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Autore: SellyLuna    10/11/2017    5 recensioni
La realizzazione la colpì, improvvisa. Sgranò gli occhi, incredula.
«No, no, no, no! Tu non mi stai chiedendo di ufficializzare il nostro rapporto, vero?»
Perché no, non ce lo vedeva per niente Suigetsu inginocchiarsi davanti a lei e chiederle di sposarlo. Che futuro poteva mai garantirle?
«No, veramente no» Karin sospirò di sollievo. Se l’era vista brutta. «Ma se ne può sempre parlare.»
Cosa? Stava scherzando, vero?
L’unica risposta che il giovane ottenne fu uno sguardo basito; Karin era senza parole.
Passarono diversi minuti in cui i due si osservarono negli occhi, in silenzio.
Poi…
«Facciamo un figlio.»
Eh?
[OOC per prevenzione][Post Naruto Gaiden]
[SuiKa♥ ]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karin, Suigetsu | Coppie: Karin/Suigetsu
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Let’s have a baby!

 

 

 

 

 

 

«Stregaccia

La donna sbuffò. Sapeva che non le piaceva essere disturbata, mentre era al lavoro. Era sicura che non le portasse un messaggio dal maestro Orochimaru, poiché era in viaggio e, prima di partire, le aveva dato chiare indicazioni su quello che doveva fare; non potevano esserci cambiamenti.

Karin non condivideva la decisione del Sannin di lasciarla insieme a Suigetsu nel vigilare il covo: era davvero una pessima idea.

Era a conoscenza di come finissero a litigare, nella migliore delle ipotesi, o a rotolarsi fra le lenzuola; c’erano volte che riuscivano a fare entrambe le cose.

Non riusciva a spiegarsi come mai la sua sola presenza era in grado di metterla in subbuglio; dopotutto aveva girato il mondo insieme a lui quando erano stati reclutati da Sasuke, lo conosceva, sapeva come trattarlo, ma nonostante si convincesse che non c’era nulla di cui temere, quando si trovava nelle vicinanze, lei non riusciva a concentrarsi e, di conseguenza, non eseguiva in modo impeccabile – come il ninja leggendario si aspettava da lei – i compiti affidati.

Per questo, il Sannin aveva saggiamente stabilito che i due ex membri del team Taka non potevano soggiornare nello stesso nascondiglio.

Con la lontananza di Suigetsu, i risultati si facevano vedere: Karin tornava a svolgere il suo ruolo, diventava se possibile meno isterica e irritabile. Era tutto perfetto, almeno fino a quando – in occasioni straordinarie – i due non si ritrovavano sotto lo stesso tetto.

Non era mai stata capace di dare un nome a quelle sensazioni – e forse non ci aveva riflettuto abbastanza; si sentiva strana, era come se Suigetsu emanasse una forza particolare, che l’allontanava da lui, ma allo stesso tempo la attraeva.

Era estremamente confusa.

A se stessa poteva ammettere che non le dispiaceva trascorrere del tempo con lui, ormai non si scandalizzava più nello scoprirsi nello stesso letto; aveva imparato che arrabbiarsi – con lui o con se stessa – non ne valeva la pena. Se ne era fatta una ragione: tra loro esisteva una qualche attrazione, di cui non aveva voluto indagare di più.

Capitava e a lei, in fondo, andava bene così. Perché Suigetsu era l’unico che sapeva smuovere qualcosa dentro di lei, la sapeva accendere, la faceva infuriare e lei si sentiva viva, libera, sapeva come trattarla, rendeva reali i suoi desideri e i suoi pensieri; si sentiva desiderata e amata.

«Che vuoi?» sbottò lei, non degnandosi di alzare gli occhi da quello che stava facendo.

Karin era seduta alla sua scrivania, che dava le spalle all’entrata, dove si stagliava Suigetsu, fermo e immobile. La donna non sentì nessun rumore di passi, quasi come se l’altro temesse di entrare – e di solito non aveva tutta questa premura, non ascoltava mai le sue ammonizioni e la raggiungeva di soppiatto, soffiandole provocatorio all’orecchio le sue proposte indecenti, che rispecchiavano i suoi gusti.

