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Autore: Bloodred Ridin Hood    09/11/2017    2 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18
Mean Girls
(Asuka)


 

“Tre, due, uno, via!” esclama Yui premendo il tasto play dello stereo portatile.
Parte la musica e noi cominciamo a muoverci dalle nostre posizioni.
Lancio un sorriso compiaciuto a Lili, seduta davanti a noi pronta a vedere i risultati della nostra coreografia.
Siamo io, Yui, Mami e Sasaki e ora ti romperemo il culo, Lili! Guarda e impallidisci, oca!
È una bellissima sequenza e sono onestamente molto orgogliosa del risultato finale. I passi sono ispirati alla coreografia del film con l’aggiunta di un pizzico di originalità. Ci abbiamo lavorato tanto e sono certa che faremo un’ottima figura se presenteremo questa esibizione. Inizia la parte della strofa cantata e il ritmo della coreografia accelera.
Giro, slancio e inarcamento della schiena all’indietro. Mi raddrizzo e sorrido con orgoglio, procedendo con la sequenza. Anni di duri allenamenti mi hanno conferito una certa agilità e flessibilità che risulta utile anche per altre attività, come la danza ad esempio.
Cerco di nuovo Lili, sono curiosa di vedere la sua faccia in questo momento!
In un breve momento di pausa, la scorgo sporgersi verso un’altra ragazza seduta accanto a lei e le sussurra qualcosa all’orecchio. Ridacchiano insieme, poi l’altra ragazza addirittura ride piegando la testa all’indietro.
Stanno… ridendo di noi?
Ok, non è decisamente la reazione che mi aspettavo di vedere.
Mi sento pervadere dalla rabbia e per poco non scivolo. Fortunatamente riesco a recuperare l’equilibrio prima che qualcuno se ne possa accorgere.
Non mi perdonerei mai una figura di merda del genere in questo momento!
Eh, no, brutta stronza! Non ti darò questa soddisfazione!
Mi sforzo di non pensare più a quelle due, ignorando la rabbia e vado avanti con la danza.
Un altro giro, lo sguardo mi ricade su Lili.
Ride ancora.
Mi fermo un secondo e la le rivolgo un’occhiataccia.
La stronza ricambia lo sguardo, con un sorriso crudele. Giuro che il suo solo aspetto mi irrita! Vorrei strapparle quelle ridicole extension bionde e quelle stupide ciglia finte! Tanto l’hanno capito tutti che non sono vere!
Riprendo a ballare. Stringo forte le labbra e mi impegno per concentrare tutte le energie nell’esecuzione della coreografia, senza fare caso all’ambiente esterno.
Ci vuole solo un po’ di autocontrollo e tanta concentrazione.
Devo stare calma! Lo sta facendo apposta, non devo cadere nella sua trappola!
Giro e salto. Giro e salto. Giro e salto.
Lili cerca di soffocare una risata con una mano davanti alla bocca, ma non ci riesce molto bene dato che emette un ridicolissimo suono acuto.
Mi fermo di nuovo.
Adesso basta, ne ho veramente abbastanza!
Mi avvicino minacciosamente a lei.
“Asuka, che cavolo fai?” mi chiede Mami che, continuando la coreografia, quasi mi viene addosso.
“Yui, ferma la canzone per piacere!” sollevo la voce per sovrastare il volume della musica.
Yui mi guarda incerta, poi fa come le ho chiesto.
La musica si ferma e io mi siedo a terra davanti alla strega bionda, che mi guarda stranita.
“Allora.” la sfido “Sentiamo cosa c’è di tanto divertente! Sai com’è, è impossibile concentrarsi con la tua risata continua in sottofondo!”
Lili emette un risolino chinando leggermente la faccia. Guarda le sue amiche, che sono sul punto di scoppiare a ridere anche loro.
“Scusaci tanto, non era nostra intenzione offenderti! È che…” inizia a dire prima di scoppiare a ridere nuovamente “...no, lascia stare!”
“Oh, non credere di potertela cavare così!” dico con un ringhio “Stai ridendo di me e sono curiosissima di conoscerne il motivo.”
“Sei davvero sicura di volerlo sapere?” continua lei con un sorrisetto da finta tonta.
“Non sto più nella pelle!”
