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Autore: acchiappanuvole    09/11/2017    1 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sai Nana, ho sempre creduto che una donna una volta diventata madre si trasformi in qualcosa di infallibile e incorruttibile guidata dal buon senso e amore incondizionato. Sono stata ingenua ancora una volta.
 
“Questa è follia.”  Ko ancora non può credere di aver abbandonato la festa della sua migliore amica per giocare alla fuggitiva nell’aeroporto di Haneda. E’ stato del tutto irrazionale da parte sua e pur rendendosene conto non riesce a fare a meno di seguire la schiena di Ren,  vederlo muoversi agevolmente tra gente con carrelli carichi di valigie, tabelloni, ragazze che promuovono prodotti da viaggio agghindate in sgargianti abiti accesi.  Immersa in quel via vai di viaggiatori  percepisce una strana adrenalina, l’illusione di poter scegliere una meta qualunque e partire. Ren si è fermato, ha il viso leggermente alzato per consultare i voli in partenza che si susseguono sul grosso monitor. Si volta verso di lei sorridente “allora dove andiamo?”
“In Europa!” Ko lo affianca, ha il viso acceso di aspettativa mentre scorre i nomi di tutte quelle città straniere, “ non saprei scegliere…Parigi?”
“Sei romantica” scherza Ren facendola arrossire.
“E’ che è la città dell’impressionismo, di Victor Hugo…io adoro Victor Hugo.”
“Parigi sia. Il volo parte tra una quindicina di minuti, vedi?” Ren indica l’orario dopodiché le prende la mano, una pressione lieve per condurla con sé.
“Dove andiamo?”
“Ad alzarci in volo.”  E non le lascia il tempo di capire mentre salgono le scale mobili di corsa, sorpassano volti stanchi, lingue differenti. Quando raggiungono la terrazza esterna il viso di Ko è investito dall’aria calda e dal rumore dei propulsori  in accensione. Sotto di loro un grosso Jumbo si sta muovendo sulla pista, un mastodonte per il quale è impossibile non chiedersi come faccia a stare in aria come la più leggera delle farfalle.
Ko si affaccia dalla balaustra a vetri, le luci della pista le confondono gli occhi mentre l’aereo prende la sua corsa e arrivato in fondo si solleva portando con sé tanti sconosciuti uniti dalla stessa meta. Il cuore le fa un saltello, come se si sentisse a bordo a sua volta, l’improvvisa sensazione di alzarsi da terra e puntare dritti verso il velo scuro della notte.
“Non ero mai salita sulla terrazza di un aeroporto” si accosta a Ren il quale fa segno di non riuscire a sentirla a causa del rumore dei motori sottostanti, lei si fa più vicina “solitamente guardavo le partenza da oltre la recinzione delle piste, da qui la prospettiva è migliore.”
Ren annuisce per poi farle segno di sedersi con lui verso l’interno; appena oltre la porta automatica un distributore di panini e bibite fa da benefattore alla loro fame. Si siedono per terra, con due nikuman, un pacchetto di Poki e due bottigliette di watermelon milk che Ren giudica stomachevole dopo il primo assaggio.
“Solo a voi ragazze può piacere questa roba dolciastra.”
“ Ti assicuro che  è apprezzato da ambo i sessi, sei tu che ormai hai preso gusti esteri.”
“Se per gusti esteri intendi la Coca Cola allora sì, posso darti ragione.”
Rimangono entrambi in silenzio ed è Ko che sente per prima l’esigenza di parlare ancora, di non lasciare spazio al silenzio che la imbarazza nonostante quella loro vicinanza sia rassicurante e piacevole.
“Parti sempre da qui?” chiede.
“No, solitamente mio padre preferisce Narita, ci sono più voli. Però la prima volta che sono andato in Inghilterra siamo partiti da qui, io avevo sei anni ed ero terrorizzato,” ammette sbocconcellando un pezzo di avocado fuoriuscito dalla protezione del pane.
“Avevi paura di volare?”