Il fatto che soppesasse se varcare o meno la soglia la destabilizzò. Era curiosa di vedere la sua espressione, ma rimase stoica dov’era.

Un breve respiro e poi il suono leggero di alcuni passi.

«Vorrei parlarti» le disse, mentre la raggiungeva «Karin» le sussurrò ad un soffio dall’orecchio.

Se utilizzava il suo nome e non uno dei tanti nomignoli, doveva aspettarsi qualcosa di serio. Ma di cosa voleva mai parlare?

Iniziava a preoccuparsi, un Suigetsu così le faceva paura, se non terrore.

Senza pensarci troppo, si voltò e incontrò – per sua meraviglia – un’espressione grave, nessun ghigno malizioso, nessuna faccia da spaccone, ma occhi che nascondevano un certo timore.

«Cosa?» si lasciò sfuggire, spaesata.

Quello non poteva essere Suigetsu, almeno non quello che conosceva lei.

Lui rimase sconcertato dalla reazione di Karin, glielo lesse negli occhi, ma si riprese, perché aveva qualcosa in mente.

«Volevo parlarti di una cosa…» ritentò allora.

«L’ho capito. Ma…» indugiò sul suo viso perplesso «Lascia stare. Sentiamo» lo incitò a proseguire, perché non avrebbe saputo spiegargli quello che provava e non era nemmeno sicura che lui potesse capire.

Ecco. Era arrivato IL momento. Ora o mai più. Se prima pensava che fosse una buona idea, ora non ne era più così tanto sicuro.

Karin era una donna imprevedibile: come avrebbe reagito a quello che stava per dirle?

Forse era meglio arrivarci con calma e non sganciare da subito la bomba. Era meglio che iniziasse da qualche parte, perché lo stava scrutando con impazienza.

«Sai, da quando siamo tornati dal viaggio a Konoha, ho avuto modo di pensare.»

L’Uzumaki sollevò un sopracciglio, infastidita.

E mi interrompi per questo?

Per quanto concordasse che il fatto che Suigetsu pensasse, a volte, prima di parlare e non agisse soltanto seguendo i propri istinti era una scoperta sorprendente e degna di nota, tuttavia non era una scusa sufficiente per abbandonare il suo incarico.

«Vedere che Sasuke ha una famiglia…» continuava intanto l’altro.

Sì, ma se fino a poco tempo fa eri scioccato solo all’idea che io potessi essere la madre di Sarada…

Non riusciva a comprenderne il nesso: cosa c’entrava Sasuke? Era stupita che l’avesse chiamato in causa, poiché di solito lui era il primo a non voler sentire il suo nome provenire dalla sua bocca.  

OMMIODIO!

La realizzazione la colpì, improvvisa. Sgranò gli occhi, incredula.

«No, no, no, no! Tu non mi stai chiedendo di ufficializzare il nostro rapporto, vero?»

Perché no, non ce lo vedeva per niente Suigetsu inginocchiarsi davanti a lei e chiederle di sposarlo. Che futuro poteva mai garantirle?

«No, veramente no» Karin sospirò di sollievo. Se l’era vista brutta. «Ma se ne può sempre parlare.»

Cosa? Stava scherzando, vero?

 L’unica risposta che il giovane ottenne fu uno sguardo basito; Karin era senza parole.

Passarono diversi minuti in cui i due si osservarono negli occhi, in silenzio.

Poi…

«Facciamo un figlio.»

Eh?

Non era sicura di aver sentito bene, non sapeva nemmeno come prenderla, una richiesta del genere; stava ponderando se ridergli in faccia oppure se dargli uno schiaffo, perché non era quello il tatto da usare nel trattare un argomento delicato come quello.

«Ma ti pare che io possa essere una madre?»

E fra tutti i commenti che poteva fare, doveva proprio dare voce alle sue insicurezze?

Avrebbe dovuto ricordargli che loro non erano una coppia vera e propria, non stavano assieme e i figli, di solito, li facevano quelle coppiette perfette e innamorate; loro non rientravano in quella categoria.

