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Autore: Luxanne A Blackheart    12/11/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Zafiraa si svegliò, urlando. Ci impiegò qualche minuto per riconoscere il luogo nel quale si trovava e chi la stava guardando con gli occhi iniettati di sangue, l'espressione distrutta e stanca. Mustafà.
Era in camera sua, stesa sul suo comodo letto e lui le era seduto accanto, molti centimetri li separavano; non erano mai stati così tanti.
Gli sorrise, sussultando quando provò a muoversi.
Per un attimo aveva dimenticato ciò che aveva provato, qualche ora prima. Bayezid l'aveva torturata, le aveva urlato le peggio meschinità che una bocca potesse gridare, le sue sporche mani che la toccavano ovunque, i coltelli che affondavano nella pelle, la nausea e il voler proteggere la creatura che stava crescendo lentamente nel suo ventre. Poi era arrivato Mustafà, che aveva cominciato a picchiare quel pezzo di merda e lei gli aveva tagliato il collo, prima che compisse un fratricidio e si pentisse per tutta la vita.
In quel momento, nel quale stava pensando a raccogliere i pochi pezzi che le erano rimasti e stava cercando di rimetterli insieme, quando stava cercando la dignità con ancora i coltelli infilati nella carne, lei aveva pensato a lui, alla sua incolumità mentale. Era stato il suo primo pensiero e aveva agito d'impulso.
Era tutta dolorante e non sapeva quanto avesse dormito, ma era ancora lì e lui era ancora lì, vivi, distrutti, con una brutta cera, senza capelli, ma vivi. Sapeva che era rimasto sveglio tutto il tempo per vegliare su di lei.
-Ciao. -
Ma non la guardava. Evitava il suo sguardo con tutto se stesso e aveva anche gli occhi lucidi.
-Come stai, hai bisogno di qualcosa? -
-Che tu mi guardi. -
-Non posso, non posso guardarti. -
-Perché? -
-Fa male. -
Zafiraa sentì qualcosa rompersi nel petto e le mancò il fiato per qualche attimo. Non sapeva se fosse il dolore per ciò che Mustafà provava o le ferite causate da Bayezid, psicologiche e fisiche. Sentiva ancora il suo ghigno tra le orecchie, il sapore della sua sporca lingua nella bocca, il suo sguardo malizioso sul suo corpo completamente nudo e le sue mani tra i capelli, capelli che adesso non aveva più.
Incredibile come la dignità di una persona possa venire calpestata tanto facilmente.
Si avvicinò all'amore della sua vita, ma egli non si fece toccare. Si scostò, si alzò, si allontanò. Provava rabbia, dolore, si dava la colpa.
-Abbracciami. - Zafiraa gli si avvicinò di nuovo, guardandolo con i suoi grandi occhi verdi e privi di lacrime. Aveva imparato a non piangere, non più, non ne valeva mai la pena. Il viso era pieno di lividi, naso e labbra spaccate, tumefatto.
Quel viso, quel viso che aveva baciato tantissime volte, sembrava urlargli contro 'è tutta colpa tua, tu mi hai fatto questo!'.
-Non posso. - Mustafà era sofferente. Non poteva lasciarsi andare di nuovo, non adesso che le avevano fatto così male per colpa sua, non adesso che suo padre lo cercava, non adesso che la situazione era veramente critica. Doveva proteggerla.
-Ho bisogno di te, Mustafà. Stringimi e dimmi che va tutto bene. Io farò lo stesso. -
-Devo proteggerti. -
-Non ho mai avuto bisogno della tua protezione, ma di te, Mustafà, solo di te. Io me la caverò, ne ho avute di peggio, lo sai. -
-Non posso farti del male di nuovo, non reggerei a vederti così. -
-Io ti amo, Mustafà. Ti amo e non lo dico spesso, lo sai. Se tu mi abbandoni, se lo fai anche tu, di me non rimarrà nulla. -
-Vederti così mi distrugge. Tu non hai idea di che cosa vorrei fare a mio padre, al mondo, in questo momento! - Mustafà scoppiò in lacrime, stringendo quell'essere fatto di ossa, brutto carattere, vita. La strinse forte a sé, respirando il suo odore, sentendola vicina un'ultima volta. - Ti ridò la tua libertà. Adesso non sei più una serva, prendi tuo fratello e scappate. Andate via, trovatevi una nave e non tornate mai più su questa terra fatta di dolore e sofferenza. Io me la caverò. -
-Quale vita potrei mai avere senza di te? Mi rimani solo tu e nostro figlio. Alexandros non abbandonerebbe mai Mehmed. -
Mustafà spalancò lo sguardo, sbiancò. Era scioccato.
