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Autore: Nina Ninetta    11/11/2017    7 recensioni
Prima classificata al contest "Dark chest of wonders" indetto da Missredlights sul forum di EFP, a pari merito con "Un inverno a Chicago" di OldFashioned.
Prima classificata pari merito al contest "Raggio di Luna" indetto da mistery_koopa sul forum di EFP.
Premio speciale "Rivelazione femminile – miglior personaggio femminile" nello stesso contest.
Lily si è trasferita da Lecce a Milano solo da pochi mesi. Quando sembra che la sua sia una vita incloncludente e che non riesca a trovare la strada giusta per sé, s'innamora di Sergio, un ragazzo spagnolo che si trova in Italia per lavoro. Tuttavia il loro amore travolgente incontrerà un enorme, insormontabile ostacolo.
Undicesima classificata al contest “Lavoratori allo Sbaraglio” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 2
Vuoi uscire con me?

 
Beve in un solo sorso lo spumante nel bicchiere, sentendo le bollicine in fondo alla gola sprizzare come matte. Si guarda intorno con fare circospetto e lo vede, finalmente il direttore è arrivato in compagnia di sua moglie e... accidenti, lei non c'è!
Si sporge appena per migliorare la visibilità. Lo vede stringere mani ai presenti, sorridere con il suo solito fare gentile e riservato, mentre tiene la propria consorte a braccetto, ma di Lily neanche l'ombra.
Una signorina con un vassoio colmo di calici di champagne gli passa accanto e lui ne prende uno al volo. La cameriera si volta a guardarlo stralunata, Sergio alza il bicchiere in segno di saluto, accennando un inchino con il capo. Lei arrossisce e si allontana. Anche questo lo ingurgita in un colpo e di nuovo è invaso dal suo sapore amaro.
E amaro è anche il suo cuore.
«Vacci piano, eroe!» Mirko gli batte una mano sulla spalla.
Il collega gli parla, sebbene non riesca a smettere di pensarla, qualcuno si aggrega alla chiacchierata, intanto lui si pente di non aver dato ascolto al suo istinto l'ultima volta che erano stati da soli, in macchina, quando lei... accidenti! Intorno si è formato un bel gruppetto, ma Sergio è lontano anni luce. Si è innescato uno strano e incoerente meccanismo nel suo inconscio: più non poteva averla e più la desiderava; più passavano i giorni senza vederla, privi di sue notizie, più cresceva il desiderio di incontrarla. Anche solo per un istante, un attimo fugace, un saluto, uno sguardo rubato.
Poi qualcosa attira la sua attenzione, destandolo dai quei pensieri martellanti. Si scusa con i presenti, afferra un ultimo bicchiere di champagne e lo butta giù, porgendo a Mirko il calice vuoto. Quest'ultimo lo vede farsi spazio tra la gente con una certa urgenza: inizia a temere il peggio.
 
Accendo la sigaretta e tiro una lunga boccata di fumo. Il viso si contrae in una smorfia: non mi sono ancora abituata al sapore acre, nonostante fumi ormai da mesi. Quand'è che ho iniziato? Ah si, dopo Natale.
Il cielo è puntellato di stelle. Mi chiedo se anche giù, in Puglia, dalla finestra di casa mia si possa ammirare lo stesso spettacolo. Tiro un'altra boccata dalla cicca. Certo che no: l'estate in quella parte di mondo ha tutto un altro sapore; un altro odore; un altro panorama. Ricordo i primi giorni di luglio trascorsi qui, quando non faceva che piovere, in questa città che inizio a odiare con tutta me stessa. Questa città che non mi ha portato nulla di buono, che mi ha regalato Sergio e che poi ha deciso di togliermi.
Ho passato le ultime due settimane riversa sui libri, a fingere di imparare qualcosa da quelle pagine che, seppur fossero state scritte in arabo, non me ne sarei accorta. Sempre più spesso mi sono ritrovata a fissare il muro, dove mi pareva di rivedere il suo volto, come un fotogramma proiettato.
