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Autore: joellen    09/11/2017    0 recensioni
Cento anni orsono, la Terra è stata colpita da eventi misteriosi e devastanti che hanno decimato la sua popolazione tanto da risultare un pianeta deserto a chi lo vede attraverso i telescopi di altri mondi. E che la sta usando come discarica per liberarsi dell'immondizia metallurgica da cui è afflitto... O per cercare e procurarsi minerali preziosi per la propria sopravvivenza.....Ma non tutto è come sembra...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ULTERIORI FRAMMENTI DI VERITA'

 

 

Base di Novosibirsk, sala operativa

 

Antonov, Kyrianov e Wichinskji, tre dei componenti lo staff della base, sobbalzarono sulle sedie allorché sugli schermi dei computers, e su quelli più ampi fissati alle pareti, d'improvviso, le immagini cambiarono di genere sostituendosi rapidamente a quelle che i tre ormai erano abituati a vedere da diversi mesi. Alcuni schermi si riempirono di panoramiche su angoli remoti della Terra: deserti ricoperti di grigi tappeti di ferraglie, distese di acqua più o meno calma e infine altri rivelarono ciò che c'era sopra di loro, ossia il cielo, con stelle e pianeti che si muovevano lenti nel nero siderale.

"Che mi venga un colpo! -  esclamò Antonov fissando, sbigottito quel mutamento così repentino - Ma che è successo?".

"Qualcuno ha riattivato telescopi e satelliti" commentò Wichinskji, con soddisfazione.

"Wow" fece Kyrianov, allegro.

"E' sicuro che sia un bene?" lo contestò Antonov.

"Beh, -  rispose Kyrianov, su di giri - almeno si vede qualcosa di nuovo".

Antonov, invece, guardò, sconsolato e adirato, il deserto ricoperto di spazzatura ferrosa. Tuttavia, subito dopo, quello spettacolo gli accese un lume di ottimismo.

"Ha ragione Kyrianov. -  convenne - Chissà che ora non vedremo meglio e prima gli sporcaccioni che arrivano qui a scaricare le loro schifezze per poterli abbattere subito".

Senza farsi vedere, Wichinskji sospirò e sbuffò. Per un verso poteva anche aver ragione, ma quell'uomo odiava proprio chiunque non fosse terrestre, per  principio.

 

 

Siberia, non lontano da Novosibirsk

 

Dio creò il cielo, la Terra e gli altri pianeti, i sistemi solari, le galassie e le costellazioni....l'universo, insomma ! Poi decise di popolare i pianeti... non tutti...solo alcuni....quelli che si trovavano ad una giusta distanza dal Sole attorno al quale giravano, in quanto si era reso conto che altri si trovavano troppo lontani o troppo vicini a quel Sole da poter essere abitati senza che gli esseri viventi ne ricevessero danni gravi: troppo caldo da essere bruciati o troppo freddo da essere congelati. E in un qualche modo misterioso,  i popoli dei pianeti abitati lo vennero a sapere cominciando a credere ad un entità superiore a loro, che aveva donato loro la vita e i mezzi per viverla nel modo più appropriato: la terra per poterne coltivare i frutti e sfamarsi, l'acqua per potersi dissetare, mantenere l'igiene e navigarci sopra per poter raggiungere le varie zone del pianeta....

Ma un giorno, qualcuno aveva annunciato che non esisteva alcun Dio e che tutto era stato generato da un'esplosione primordiale nell'universo, miliardi di anni prima......

"Heron! Heron! Heron!" lo richiamò Stefano, scuotendolo, accortosi dello stato quasi catatonico in cui il comandate alieno sembrava essere caduto mentre narrava i fatti.

Heron si scosse, effettivamente in trance.

"Si" fece, riacquistando completamente lo stato di veglia.

"Mi sta dicendo che la fede in Dio è stata equamente distribuita in tutto l'universo? - lo incitò - Che forse in tutti i pianeti abitati, i popoli credono in Dio? Che il suo messaggio è arrivato ovunque ci sia vita? La teoria è pazzesca!...Assurda!...Ma splendida!".

Heron si destò del tutto dal suo stato di trance e accomodò meglio sul sedile.

"Non ne ho un'idea precisa. - rispose Heron, completamente sveglio ma calmo - Per quel che ne so io potrebbe anche essere avvenuto. Il mio amico Adoniesis mi ha raccontato di templi bruciati e di mio padre che mi ha portato fuori da uno di questi, in fiamme, mentre eravamo dentro a pregare".

"E la croce, Heron? - lo sollecitò a continuare Stefano - Annamaria mi ha parlato di una croce che ha visto anche lei".

"Non ho mai saputo con esattezza cosa volesse dire quella croce. - rispose Heron quasi dispiaciuto di non poter fornire una spiegazione esauriente a quell'enigma - Credo fosse un simbolo di quella fede, ma l' ho vista di sfuggita in quel tempio". Stefano percepì una profonda emozione nella voce rotta del suo compagno di viaggio.

"Dobbiamo saperne di più, comandante! - sentenziò, fermo nel proposito - Probabilmente, questa è la chiave del passato di questo pianeta. - quindi si girò verso di lui - Perché ha voluto dirlo solo a me?".