-Ma che cosa dici? -
-Sono incinta, Mustafà. -
-E me lo dici così, adesso?! -
-Avrei voluto dirtelo in un altro momento, ma purtroppo la situazione è questa. Adesso che mi hai ridato la mia libertà, possiamo fuggire, via, lontano da tutti e tutto. Possiamo farci una vita tutta nostra. Ti ho perdonato per la morte dei miei genitori e tu hai perdonato me per quella dei tuoi figli. Per te sto lasciando perdere la mia vendetta, perché ormai siamo una famiglia. Tu sei diverso dai tuoi genitori, così come io lo sono da Ibrahim e Hurrem. -
-Tu lo sapevi? -
-Ho finito quel diario in una notte, Mustafà. Pensavi di nascondermelo? -
Mustafà sorrise, colpevole. - Scusa. -
-Quello che sto cercando di dirti, Mustafà, è che non siamo i nostri genitori, non dobbiamo fare i loro stessi sbagli e soprattutto questo paese ha deciso di rinnegarci, nessuno ci vuole qui. Soprattutto dopo la morte di Bayezid, Hurrem vorrà la nostra testa. Quindi fuggi con me, stanotte, e saremo felici. -
-Se me lo chiedi così, credi che io abbia la forza di rifiutarti? -
I due si abbracciarono e si baciarono delicatamente. Poi Zafiraa si stese e dormì per altre tre ore, mentre Mustafà preparava tutto il necessario.






Selim fece muovere tutte le guardie che sorvegliavano il castello. Dovevano andare a prendere Zafiraa, quella serva malata, suo figlio Mustafà e il fratello che aveva ucciso metà dei suoi dipendenti.
Avevano trovato Bayezid in una delle celle della tortura con la gola sgozzata. Hurrem aveva urlato per ore, aveva pianto, aveva sputato sangue, aveva stretto tra le braccia il corpo del figlio morto, prima di lasciarlo andare. Poi l'aveva guardato, con i suoi occhi da cerbiatta, carichi d'odio e furia, e aveva detto: -Voglio le loro teste. Adesso. Hanno ucciso mio figlio, il mio bellissimo bambino. Dovrai prendere loro la vita, Selim, se non lo fai tu, lo farò io personalmente. -
Il sultano l'aveva guardata, gli occhi pieni di lacrime e il cuore a pezzi, e aveva annuito. Di certo non avrebbe ucciso un altro figlio, ma la vita di due servi inutili sarebbe servita da lezione per tutti. Aveva lasciato correre fino a quel momento, ma troppe cose erano successe sotto il suo naso, di nuovo. Ibrahim e Fatma erano scappati Allah solo sapeva per dove; suo figlio Selim, che doveva sposare Fatma stava arrivando e non avrebbe trovato nessuno, Bayezid era morto, ucciso dal suo stesso fratello, Mustafà era come impazzito e voleva sposare una serva malata. Il caos regnava sul suo castello. Aveva deciso di lasciar correre per un breve periodo, perché Mustafà era cresciuto prima del tempo e aveva bisogno di fare qualche piccola bravata, ma era andato fin troppo oltre. Doveva agire e mettere fine a tutto ciò.
Li trovarono, Mustafà e Zafiraa, incappucciati e a cavallo al porto; stavano cercando di prendere una nave che si dirigeva in Danimarca. I soldati riuscirono a fermarli, ma nonostante i due avessero combattuto e tramortito alcuni di loro, erano fin troppo forti e fin troppi da poter scappare. Li avevano trascinati e chiusi in cella. Per Alexandros era stato più semplice; non era scappato, si trovava semplicemente accanto al letto di suo figlio. Gli eunuchi l'avevano trascinato, le urla di Mehmed si sentivano ovunque. Gli avevano riferito che il ragazzone aveva sorriso per tutto il tempo e prima che lo uccidessero, aveva detto: - Dite al vostro caro sultano, che sta uccidendo il nipote di Ibrahim. Quante altre volte vorrà ucciderlo, prima di essere soddisfatto? -
Selim aveva sospirato, ma aveva scrollato le spalle. Non aveva ucciso Ibrahim, Ibrahim era già morto e sepolto da vent'anni. Niente contava, tranne ripristinare l'ordine, era ciò che facevano i sultani.
Si recò nelle segrete, nelle celle dove aveva rinchiuso suo figlio e la serva, seguito da due guardie.
Guardò Mustafà e Zafiraa che si tenevano le mani attraverso le sbarre e notò che ella avesse il viso martoriato, tumefatto, era senza capelli. Sicuramente era stato Bayezid, che aveva una certa vena sadica.
Suo figlio le stava sussurrando qualcosa nell'orecchio e lei sorrideva, come se non le importava dove si trovasse, ma con chi. Era amore, quello che vedeva, era amore vero come non lo aveva mai visto negli occhi di Mustafà. L'aveva trovata, per caso, e suo padre gliela avrebbe portata via.
Gli eunuchi aprirono la cella di Zafiraa, che si alzò in piedi, lasciando la mano dell'amato. Guardò prima i loro volti, nascosti dall'elmetto, e poi Selim.
