una fisarmonica. Quella zona era riservata agli ufficiali di rango più elevato, vi erano due ospedali ricavati in quelli che prima erano due graziosi alberghi. Candy aveva fatto il turno di notte in quello più prossimo alla spiaggia; guardò la fila delle finestre che si illuminavano una ad una, il suo reparto un tempo era stato una sala da ballo. C’erano dei reticolati lungo le dune, li seguì con gli occhi, uno zig zag di filo spinato , la spiaggia sottostante era fortificata in modo più  imponente, la ragazza si avviò riparata dalla dune, le dispiaceva di non aver messo il cappello il vento le agitava i capelli e le sferzava il viso; forse aveva cambiato direzione perché non riusciva più ad udire la fisarmonica. Sentiva i cannoni. L’artiglieria pesante a più di trenta chilometri, un riverbero sordo.
Dov’è la guerra? Sempre là dove tutto tuona. E dov’era Candy? Sempre alla periferia, era vicina ma non abbastanza. Se avesse avuto una mappa avrebbe potuto indicare i punti di maggiore battaglia, un serpente lungo chilometri, un serpente sonnolento che a volte mutava posizione per accogliere avanzate e ritirate, ma non si spostava di molto. Era un serpente ben nutrito, dopotutto ogni giorno divorava molti uomini. Quella era la guerra in teoria, e lei poteva indicarla su una cartina e raccogliere e tentare di riaggiustare la carne ferita di tanti, troppo giovani. Si portò le mani al petto per trattenere dei singhiozzi, quel serpente, quella guerra che era ovunque e in nessun luogo le si era insinuata dentro e lei l’aveva lasciata entrare e forse non sarebbe mai più riuscita a sbarazzarsene. Le sembrava una convinzione irrazionale, folle, un modo di pensare così lontano dalla ragazza dai biondi codini della casa di Pony. Anche quelli erano spariti da tempo sostituiti da capelli raccolti in modo più adulto e pratico. “Forse sono solo stanca,” si disse “mangio troppo poco e questo non mi fa pensare lucidamente.” Si diede due veloci colpi sulle guance pallide, doveva concentrarsi su qualcosa di semplice e pratico per continuare.
Quella notte Neal Legan sarebbe passato da Etaples prima di tornare in Inghilterra e poi imbarcarsi per l’America. Era resistito un paio di settimane come guidatore di ambulanze ma la paura e l’orrore, per un ragazzo codardo come Neal, l’avevano avuta facilmente vinta ma Candy non si sentiva certo di biasimarlo per questo. Teneva in tasca una lettera che il ragazzo le aveva fatto pervenire e dove chiedeva di incontrarla, il primo dopo le ire che si erano susseguite quando, nella primavera dell’anno precedente, Albert aveva rifiutato la richiesta di matrimonio di Legan nei confronti di Candy. L’estrasse e la lesse ancora una volta, la pioggia macchiava l’inchiostro ed il vento cercava di strappargliela dalle mani. Non era una lettera espressiva ma opaca come Neal, “Mia carissima Candy, “ iniziava ed in modo altrettanto prevedibile finiva “ mia auguro non vorrai darmi un altro dispiacere rifiutando la mia richiesta di incontrarti. Affettuosamente, Neal.”
Candy la rimise in tasca, non sarebbe andata all’appuntamento, Neal Legan apparteneva ad un capitolo diverso, un passato che poco aveva di che mescolarsi con quello che stava vivendo in quel momento. Si voltò per tornare indietro e mentre si voltava si accorse di non essere sola. A meno di sei metri da lei c’era un giovane. Era seduto in un avvallamento della sabbia, i capelli corti gli stavano ritti sulla testa, sulle spalle portava un assortimento di scarpe, maglioni, giacche gualcite che sotto il pastrano lo facevano sembrare gobbo. Aveva la fronte aggrottata e teneva un grosso quaderno sulle ginocchia; sembrava che non fosse soddisfatto di ciò che scriveva perché faceva continue cancellature, guardava accigliato il quaderno, poi il mare come se lo ritenesse responsabile.
Quando la scorse alzò un amano “Salve!” gridò a voce altissima “vieni a tenermi compagnia. Hai fame? Vuoi un sandwich?”
“Stavo per tornare indietro.”
Candy si avvicinò, lo guardò ma rimase voltata verso il sentiero pronta ad allontanarsi.
“Anch’io” ribatté il ragazzo porgendo poi una mano “Jonathan, Jonathan Harris.”
