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Autore: Nadja_Villain    08/11/2017    0 recensioni
Astrid non è un'eroina e non si aspetta che gli altri la acclamino come tale. Dopo la sua cattura, si troverà a scegliere tra due prigionie differenti: una gabbia in vibranio in fondo all'oceano o unirsi agli Avengers, sotto contratto vincolante. Una sola potrà costituire un'occasione per riscattarsi. Tra i battibecchi col Capitano e le esortazioni ambigue di Tony Stark, dovrà fare i conti con la minaccia di un sadico Dio degli Inganni, una coscienza ipercritica e le falle di un'infanzia dissacrata.
▸ Ambientazione e contesto:
Post battaglia di New York: Loki è fuggito senza lasciare tracce di sé. La Stark Tower si è tramutata nella dimora degli Avengers.
Post "Iron Man 3" - pre "Capitain America: The Winter Soldier"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Neve e Cenere | Marvel

23 . Tu sei fuoco e sangue
 

-Dov'è?! - Ringhiò Loki, spingendo lo scettro contro il petto del dottore.

-Non lo so. - Rispose quello con una maschera impassibile sul volto.

-Mi prendi in giro?!

Loki lo afferrò dalla criniera bianca e gli fece fare un volo come se fosse pesato quanto un francobollo. Il dottore capitombolò, cercò di rialzarsi, ma trovò con una punta affilata che premeva sulla giugulare.

-Dimmi. Dov'è.

-Non ne sono ancora stato informato. È una precauzione apposita per evitare la dispersione di informazioni.

Astrid fece in fretta, decise che ragionare sull'accaduto le avrebbe solo fatto perdere tempo. Strinse i denti e strappò il braccio dalla manetta con tutta la forza che aveva. Un movimento deciso, secco, come le aveva insegnato Natasha. Ci aveva scherzato su, quando le aveva fatto vedere il procedimento. “Un giorno potrà salvarti la vita” aveva risposto la Russa da saggia maestra. Astrid ringraziò mentalmente qualunque spinta interiore illuminata l'avesse persuasa ad ascoltare, nonostante lo scetticismo. Nel tentativo di non urlare si morse la lingua. Evitò di guardare troppo la pelle raschiata, si portò direttamente la mano alle labbra per recarsi sollievo. Abituatasi all'ondata di dolore che si stava placando, cacciò la mano libera nei pantaloni, sfilò la chiave e la strinse tra i denti perchè tra le dita deboli e tremolanti le sarebbe caduta di sicuro. Trovò la serratura, con l'occhio del tatto, sotto il bracciolo. Infilò la chiave dopo svariati tentativi, perchè anche le dita sane non volevano obbedire ai comandi, influenzate dalla sofferenza dei nervi. Il bracciale in vibranio s’aprì con uno scatto. Non le parve vero. Si strappò la pettorina con la mano buona e liberò le gambe. Buttò giù i piedi, aggrappandosi al carrello per recuperare l'equilibrio che aveva perso alzandosi troppo in fretta, ma il suo peso spinse le rotelle all'indietro e lei atterrò dritta sul pavimento chiodato di punte di vetri. Riaprì gli occhi solo dopo un istante di incoscienza, la faccia bagnata dal liquido bluastro che illuminava il pavimento buio. Solo una luce a fibre ottiche correva lungo la circonferenza della cella e indirizzava alla porta. Chiuse gli occhi per riprendersi. Si sarebbe alzata presto, doveva solo riprendere le forze. Solo un secondo.

-Non dovresti scappare, a questo punto?

La figura di Loki le apparve maestosa e impervia su di sé. Con quelle iridi cristalline, la squadrava come si squadra un animale che si comporta in modo insolito. Astrid cercò di rialzarsi, ma si dimenticò del pollice rotto, il quale nel sostenerla le provocò una fitta che arrivò fino al gomito. Dovette strisciare e chiedere ausilio alla stabilità della parete prima di rimettersi in piedi. Le ginocchia minacciarono di cedere, ad un certo punto.

-Ma guardati! Direi quasi che tu abbia bisogno di aiuto.

-Non da te, no. Questa volta me ne esco da sola.

Pigiò il bottone che aprì la salacinesca e la fece uscire. Gettò un occhio alla porta del tunnel. Davanti ad essa si era abbassato un portello blindato. La sirena suonava allarmata, la spia arancione che lampeggiava era tutto ciò di cui i suoi occhi potessero fidarsi. Doveva esserci un’altra scappatoia. Cercò una finestra tra le zone buie e i momenti di luce.

