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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    11/11/2017    0 recensioni
-Gente comune?
Non attraversa uno Stato a bordo di un Volkswagen reduce degli anni '60. Non con una strega, uno stripper, una drag queen, un nostalgico di guerra (O un nazista? Boh), una regista sognatrice in erba e la sua migliore amica (o soulmate? O sorella acquisita?) punk, rabbiosa e attaccabrighe.
No, la gente comune non lo farebbe di sicuro ma, ammettetelo, che per quanto vi interessi mantenere la vostra noiosa facciata borghese, l'altro lato dello specchio vi interessa, eccome.
Dunque, pronti a partire con la famiglia Spiegelmann per il viaggio più folle di sempre?
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“I prati sono verdi, quassù.
Se guardo in alto, a meno che, come nel novantatré per cento dei casi, piova, c’è un magnifico cielo azzurro.
Le pecore belano, i pastori canticchiano in gaelico.
È tutto così allegro! Si intuisce, da dove vengono gli Spiegelmann”. Questo è Mr. Capigliatura Spinosa, durante i primi chilometri sulla strada irlandese, appena sbarcati dal traghetto, mentre sfoglia una guida turistica rubata in biblioteca ad Amburgo.
 
-…sì, sì, tutto molto bello, molto meraviglioso, molto poetico. Ma io continuo a pensare che sia stata una pessima idea. Ve lo ripetevo, di continuo, sentivo che avremmo incontrato guai… ma voi no, convinti, dobbiamo per forza andare. Date retta ad una che ne sa più di voi, sui brutti presentimenti! È notte fonda. Non ci sono lampioni. E abbiamo quasi finito il carburante. Guardatevi intorno: questa strada è piena di alberi dall’aspetto molto inquietante, si sentono ululare i lupi, una nebbia fitta persiste, facendo intravedere solo qualche bagliore rosso, di tanto in tanto, come se fossero lucine sdoppiate, gemelli malvagi dei fuochi fatui, uccelli oscuri e luminescenti venuti a spiarci per conto di qualche dio delle tenebre intenzionato a divorarci come spuntino di mezzanotte. Posso percepire le mani nodose delle streghe agitarsi intorno a pentoloni bollenti, per preparare qualche pozione da spargere nell’aria per stordirci. Gli scagnozzi malvagi dei sacerdoti delle tenebre sono appostati dietro le lugubri sagome degli alberi, ci guardano e comunicano tra loro per stabilire il momento esatto per attaccarci. Sento le maledizioni incombere su…
-Ok, ok, Alex, datti una calmata, il mondo è già riccamente dotato di scrittori gotici più abili di te.
-Che palle, Cooper! Stai zitto, era divertente- si lagna Chess, dal sedile centrale del passeggero, dove ha appoggiato giusto le ginocchia per potersi girare verso di noi sui sedili posteriori, garantendo a chiunque guidi in questa strada nella direzione opposta alla nostra una perfetta visuale del suo culo pallido e lentigginoso, sporgente dagli short-jeans verde acido. Beh, a dire il vero non credo che nessuno corra questo rischio veramente, visto che, come ho precedentemente spiegato, siamo soli in questa stradina inculata della ridente isola dell’Irlanda. Ovvio, senza streghe e luci rosse, però comunque in piena notte e immersi nella nebbia. Mi chiedo seriamente grazie a quale oscuro incantesimo da affiliato del KKK Cooper Carter stia riuscendo a guidare, senza investire pecore, uscire di strada, o perders…
-Mi sa che ci siamo persi.
…ah.
-CoSA?!- strilla Billy, risvegliandosi dal suo pisolino di bellezza e sollevando finalmente la sua testa puzzolente di lacca dalla mia spalla.
-Ma… scherzi, vero?- mormora scandalizzata Charity Rebecca, lasciando cadere il telaio su cui stava ricamando un pentacolo.
-No, ci siamo proprio persi- confermo, tornando a girare la faccia verso la strada.
-…e adesso?- chiede Billy, sporgendosi verso il finestrino.
-…siamo nella merda- borbotta sua sorella, tornando al suo ricamino stregato con la faccia più nera di prima.