Lili fa le spallucce.
“Hai ragione, ridevamo di te.” ammette con sguardo altezzoso “Di come ti atteggi da prima ballerina! Evidentemente sei totalmente all’oscuro della…” il sorrisetto lascia spazio ad un’espressione colma di pura malvagità “... tua totale inettitudine per la danza!”
Wow, ha scelto di andarci pesante fin da subito. Sono davvero impressionata!
D’accordo, starò al suo gioco.
“Ah! Questa è buona!” rispondo con una smorfia “Dovrai impegnarti di più se pensi di offendermi così!”
“È la verità! Stare a guardarti è uno spettacolo a dir poco imbarazzante! Ci vuole grazia quando si balla e tu hai la stessa delicatezza di un mammut!” continua con fare altezzoso “La danza non è combattimento! Ogni volta che alzi una gamba sembra che stai prendendo a calci qualcuno, i giri sono troppo veloci e troppo poco armonici e i salti!” le scappa una risata acuta “Non parliamo dei salti! Veramente, un elefante col tutù sarebbe più delicato!”
“Meglio avere la delicatezza di un elefante, che un cervello da gallina!” rispondo prontamente.
Lili mi guarda stupefatta e offesa. Anche le sue amiche reagiscono con sorpresa.
“Asuka dai!” commenta la mia amica Sasaki.
“Che c’è?” chiedo voltandomi “Loro possono insultarmi come vogliono e io non posso difendermi?”
Lili ridacchia ancora portandosi una mano davanti alla bocca e le sue amiche le fanno da coro.
“Gran bella maturità!” commenta ridacchiando “È così che rispondi alle critiche costruttive?!”
Giuro che la sua è la voce più antipatica che abbia mai sentito!
“Critiche costruttive, un paio di palle!” rispondo a tono “Non hai neanche aspettato di vedere la coreografia per intero prima di iniziare ad attaccarmi!”
Lili storce il naso.
“Quanto sei scurrile!” borbotta.
“Oh, mi scuso se sua maestà si sente offesa dal mio modo di parlare!” commento con sarcasmo.
“E comunque sei tu che hai deciso di fermare la musica, non te l’ho mica chiesto io!” osserva Lili “In ogni caso… la coreografia non è niente di che. Ma poi… Flashdance? Seriamente? Gli anni ‘80 sono finiti da un pezzo e… grazie al cielo!”
Fa una pausa e alza gli occhi al soffitto.
Le sue amiche ridacchiano ancora.
“Io proporrei una canzone che sia almeno di quest’anno. Dobbiamo cercare di coinvolgerlo, il pubblico! Non di addormentarlo!”
Le amiche annuiscono.
Inizio a pensare che non siano dotate di un cervello proprio. Lili deve averglielo assorbito e ora non sono più dotate di pensiero autonomo.
“Ovviamente non mi aspetto che una gallina come te abbia rispetto per la cultura cinematografica…” mi alzo in piedi “... piuttosto ancora non capisco cosa mai ti abbia fatto per esserti così antipatica.”
Lili non risponde, ma assottiglia gli occhi e mi guarda con aria truce.
“Ma sai una cosa?” riprendo sottovoce “Ho dovuto imparare a difendermi contro serpenti decisamente più grossi di te e non mi fai la minima paura!”
Si alza anche lei e sostiene lo sguardo. I suoi occhi sono ancora più velenosi della sua lingua biforcuta.
“So che non perdi occasione di fare riferimenti al tuo passato da delinquente, ma non ce n’è alcun bisogno, qui nessuno intendeva minacciarti.” risponde seria.
“Io non ho un passato da delinquente!” ringhio.
“Ragazze, adesso basta!” si intromette Mami separandoci.
Contro certe accuse non si può stare in silenzio.
“Non me ne importa niente del tuo passato!” risponde Lili, ignorandola “Sei tu che per qualche ragione hai sentito il bisogno di tirarlo in ballo adesso. Io ti stavo solo facendo notare che  non sai ballare e la canzone che hai scelto non piace a nessun’altro a parte che te!”
“Questo non è vero!” ribatto “L’abbiamo scelta di comune accordo!”
Mi volto dalle altre per cercare il loro appoggio e quello che vedo non è quello che mi aspettavo.
