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Autore: holyground    12/11/2017    1 recensioni
Tauriel torna nel Reame Boscoso distrutta dalla morte di Kili. Teme di affrontare il lutto, teme l'oblio, teme il dolore. Così si rivolge a chi ha permesso al suo cuore di diventare di ghiaccio pur di superare la sofferenza: Thranduil.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tauriel, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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Questo capitolo non esisterebbe senza daughter_of_mirkwood. Grazie.







 Capitolo 12

 

  Quando Tauriel era giovane ‒ molto più giovane ‒ il re le faceva paura. La sua figura austera si aggirava indisturbata per i corridoi del palazzo come un fantasma. Niente sembrava toccarlo, niente sembrava scalfire quell’espressione di neutra pacatezza scolpita sul suo volto. Per ciò che la riguardava, non lo aveva mai visto perdere il controllo. Neanche quando aveva sorpreso lei e Legolas nascosti sotto un tavolo a origliare una conversazione con i governanti degli altri regni; neanche quando lei e Legolas avevano sgraffignato un antico pugnale dall’armeria; neanche quando lei aveva ridotto completamente a brandelli il primo ‒ e l’unico ‒ vestito che la sarta le avesse mai cucito. Quella sua imperturbabilità le aveva suscitato, oltre che un timore reverenziale, un accenno di invidia che talvolta percepiva ancora; lui era sempre composto, calmo e pacato, mentre lei si sentiva continuamente in balia delle proprie emozioni, dei propri impeti d’ira, preda di una cuore selvaggio. Si sentiva spesso fuori controllo. Tuttavia, più osservava il re e più si rendeva conto che la sua non era semplice autodisciplina o padronanza di sé, ma una vera e propria repressione dei sentimenti, talmente potente da far dubitare l’esistenza di tali sentimenti. Allora Tauriel si era scoperta ancora spaventata, ma la sua paura era dettata da un qualcosa di diverso: non aveva paura del re, ma per il re. Temeva per la sua umanità, temeva per il suo cuore.

  Un giorno d’inverno di molti secoli prima, Tauriel e Legolas correvano nella foresta, inseguendosi come farfalle impegnate in una danza, veloci come lo scorrere del fiume. Cibandosi del proprio orgoglio, si lanciavano sfide continue e si ritrovarono a scalare l’albero più alto che riuscirono a trovare; le sue radici sparivano nella neve e i rami erano cristallizzati nel ghiaccio.

  «Sei lento, Legolas!» aveva gridato Tauriel, aggrappata al tronco e con i capelli che le sferzavano il volto. Si sentiva una creatura della foresta, si sentiva selvaggia. «Te l’ho detto che avrei vinto io!» 

  Quando non aveva ricevuto risposta si era voltata e aveva visto il corpo di Legolas a terra.

  Dopo che il giovane principe fu ricondotto a palazzo e messo in salvo, il re affrontò Tauriel.

  «Che razza di stupido gioco stavate facendo?» aveva gridato. «Vi siete messi in pericolo, lo hai messo in pericolo. Se ti permetto di passare le tue giornate in compagnia di mio figlio è perché confido che tu non sia una cattiva influenza. Devo forse presumere il contrario? Vuoi questo da me?»

  Tauriel era troppo giovane per potersi difendere e controbattere come avrebbe fatto in età più avanzata; era troppo giovane persino per meritare una sfuriata del genere, e Thranduil lo sapeva benissimo. La parte razionale del suo cervello aveva continuato a dirle che quello era il momento di aver paura, di temere per la propria persona in presenza del re. E sì, in effetti, avvertiva la paura accucciata in un angolo del suo organismo, in attesa di poter strisciare fuori e diffondersi, ma Tauriel non glielo permise. Perché per la prima volta era riuscita a vedere qualcosa in Thranduil, qualcosa di più profondo, ed era riuscita a comprenderlo.

  Quel giorno aveva visto il terrore negli occhi del re. Quel giorno Tauriel aveva smesso di avere paura.

 

§

 

  Thranduil non avrebbe mai dimenticato il momento in cui si era reso conto che Tauriel era diventata una donna.

  Per anni si era dedicata all’allenamento, approfondendo le sue doti di arciere e diventando un’esperta nella lotta con i pugnali. I suoi movimenti erano precisi e mirati; a detta di Thranduil le mancava ancora quel poco di freddezza che l’avrebbe portata ad essere un’arma perfetta, ma quell’impeto e quel fuoco che le ardeva dentro bastavano a renderla imbattibile. Aveva superato in battaglia tutti i soldati del regno ‒ ad eccezione del re. Con il suo talento e la sua audacia, tuttavia, cresceva anche la sua insolenza, e Thranduil trovava sempre più difficile tenere a bada la sfrontatezza della giovane che aveva cresciuto come una figlia.

  «Sei un ottimo soldato, Tauriel.» si era complimentato. «I tuoi avversari difficilmente sono alla tua altezza, ormai.»

  Lei aveva sorriso, e quel calore che così bene si intonava ai suoi capelli di rame lo aveva quasi contagiato.