“Candince Andrew. Ma tutti mi chiamano Candy.”
“Siedi un momento, tornerò indietro con te se permetti, ma prima mangiamo. L’aria di mare mette appetito e anche le poesie. Vuoi del formaggio? Non è male quando ci si abitua.”
“Sei un soldato?”
Jonathan addentò il formaggio scotendo il capo “sono un giornalista, scrivo per un giornale indipendente di New York e sono venuto qui a farmi un’idea di quanto accade, bevi un po’ di caffè” Jonathan stappò una borraccia “io ci metto un po’ di cognac, è scadente ma serve a rianimare un tantino.” Offrì a Candy il tappo a forma di bicchiere e lei ne bevve un sorso.
“Buono?”
“Molto.”
“Caffeina e cognac, combinazione imbattibile. Anche il whisky non è male ma non si trova.”
Quella carenza pareva preoccuparlo, aggrottò la fronte e si voltò a guardare il mare, sembrava che non sentisse più il bisogno di parlare, soffiando e sbuffando scrisse altre parole sul quaderno, guardò l’acqua e le cancellò. Candy aveva sempre pensato che qualsiasi tipo di componimento fosse un procedimento segreto ed eccelso; si sentiva lusingata perché quel ragazzo continuava a scrivere in sua presenza, bevve altri sorsi di caffè e lanciò un’occhiata furtiva al quaderno. Scorse un elenco di parole tutte illeggibili. Cominciò a sentirsi rilassata, quasi serena, il formaggio era gustoso, il caffè buono.
“Di che cosa parla l’articolo?”
Jonathan non si offese, succhiò il mozzicone di matita “della stupidità umana e dell’inutile massacro che sta avvenendo nel vecchio continente” non sembrava molto sicuro “e un po’ forse parla anche di me, del perché ho deciso di venire qui invece che starmene al sicuro in un ufficio americano.” Mordicchiò la matita e guardò Candy.
“Sono venuto in Francia per cercare la guerra. Immagino lo stesso valga anche per te.”
Candy fissò il liquido scuro che rimaneva nel fondo del tappo, “sono un’infermiera sono venuta qui sperando di poter aiutare in qualche modo, ma sempre più spesso mi rendo conto che i buoni propositi si infrangono con la realtà.”
“Potevi rimanere in America e farti una bella famiglia, tutto questo orrore non te lo toglierai facilmente dagli occhi.”
“Un mio caro amico ha perso la vita proprio qui a Etaples, il suo aereo è stato colpito a pochi chilometri da dove ora sorge il campo. Ogni volta che portano un ragazzo ferito penso: è come Stear ed io devo salvarlo. Ed ogni volta che non ci riesco Stear muore davanti a miei occhi ancora e ancora. E tuttavia non posso andarmene, non ne sarei nemmeno in grado. Entro dentro quelle tende e sorrido, cerco parole confortanti anche quando vorrei solo piangere.”
“Sei forte signorina Candy Andrew.”
“Forse, non saprei dire. Ho ancora la speranza che tutto questo finisca presto, che le cose torneranno a posto in qualche modo.”
“E’ quello che ci auguriamo tutti e voglio cercare di portare questa speranza attraverso l’articolo. In verità nasco come poeta e sceneggiatore, ma sono pochi quelli che hanno il fegato di partire per la fine del mondo e riempirci un taccuino di pensieri più o meno sensati.”
“Mi piacerebbe leggere qualche tua poesia.”
“Oh, roba mediocre non ti perdi nulla. Sulle sceneggiature invece me la cavo bene, stavo per proporre un mio scritto ad un produttore di Broadway prima che mi spedissero qui.”
Candy sorrise malinconica “ricordo bene Broadway.”
“Ci sei stata?’”
“Una volta soltanto e a dirla tutta non assistetti nemmeno a tutta la rappresentazione.”
Jonathan rise “doveva essere una vera noia.”
La ragazza scosse il capo “al contrario. Romeo e Giulietta, l’attore che impersonava Romeo era…era davvero un grande artista.” Scacciò una lacrima dal viso per poi fare un lungo sospiro “ ma non amo gli amori così tragici, se capiterà l’occasione un giorno voglio assistere ad un musical.”
Jonathan spezzettò del pane “confesso di non averne mai visto uno, il dramma di Romeo e Giulietta invece credo di ricordarlo, fu messo in scena dalla compagnia Stratford se non erro.”
Candy annuì.
“Era una delle migliori compagnie di New York, si è sciolta lo scorso anno.”