“Sasaki?” chiedo incredula notando la sua smorfia.
Lei abbassa gli occhi.
“Beh, io in realtà avevo proposto un’altra canzone, ma tu me l’hai bocciata senza neanche ascoltarla!”
Lili e le altre ragazze scoppiano a ridere e mi sento avvampare per la rabbia e per la vergogna.
“Che cosa?!” sbotto.
“Anche per quanto riguarda gli abiti per l’esibizione non sei stata proprio democratica.” mi rinfaccia la mia amica con una delicatezza da carroarmato.
Rimango a bocca aperta, pervasa da tutta una serie di sentimenti che non riesco neanche a catalogare appieno.
“È… questo quello che pensate?” chiedo a bassa voce.
Mi volto da Yui e da Mami. La prima abbassa lo sguardo, la seconda mi guarda con una strana espressione.
“Asuka, devi riconoscere che ultimamente è diventato difficile parlare con te, sei sempre nervosa, hai sempre la testa altrove e… effettivamente non hai ascoltato molto le nostre opinioni.”
Lili e le altre galline continuano a ridere sempre più divertite.
Abbasso lo sguardo e chiudo gli occhi, inspirando a fondo.
Wow. Questo di certo non me lo aspettavo!
Le mie amiche non solo decidono di non sostenermi in un momento come questo, dopo che sono stata offesa sul personale, ma addirittura ne approfittano per rinfacciarmi presunti torti fatti nei loro confronti.
Non potevano proprio trovare un momento più opportuno di questo!
Il gruppo di Lili continua a ridere di me e per la prima volta dall’inizio di quella conversazione, inizio a sentirmi veramente a disagio.
Improvvisamente sono sola, contro tutti.
“Capisco.” dico seria dopo qualche secondo.
Cammino a passi decisi verso la sedia dove ho lasciato le mie cose.
“Fate pure la vostra coreografia come meglio credete, tolgo il disturbo.” dico tranquillamente.
“Asuka ti sei offesa?” chiede Yui sembrando un po’ preoccupata.
Non rispondo e non la guardo neppure.
Le critiche di Lili e delle sue amiche mi possono scivolare addosso come l’olio, ma questo comportamento delle mie presunte amiche mi ferisce sul serio.
“Hey, ma ti sei offesa davvero?” ripete Lili quando smette finalmente di ridere.
Inizia forse a sentirsi vagamente in colpa della sua insensata cattiveria?
Sospiro e mi fermo poco prima di lasciare la palestra e mi volto verso di lei un’ultima volta e forzo un sorriso.
“Figurati!” rispondo “Con la tua opinione mi ci pulisco il culo!”
È una piccola soddisfazione vedere la faccia inorridita del gruppo di galline di Lili e l’espressione disgustata della stessa Lili.
“È sempre così scurrile!” ripete con aria disgustata “Una vera scaricatrice di porto!”
Guardo anche le mie presunte amiche e penso di dover dire qualcosa anche a loro, ma alla fine decido che nessuna parola potrebbe in questo momento esprimere quello che sto provando.
Esco dalla stanza e chiudo la porta.


Non sono offesa. Asuka Kazama non si fa buttare giù da queste cose.
E in fin dei conti non me ne frega niente di quella stupida coreografia. A me neanche interessa così tanto la danza!
Non è mica la danza che ti permette di difenderti dai prepotenti, non è mica con la danza che sono diventata quello che sono.
Però…
Quel voltafaccia da parte delle ‘mie amiche’ proprio non me lo aspettavo.
Per tutta la durata delle lezioni evito ogni possibile contatto con loro e non riesco a concentrarmi granchè sulle lezioni. Lee ha ragione, la mia media è veramente preoccupante quest’anno, ma ultimamente ho avuto tante di quelle preoccupazioni che mi sembra il problema minore.
Noto Yui che di tanto in tanto si volta ad osservarmi in silenzio. Sembra preoccupata, forse rattristata, ma ho deciso che per il momento non mi interessa. Le lancio uno sguardo truce e giro la faccia.
Offesa o meno, è stata una pugnalata alle spalle che non mi aspettavo, non sono ancora pronta a perdonare nessuno.