I giorni sono trascorsi tutti uguali: uggiosi e noiosi. Persa nei miei ricordi più recenti sentivo una morsa allo stomaco e il cuore fare un balzo in avanti. Mi sono chiesta preoccupata se questo si possa chiamare Amore.
Mi sento come un'adolescente alla sua prima cotta e mi detesto per questo.
Io non sono così!
Dannato lui! Dannata me!
Più mi sforzo di portare la mia mente altrove, lontana da lui e dai brividi che mi procura il suo ricordo, più mi rendo conto che mi manca. Giorno dopo giorno mi sono sentita sprofondare in un pozzo buio e freddo, intrappolata in una stretta malinconica che non riesco a spiegarmi (o non voglio farlo).
Non ho voglia di tornare dentro e prendere parte alla noiosa cerimonia di chiusura dell'anno commerciale dell'azienda, di cui mio fratello è direttore della succursale milanese. Già, Antonio, il pupillo di mamma e papà. Il figlio che ogni genitori desidererebbe avere. Se non fossi stata sua sorella sarebbe stato tutto più semplice con Sergio.
Alzo gli occhi alle stelle, un puntino lontano si muove lampeggiando. Mi domando dove vada quell'aereo, se voli abbastanza lontano da potermi portare con sé e salvarmi.
Avverto dei passi, mi volto di scatto temendo che mio fratello mi sorprenda a fumare - e allora di male in peggio! Invece è lui. Sergio. È proprio davanti a me, in smoking blu notte e camicia chiara è dannatamente affascinante. Diverso.
Quante facce di te che ancora non conosco mi nascondi?
Chi sei in realtà?
Perché io ancora non l'ho capito.
 
Una figura esile se ne sta dinnanzi al parapetto a fumare una sigaretta. Indossa un abito che le svolazzava contro gambe lunghe e filiformi, i capelli sono raccolti in uno chignon sul capo. Sergio muove i primi passi nella sua direzione, il cuore gli pulsa in petto, spaventato dall'eventualità che non sia Lily e che abbia preso un abbaglio. Ci manca solo che inizi ad avere miraggi di lei. Quando è ormai alle sue spalle la vede voltarsi di scatto, quasi spaurita, come un bambino colto in flagrante a rubare caramelle.
Che voglia maledetta di abbracciarla, di stringerla forte, di baciarla.
«Non era mia intenzione spaventarti...» le dice, interrompendo un iniziale momento di imbarazzo. La ragazza torna a guardare il cielo, dandogli la schiena.
«Non è mai tua intenzione...» risponde.
Deve ammetterlo: questa non l'ha capita. Si sposta in avanti e le punta lo sguardo dritto negli occhi. Lily gli lancia un'occhiata furtiva, poi riprende a fissare il paesaggio notturno, fatto di luci e sogni. Inspira una boccata di fumo lasciandolo libero di vagare nell'aria.
Sergio incrocia le braccia sul petto e si puntella alla ringhiera del terrazzo. Accenna un sorriso beffardo. Si sente bene adesso, è quello di sempre, baldanzoso e giocoso. E sa che si sentirebbe ancora meglio ad averla tra le sue braccia.
«Excusa, tesoro, no intiendo» le sorride per farsi beffe di lei.
«Lascia perdere»
«¿No hablas español?»
Lily non risponde, una profonda ruga è apparsa sulla sua fronte e Sergio scoppia a ridere come un matto, lei lo scruta interdetta. Le chiede perdono un paio di volte, prima di proseguire.
«Non parli spagnolo? Ma dai, tutti lo conoscono» si asciuga le lacrime agli angoli degli occhi con il dorso della mano e intanto aspetta la sua risposta, che non tarda ad arrivare.
«No caro, quello è l'inglese.»
«Lo spagnolo è la lingua più parlata al mondo, non lo sai?»
Lily fa spallucce e tira una nuova boccata di fumo.