-Non esattamente, siamo nella nebbia- puntualizza Chess, per poi beccarsi una scarpa in bocca.
-Zitta, che non riesco a concentrarmi!- urla belluinamente Cooper, agitando il braccio con la svastica tatuata al contrario sopra (sapete, no, per spacciarla come un simbolo del sole), mentre con l’altro cerca di guidare senza sbandare a destra e manca.
-Finché ci sono pecore con i capelli fluo in mezzo alla strada no, oniisan, che non riesci a concentrarti.
La vocina arriva come un soffio dai sedili posteriori, dove un coso dalla corporatura da stuzzicadenti e i capelli da porcospino giapponese volto al dark wave stava pisolando in pace sperando di raggiungere il suo posto fra lo Yin e lo Yang prima di arrivare a destinazione.
Capiamoci: codesto essere, che non è né Spiegelmann né Herder, quindi non ha un accidente a che fare con noi, è stato imbucato nella nostra vacanza allegra sul camioncino hippy di mamma-Spiege, denominato a caratteri rossi e distorti, ben dipinti sulla fiancata arcobaleno, con il sommo nome di Fiorenzo; senza alcun permesso né passaporto, così, perché Billy doveva ostentarci il suo fidanzato pseudo giapponese e mostrargli assolutamente da quale splendida patria Regina Terry fosse proveniente. Ma la cosa che Piromane Uno non aveva afferrato, buttandoci Lady Stuzzicadente dentro al Fiorenzo, è che a nessuno interessa dei giganteschi occhioni color nocciola o delle smisurate gambe del suo fidanzatino color pastello. A nessuno interessano i suoi discorsi sulle teorie del basmati, né tantomeno le biografie di G-Dragon o della scrittrice di Black Butler. L’ultima cosa che vogliamo ascoltare dalle malandate casse del Fiorenzo, già inebetite dagli anni passati a trasmettere musica hippy, è la sua discografia dei BTS.
Questo affare, con le sue unghie da gatto inferocito e i suoi tacconi color latte e menta, era veramente l’ultimissimo nei nostri problemi, finché si stava a Mag, finché lo si vedeva una volta ogni mai girare per casa a braccetto di Terry, finché si sentiva la sua vocina carente di testosterone canticchiare 99 Luftballons giusto un paio di giorni al mese. Ma da quando ci è stato scaricato nel Fiorenzo, trascinato quasi contro la sua volontà verso una sperduta località del Mayo per essere presentato ufficialmente alla nonna, è diventato non il primo, diciamo l’unico dei nostri problemi.  
-La signora Goku ha ragione, Cooper, smettila di fissare quella roba bionda che sta in mezzo alla strada con il pollice in avanti, come se volesse chiederti l’autostop- la capacità di Chess di fare la telecronaca indesiderata in ogni santo momento descrive perfettamente perché il coglione nazista di Cooper Carter pianta il freno, abbassa il finestrino, e sblocca tutte le porte; esponendo noi poveri sei passeggeri alla mercé di ogni oscura creatura si aggiri nelle stradine nebbiose nell’Irlanda libera, precisamente sulla strada per Athlone, in piena notte, senza lampioni.
-Desidera, milady?- chiede Cooper alla pecora bionda, che ora che vedo ha un paio di enormi Luftballons che le sporgono dal top rosa fluo. Roba che non metterebbe nemmeno Chelsea nei suoi momenti più bui.
-Oh, ragazzi, sapeste, ho proprio bisogno di un passaggio… la moto mi ha lasciata a piedi, e come immaginerete… queste praterie buie non sono per nulla rassicuranti!- blatera, terminando il discorso con una risata da cavallo asmatico che ci fornisce una completa panoramica di tutti i suoi denti.
-Sai, nemmeno a noi piacciono le praterie di notte… per questo se non ti spiace ci leveremo di mezzo- borbotta Chess, cercando di infiltrarsi fino all’acceleratore e venendo puntualmente respinta con un calcio negli stinchi da Cooper Carter.
-Sicuramente, milady. E dov’è diretta, se posso sapere?- prosegue Mister Galantuomo, esibendo un sorriso da lama corteggiatore.