Dopo il suono della campanella che finalmente annuncia la pausa pranzo ho l’impressione di vederla avvicinarsi al mio banco, ma io ho già messo i quaderni in borsa e sgattaiolo via dall’aula evitando di affrontarla.
Che cavolo, lasciatemi il mio spazio!
In questo momento non ho voglia di vedere né sentire nessuno, proprio nessuno!
Scendo velocemente al piano di sotto, cerco il mio armadietto, lo apro e ci butto dentro tutti i libri.
Accidenti, che casino terribile! Quando è l’ultima volta che ho fatto un po’ di ordine qui dentro?
Sto per chiudere l’anta per evitare che crolli la montagna di libri e quaderni, quando noto un ritaglio di foglio di giornale che scivola via cadendo sul pavimento.
Mi raggelo.
Chiudo lo stipetto con forza proprio un attimo prima che tutto finisca a terra e mi inchino a raccogliere il foglio con dita tremanti.
Lo prendo tra le mani e mi basta leggere l’inizio dell’intestazione per capire di cosa si tratta.
OSAKA: Concessa la libertà condizionata all’autore del colpo al dojo di due anni fa.
Lo accartoccio e mi guardo attorno con sospetto.
Chi può averlo messo dentro lo stipetto?
Chi può avermi seguito fin dentro la scuola?
Rabbrividisco, mi rimetto lo zaino in spalla e me ne vado il più in fretta possibile.
Ho voglia di stare sola a riflettere. Non posso più ignorare queste continue minacce.
Perché non si fanno vedere una buona volta e non mi affrontano faccia a faccia?
Entro dentro la palestra e mi rifugio nel ripostiglio degli attrezzi. Almeno qui ho la certezza di poter stare sola e indisturbata.
Lascio lo zaino da una parte e vado a sedermi su un materasso ginnico sul pavimento, appoggiando la schiena contro una gabbia di palloni da pallavolo.
Vorrei dire che non sono preoccupata e che sono in grado di affrontare chiunque, persino lui se dovesse farsi avanti.
Però non riesco ad ignorare quel brivido che mi corre lungo la schiena nel ricordare quegli orribili occhi iniettati di sangue.
Stringo le ginocchia al petto.
Forse dovrei lasciar da parte l’orgoglio e chiedere una mano a qualcuno. Dopotutto non c’è niente di male nel farsi aiutare da qualcuno. Non sono mica Jin io!
D’accordo, ma con chi potrei parlare?
Con Jin?
Alzo gli occhi al soffitto.
Il tempismo non potrebbe essere più sbagliato. Non posso andare a parlargli dei miei problemi proprio nel bel mezzo di una crisi esistenziale.
Allora con chi? Papà? No, si preoccuperebbe troppo.
Zia Jun? No, ne parlerebbe con papà quasi sicuramente.
Kazuya o Heihachi? Meglio di no, sono troppo strani.
Sento improvvisamente un rumore che arriva da qualche parte dietro di me e mi irrigidisco.
Rimango immobile senza fiatare, con le orecchie tese ad ascoltare.
Qualcuno sta maneggiando la maniglia della porta. Si apre lentamente e noto il triangolo di luce che arriva dalla palestra estendersi lungo il pavimento del ripostiglio buio.
Chi diavolo viene a gironzolare nel ripostiglio degli attrezzi durante la pausa pranzo?!
Coppiette che si vogliono appartare? No, per qualche ragione il mio istinto mi dice che non è così.
Lentamente mi alzo in piedi, attenta a non fare il minimo rumore.
Sento un rumore di passi. Chiunque sia è solo e si sta avanzando molto lentamente dentro la stanza.
Mi hanno vista! Chi ha lasciato quell'articolo di giornale nello stipetto mi ha vista e seguita fin qui. 
Sa che qui non passa mai nessuno durante la pausa. Sanno che nessuno potrebbe venire in mio soccorso.

Il cuore inizia a battere più velocemente. Faccio scorrere lo sguardo attorno a me, alla ricerca di un oggetto contundente con cui potermi eventualmente difendere da un'aggressione.
Cerchi di plastica colorati, palloni e corde per saltare. Ottimo, credo che dovrò contare solo sulle mie forze.
Poi la noto, una bella mazza da baseball su uno scaffale davanti a me.
Sogghigno soddisfatta.