«Credo che in realtà sia il cinese» dopo un attimo di esitazione sorridono entrambi. L'atmosfera si è sciolta, l'imbarazzo iniziale sembra essere evaporato. Lui si sposta in avanti, fermandosi ad una distanza pericolosa, le toglie la sigaretta dalle mani e se la porta alle labbra, inspirando profondamente. Il filtro è umido e inizia a temere che questa volta i suoi nervi non saranno saldi come l'ultima volta che si sono incontrati. Caccia il fumo da una fessura laterale delle labbra, per evitare che le finisca in faccia.
«Da dove vieni? Barcellona?»
«Siviglia.»
«È la stessa cosa» Lily assume di nuovo quell'aria di sufficienza di poco fa, è il suo modo di nascondere l'imbarazzo probabilmente. O di stuzzicare. O entrambe, chissà. Il tono di Sergio però è mutato, il sorriso è scomparso e inspira di nuovo il fumo.
«No, non è la stessa cosa» getta la sigaretta nel vuoto alle sue spalle prima di passarle un braccio intorno alla vita, attirandola a sé. Lancia un'occhiata sulla sinistra e nota una piccola costruzione in cemento, la porta di ferro sembra socchiusa. Quindi torna a guardarla negli occhi, ha gli stessi occhi di suo fratello Antonio Rizzo: di ghiaccio. E ha labbra particolarmente invitanti, rosee e carnose.
«E tu dovresti sapere quello che mi differenzia da quei cabron...»
Le bocche sono così vicine adesso che tutta l'attenzione è concentrata su di loro, il parlare è solo un effetto consequenziale. Lei gli passa entrambe le braccia intorno al collo.
«L'avrò dimenticato...» ribatte.
Sergio abbozza un sorriso sghembo.
 
È lui. Non ci credo! È qui davanti a me! Dice che non era sua intenzione spaventarmi e io ho voglia di saltargli al collo e dirgli che se tutti gli spaventi procurassero le emozioni che mi travolgono in questo momento, allora passerei la mia vita a essere spaventata. Invece gli do le spalle e affermo che lui non ha mai nessuna intenzione, lasciando la frase in sospeso.
Stupida bocca che non sta' mai zitta! Stupida testa che trova sempre un pretesto per essere scortese. Eppure lui è qui che mi guarda dritto negli occhi e faccio fatica a reggermi sulle gambe tremanti.
Chi sei? Cosa mi ha fatto?
Ride come un matto. Ride perché crede che non conosca lo spagnolo. Non sarò una cima nella sua lingua, ma il problema principale è che mi ha mandato in pappa il cervello. Ride e vorrei prenderlo a schiaffi. Ride e vorrei stare abbracciata a lui in una notte fredda e piovosa. Tiro un'altra boccata di fumo - tanto per prendere tempo - recitando la parte di quella che se ne infischia di tutto e di tutti.
La parte della Lily che ero prima di incontrarlo, insomma.
Si muove verso di me e io non posso fare altro che fissarlo come un'ebete e chiedermi cosa stia facendo.
Cosa fai, Sergio? Che vuoi da me? Perché io?
Prende la sigaretta e la tiene tra indice e pollice prima di portarsela alle labbra, inspirando. Non smette di guardarmi con quell'aria da furbetto e mi rendo conto che non sono poi così forte come credo, che fatico a stargli dietro e a resistere ai miei istinti.
«Da dove vieni? Barcellona?»
«Siviglia.»
«È la stessa cosa.»
«Non è la stessa cosa...» dice e il suo viso è cosi vicino al mio che mi manca l'aria. «E tu dovresti sapere quello che mi differenzia da quei cabron...»
La voglia di lui - di noi - cresce, è così forte da essere palpabile. Mi ci aggrappo passandogli le braccia dietro alla nuca.
«L'avrò dimenticato...» mi sento dire lontana, da un altro pianeta. Il suo sorriso sbilenco abbatte ogni mia barriera. Gli afferro il viso tra le mani e schiaccio le labbra sulle sue che subito reagiscono al bacio. Le lingue si fondono e si avvicendano come fossero due corpi autonomi, dimentico tutto ciò che mi circonda: i pensieri brutti, i dubbi, le paure, le incertezze.