-Oh, non è importante- strilla la bionda, salendo praticamente in braccio a Chelsea alla velocità della luce, e chiudendo la portiera con un tonfo che fa sballottare tutto Fiorenzo. Dico un Ave Maria, per gli ammortizzatori, assieme a Charity. –Basta che andiamo!!...- altra risata da cavallo, e in men che non si dica, Cooper sigilla di nuovo tutte le portiere e riparte allegro verso la nostra meta.
 
-Aspetta, Cooper, ma dove stiamo andando?- chiede Charity Rebecca dopo un po’, affacciandosi ai sedili di fronte, dove Carter e Pecora-Cavallo stanno intrattenendo un’interessante conversazione sulle buche della strada. Sotto i capelloni ossigenati della Barbie che si è appropriata di Cooper e della salvezza di tutti noi passeggeri si scorge appena il viso paonazzo di Chelsea, che non è ancora riuscita a liberarsi da sotto il suo culone imbottito di botox.
-Sì, esatto, non ci eravamo persi?- intervengo, tirandogli un orecchio. Di solito si sveglia quando facciamo così. Dicono sia rimasto traumatizzato dalle tirate di orecchie ad un suo compleanno.
-Uh? Ah? Dov’è il Fuhrer?! All’armi!- esclama, tirando una gomitata al naso della Pecora. –Oh, Alex. Che succede? Qualche problema? Lady Nippomania ha ricominciato a cantare Ringa Linga?
-No, Cooper, ci siamo persi. Ci eravamo persi già da prima. E tu stai andando a caso.
-No, è diverso: Dakota sa dove dobbiamo andare… vero?
Cavallo-Girl annuisce convinta. –Andiamo ad Athlone!
-Visto? Sa la strada!
-Ehm… ho capito, ma Athlone non è a nord? A me sembra che stiamo andando a sud- specifico, mentre Chelsea mi lancia occhiate furenti da sotto i capelli di Dakota.
-Senti, Alexandria, stai tranquilla. Rilassati! Non ci sono comunisti nascosti dietro gli alberi, e tutti i russi sono rimasti al forte, tramortiti dalla vodka. Prenditi una vacanza, goditi il viaggio!- bene, queste sono parole Decisamente Troppo Strane per uscire dalla bocca di Cooper Carter. Dobbiamo eliminare Dakota il prima possibile. Anzi, subito. Aspettate che trovo un fosso abbastanza profondo… -Però mi raccomando, tieni sempre la mitragliatrice carica- aggiunge, prima di tornare alle conversazioni sulle strade bucate. Beh, forse possiamo recuperarlo.
 
Dopo due ore di strada, giungiamo di fronte ad un bivio. Ci sono dei cartelli: il primo, verso est, indica il nome di una città scritto in gaelico incomprensibile senza traduzione inglese, tedesca o chicchessia. L’altro, verso ovest, indica il nome di un’altra città senza traduzione.
-Io dico di andare a est- fa Billy.
-Per me dovremmo andare a ovest… ha più senso- cinguetta Lady Nippomania dal sedile posteriore.
-Io concordo con lei. Cioè, con lui- dico, ottenendo anche il consenso di Chelsea che non è ancora uscita dalla sua pesante situazione.
-Per me basta che ci muoviamo- mormora tetra Charity.
-Bene, allora tu che dici, Sergente?- se ne esce Dakota con la sua voce da porcello, sfarfallando un paio di ciglia vere quanto le Indie di Colombo rivolta a Cooper.
-Hey, bellezza, non so se te ne sei resa conto, ma ti sei infiltrata in una famiglia. Qui sono io il Sergente!- protesto, sebbene io appartenga al clan degli Spiegelmann quanto lei.
-Io dico che dovremmo vedere cosa c’è a est. Il nemico potrebbe essere ovunque, miei prodi! Potremmo scovare un plotone russo, da queste parti!- esclama allegramente Cooper Carter, ingranando la quarta verso la direzione di destra, con una bella sgommata rumorosa condita dei nostri insulti.
-Ma ti sei fatto un frullato di cervella? Ne so poco di geografia irlandese, quanto basta per sapere che Athlone è a nord!- urlo, fiondandomi verso il sedile anteriore.