Faccio qualche passo in avanti, stando molto attenta a non fare rumore, mentre continuo ad ascoltare i movimenti della persona che mi cerca.
Mi avvicino allo scaffale e mi allungo in punta di piedi per prendere la mazza.
È molto in alto ed è buio, non vedo un accidenti, afferro la mazza e la faccio scorrere lentamente verso di me. Purtroppo mi accorgo troppo tardi di una dannata palla da baseball, che con il mio movimento faccio rotolare e cadere giù dallo scaffale.
Mi mordo le labbra per non imprecare.
La palla rimbalza sul pavimento con un piccolo, ma distintissimo tonfo.
Torno indietro lentamente e mi appiattisco contro la gabbia dei palloni trattenendo il respiro.
La palla rotola verso il centro della stanza e sento la persona misteriosa dirigersi in direzione dell’origine del rumore.
Ancora pochi passi e sarò finalmente in grado di vederla.
Si ferma, probabilmente si inchina e riesco a scorgere la sagoma di una mano che si chiude sulla pallina.
È il mio momento, uscirò allo scoperto mentre è inchinato e ha una mano occupata dalla pallina.
Salto fuori all’improvviso stringendo saldamente la mazza da baseball tra le mani, pronta a difendermi con tutte le mie forze.
La figura misteriosa mi vede e si lascia sfuggire un grido di sorpresa. Afferra la palla da baseball e me la scaraventa addosso con forza. Istintivamente agito la mazza, che va a colpire la palla con forza, scaraventandola contro il vetro di una delle finestrelle a ridosso del soffitto. Il vetro si frantuma e la pallina finisce fuori dalla stanza.
La persona misteriosa fugge all’indietro andando a premere l’interruttore della luce.
La lampada al neon sul soffitto frizza e si accende illuminando la stanza.
“Asuka!” esclama la figura misteriosa, che finalmente sono in grado di riconoscere.
Emetto un sospiro di sollievo abbassando lentamente la mazza a terra, fino a lasciarla scivolare completamente sul pavimento.
Alzo la testa al soffitto ridacchiando della mia stessa stupidità. 
Torno a guardare la mia interlocutrice.
“Scusami, Xiao-san.” mormoro con aria colpevole “È che non mi aspettavo che venisse nessuno qui e… mi sono spaventata.”
Ora probabilmente penserà che sono una completa psicopatica, ma me lo merito.
Dovrei stare a preoccuparmi del suo giudizio, ma il senso di sollievo è così forte e la situazione così ridicola che non riesco a smettere di ridere.
Xiaoyu mi guarda stranita per qualche secondo, poi scuote la testa e si mette a ridere con me.
Ridiamo insieme per qualche minuto ed è così incredibilmente liberatorio, nonostante la scena sia a dir poco stupida. 
“Andiamo!” dice poi.
Fa un cenno della testa in direzione della finestra col vetro sfondato.
“Potremmo passare dei guai se ci trovassero qui!” spiega con una mezza smorfia "E non mi va di finire di nuovo in punizione."
Annuisco. Prendo lo zaino e la seguo, lasciando di soppiatto la palestra.
“Non ti chiederò cosa stavi facendo da sola al buio nel ripostiglio della palestra.” dice mentre attraversiamo il prato davanti alla scuola “Ma ti ho visto da lontano e ti ho seguito perché volevo parlarti.”
Si volta e alza lo sguardo su di me.
“Ti ho per caso disturbato?” chiede con una punta di indecisione.
Scuoto la testa.
“No, ho solo passato una brutta giornata e volevo stare un po’ per conto mio.” spiego evasiva “Non mi hai disturbato.”
Non è il caso di stare a spiegare delle mie pessime amiche e dei fantasmi del mio turbolento passato ad Osaka.
“Ah, perfetto allora!” esclama lei allegra “Hai già pranzato? Ti va di mangiare con noi oggi?”
“Con noi?” ripeto un po’ confusa.
“Sì, siamo solo io, Miharu e Alisa.” spiega sorridente “Ci stanno aspettando!”
“D’accordo.” rispondo e non posso fare a meno di sorridere a mia volta.
È la prima volta da tempo immemore in cui qualcuno sembra fare qualcosa di carino per me, anche se si tratta soltanto di invitarmi a non passare la pausa pranzo da sola.