Baciarlo mi sembra la cosa più naturale di questo mondo.
 
Lily è a pochi centimetri, gli occhi azzurri sono velati, pare abbia la mente altrove. Forse sta immaginando quello che desidera anche lui. Baciami, le vorrebbe dire, baciami perché io non lo farò per primo. Baciami, perché in realtà sono un vigliacco. Baciami e poi lascia che ci pensi io.
Lo bacia e il mondo che lo circonda scompare, la mente si svuota dopo aver ottenuto ciò che voleva. L'afferra per il polso e la trascina con sé, fino oltre la porticina di ferro. Si ritrovano all'interno di uno spazio angusto che odora di chiuso, l'aria calda e umida è quasi irrespirabile. Quando gli occhi si sono abituati al buio scorgono le sagome di scope e secchi, alcune pile di sedie sono state abbandonate contro la parete in muratura, una sorta di banco da scuola giace isolato alla loro destra. Sergio riprende da dove aveva interrotto, baciandola con una tale voracità da spaventarlo. Non ha mai desiderato nulla come desidera lei.
«Stai giocando con il fuoco, lo sai?» Le sussurra.
«Allora spero di bruciarmi presto.»
«Sei già cotta» il ragazzo sorride contro le sue labbra. «Sei cotta de me» Lily fa per replicare, ma lui prontamente le chiude la bocca con un nuovo e irruento bacio.
Adesso è lì, tra le sue braccia, e non lascerà che quel sogno svanisca senza appagare la volontà di entrambi. Adesso è lì ed è tutta sua. Solo sua.
La pretende.
 
Le sue mani mi tengono per i fianchi, seguendo la linea della silhouette. Ho la schiena leggermente inarcata all'indietro e il suo corpo è riverso sul mio. Mi afferro a lui circondandogli il collo con un braccio, mentre con l'altra mano gli accarezzo la guancia. Le nostre labbra sono incollate e nell'aria silenziosa si distingue nettamente il suono vischioso dei baci. Il suo sapore di alcool - sembra spumante - si mischia al mio, a quello della sigaretta che lui stesso ha gettato nel vuoto pocanzi. Mi sospinge verso la parete di quel piccolo sgabuzzino e sento le scope e i secchi rovesciarsi alle mie spalle. Né io né lui ce ne curiamo. Siamo impegnati in altre faccende.
Do not disturb, please!
La mia schiena è appiccicata al muro e le nostre bocche non si arrestano neanche per un secondo, nemmeno per prendere fiato. Gli avvinghio il bacino con la gamba sinistra e subito la sua mano furtiva non perde tempo a carezzarmela. Avverto il tocco dapprima delicato sulla stoffa setosa dell'abito, poi la presa si fa più salda e impetuosa. È come se quella mano - la sua mano - non si accontentasse più di lisciare il morbido tessuto: cerca, desidera, esige! E io ho tanta voglia di appagarla.
Gli allento il nodo alla cravatta, senza fermarmi dal baciarlo, gli slaccio la camicia un bottone dopo l'altro. Le mie mani sanno già cosa fare, lo hanno agognato per così tante notti e ora che sono a pochi millimetri dall'obiettivo quasi tremano a contatto con la sua pelle nuda.
È come una droga. Il mio timore è quello di non riuscire più a farne a meno.
Lui deve aver avvertito il mio turbamento improvviso perché rallenta l'andamento, stuzzicandomi il labbro inferiore:
«Se vuoi, mi fermo» il suo respiro è caldo, affannoso ed eccitante e risveglia in me i sensi affievoliti, scacciando ogni sorta di paura.
«No» sussurro. «No, ti prego...»
Ho bisogno di te, di sentirti, di viverti, vorrei aggiungere.
Lui mi solleva di peso con una facilità tale che mi sorprende e mi mette a sedere sul tavolo alla nostra destra. Prende a baciarmi il collo, a mordermi l'orecchio, la barbetta mi solletica la pelle e ogni singolo muscolo si scioglie.