-Tranquilla, Alex! Che ti avevo detto? Rilassati, siamo in vacanza- mi zittisce Cooper.
-Esatto, Alexandra. Rilassati, siamo in vacanza!- gli fa eco Pecora Fluo.
Al che mi viene una gran voglia di tirarle un cazzotto. Innanzitutto Noi siamo in vacanza, non lei. E seconda cosa: se mai vi dovesse venir voglia di macabri racconti di assassini e carnefici, cercate “La Storia dell’Ultima Persona che mi chiamò Alexandra”. È un avvincente racconto in cui un disgraziato viene sfregiato con una matita e poi lanciato giù da una rampa di scale. Venne ritrovato svenuto, con il simbolo dell’Anarchia dipinto su una guancia, e un’enorme “i” dipinta sull’altra.
-Beh, ma almeno potremmo fare una piccola sosta… insomma, una decina di minuti- interviene Billy. –Charity deve fare la pipì.
-Concordo!- rantola Chelsea.
-Sìì! Voglio fare una foto a questa luna fantastica- strilla Nippomania.
-Bene, Cooper. Fermati, o ti ammutiniamo- affermo, poi Cooper si ferma. Ah, ah! Capita? Affermo! E poi… Cooper si ferma! Ah, ah, ah, che umorismo, ragazzi! Conservo ancora la Medaglia al Peggior Umorismo dell’Anno. L’ho vinta l’anno scorso, o due anni fa, non me lo ricordo. Fatto sta che è ancora ammaccata, perché l’ho usata per picchiare un tizio sui denti. Insomma, quel bastardo mi aveva fregato il martini, cosa avrei dovuto fare, lasciar correre? 
-ARGH- Chelsea esala il primo respiro dopo una lunga agonia, quando Dakota eleva il suo culone per scendere dal Fiorenzo.
-Bene, Cooper, ora possiamo ripartire- mi sporgo in avanti, e faccio per appoggiarmi a Cooper, ma quello sguscia via rapido come una sardina e io finisco con la faccia sul cruscotto.
-…beh, dolore?- chiede Chess.
-Umpf. Va a quel paese. Piuttosto… ti serve una bombola d’ossigeno, mentre i piccioncini stanno lì a fissare il cielo?- rispondo io, scavalcando i sedili e cadendo su quelli davanti in pieno stile sacco di patate.
-Mi chiedo che cielo guardino con molto interesse. È completamente coperto- rimugina Chelsea, sbadigliando.
-Sì, bella domanda.
La nostra intensa conversazione viene interrotta dal gran frastuono che fa Charity per slacciare la cintura, mollare il ricamino satanista in testa a Billy, aprire la portiera e annunciare che ci abbandonerà per cercare un posto dove fare i suoi bisognini. Billy Terry e Signorina Sakura la seguono a ruota, per poi sbattere la porta del povero Fiorenzo facendolo traballare tutto, comprese noi due dentro.
Ebbene, Camerata Chelsea, eccoci qui! Io e te sole solette all’interno di questo camioncino hippy, quasi a secco di carburante, perse nel mezzo dell’Irlanda e sicuramente dirette verso una strada sbagliata; mentre intorno a noi ognuno si gode la propria felicità sentimentale sospirando dolci parole d’amore al proprio partner, sotto un cielo limpido quanto il pavimento della doccia dopo una settimana che non mi lavo. Non è una situazione estremamente romantica? Pure Shakespeare sta uscendo dalla sua tomba per applaudire la nostra bravura teatrale; sento le nonnette appassionate di soap opera singhiozzare anche a tredici chilometri di distanza. E qui una cosa mi incuriosisce, anzi mi stupisce, anzi mi lascia letteralmente a bocca aperta: com’è che da quando siamo partiti non hai mai rotto le palle con i tuoi film?
-Alexandria?- Soldato Spiegelmann interrompe i miei interrogativi con una vocina molto sconsolata.
-Sì?- borbotto, senza staccare gli occhi dai capelli fluorescenti di Dakota, che si stagliano chiaramente nella notte di fronte al camioncino. Aspetta, forse è la sciarpa di Billy. Oppure Lady Stardust si è rovesciato addosso la sua polverina glow-in-the-dark.