Ren annuisce “ mia madre non aveva mai fatto viaggi lunghi, così la sera prima della partenza la sentii lamentarsi con la sua amica Jun: “il grande demone celeste farà cadere l’aereo vedrai” piagnucolava come una bambina. Fu sufficiente per convincermi che avesse ragione.”
“Il grande demone celeste?”
Ren ride “ non sai che tutta la vita della famiglia Ichinose è regolata dagli  umori del Grande Demone Celeste!?
Ko lo fissa senza capire.
“E’ un’invenzione di mia madre, una sorta di entità che fa il bello e il cattivo tempo nella vita delle persone, sostanzialmente porta sfortuna o si accanisce con coincidenze assurde.”
“Parli seriamente?”
“Certo! Satsuki non te ne ha mai parlato?”
“Beh ogni tanto dice qualcosa in proposito però credevo fosse un personaggio di qualche manga. Sai che Satsuki divora manga come non ci fosse domani.”
“Vagamente,sì” ride “ ad ogni modo anch’io inizialmente credevo che questo demone esistesse per davvero così quando fummo al gate iniziai a piangere, non volevo saperne di salire. Satsuki per reazione iniziò a piangere a sua volta, insomma una scena penosa.”
“E come è andata a finire?”
Il volto di Ren si fa più dolce, un po’ malinconico “mio padre mi prese in braccio dicendomi che nessun demone era più forte di lui, che non avrebbe permesso ci succedesse niente. Non credo furono realmente le sue parole a rassicurarmi quanto la sua presenza, quella sicurezza che ha sempre emanato. Credo che sia io che Satsuki pensassimo che accanto a lui non poteva davvero succederci nulla.”
“Lo pensi ancora?”
Ren alza le spalle “non so più a che penso ultimamente. Però stasera sto bene, mi piace stare qui e mi piace ci sia tu.”
Ko accenna una lieve smorfia “ suona una frase da seduttore consumato.”
“Mh, anche questo l’ho imparato da mio padre.”
“Ad ogni modo non mi hai ancora detto quale sarà la nostra prima tappa una volta arrivati a Parigi.”
“Ti confesso di non sapere nulla di Parigi.”
“Povera me, che compagno di viaggio mi ritrovo!”
“Uno che vuole scoprire insieme a te quello che non conosce.”


Non avrebbe mai creduto possibile che un giorno sarebbe successo anche a lei, fino ad allora quella situazione patetica l’aveva fatta sorridere nei film per teenager quando sai che di lì a poco accadrà qualcosa a risollevare i dispiaceri della giovane protagonista chiusa nei bagni pubblici della festa. Satsuki fissa la porta magenta del gabinetto, un cubicolo di un metro bordato di specchi che non la risparmiano da quel primo trucco colante sotto agli occhi, la musica della festa è un sottofondo ovattato lasciato a compagni di classe che evidentemente sono troppo presi dal divertimento per chiedersi dove sia finita la festeggiata. Recupera un altro pezzo di carta igienica per tamponarsi le guance bagnate ma se possibile il riflesso nello specchio le risulta ancora più insopportabile. Dov’è Ko? Avrebbe bisogno di lei…ma subito scuote il capo immaginando un eventuale rimprovero, un “te l’avevo detto che era sciocco innamorarsi di un ragazzo più grande.” Ed è quello che prova in quel momento, in quel gabinetto con quei maledetti specchi, si sente sciocca e più che mai infantile.  Il paragone non regge, Satsuki rivede Misato, la sorella di Nana, quella Nana che sua madre osanna e che tutti sembrano portarsi dietro come il più indimenticabile dei fantasmi; le ciglia folte, i capelli scuri che cadono morbidi sulle spalle, quelle labbra rosse, lo sguardo sicuro. Come potrebbe Shin avere occhi per una sciocca quindicenne quando al suo fianco c’è una donna così bella?