D'improvviso la musica di una suoneria ci fa trasalire, il suo cellulare strimpella dalla tasca dei pantaloni classici. Mi dà le spalle mentre risponde, lo osservo passarsi una mano sul volto.
«Ok! Dammi un minuto e sono da voi.»
Conversazione chiusa.
Si riallaccia i bottoni, si rifà il nodo alla cravatta e infine si acconcia il ciuffo; io intanto mi ricompongo alla bell'è meglio. Lui non dice una parola e io faccio altrettanto. Ho il cuore che batte come non mai, mi sento tanto stupida adesso.
Apre la porta e si arresta così di colpo che per poco non gli finisco contro. Mirko è proprio di fronte a noi, il cellulare con il quale ha chiamato Sergio ancora in una mano, scuote il capo venendoci incontro: è furioso.
Come diavolo ci siamo finiti in questa situazione?
 
«Siete due deficienti o cosa?» La voce di Mirko non è alta, ma carica di rabbia e indignazione. Sergio gli si avvicina scuotendo entrambi gli indici.
«No, no! Aspetta! Noi non-»
«Allora non hai capito? Non la devi toccare, non la devi neanche guardare! Lei per te non esiste!»
Non esiste?
Sergio è a testa bassa, le braccia lungo i fianchi. Chiedergli di non sfiorarla, di non guardare i suoi occhi, i suoi capelli color oro, il suo viso candido e delicato, è come chiedergli di smettere di respirare. Oltre, c'è solo la morte.
Avverte la presenza della ragazza alle spalle, muta e immobile come una statua di marmo, vorrebbe voltarsi per dirle qualcosa o semplicemente tenerle la mano, ma non osa.
«Ti vuoi far cacciare dall'azienda?» Mirko continua imperterrito.
Da lontano si ode la porta della sala che si apre sulla terrazza, Antonio fa capolino oltre di essa e si guarda intorno, sorridendo quando avvista il suo obiettivo. A grandi passi si avvicina ai tre ragazzi, spalancando le braccia in direzione di Lily.
«Oh eccoti! Ti ho cercata ovunque!» Lei si lascia abbracciare da suo fratello che le stampa un bacio sui capelli, prima di afferrare una spalla di Sergio, scuotendolo leggermente continua a sorridere. «Ehi ragazzi! Tutto bene? Non abituatevi troppo a queste serate mondane. Domani si torna in ufficio, dobbiamo chiudere la trattativa con i cinesi» strizza l'occhio, è su di giri.
«Certo direttore» Sergio accenna un sorriso tirato e alza gli occhi, inevitabilmente la vede. Lily si cinge la vita con le proprie braccia; suo fratello la tiene stretta a sé, con un braccio sulle spalle. Si sente in colpa nei confronti di quell'uomo che ripone in lui ogni fiducia, tuttavia non riesce a vedere altro se non la ragazza.
«Andiamo dentro» le dice Antonio. «Voglio presentarti un po' di gente» quindi si rivolge ai due stagisti. «Il presidente sta per tenere il discorso di ringraziamento, non dovreste perdervelo perché non vi ricapiterà più di ricevere un apprezzamento da lui» Antonio ride, la sua voleva essere una battuta, ma Mirko è sbrigativo e secco nella risposta. Il direttore Rizzo lo fissa per qualche secondo, qualcosa nella sua voce gli attiva un campanello d'allarme, però decide di lasciar correre, annuendo e avviandosi verso l'entrata della sala, portando con sé la sua adorata sorellina.
Mirko fissa Sergio, ma il giovane collega non ricambia ostinandosi a tenere il capo chino e gli occhi castani fissi sulle mattonelle di ceramica decorata del terrazzo, allora inizia un monologo di cui lo spagnolo afferra solo una minima parte.
«Credevo ne avessimo già parlato, con Claudio anche. Non fa per te, lascia stare. Cazzo, ma quante ragazze là fuori farebbero a gara per stare con te, perché ti devi ostinare con l'unica che ti è proibita? Non ti accorgi come se la tiene stretta?» Si porta le mani sulla testa. «Se sapesse... se solo sapesse! Ti sei scopato sua sorella!»