Avevano un modo tutto loro di amarsi e di avere cura dell’altro, ma Karin non era affatto certa che avrebbero potuto sopravvivere a lungo a una convivenza. Volevano davvero creare una vita e metterla in un clima simile?

«Certo che sì. La sola e unica madre dei miei figli.»

Suigetsu ne era convinto come mai era stato nella sua vita. Sarebbe stata lei e nessun’altra. Per la prima volta non percepì più il desiderio di rompere e spezzare, bensì quello di creare. Anelava a realizzare una piccola creatura, un misto tra lui e Karin: sarebbe stata una meraviglia. Già se la immaginava: capelli rossi, occhi violacei vispi e furbi, senza peli sulla lingua, facilmente infervorabile, capricciosa, ma molto curiosa; li avrebbe fatti dannare, ma avrebbe dato loro tantissima felicità, come mai avevano sperimentato, dopotutto meritavano anche loro un lieto fine.

Karin era attonita, non sapeva davvero cosa dire. Sbatté le palpebre un paio di volte, non le sembrava vero quello che aveva appena vissuto. Forse stava sognando, anche se le pareva altamente improbabile che la sua mente potesse produrre una tale situazione; mai le aveva sfiorato il pensiero della maternità.

Ma per quanto desiderasse che non fosse così, il viso dell’Hozuki rimase davanti ai suoi occhi, in attesa.

Non vorrà una risposta subito, no? Non si aspetterà che gli dica sì o no così su due piedi.

Era qualcosa che richiedeva del tempo per decidere.

E lei stava seriamente considerando quella possibilità? C’era stato un tempo in cui anche lei aveva immaginato di avere al suo fianco un marito e dei figli, ma era un sogno di bambina, quando ancora aveva una famiglia e un Villaggio. Poi era successa la vita e certi sogni si erano infranti, erano andati persi e dimenticati, le erano sembrati  irrealizzabili. Una volta cresciuta, non ci aveva pensato più, perché non sentiva di esserne portata e, a dirla tutta, il suo compagno non le sembrava tipo da queste cose, non pensava gli importasse.

Non le sembrava nemmeno corretto negare definitivamente questa probabilità a due occhi così pieni di speranza e aspettativa; sarebbe stata un mostro.  

E ora si sentiva pronta a imbarcarsi in questa avventura assieme a Suigetsu? Guardando nei suoi occhi, sembrava tutto così semplice e meraviglioso, che era tentata a crederci.

«Io, davvero, non so che dire…» l’aveva stupita più del solito.

Prima che lo sguardo dell’altro si rabbuiò, aggiunse: «Ma forse potrei pensarci su. Va bene?»

Cosa era disposta a fare per amore. Probabilmente si stava rammollendo. Un tempo lo avrebbe mandato a quel paese senza tanti ripensamenti.

Forse, però, la sua non era un’idea del tutto malvagia, poteva funzionare, era quasi fattibile; non era poi così impossibile immaginare una vita a tre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ehilà a tutti! ^^

Dopo un’infinità di tempo torno in questo fandom. Sono così felice!C: Perché sono partita da qui.

Ovviamente torno con una SuiKa. Perché amo troppo questi due e, purtroppo, non hanno l’attenzione che si meritano. Un vero peccato. :C  

Allora ci penso io o almeno ci provo. Ahahaha XD

Non saprei come definirla questa fic, ma nel mio cervello ci sta tutta questa situazione. :D

Cioè perché tutti gli altri personaggi hanno dei figli e loro no? (Magari ce li hanno pure in Boruto e io non lo so, perché sono rimasta ferma al Gaiden… :’) Ma non credo nemmeno che siano considerati una coppia, vero?)

Questa storia è collocata dopo il Gaiden e dopo il fantomatico viaggio che fanno per scusarsi con Sarada (*coff*di cui avevo già scritto *coff*).

Non so se ci sarà qualcuno che leggerà questa shot, in caso fatemi sapere che ve ne pare. Ve ne sarei davvero grata. C:

Grazie per l’attenzione.

Alla prossima! ;)

Selly

 

 

 

 

 

 

 

  

   
 
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