“Non ho ancora avuto l’occasione di dirti quanto ti sia riconoscente per quello che hai fatto per me.” continua Xiaoyu “Quello che hai fatto per Panda. Voglio che tu sappia che se mai avessi bisogno di qualcosa, puoi contare su di me.”
Mi sorride.
“Oh, figurati!” rispondo quasi in automatico “È il minimo che potessi fare! Sai… odio tremendamente le inguistizie, certe cose mi vengono praticamente in automatico.” spiego e mi fermo di colpo, realizzando cosa ho appena detto.
Deglutisco.
Non sono più così sicura che sia il caso di andare così fiera di questo tratto del mio carattere, dato tutto quello che mi sta facendo passare.
“Sì.” risponde Xiaoyu “Ho capito che sei una persona incredibilmente onesta, Asuka. Hai mai pensato di provare ad entrare in polizia dopo il diploma?”
Rimango a pensarci in silenzio.
In effetti no. Ero sempre così presa dall’idea di farmi giustizia da sola, che non ci avevo mai pensato.
Non è un’idea così malvagia però dopotutto. Sarei certamente più competente di tanti agenti di mia conoscenza.
“Eccoci qua!” annuncia Xiaoyu in tono squillante raggiungendo Miharu e Alisa. 
Ci aspettano sedute in cima ai primi gradini della scalinata principale.
“Finalmente! Stavamo per dare l'allarme!” scherza Miharu.
Si stringono per farci spazio. Alisa mi sorride, ricambio e mi siedo accanto a Xiaoyu.
“Stavamo giusto osservando come stanno iniziando a smontare il grande colosso!” dice Miharu indicando la grande statua di Heihachi al centro del giardino.
In effetti sono iniziati i lavori per rimuoverla.
“E con Alisa ci chiedevamo se fosse più di cattivo gusto quella o il dipinto stile rinascimentale che c’è nell’atrio principale della scuola.” continua Miharu “Secondo me il ritratto è peggio.”
Alisa non è d’accordo.
“La statua è più brutta.” esprime il suo parere.
Xiaoyu apre la borsa sulle sue ginocchia e inizia a frugarci dentro, cercando qualcosa.
“Anche io voto per la statua.”
Ridacchio.
“E se vi dicessi che esiste di peggio?” sogghigno.
Si voltano a guardarmi.
“Quello che vedete qui a scuola è niente, casa sua è terribilmente peggio!” sussurro sogghignando divertita.
“Sul serio?” ridacchia Miharu.
“E la cosa peggiore in assoluto credo che sia la fontana che ha nel suo giardino con una statua di lui che imita la posa di Napoleone a cavallo.” racconto “Non credo di aver visto niente di più brutto.”
Tutte e tre mi guardano in silenzio sconcertate per un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
Quando si sono calmate, Xiaoyu estrae dalla borsa delle bustine di carta colorata e ne dà una ad ognuna di noi.
La guardo confusa ricevendo il mio pacchetto.
“Ho fatto dei biscotti!” spiega sorridente “Come ho detto, volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me!”
“E già che io e Alisa le abbiamo suggerito l’idea, abbiamo chiesto di poter avere un omaggio anche per noi.” spiega Miharu.
“I biscotti di Xiao-san sono deliziosi.” aggiunge Alisa.
Sorrido.
“Grazie, ma non ce n’era bisogno davvero.” dico aprendo il pacchetto per provare un biscotto.
Xiaoyu sorride, poi abbassa lo sguardo con aria un po’ triste.
“Ovviamente vorrei ringraziare anche Shin-kun e…”
Non finisce la frase, ma so bene a chi si riferisce.
“Alisa mi ha detto che non sta passando un bel momento.” continua a bassa voce.
“Eh sì.” rispondo con un sospiro “L’ha presa decisamente male. Non è facile avvicinarsi a lui in questi giorni.” 
Assaggio il biscotto. È buono. Saporito e non eccessivamente dolce.
“Dovresti provare a parlargli!” dico poi.
Xiaoyu mi guarda alzando un sopracciglio.
“Per rischiare di farlo innervosire ancora di più?” chiede lei “Meglio di no.”
Apro il mio zaino e prendo un quaderno.
“Con te non si innervosirà...” rispondo decisa “... non troppo.”