“Si è sciolta?” Candy si voltò di scatto a fissarlo.
“Mi pare di sì, ci furono dei problemi con uno degli attori di punta, un figlio d’arte se vuoi che ce la indentiamo. Non so se conosci Eleonor Baker, era molto popolare un po’ di tempo fa, il figlio faceva parte della Stratford.”
Candy sentì il cuore stringersi in uno spasmo quasi doloroso, possibile che succedesse ancora dopo tutto quel tempo?
“Che ne è stato di lui?”
Jonathan scosse le spalle, “credo abbia cambiato compagnia o si sia sposato, di certo non lavora più a Broadway altrimenti l’avrei saputo.” La scrutò attentamente “eri un’ammiratrice?”
“Mettiamola così. Ora devo proprio rientrare si è fatto tardi e a breve riprenderà il mio turno.”
Jonathan si fece più serio “perché sei a Etaples?”
La ragazza lo fissò sorpresa, “te l’ho detto sono un’infermiera.”
“Non si viene assegnati casualmente in un posto come questo, questa quiete momentanea è solo il preludio di tanti incubi. Pensaci bene e fatti assegnare ad un altro posto. Da quanto sei qui? Un mese?”
“Pressappoco.”
Candy riconobbe l’espressione sul volto di Jonathan, l’aveva già vista sul volto di centro altri ragazzi, sul volto di Flanny e delle infermiere lì da più tempo. Un’espressione chiusa, forse sfumata di disprezzo, “sai che aspetto hanno le vittime di un attacco gas?”
“No, ma…”
“Sai che aspetto ha qualcuno colpito allo stomaco dallo shrapnel? O saltato su una mina? Li hai visti?”
“Ho visto molte ferite Jonathan e ho visto molti giovani morire se è questo che mi stai chiedendo.”
“Ma gli orrori che ti ho appena accennato ancora non li hai visti.”
“No.” Le mani di Candy sussultarono, “ma credi che quel che vedo ogni giorno non sia già terribile Jonathan?”
“Lo credo Candy, ma c’è ancora qualcosa di vivo in te, una luce negli occhi che ancora non ti ha abbandonato, scomparirà tutto se rimarrai qui.”
Candy gli pose una mano sulla spalla e sorrise “grazie per la compagnia e il pasto, Jonathan. Sono stata felice di poter parlare con te.”
“Non dimenticare che siamo tutti in transito, Candy, ne qui ne là fino alla fine della guerra.” Jonathan raccolse la sua roba, si avvolse le scarpe intorno al collo, ormai era buio, accese una piccola torcia elettrica “avevo detto che ti avrei accompagnata,” si avviarono fianco a fianco, il sentiero era stretto e le loro spalle si urtavano “ non lo hai più rivisto il tuo Romeo, non è così?”
“Jonathan Harris sei la peggior pettegola che io abbia mai conosciuto!” commentò esasperata Candy.
“Che vuoi farci è deformazione professionale e sono un buon osservatore ho colto il cambio di sfumatura nella tua voce mentre ne parlavi.”
“Era una persona alla quale ero molto affezionata.” Candy alzò il viso e il vento le colpì gli occhi, glieli fece lacrimare; non piangeva anche se a volte si accorgeva di piangere all’improvviso e senza una ragione apparente. Ma adesso era solo il vento. Giunti davanti al primo ospedale poterono udire di nuovo la fisarmonica.
“Perché?” Jonathan si fermò e scosse la torcia, la batteria era quasi scarica, si spense e si riaccese.
“Perché un rimpianto così grande?”
Candy allungò il passo irritata “ti prego Jonathan devo tornare al lavoro.”
“E’ anche per lui che sei qui? Per essere lontana, per dimenticare?”
“Non l’ho mai detto.”
“No” Jonathan si era fermato “hai parlato di affetto. Non è una gran parola, amore va meglio, se la gente non la usa a sproposito.” Guardò Candy e comprese la sua espressione perché assunse un’aria contrita.
“Scusami Candy, ho varcato il confine della correttezza inglese. I miei amici dicono che lo faccio spesso, che sono un americano volgare. Forse imparerò a non fare più alcune domande, ad avere più tatto. O forse no. Senti la fisarmonica? A me piace. A volte vado in quel caffè pieno di soldati, quando smontano dal servizio. Fanno un’ottima omelette con le patate, magari una volta o l’altra la mangerai insieme a me…”
“Forse…forse chi lo sa.”

 

  
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