«Non me la sono scopata!» Solo ora Sergio alza lo sguardo, contrariato. La definizione che ha dato della loro notte insieme non gli piace, per niente.
«Avete fatto sesso, avete fatto l'amore, siete andati a letto insieme. Dillo come vuoi, ma il risultato non cambia e nonostante tutto insisti, continui. E se vi vedesse qualcuno, se qui fuori non ci fossi stato io, ma il direttore ad esempio? Vuoi distruggerti la carriera?»
No, non voleva annientare anni e anni di studi e gavetta e lontananza dalla famiglia che lo avevano portato dove era adesso. Ma lei non era nei suoi piani quando aveva cominciato la scalata e vi era giunta come un uragano, scombussolando un equilibrio che aveva conquistato nel tempo. Sarebbe stato semplice, in realtà, tutto facile se non fosse stato per quel piccolo particolare che la vedeva come parente stretta dell'uomo da cui dipendeva il suo futuro.
«La inviterò a uscire!» Esclama con forza, quasi parlando fra sé e Mirko fa fatica a recepire il messaggio.
«Come?» Alza un sopracciglio, sperando di aver capito male. Aveva inteso perfettamente invece, adesso Sergio lo sta guardando come chi ha rivelato il mistero del mondo.
«La inviterò ad uscire con me. Cena e poi la riporto a casa, ci andremo piano. Te lo prometto».
Mirko si passa una mano sul viso, evidentemente incerto su quell'idea, fa per esternare il suo parere discordante, ma l'amico gli batte una mano sulla spalla con un sorriso felice sul volto, s'incammina perciò lungo il terrazzo, verso l'interno della sala.
 
Non riesco a smettere di pensare alle parole di Mirko "non la devi toccare, non la devi neanche guadare. Lei per te non esiste!"
Il mio corpo è percorso da brividi.
Mi sembra ancora di sentire la sua mano lungo la coscia: è come se quella parte del mio corpo fosse indolenzita. E i baci, le nostre labbra, la sensazione della barbetta contro il collo nudo: è una voglia appagata solo per metà. È un cioccolatino assaggiato e mai mangiato.
Come un cecchino scruto l'ambiente, lui non c'è.
Non è rientrato o è andato a casa?
Dove sei Sergio?
Quante volte ancora ti dovrò dire addio?
Sento la necessità di parlargli, senza dovergli dire realmente qualcosa.
Antonio è qui accanto, mi sta dicendo che le persone dinnanzi a noi sono i pilastri dell'azienda, i cosiddetti "senatori". Sorrido educata.
Non me ne può fregar di meno di chi sono questi!
Sergio non c'è e io sto male!
Mio fratello sta dicendo a questi signori agghindati in abiti scuri di scusarmi, sono una ragazza intelligente, ma gli affari non sono mai stati il mio punto forte.
Un ragazzo alto e piacente si accosta ad Antonio e adesso si stringono le mani.
Si volta verso di me e sorride. Ha un sorriso particolarmente dolce e incantevole. Mi porge la mano e mi dice che si chiama Alessandro. Mi presento e Antonio non perde tempo a sottolineare che sono sua sorella. Lui lo guarda con l'aria di un quindicenne perbene, senza mollare la stretta.
«Direttore» esordisce e io penso: eccone un altro. C'è qualche ragazzo di cui mio fratello non sia il capo, in giro per il mondo?
«Posso invitare la sua Lily a ballare un lento con me?»
Lo fisso incredula. Mi ha invitato a danzare con lui senza temere l'ira funesta di Antonio? Mi prende un improvviso attacco d'ilarità che mi sforzo di soffocare.
«Ale!» Lo ammonisce Antonio che sorride divertito. «Solo un ballo però!»
Alessandro risponde al sorriso, ringraziandolo per il permesso concessogli.