Apro il quaderno all’ultima pagina e strappo un pezzetto di carta, poi prendo una penna.
“Perché lo pensi?” chiede lei poco convinta.
“Perché lo conosco bene. Si sente in debito con te.” spiego “Non sarà troppo cattivo con te e anzi, magari avrà di nuovo voglia di fare due chiacchiere con un altro essere umano.”
Le porgo il pezzetto di carta con il numero di Jin scritto a penna.
Me lo ricordo ancora a memoria. Quante risate mi sono fatta l’anno scorso a furia di fargli scherzi telefonici anonimi!
“Prova a chiamarlo, al massimo se non è in vena di parlare, ti chiuderà il telefono in faccia.” suggerisco.
Xiaoyu prende il biglietto e lo guarda pensierosa.
“Quello che gli è successo…” osserva preoccupata “...è tutto per colpa mia.”
“Non è colpa tua.” scuoto la testa “Tutto quello che gli è successo è colpa del nome che porta. È lui che si è offerto di aiutarti, tu non c’entri niente.”
Xiaoyu sembra rifletterci su, poi piega il bigliettino e lo mette via.
“Ci penserò.” risponde guardandomi con un sorriso di gratitudine.


Passiamo il resto della pausa a chiacchierare del più e del meno. Parliamo di stupidaggini, argomenti leggeri e ci divertiamo.
È un sollievo non dover stare a pensare a cose come la popolarità, gruppi di ballo e le malefatte di Lili per una volta.
La vita potrebbe essere così molto più facile senza doversi preoccupare di dover piacere alla gente!
Quando suona la campanella che annuncia la ripresa delle lezioni mi sento più leggera e riesco ad affrontare il resto della giornata con un umore decisamente migliore.
È solo a fine giornata, quando ritrovo nella tasca della divisa il ritaglio di giornale stropicciato, che l’ombra di quella preoccupazione torna ad occupare i miei pensieri.
Un anno fa.
Il tempo è volato così in fretta. Ricordo ancora come se fosse ieri il fracasso dei vetri rotti e quelle urla. Un rumore che non dimenticherò mai.
Nella strada di ritorno inizia a piovere.
Mi fermo a guardare una cabina telefonica, sotto la pioggia.
Potrei fermarmi a ripararmi qualche minuto e
 ora che ci penso è tanto che non sento qualcuno di casa.
Entro dentro, infilo qualche spicciolo e compongo il numero di casa.
“Papà!” esclamo sentendo la sua voce dall’altro capo del telefono.
Dio, quanto mi manca!
“Asuka!” risponde sorpreso lui “Da dove stai chiamando?”
“Da… una cabina telefonica fuori da scuola.”
“Come mai? È successo qualcosa?” chiede lui vagamente preoccupato.
“No, avevo solo… voglia di sentirvi! Mi sentivo un po’ nostalgica oggi.” spiego con una risatina, non riuscendo a trattenere una lacrima che mi scivola giù per il viso “Come va la fisioterapia?”
“Ah, si fanno progressi! Anche se lentamente.” risponde “Forse da qui alla fine dell’estate potrò riprendere ad allenarmi. E tu ti stai preparando per le selezioni?” 
“Sì.” rispondo tirando su col naso “Mi sto impegnando a fondo.”
“Brava la mia bambina.”
Restiamo a parlare del più e del meno per quasi mezz’ora e sono costretta ad interrompere la telefonata solo per via del credito limitato.
“Ti voglio papà.”
“Ti voglio bene piccola mia.”
Riaggancio la cornetta ed esco dalla cabina, sotto la pioggia. 
Estraggo ancora una volta dalla tasca il foglio appallottolato. Lo dispiego e lo leggo un’ultima volta.
“D’accordo.” sussurro tra i denti.
Guardo le strade popolate da una folla anonima e inconsistente sotto gli ombrelli e le luci che si riflettono sull'asfalto bagnato.
“Ovunque tu sia.” 
Chiudo a pugno con forza la mano che tiene l’articolo, strappando la carta con le unghie.
“Sono pronta.” 
Getto con un gesto secco la carta in un cestino della spazzatura e, pervasa da un’improvvisa e rassicurante ondata di coraggio, mi incammino verso casa.




 

  
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