-Mi sento sola. E mi annoio. La mia vita è noiosa- che grandi argomenti, Camerata! Speravo sparassi qualcosa di più confortante.
-Che vuoi farci? La bella vita non è fatta per i punk delle retrovie, soprattutto se questi dovessero trovarsi imbucati in camioncini a fiori nel culo dell’Irlanda- un istante dopo aver pronunciato queste parole, mi rendo conto di quanto invece deve essere speciale un’occasione come questa. Si potrebbero fare un sacco di cose. Chissà quanti scrittori hanno partorito le loro idee in un posto come questo. Quanti artisti hanno preso le loro ispirazioni guardando un cielo nebbioso attraverso un finestrino lercio. Quanti geni del crimine hanno fatto la propria storia disseminando cadaveri dietro le pecore addormentate ai lati della strada. Quanti druidi hanno compiuto le loro stregonerie in…
-Facciamo un film?- strilla, interrompendo per la seconda volta i miei filosofici pensieri con i suoi benedetti film. Che vi avevo detto? Fin troppo anormale, una Chelsea che sopravvive dieci ore senza film… è incredibile quanto il fatto che sì, ragazzi, siamo in viaggio da esattamente dieci ore, ovvero il tempo trascorso dall’ultima volta in cui ho ammazzato brutalmente la sveglia inserita nel cellulare di Cooper, questa mattina alle nove in punto in un hotel di Amburgo, in ritardo per il traghetto. L’abbiamo preso per il gran culo di Chelsea.
-Uffffff…- sbuffo tutta l’aria che ho in corpo, accartocciandomi sul sedile come una foglia secca. Resto lì per qualche secondo, con lo sguardo viola di Chess fisso su di me e il suo sorrisone smagliante a illuminare vagamente l’abitacolo. Rifletto. Questa serata rischierebbe di diventare terribilmente noiosa.
-Al diavolo! Che Beato Flea sia con noi, e John Frusciante ci accompagni attraverso le steppe quadrifogliomani. Facciamo questo film!
 
Pessima. Pessima, pessima pessimissima idea… stiamo camminando attraverso un campo dirette verso una lugubrissima chiesetta –molto probabilmente diroccata, quasi sicuramente infestata- che Chelsea ha avvistato poco fa come perfetta location per la prima scena; con l’erica che ci arriva al ginocchio e le formiche che si arrampicano nelle nostre mutande.
-Aaargh! Billy, aiuto! C’è qualcosa sotto la mia maglietta!- ah, dimenticavo: ci siamo portati anche la coppietta.
-Tranquillo, Sunshine! Dopo ci do un’occhiata io, sotto la tua maglietta- voglio tirare un pugno a Billy. Non solo perché si è portato dietro quel coso estremamente aff… ingombrante, ma soprattutto per i nomignoli idioti che continua ad affibbiargli. Detesto i nomignoli. Detesto i nomignoli. Detesto i nomi, e anche i mignoli.
-Eccoci, siamo arrivati- ah, ah ah! Capita? I nomi… e anche i mignoli!
-Finalmente. Avevo paura di strapparmi una calza!- …lo so, dovrei darci un taglio. Cercherò di smettere. –Voi non avete idea di quanto mi siano costate… sapete che, se esposte al freddo, i gattini cambiano colore?!- qualcuno gli tappi la bocca. Quasi quasi tiro un pugno anche a lui. So che me ne pentirei… Billy mi sfregerebbe con le sue unghiacce. E poi, dai, come si fa a nuocere ad un faccino così cuccioloso. Ogni volta che lo guardo, mi sembra sempre più una versione zuccherosa di L di Death Note.
-Entriamo?- chiedo, speranzosa. Potrei fare un disegno del posto. Poi ambientarci un fumetto horror, o il prossimo racconto del terrore da camioncino.
-No, restiamo fuori.