Ci spostiamo insieme verso la pista da ballo, qui una band suona una musica dolce e mielosa. Mi attira delicatamente a sé, ancora tenendomi per mano, mentre avverto la leggera pressione delle sue dita sulla schiena.
Lo osservo meglio: ha i capelli castani lunghi sulla nuca, un sorriso da favola e due occhi dolcissimi. È alto, le spalle larghe e in quell'abito da sera farebbe invidia a qualsiasi fotomodello.
Non ci credo. Sono abbracciata a lui che reincarna in pieno il mio tipo ideale e non smetto di pensare a Sergio e alle sue mani, alla sua bocca, al suo odore, al suo accento latino.
Alessandro sorride e io ricambio imbarazzata, ha denti bianchi e perfetti.
Perché mi sento come se stessi tradendo qualcuno?
Forse perché sto davvero tradendo qualcuno: me.
«E così sei la sorella del direttore Rizzo.»
«Già» sono nervosa. Seguo i suoi movimenti lenti e altalenanti e sento una sorta di agitazione montarmi dentro. Lui mi parla e io annuisco, lui sorride e io lo imito. Sono ansiosa e ben presto intuisco il motivo.
I suoi occhi color nocciola mi stanno fissando da lontano. Beve un sorso di spumante e mi accorgo che il bicchiere nascondeva un ghigno ambiguo. È solo, Mirko non è più con lui. È solo e mi punta il suo sguardo contro, con le labbra all'insù.
Alessandro sussurra qualcosa al mio orecchio, ma io non distinguo più la sua voce dalla musica di sottofondo.
Vedo solo lui, Sergio.
Lo vedo mentre lascia il calice sul tavolo al quale sta appoggiato, lo vedo incamminarsi nella mia direzione, mentre si aggiusta il colletto della camicia bianca e i polsini della giacca, il ciuffo chiaro è tornato in ordine. Non smette di fissarmi. Non smette di sorridermi.
Non smettere mai di farlo, Sergio.
 
Rientra in sala e la vede abbracciata ad Alessandro, un collega di qualche anno più grande. Balla e la stringe. Balla e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Balla e Sergio vorrebbe rapirla, per portarla in un posto non troppo distante a concludere quello che avevano iniziato insieme nello sgabuzzino.
Si sofferma ad osservarla per un po', mentre sorseggia champagne da un calice che gli è stato gentilmente offerto da un cameriere. Non smetterebbe mai di guardarla, la sua immagine gli stuzzica la mente e le emozioni più profonde. È dannatamente perfetta. Ed era dannatamente perfetta l'atmosfera in quello stanzino, dove era arrivato a tanto così dall'averla di nuovo.
Lo ha visto. Lily si è accorta di lui e adesso nascondersi non ha più senso. Ingoia fino all'ultima goccia di spumante, abbandonando il bicchiere dietro di sé, distrattamente. Uno, due, tre passi e le gambe si muovono verso di lei come spinte da una forza superiore, si acconcia il collo rigido della camicia e i polsini della giacca nera.
I loro sguardi si fondono a un palmo di distanza e la sua mente spicca un balzo nel vuoto: la prende, la stringe, la bacia sulla bocca, sugli zigomi, sul collo. Guardi, direttore, guardi: io e sua sorella ci desideriamo tremendamente e non sono più disposto a rinunciare a lei. Alessandro gli chiede cosa succeda e Sergio ritorna con i piedi sulla terra ferma.
«Excusa, Ale» gli risponde, senza staccarle gli occhi di dosso s'intrufola tra i due con grande maestria. «Permetti?!» Conclude, prendendo il suo posto. Alessandro fa per replicare, ma si accorge che nessuno gli bada più. Si allontana scuotendo il capo.
 
Mi tiene entrambe sui fianchi, le mie invece s'intrecciano dietro la sua nuca. Sorrido e lui mi chiede cos'abbia. Gli rispondo che non ho niente.
In verità sono felice, ma preferisco tenerlo per me.
Sorrido per nascondere le paure che si accavallano: ho paura che possa vederci mio fratello, ho paura di quello che sto provando, ho paura che non resista alla voglia matta di baciarlo.