-È il sotterraneo di una centrale super controllata. Nei corridoi e attorno all’edificio ti aspetta un’armata di soldati pronti a spararti dei dardi al sonnifero. Come pensi di scappare? – Infierì Loki.

-Da un condotto di aerazione. – Fece lei, alzando lo sguardo verso il soffitto. C’era un grosso tubo di metallo che finiva con una grata. Sarebbe entrata da lì. Gettò a terra con una bracciata ciò che c'era sulla scrivania più vicina. La lampada, il computer, tutti i fogli e le cartelle impilate, il portapenne, tutto andò a finire sul pavimento. Spostò la scrivania sotto il bocchettone. Posò una sedia stabile sopra il piano e ci si arrampicò. Provò a staccare la grata tirandola verso di sé, ma niente. Neanche le sue doti da saldatrice volevano collaborare. - Cazzo!

-Permettimi… - Fece Loki, avanzando una proposta.

-No! – Ruggì lei, prima che parlasse. Era lì, dietro di lei. Il dottore che li guardava entrambi da lontano, ciondolando come uno zombie con i suoi occhi scintillanti. – Tu... devi stare lontano da me. – Continuò Astrid puntandolo con l’indice. – Sono capace di sbrigarmela da sola.

Loki sospirò. Si voltò per rivolgersi all’uomo che gli faceva da ombra. Gli puntò la gemma fulgida al petto.

-Tu. Conosci una via d’uscita da questa prigione?

La chioma bianca scosse la testa.

-No, io sono qui solo da ieri.

-Mi spieghi a cosa sei utile?! – Sbottò il dio, scontento.

-Sono un chimico biologo con competenze in chirurgia e una passione per l'antica letteratura norrena.

Astrid forzò i muscoli, serrò per bene la presa anche con la mano indisposta, ma la grata doveva essere stata fissata apposta perchè nessuno potesse entrarci o uscirci liberamente. Ragionò. Cosa avrebbe fatto Tony Stark senza il braccio di Iron Man? Le serviva una leva, qualcosa di sottile e di resistente che potesse sollevare la grata per staccarla. La guardò bene. Tutta la congiunzione esterna era tenuta ferma da delle viti. Scese dalla scala improvvisata, ravanò tra i cassetti. Almeno un forbice doveva trovarla.
Loki si era appoggiato alla parete, lucidava lo scettro con la manica, mentre la scherniva con gli occhi.

-Saresti già fuori se mi avessi lasciato collaborare. E ora che stai facendo?

Un rumore come di una botta pesante contro le porte del tunnel d'entrata la fece trasalire. Da un momento all'altro sarebbero entrate le guardie per controllare se fosse tutto in ordine e la prigioniera ancora in gabbia. Non doveva farsi trovare in libertà, non là dentro. Afferrò un cacciavite che trovò in una cassetta degli attrezzi chiusa in un armadio. Salì di nuovo verso il bocchettone e cominciò a svitare.

-Sono impressionato. L'influenza risolutiva degli umani sta dando i suoi frutti. 

-Tu non dovresti essere qui, non dovresti parlarmi e non dovresti cercare di aiutarmi. E io non dovrei ascoltarti! - Accidenti a me, pensò. Doveva smetterla di dargli confidenze.

-Lo dici perchè mi ritieni pericoloso o perchè non vuoi farti chiamare impostora?

Astrid ci pensò davvero, per un momento. Poi scosse la testa. Non dargli retta, non dargli retta. Vuole solo sfruttarti. Non lasciarti distrarre.

-Sai, perchè credo che tu abbia una percezione un tantino distorta del pericolo, quanto del tradimento.

-Hai messo a repentaglio la mia vita... - Borbottò lei. Poi alzò la voce. - Hai tentato di uccidermi e di far uccidere un mio amico!

-Ti ripeti. Stai diventando prevedibile. Cambia le battute ogni tanto! E comunque, a parer mio, dovresti usare un termine più appropriato di “amico”. A meno che quelle cose qui su Midgar si facciano anche tra amici…

-Questi... Questi non sono affari tuoi! – Proruppe Astrid, le cui orecchie stavano prendendo più colorito del previsto.

-Temo invece, che sia già un affare di tutti… - Sogghignò Loki.