Un rumore, la porta che si apre, l’acqua del lavandino inizia a scorrere. Satsuki trattiene il respiro, non vuole che la vedano ridotta così, diventerebbe lo zimbello della classe, già immagina quella pettegola di Minako Yoshi sparlare di lei con le compagne più cool della sezione. Si affaccia appena allo spioncino, quel tanto che basta per avere la visuale del grande specchio posto sopra i lavabi, il viso della donna che le da le spalle è ben visibile sulla superficie impeccabile che riflette proprio, ironia malevola, Misato Uehara. Si sta sciacquando il viso, lo rialza e si osserva con un’espressione malinconica mentre le gocce le scivolano lungo il viso sgocciolando nel lavabo, il rossetto è sbavato in una macchia rossa intorno alle labbra che Misato si affretta a togliere quasi con rabbia.
“Satsuki!”
La ragazzina sobbalza quando sua madre entra nel bagno chiamandola, due passi indietro per addossarsi alla parete del gabinetto. “Misato hai visto Satsuki? Non riesco a trovarla e a breve ci sarà il taglio della torta,” Misato scuote il capo asciugandosi alla bene e meglio con una salvietta di carta, “hai guardato sul terrazzo? Prima ho visto alcuni ragazzi uscire forse Satsuki è con loro.”
“Vado a controllare.  A proposito volevo dirti che sono felice tu sia venuta questa sera,” Hachi sorride sincera “non abbiamo molte occasioni di vederci.”
“E’ vero, è passato molto tempo dall’ultima volta.” Misato ricorda una giornata estiva sulle rive del Tanagawa, Shin l’aveva trascinata a comprare i tanzaku  per poi deviare verso quella palazzina in stile occidentale, con i mattoncini rossi e nessun ascensore.
“I tanzaku che decora Hachiko sono decisamente meglio di quelli che vendono in giro, fidati.”
Misato non saprebbe dire se quella di Shin fosse stata una banale scusa per mostrarle l’appartamento 707, l’appartamento dove sua sorella era vissuta.  Un luogo semplice con una grande finestra sotto la quale era posto un tavolo. Ricorda bene la disposizione dei bambù sopra la superficie del legno, Nana Komatsu indossava un kimono, i capelli raccolti la facevano sembrare più vecchia della sua reale età. Si erano viste poche volte, mai realmente conosciute ma quella volta Nana l’aveva abbracciata d’impulso, si era stretta a lei forse per quel aspetto acerbo eppure così simile alla sua mai scordata amica, e Misato aveva sentito fluire dentro di sé una malinconia così potente da inumidirle gli occhi.
“Shin non è solito portare le ragazze alle feste, deve tenere molto a te,” esordisce Hachi affiancandola per lavarsi le mani “ed io ne sono felice, mi fa piacere vederlo nuovamente interessarsi a qualcuno.”
“Beh in realtà Shin ha un modo tutto suo di interessarsi alle persone” sorride Misato “si è messo in testa di farmi cantare ma sono più che certa che il suo piano fallirà all’origine.”
“Tu canti?” Hachi è sorpresa “e la…”
“No, non assomiglia alla voce di Nana,” Misato l’anticipa senza volere “la mia non è roca e sensuale come la sua purtroppo.”
“Oh,” Hachi sembra per un istante delusa, “ma devi essere comunque bravissima se Shin si è preso la briga di farti sfondare! Pigro com’è quel ragazzo se ha deciso di appoggiarti significa che ne vale certamente la pena. Dopotutto buon sangue non mente.”
“Vedremo, sono troppo timida e schiva per pensare di salire su un palco o roba simile, preferirei comporre per qualcun altro.”
“Ma se hai una bella voce sarebbe un vero spreco. Dovresti parlare con Ren, so che detta così sembro la classica madre che innalza il figlio ma è davvero bravo e Takumi mi ha confermato che scrive dei pezzi davvero interessanti, potrebbe nascere un bel sodalizio! Pensa che addirittura Reira canta solo se è mio figlio a suona e…” d’un tratto Hachi si blocca quando sente la gelosia mordere allo stomaco della sua ingenuità. Perché ha tirato fuori Reira in quel modo?