Ho paura di questa felicità che provo.
I nostri corpi si toccano e si sfiorano e si muovono all'unisono. Non è come ballare con Alessandro, io e Sergio non stiamo ballando, è come se facessimo l'amore ogni volta che siamo vicini.
Restiamo in silenzio per un po', non riesco più a reggere il suo sguardo. Lo abbraccio e gli poso il mento sulla spalla, ma il suo respiro finisce direttamente sul mio collo nudo e la situazione non migliora. Poi dice qualcosa e io lo fisso stralunata.
Mi stupisce ogni volta che lo incontro. Mi confonde e mi destabilizza e mi sembra di dover ricominciare sempre d'accapo con lui.
È affascinante, è sportivo, è intraprendente, è timido, è virile, è dolce, è spiritoso, è arrogante, è un ottimo amante.
Lui è tutto questo insieme e , insieme, non è niente di tutto ciò.
 
L'esile bacino di Lily muovendosi, nel suo moto lento e ondoso, gli sfiora il ventre e lui vorrebbe tanto pensare ad altro, ma è troppo difficile. Quella ragazza lo eccita come se fosse un ragazzino alle prime scoperte sessuali, ma è un uomo adulto adesso e deve saper trattenere i suoi istinti.
Sa che non fa bene a nessuno dei due stare abbracciati lì, in mezzo alla sala, sotto gli occhi di tutti, però non riesce a lasciarla andare. Non riesce a staccarsi da lei.
Lo abbraccia e il profumo delicato della sua pelle lo inebria. Prende una grande boccata di quell'odore alla vaniglia che la contraddistingue e sottovoce le chiede:
«Vuoi uscire con me?»
Lily alza il capo e lo fissa interdetta. Sergio comprende che non se lo aspettava, l'ha spiazzata. Le sorride e si vede a baciarla quando lei accetterà l'invito. Tuttavia la risposta tarda ad arrivare. Si sono fermati dal ballare, i loro corpi sono perfettamente immobili, gli occhi dell'uno in quelli dell'altra. Lui la scuote con delicatezza.
«¿Todo bien?»
 
«Vuoi uscire con me?»
Lo fisso e penso che mi stia prendendo in giro.
Lo fisso e ho la mente svuotata come un sacco di patate.
E lui ha quell'espressione da ebete che prenderei a schiaffi.
Uscire? In che senso uscire?
«¿Todo bien?»
Come? Perché mi parla in questa lingua che non comprendo.
«Che intendi per...”uscire”?» Gli chiedo e lo vedo sorridere divertito.
È la seconda volta stasera che ride di me.
«Di solito voi italiani cosa fate durante un appuntamento?» Continua a sghignazzare e io continuo a non capire. «Mangiate? Andate al cinema? Al pub? A ballare?»
Lo guardo con fare interrogativo. È un appuntamento vero.
Quali sono le tue intenzioni con me, Sergio? Cosa vuoi in realtà?
Non attende la mia risposta. Mi dice solo che il giorno successivo mi aspetterà alla fermata della metro vicino casa di Antonio alle 19.
Mi bacia una guancia, il suo tocco è lungo e delicato. Si allontana, lasciandomi da sola in mezzo ad altre coppie che, come noi, forse fingono di ballare. Lì, dove si sono posate le sue labbra, sento la pelle rinata e in fiamme. Inconsciamente accarezzo proprio quella parte di volto. Me ne resto così, imbambolata, ancora per un po'.
 
Antonio Rizzo, da poco promosso direttore di una delle multinazionali più famose nel campo della telefonia mobile, ha visto tutto. Antonio Rizzo ha assistito al “ballo” tra sua sorella e uno dei suoi più promettenti tirocinanti: lo Spagnolo, come lo chiama lui affettuosamente.
Antonio Rizzo ha osservato la scena dei sussurri e degli sguardi languidi, stringendo i pugni al contatto tra i due ragazzi.
Antonio Rizzo comincia a insospettirsi e infastidirsi.
 
  
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