Astrid cacciò via il pensiero. Non c'era tempo per farsi venire una crisi di nervi. Il cacciavite tra i denti, svitò la penultima vite con le dita e la buttò a terra tra le altre.

-Anche se riuscissi a fuggire da questo piano, dovrai trovare un modo per scappare alle guardie all'esterno.

-Non puoi sparire con i tuoi poteri come fai sempre?! – Esplose Astrid. Non lo sopportava più.

-L'omuncolo ossigenato te lo lascio per compagnia?

Il dottor Hoffmann. Non riusciva a collegarlo in un tempo definito della sua vita, ma tutto quello che gli aveva raccontato era emerso nella sua testa con dei flash, prima che la tramortisse con quella sorta di veleno. Proprio in quell'istante, mentre lo pensava e un'altra vite sgusciava via dal suo loco, le si accese una lampadina: l'antidoto. Non poteva andarsene senza. Lasciò la grata che adesso rimaneva attaccata solo ad incastro. Scese per l'ennesima volta, superò la figura di Loki che non la perdeva d'occhio un istante, tremendamente attratto dalla sua modesta organizzazione. Si fiondò sulla valigia che era caduta a terra, l'aprì, ma era vuota.

-Oh, no. No, no, no…

Cercò sul lettino, per terra, sulla sedia da ufficio del dottore, tra le tasche del camice dell'uomo che la guardò con un sorriso babbeo, mentre se ne stava con le braccia alzate, del tutto ignaro di quello che stava succedendo.

-Cosa stiamo cercando?

Astrid lo prese dai lembi del camice.

-Dov'è la fiala?! Dove l'hai messa?!

-Quale fiala?

-Quella con l'antidoto, idiota!

-Era nella valigetta…

-Bè, adesso non c’è!

-Oh, intendi... questa? – Si intromise Loki, facendola apparire da sotto la veste Asgardiana.

-Dammela.

Il dio svanì nell'aria, nell'istante in cui Astrid si gettò in avanti per strappargliela dalle mani. Tutto l'odio che sentiva ribollire dentro si concentrò nei muscoli del viso e nei pugni. Percepiva il fumo spruzzare dalle orecchie per il nervoso. Avrebbe voluto carbonizzarlo, ma le sue mani rimasero nude da ogni scintilla.

-Hai ragione, gioco infantile.

-Non faccio gare con te. Non ho tempo.

-Perchè sai che perderesti.

Astrid prese la decisione più difficile del momento. I piedi che pestavano a terra, si barcamenò verso il tavolo, mugugnando maledizioni.

-Non vuoi nemmeno fare uno scambio?

-Te la puoi tenere! Non ho bisogno dei miei poteri per andarmene da qui! – Sancì, risalendo sulla sedia. - Torneranno da soli. Posso aspettare.

-Ma naturalmente! Con tutte le tossine che circolano nel tuo corpo, dovrai sperare che nessuno voglia catturarti per un lungo ed esasperante periodo. Dove ti nasconderai nel frattempo? Non crederai davvero che ci sia ancora qualcuno disposto a offrirti asilo?

-Dio santo... Come fa Thor a sopportarti?

-Il deludente quoziente intellettivo di mio fratello lo rende testardo e poco prudente. Non è sopportazione, è solo ottusità.

-È fiducioso. – Lo contestò lei. - Crede ancora che ci sia qualcosa in te per cui valga la pena combattere. Ha una pazienza invidiabile. Non ti ha mai preso di peso e lanciato da una finestra? Non mi stupirei affatto.

Loki abbozzò una risata, ma si sentì che non era per niente divertito. Astrid diede una scossa alla grata che le rimase in mano. Si affacciò nel buco e si accorse che avrebbe dovuto saltare per entrarci dentro.

-Almeno c'è qualcuno che crede invano nella mia redenzione. E invece… chi crede ancora in te? Un Soldato perso in un tempo che non gli appartiene e un'ignava assassina pentita. Ti rimanevano solo loro due, ma tu hai preferito mentire di nuovo. Dimmi, perchè? Perchè non gli hai detto la verità, che ti sei lasciata persuadere dal nemico senza lottare per la tua dignità, per la dignità di chi ti sostiene?