-Ma… e allora per cosa diavolo siamo venuti qui?! Cioè… io ho camminato per tutto questo tempo per “restare fuori”?!- protesta Billy, torturando la sua sciarpa di piume. Chelsea apre la bocca per rispondere, ma lui la interrompe. –Eh, no! Io entro, voglio almeno vedere cosa c’è dentro questo tugurio. Poi puoi fare tutti i film che vuoi… su, qualcuno mi aiuti ad aprire questo dannato portone!
Scambio un rapido sguardo con Chelsea. Lei fa spallucce, quindi vado a dare una mano a Billy –prima che la fatica lo distrugga.
Quando finalmente siamo riusciti ad aprire una delle due porte, scardinandola per metà, un gran puzzo di chiuso, polvere e marmo ci investe, assieme a qualche pipistrello e qualche decina di maledizioni generazionali.
-Wow… è macabro, qui dentro- mormora Chelsea, superandoci. Grazie al cazzo. Noi facciamo la fatica, e tu te ne entri così. Ci risolleviamo rapidamente, poi la seguiamo.
-Già… decisamente. Potreste sposarvi qui. Vi sponsorizzo- afferma Billy, masticando svogliatamente una gomma che non si sa da dove sia arrivata. Io e Chelsea ci guardiamo, viola per l’imbarazzo. Cala il silenzio.
Mollo uno scappellotto a Billy. –Chiudi il becco, puttanella.
-Siamo in chiesa! Niente parolacce- mi rimbecca lui, massaggiandosi la nuca.
-Ah, certo, vieni tu a parlarmi di chiesa…- inizieremo a litigare, se non venissimo interrotti da una voce molto acuta e lugubre, come quella di un fantasma senza pace, inquilino di una chiesa diroccata nella campagna più sperduta; anima di una nobildonna straniera senza marito, unica seppellita sotto un pavimento di marmo, freddo come il ghiaccio, sotto un tappeto srotolato dal Cinquecento, intarsiato di capelli d’oro strappati a schiave troppo belle. Una voce ornata di teschi, sangue e abbandono, l’emblema della dimenticanza: ci investe come una valanga, delicata e letale come la lama di una katana, facendoci accapponare la pelle nel più terribile dei presentimenti; facendoci riflettere su ogni nostro peccato e ogni nostro merito, soppesare sul momento i motivi che avremo, una volta uccisi dal terrore, per reclamare un posto nel Paradiso.
-Fermi lì!
Rimaniamo in silenzio. Non abbiamo nemmeno il coraggio di guardarci negli occhi. Io, Chelsea e Billy. Fermi, come ha detto la voce, in un triangolo che potrebbe rivelarsi stregato; Chelsea al centro, come un Cristo, noi ai lati, come due Ladroni. Apprezzate questo attimo terrorizzante. Godetevi l’ultima boccata di ossigeno. Perché mi sa che moriremo tutti. Ci ritroveranno dopo due giorni di ricerche, qui, cadaveri contorti, disposti su un pentacolo fatto di sangue. Chiuderanno la Chiesa per sempre, la abbatteranno; dichiareranno la zona a transito chiuso a chiunque, non importa quale mezzo conduca. La nostra terribile storia verrà scritta dai più grandi autori dell’orrore, e…
-Vi giuro, in quella posizione, messi a triangolo, nella chiesa buia, con la luce lunare che vi investe i capelli… sembrate gli ONE OK ROCK!
Ci disintegriamo a terra. E da pezzetti a terra che siamo, le nostre urla si levano all’unisono:
-CHEROKEE!
Lady Terrorizza Uomini scende trotterellando dall’altare, con la sua Polaroid in mano. Scatta una foto, la scuote un po’ per far prendere colore alla carta, poi ce la sventola sotto il naso.
-Guardate!- cinguetta, esaltato.
-Che. Ro. Kee. – …ma insomma, che nome del cazzo. Capisco tutto, che vieni dalle Faer Oer, che sei un nippomane, che questo e quello, ma…  che nome del cazzo, dai! Come ha fatto tua madre a darti un nome del genere?! È così tremendo che ti calza quasi bene. –Ti ammazzo.


nota: Nessun offesa per i/le Cherokee. Alex è fatta così, purtroppo ce la dobbiamo tenere. A me personalmente piace, come nome, sul serio! Voi?
xx
   
 
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