  «Voglio proporti una sfida. Combatti con me.» Le labbra di Tauriel si erano separate leggermente in un’espressione incerta. «E se ti riterrò degna, sarò io ad allenarti.» Questa ultima parte gliel’aveva sussurrata, di modo che solo lei potesse sentire. Forse voleva darle una lezione, forse voleva assicurarsi che fosse davvero la miglior combattente di tutto il regno; in ogni caso, Tauriel perse, e con quella sconfitta credette di aver perso anche la sua occasione di essere allenata dal re. Invece lui la prese come allieva, con la promessa che, se anche non fosse riuscita a batterlo, per lo meno ci sarebbe andata vicino.

  Tauriel continuava a perdere, ma migliorava a vista d’occhio, e la promessa che un giorno avrebbe potuto batterlo la spronava a continuare. Thranduil apprezzava quella determinazione, nonostante fosse a suo discapito, ma i movimenti di Tauriel erano ancora macchiati di impulsività e ardore.

  «Ti concentri troppo su chi hai davanti.» le aveva detto una volta, mentre i loro corpi si intrecciavano nella danza della lotta. «La tua mente non riesce a trovare ragioni per attaccarmi, e il tuo corpo non riesce a superare i limiti della mente.»

  Con una sferzata del braccio, la sua spada corse alla gola di lei. Il petto di Tauriel si sollevava con ritmo irregolare, seguendo il suo respiro affannato. Gli occhi di Thranduil corsero all’orlo del suo corsetto di cuoio, che con difficoltà nascondeva i movimenti di quel petto. In un attimo, Tauriel lo spinse via. 

  «Liberati della ragione, liberati dei pensieri.» le disse quanto lei lo attaccò di nuovo. «Liberati dei sentimenti. Non te ne fai niente in battaglia.»

  L’espressione di Tauriel si era indurita e i suoi attacchi si erano fatti più impetuosi, ma lui la mise di nuovo con le spalle al muro.

  «È il tuo cuore il tuo peggior nemico.»

  Tauriel gridò, un gemito animale in cui sfogò tutta la sua frustrazione, poi fece volteggiare i suoi coltelli e costrinse Thranduil a indietreggiare; lui mantenne comunque una posizione di vantaggio. Mentre Tauriel gli danzava davanti agli occhi, lui osservò la sua postura, la fermezza delle gambe, i movimenti dei piedi; il contrarsi dei muscoli, la sua espressione accigliata, il modo in cui i capelli le ondeggiavano intorno ai fianchi…

  Poi sentì il suo fiato sul collo e capì che Tauriel l’aveva atterrato. E per un attimo si concesse di pensare al calore tra i loro corpi. Poi Turiel scattò all’indietro, con in volto sorpresa e paura e incertezza ‒ e Thranduil provava le stesse sue sensazioni, ma per motivi diversi.

  Più tardi la fece convocare. Poteva vedere che era insicura sui suoi passi, poiché dopo lo scontro l’aveva lasciata senza dire una parola.

  «Ho fatto qualcosa di sbagliato oggi, Ada

  Quell’appellativo era quasi doloroso, e portava con sé storie e anni di preoccupazioni, e cose non dette e vergogna.

  «No, gwinig. Niente di sbagliato.» L’innocenza e il candore con cui Tauriel aveva posto quella domanda avevano addolcito il tono del re. «Stai crescendo, Tauriel. Presto l’intera corte si riferirà a te in quanto Lady…»

  «Non voglio essere una Lady, Ada.» lo interruppe lei.

  «Conosco i tuoi desideri. Sai che non ho nulla in contrario.»

  «Allora perché sono qui, Ada

  Thranduil aveva deciso di mantenere le distanze, di non cedere a scatti d’ira improvvisi causati dall’insolenza della giovane elfa, di mantenere un tono pacato e ragionevole per non ferirla. Ma sentire quell’epiteto una terza volta lo fece crollare.

  «Non puoi più chiamarmi Ada, Tauriel.»

  Lei lo guardò con occhi sgranati. L’aveva ferita.

  «Come ho detto, stai crescendo. È sconveniente, questa familiarità tra di noi. Io sono il tuo re, il tuo signore. Ma continuerò a essere la tua guida, se vorrai.»

  «Non mi consideri più una figlia?»

  «Tu sei mia figlia come lo sono tutti gli abitanti di questo regno.»

  La tenacia con cui Tauriel tentò di trattenere le lacrime gli mostrò un assaggio della combattente che sarebbe potuta diventare; non avrebbe rinunciato ad allenarla. Ma il distacco, d’ora in poi, sarebbe stato un elemento centrale nei loro rapporti.

  Il suo rifiuto di piangere, la forza che impiegò nel non ribattere, il comprendere ‒ seppur a modo suo ‒ la situazione, confermarono a Thranduil ciò che aveva solo avvertito durante l’allenamento: Tauriel era una donna, e come tale aveva iniziato a sviluppare ‒ seppur inconsapevolmente ‒ tutte le armi che le erano proprie, e che avevano il potere di distruggere Thranduil.



gwinig = piccola, bambina


Ho creato una bacheca Pinterest per questa fic, spero darete un'occhiata (
 
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