-Sta' zitto! - Astrid gli lanciò la grata addosso. Loki la prese al volo e la fece schiantare a terra. La ragazza saltò, si appese ai gomiti e tirò su il busto seguito dalle gambe, mentre la mano destra e i muscoli addominali strillavano, la carne strideva, i nervi si attorcigliavano per lo strazio. Si ritrovò nel condotto rannicchiata, per soffocare versi di dolore, chiedendosi da che parte andare. Prese la via che ad intuito indirizzava verso il giardino esterno. Ogni tanto si guardava le spalle, come se qualcuno avrebbe potuto seguirla. Si trovò davanti ad un bivio. Scelse lo svincolo più estremo e scoprì che finiva con una ventola dell'aria. Era ferma, non girava. Si avvicinò e tra le fessure scorse un paesaggio innevato. Pregò che la corrente non venisse riattaccata proprio in quel momento. Si mise a pancia in su e cominciò a calciare le eliche, nonostante le vibrazioni provocate dagli urti e nonostante le ferite che non le davano pace. Ad un certo punto capì che stava facendo rumore per nulla. Non aveva forze. Le girava la testa. Aldilà dell'elica passò un gruppo di soldati a passo svelto.

-Per di qua! Per di qua!

Maledì il Capitano e la sua brillante idea di evadere dal Quartier Generale dello SHIELD come si può evadere da un condominio. Maledì Loki e l’impertinenza con cui riusciva sempre ad infonderle un germe di dubbio nelle sue certezze più durature e rimuginare anche quando il contesto le intimava di non farlo. Maledì Stark e alla fine maledì anche e soprattutto sé stessa, in quanto era più incapace di lui a resistere alle debolezze.
Si sdraiò un momento per respirare. Le mancava l'ossigeno. Giurò a sé stessa che non si sarebbe mai più cacciata in uno spazio così stretto da dover gattonare.

-Emh.. emh… Non vorrei disturbare la tua pennichella, ma credo che sia giunta l’ora di uscire da quel tubo.

-Ma va?! Che idea illuminante, Loki! Davvero, non mi ero resa conto!

Dannazione, era ancora lì. Le venne l’impulso di sbattere la testa contro la parete. Lottò contro la vocina che le diceva che nessuno lo avrebbe scoperto. Tuttavia, solo perché l’aveva salvata due volte, anzi tre, non significava essere dalla sua parte o che simpatizzasse per lui. Sperò che la vocina avesse ragione. Scosse il capo per convincersi che anche in quel caso fosse l’unica scelta che aveva.

-Me ne pentirò amaramente.

-Dovresti allontanarti. – Le consigliò il dio puntando lo scettro contro di lei. La grata e la ventola esplosero in un boato. Astrid si ritrovò scivolata fuori senza preavviso. Un paio di mani di ghiaccio la afferrarono sotto le ascelle, prima che capitombolasse per terra. Quando i suoi piedi ritrovarono il suolo e si accorse che le mani che l’avevano aiutata ad atterrare fossero quelle di Loki, agitò le braccia per distanziarsi da lui. Lo intimidì con lo sguardo.

-Sostengo che dovresti imparare ad essere più cortese con chi è cortese con te.

-E io… sostengo… che dovresti tenere le mani dove stanno!

-Ehi! Laggiù!

Un gruppo di militari affrettarono il passo verso la loro direzione. Le armi puntate fecero capire che non avessero intenzioni amichevoli. Astrid si fiondò tra i cespugli candidi, addentrandosi nel boschetto per far perdere le proprie tracce. Corse tra i tronchi, schivandoli, saltando le ridici sporgenti, scostando i rami taglienti dalla visuale, i piedi scalzi che affondavano nella neve ghiacciata, la pelle che si intorpidiva, gli spari e le voci alle sue spalle che non si fermavano. All’improvviso la gamba aveva ripreso a pulsare come se volesse dividersi in due. I polmoni avevano acquisito un ritmo tutto loro. Il cielo cominciò a girare come una trottola, le cime spoglie degli alberi si ingarbugliavano tra loro in un turbine, la terra ai piedi si sfocò. Astrid si appoggiò pesantemente al tronco di un albero per riprendere fiato. Prestò attenzione ai rumori attorno a sé. Era certa che i militari la stessero ancora seguendo, ma non vedeva Loki. Non che gliene importasse, anzi, si sentì sollevata che se ne fosse andato.

-Batti la fiacca.

Astrid sussultò.

-La smetti di fare così?! – Soffiò contro il dio evanescente, mentre avrebbe voluto urlargli in faccia.