" Perché ho pensato che solo lei e sua moglie avreste potuto capire" rispose Heron, ora sicuro e tranquillo.

Stefano gli dette una pacca sulla spalla dalla sua parte.

"Grazie per la fiducia" disse, sorridendo.

"Di niente" replicò Heron. Stefano si voltò un istante verso di lui e, sorridendo, alzò il pollice della mano destra in segno di intesa. Heron rispose alla stessa maniera torcendo le labbra in un mezzo sorriso di complicità.

Fra i due si stava stabilendo un bel rapporto di comprensione e, forse anche amicizia. Due rappresentanti di due popoli di due pianeti relativamente lontani, che però sembravano aver avuto un destino comune. Non solo! Stefano realizzò che, - pareva incredibile, - grazie al suo nuovo amico di un altro mondo, stava venendo a conoscenza dei fatti che in passato avevano sconvolto il suo.

In quel momento, tuttavia, accadde qualcosa che cambiò radicalmente la situazione creatasi attorno a loro.

 

 

 

Il momento di un'altra verità

 

Sul display collegato al radar, un oggetto di dimensioni piuttosto ragguardevoli - di sicuro un'aeronave, se non un'astronave - apparve a sinistra avanzando lento e dirigendosi verso un grosso punto al centro dello schermo. I due uomini concentrarono i loro sguardi sullo schermo seguendo l'oggetto, con attenzione. L'oggetto non arrivò al punto centrale e il disegno schematico di un'esplosione si formò sul monitor. E sempre alla loro sinistra, Stefano, con la coda dell'occhio e Heron girandosi di scatto nella direzione, videro da dov'erano un'enorme fiammata nel cielo che schiarì di molto la già non completa oscurità circostante loro, dovuta al Sole che in quel periodo non tramontava mai del tutto all'orizzonte.

Heron credette di non avere più dubbi.

Ora sapeva come, e soprattutto dove, era morto suo padre.

 

 

 

 

 

Base di Novosibirsk

 

Antonov seguì, soddisfatto, la fase dell'esplosione godendosi lo spettacolo del veicolo saltato in aria e scoppiato in pezzi schizzati ovunque nello spazio che stavano ricadendo sul suolo come le comete del 10 agosto, pur non essendo ancora arrivati a quella data.

"Altri insozzatori fuori dalle scatole!" esclamò fregandosi le mani.

Pochi secondi dopo, Zitowskji, il radarista, uscì nello spiazzo annunciandogli di aver intercettato un veicolo aereo.

"Piccolo o grande?" chiese Antonov, sul chi va là.

"Piccolo, direi. -  rispose l'uomo - Sembra un normale aereo da turismo".

Lievemente seccato, Antonov rientrò nell'edificio e andò dietro al giovane tecnico del radar fino alla sala controllo.

 

 

 

Sull'aereo

 

Il Sole a mezz'asta all'orizzonte illuminava il viso di Heron i cui bei tratti si erano improvvisamente induriti diventando lame taglienti e conferendo all'uomo un'espressione di glaciale furore.

"Tutto bene, amico?" gli chiese Stefano, preoccupato di quella rapida trasformazione.

"Si" fu la risposta fredda e lontana dell'alieno che guardava fisso davanti a sé come se stesse vedendo un nemico da abbattere immediatamente.

Stefano gli sfiorò la spalla.

"Hey, - lo apostrofò, ma in tono apprensivo - Turbato dall'esplosione? Forse è stato un incidente".

"No. - lo contraddisse Heron, mantenendosi gelido - Non è stato un incidente. L'esplosione è stata voluta. Di sicuro quella era un'astronave carica di spazzatura".

Stefano fu certo di capire ma si sentì ugualmente la spina dorsale percorsa da una scarica di forti

brividi di allarme.

"Beh... - se ne uscì con l'intenzione di recare un minimo di conforto al comandante - Forrest ci ha avvertiti che il responsabile della base qui in Siberia è un tipo da prendere con le molle".

Heron si voltò verso di lui e accennò un sorriso.

"Già. - confermò - Vero. Dobbiamo andare a prendere l'uranio. - continuò tornando serio ma acquisendo un'espressione meno minacciosa - E la medicina per il mio equipaggio".

Di colpo, a Stefano venne in mente un particolare a cui non aveva pensato; almeno non prima di quel preciso istante. E volle condividerlo con Heron.

"Hey, .... " lo richiamò, allegro. Heron si girò verso di lui, sorridendo a labbra chiuse.

"Si?"

"Sarà meglio non parlare dell'uranio" suggerì.

Dapprima, Heron non capì poi però arrivò alla stessa intuizione: l'uranio era usato anche per costruire armi atomiche e anche lui lo sapeva. Tacitamente, annuì per fargli sapere che aveva compreso, accompagnando il sì con l'ormai consolidato gesto del pollice alzato. Stefano rispose alla stessa maniera, senza aggiungere altro, riaccese i motori dell'aereo ed effettuò l'ennesimo decollo di quel lungo viaggio. Il territorio piatto gliene permise uno abbastanza normale, non troppo verticale.

E non si alzò eccessivamente. Non erano molto lontani dalla meta.

   
 
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