“Nana stai bene?”
“Si, si certo. Scusami è che a volte inizio a parlare e non so smettere. Ma chiamami pure Hachi, okay? Come avrai notato quasi nessuno mi chiama Nana.”
“Ad essere sincera,” Misato fa una breve pausa, “vorrei continuare a chiamarti così, mi piace pronunciare questo nome al presente e non solo al passato, sempre che questo non ti infastidisca.”
Hachi scuote il capo visibilmente commossa “certo che no, anzi quello che hai detto è molto bello.”
“Vado a vedere se Satsuki è sul terrazzo” Misato rompe il silenzio “così ti do una mano a cercarla.”
Non aspetta replica, come se il bisogno di allontanarsi per non piangere entrambe fosse impellente. Una volta sola Hachi osserva la sua immagine  nello specchio “Nana” sussurra quasi in una solennità religiosa; è in quel momento che nota la porta di uno dei gabinetti alle sue spalle chiusa ed arrossisce al pensiero che qualcuno abbia ascoltato la conversazione avvenuta poco prima. Ma poi il presentimento dentro di lei si trasforma quasi in certezza.
“Satsuki?”
Un singhiozzo strozzato ed Hachi è certa che sua figlia sia lì, “Satsuki che fai chiusa qui? Stai male?Satsuki!”
“Non urlare ti sento benissimo!”
Il gancio che teneva la porta viene tolto e Hachi può vedere la figlia addossata alla parete, gli occhi sporchi di mascara colato e lacrime.
“Satsuki…”
“Per favore non dire niente mi sento già abbastanza stupida senza che tu dica qualcosa.”
“Ma…perché sei in questo stato…che è successo?”
“Nulla.”
“Come nulla?”
“Nulla che possa turbarvi, dopotutto siete tutti così felici di vederlo di nuovo interessato a qualcuno.”
E Hachi comprende senza che sia necessario dire altro.
“Tesoro…”
“Ora mi dirai le solite banalità che dicono tutti, che troverò qualcun altro, che sono ancora così giovane e che questa non è che un’infatuazione adolescenziale…”
Hachi sospira prendendole delicatamente la mano per attirarla a sé “potrei dirti effettivamente queste cose perché sono vere ma so come ci si sente quando si è innamorati di qualcuno e questo qualcuno purtroppo non ci vede allo stesso modo, quindi ti dirò che farà male per un po’ e ti sembrerà di non poter più volere bene a nessun altro e che nessuno potrà mai prendere il posto di questa persona nel tuo cuore,” un velo malinconico sulle labbra ed Hachi, la stringe più forte “ma sai noi esseri umani siamo strani e ti capita d’improvviso di provare gli stessi sentimenti per qualcun altro e ricaderci di nuovo  e allora tutto il dolore provato prima diventa solo un ricordo.”
“ A te è accaduto questo?”
“Diciamo che se mi somigli ti accadrà spesso” ride.
“Ti è successo con papà?”
Hachi tentenna ma deve mostrarsi una donna adulta davanti ad una ragazzina “ con tuo padre come ben sai è stato tutto complicato, ma l’ho amato certo…l’ho amato molto.”
“Ed ora?”
“Satsuki…”
“Rispondi, ed ora?”
“Ed ora è ancora complicato.”
Satsuki si allontana “certo, figurarsi.”
“Tesoro lo sai che nella nostra famiglia le cose sono difficile.”
“Perché fate di tutto per renderle difficili e alla fine io e Ren ci finiamo in mezzo. Non voglio avere un futuro così! Io…perché non mi guarda? E’ perché sono più piccola? Perché non sono bella come Misato?”
“Ti ha sempre visto come la sua sorellina, per lui sei più importante di qualsiasi ragazza, non…non potrebbe mai guardarti in modo diverso.”
“ Ma io non sono sua sorella!”

 



 
  
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