I passi delle guardie armate si facevano meno distanti. Astrid si affacciò al tronco per spiare i loro movimenti.

-Ti prego, vattene. Mi farai catturare. – Disse, consapevole che non sarebbe bastata una supplica. Si rialzò, cercando di non zoppicare. Fece una corsetta, ma d’un tratto il suolo sembrò pendere in obliquo, piegando il piano della gravità. Dovette aggrapparsi di nuovo ad un altro albero vicino.

-Dovresti fermarti.

-Sei ancora qui. – Constatò lei, strusciando la spalla su un tronco e trovando sostegno in un altro.

-Stai sanguinando.

Quella frase suonò tanto come una domanda, quanto come una supposizione.

-Sto bene. Sono solo un po’ stanca.

-No, dico, stai sanguinando! – Ribadì Loki afferrandola da un braccio.

Astrid, che non aveva ancora avuto il coraggio di farlo, poiché inconsciamente già lo sapeva, abbassò il capo sulla maglia zuppa, la mano rossa delle sue stesse viscere. Sollevò il tessuto appiccicato al ventre. La pelle si era strappata in tante lunghe bocche umide.

-Cazzo. – Sputò. Continuò a camminare, come se le suture saltate fossero solo un dettaglio inconveniente.

-Pensi di lasciare ancora per molto una scia che segni il tuo passaggio? – Domandò Loki, puntando le macchie che la neve stava bevendo ad ogni suo passo. Astrid lanciò un’occhiata e fece finta di niente. Non poteva fermarsi. Steve doveva essere lì da qualche parte che l’aspettava. Non l'avrebbe mai abbandonata. Non in quel momento. Non l’avrebbe mai tradita. Non il Capitano. Non lui...
Strascicava i piedi e adesso nella neve si erano formati dei solchi lunghi e ondeggianti che firmavano un’andatura ubriaca e sofferente.

-Ah, ho capito. Il Soldato ti ha promesso di venirti a prendere. Non è così?

-Lui è qui. Sta per arrivare. – Annunciò lei convinta. Una mano al ventre e l’altra in continua ricerca di appoggio.

-Mi chiedo quanto sia disposto il tuo amico a rischiare di prendere il tuo posto…

-Lui farebbe qualsiasi cosa. Non mi abbandonerebbe mai. – Ripetè a sé stessa con voce fievole. Le parve di vederlo davanti a sé. Allungò il passo, ma la figura di Steve evaporò nella nebbia della sua confusione. Vide Natasha sorriderle da lontano e poi nascondersi dietro ad un cespuglio. I due continuarono ad apparire e scomparire e quando lei cercava di raggiungerli, ogni volta era troppo tardi.

-Sai cosa ti dico? Non verrà nessuno.

Astrid, stufa, si voltò verso Loki con l’intenzione di prenderlo a bastonate.

-Perché mi stai seguendo? Perchè non te ne vai a distruggere il mondo con un’orda di animali alieni, eh? Te ne devi andare, hai capito?! – Gridò. Nemmeno lo vedeva. Inveiva contro una sagoma verde e nera che perdeva nitidezza a intermittenza.
Attorno a sé la neve si sciolse all’improvviso, l’erba che se ne stava schiacciata e spettinata sotto il peso di essa, si annerì in un cerchio di fiamme. Le iridi di Astrid bruciavano come le vene, fili di rame rovente che le percorrevano il corpo. Loki mise le mani in avanti.

-Non mi sembra il caso di farne una questione personale.

-Oh, sì che lo è.

Quanto desiderava i suoi pugnali. Glieli avrebbe affondati entrambi nello sterno perché capisse che cosa stesse provando in quel momento, che cosa avesse provato quella mattina. Lo avrebbe fatto diventare come una tavoletta di sughero, se non avrebbe potuto ridurlo in un mucchio di cenere, ma ora doveva accontentarsi dei pugni. Loki si difese con lo scettro, quando lei gli balzò addosso per colpirlo. La respinse. Astrid barcollò all’indietro, ma riuscì miracolosamente a rimanere in piedi.

-Non voglio usarlo. Credimi.

-Non farmi ridere. Non vedi l’ora di farlo di nuovo. Perché non lo fai adesso, eh? Perché non mi controlli per uccidere qualcuno, eh?! Avanti!

Gli andò di nuovo addosso, si aggrappò al fusto dello scettro che Loki stringeva di fronte a sé in orizzontale. Astrid caricò in avanti, egli contrastò la spinta con più violenza. Un piede, nel tentativo di bilanciare il colpo, scivolò all’indietro. Astrid si aggrappò al mantello di Loki ed entrambi slittarono per il dirupo, valangando assieme alle foglie marce e ai rami rotti. Li fermò la pendenza contraria. Loki sbattè contro un albero con la schiena. Astrid si rialzò, ignorando la protesta di tutti i muscoli del suo corpo. Lo scettro era rimasto incastrato in un cespuglio secco. Si mise a scalare la terra franosa, ma prima che potesse afferrare l’arma, si sentì tirare verso fondo valle. Loki le fu addosso, le fissò i polsi al terreno, con le gambe faceva in modo che non muovesse le sue. Erano fronte a fronte. Astrid non si rassegnò, ancora cercava di ribellarsi, ma non c’era molto da fare.

-Non crederai davvero di poter avere la meglio! Il tuo corpo sta cedendo, la tua mente è annebbiata. Sei senza poteri, per non dire che la mia forza è nettamente superiore alla tua in ogni caso!

-Ti avrei già fatto il culo se solo ne avessi le forze!

-Oh, avanti, non mentire a te stessa. La tua abilità di combattimento è goffa e manca del tutto di tecnica.

Astrid digrignò i denti.

-Se solo avessi avuto uno solo dei miei pugnali, te l'avrei ficcato nello stomaco in questo momento. Lo avrei rigirato su sé stesso, lasciando che il calore ti cuocesse da dentro, per farti conoscere l’odore delle tue budella allo spiedo.

Loki si mise a ridere. Rise tanto forte che Astrid dovette ripensare alla minaccia che aveva appena fatto uscire dalla bocca per capire che cosa ci fosse di tanto ridicolo.

-Vedi di cosa parlo? Questa sei tu! Tu sei fuoco e sangue, rancore e furia. Tu non sei fatta per salvare il mondo. Sei fatta per distruggerlo. Vuoi farti giustizia da sola, non vuoi essere spalmata di unguenti e lodi, come paladina della giustizia. Tuttavia hai paura dall'opinione della gente, hai paura di non essere compresa. Per questo ti nascondi nelle battaglie. Esprimi tutta te stessa nel caos per confondere le prove di ciò che sei davvero.

Astrid non si muoveva più. Era impressionante in quante di quelle parole riusciva a rispecchiarsi. E questo non era un bene. Non era un bene per niente. Era già la seconda volta che Loki era riuscito a sintonizzarsi col pezzo più oscuro della sua anima. L’aveva letto come si legge un libro a caratteri cubitali. Era una sensazione insidiosa e terrificante, ma al tempo stesso c’era qualcosa di liberatorio. Il Serpente dalla Lingua d’Argento si era impossessato della chiave per aprire la serratura di una porta che sarebbe dovuta rimanere chiusa.

-Non devi avere paura di ciò che sei. Non devi sopprimere i tuoi istinti. Non sei tu ad essere sbagliata. Non devi permettere che coloro che ti circondano ti trasformino in ciò che non sei. Con me sarà diverso. Non ti metterò una catena al collo. Potrai sfogare tutto il tuo potere senza limiti.

Astrid guardò lo scettro che se ne stava ancora appeso ai rovi.

-No, non userò neanche quello. Non ne avrò bisogno. So che sei capace di fare la scelta giusta da sola.

Loki aprì le mani. Lasciò libere le braccia di Astrid, ma lei non si mosse. Rimase imbambolata, completamente succube di quel discorso, come se fosse stata ipnotizzata. Eppure lo scettro non si era avvicinato di un millimetro.

-Rifletti. – Fece lui, alzandosi in piedi.

Astrid gli afferrò una mano, per trattenerlo. Avrebbe voluto dirgli che si sbagliava, che aveva mancato il bersaglio, invece non riuscì a mentire. Lo sfidò e basta, con le sue sole iridi dorate, stringendo quella mano gelata che si stava tingendo di un blu oltremare, nella sua bollente che si era annerita come il carbone. Loki strappò la presa, sdegnato, ma prima che potesse proferire altra parola, schizzò all’indietro. Rotolò per molti metri, sfondando parecchi alberi. Un luccichio rimbalzò e andò a conficcarsi in un tronco. Il luccichio di uno scudo in vibranio, bianco, rosso e blu, con una stella nel centro.

   
 
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