-Tuo fratello è stato ucciso, serva. E adesso toccherà a te, la sua stessa sorte. Sei processata per aver ucciso mio figlio Bayezid, tuo padrone ed erede al trono. -
Ella non piangeva; restava immobile e lo guardava con i suoi grandi occhi verdi, pestati.
Mustafà si muoveva nella cella, invocando il nome del padre e urlandogli di starle lontano, di prendere la sua vita; cercava in tutti i modi di spezzare le sbarre della cella, senza riuscirsi. Se avesse potuto, si sarebbe tagliato a metà per passarvi attraverso.
-Avete ucciso Ibrahim quattro volte, Selim Sultan. Volete farlo altre due volte, uccidendo sua figlia e il suo primo nipote? - Nonostante tutto, però, la voce le tremava. Era una madre, adesso, e qualcuno stava tentando di togliere la vita al figlio che portava in grembo. Ma la notizia della sua gravidanza, non lo destabilizzò tanto quanto il sapere di chi fosse figlia. Era la figlia di Ibrahim! Ma da dove era uscita e perché non ne sapeva l'esistenza? Un ennesimo segreto che avrebbe dovuto perdonargli.
-Non sapevo della tua esistenza. Ma pensandoci, hai i suoi stessi occhi e il suo stesso carattere... - Selim sorrise, avvicinandosi ad ella.
-Padre, statele lontano! Mi avete sentito?! -
-Non le farò nulla, Mustafà, non picchio le donne. -
Zafiraa si portò le mani in grembo, accarezzandolo dolcemente, mentre lo squadrava a testa alta. Selim le accarezzò la guancia e l'abbracciò. Chiuse gli occhi e versò una lacrima. Stringere quella serva era come stringere suo fratello, Ibrahim. E adesso che sua figlia era incinta di suo figlio, erano ancora più legati. Era lì, ma era come se non ci fosse.
Fece in modo che suo figlio non lo sentisse e le disse: -Sei figlia del mio caro amico e per questo motivo risparmio la vita a te e a mio nipote. Ma devi andartene, ti consento anche di prendere il corpo di tuo fratello. Ti darò una cospicua somma di denaro in modo tale da vivere agiata per il resto della sua tua vita. Ma tu te ne andrai, senza voltarti indietro, senza ripensamenti, te ne andrai lontano, via dal mio impero in modo tale che io non ti trovi. Se dovessi trovarti o se qualcuno dovesse riconoscerti, ti farò uccidere, lo giuro su Allah. -
-Se non fossi incinta, mi farei uccidere. Non ho paura della morte, Selim Sultan, così come non ne aveva mio padre. Amare in questo paese sembra essere la cosa peggiore che a qualcuno possa capitare. -
-L'amore è tormento, mia cara ragazza, a meno che tu non sia un reale. -
Selim si staccò da ella, sorridendole. Uscì dalla cella, che venne lasciata aperta e non degnò di uno sguardo il figlio. Se ne andò, lasciando i due sfortunati innamorati a dirsi addio per l'eternità.




Mehmed la sentiva, sentiva la malattia peggiorare. E sentiva il dolore mangiarsi il suo cuore. Aveva perso il suo amante, l'amore della sua vita, quello che gli aveva fatto battere il cuore per la prima volta, quello che gli aveva fatto scoprire quanto la vita fosse bella, meravigliosa, unica, nonostante tutto il dolore, le malattie, le bugie e i pregiudizi. Alexandros era morto e il mondo aveva smesso di cessare. Nulla aveva senso, ormai, perché era di nuovo solo e malato. Zafiraa e Mustafà erano stati catturati e sicuramente suo padre aveva ucciso uno dei due. E anche sua sorella l'aveva lasciato. Aveva desiderato così a lungo conoscere una persona come lui, con la stessa problematica e quando finalmente l'aveva conosciuta, il destino aveva deciso di portargliela via.
Lanciò contro il camino il diario di suo padre, a cui diede tutta la colpa per ciò che aveva fatto, e venne arso dal fuoco poco alla volta, fino a scomparire del tutto. Le prove di ciò che erano, di ciò che i suoi genitori erano stati, furono definitivamente cancellate e sarebbero morte con lui, con Roxelana e con il sultano. Nessuno avrebbe ricordato, nemmeno i libri di storia.
Chiuse gli occhi, ripensando al viso di Alexandros, bellissimo, unico, sempre sorridente e così si addormentò, per non svegliarsi mai più.
La sua anima si era ricongiunta per sempre a quella di Alexandros e finalmente potevano danzare liberi tra le stelle, amandosi e non nascondendosi più.






-Che cosa ti ha detto, Zafiraa? - Mustafà cercava di toccarla, di abbracciarla, come meglio poteva, attraverso le fredde e arrugginite sbarre della cella. Zafiraa gli accarezzò lo zigomo dove qualcuno lo aveva colpito e cercò di imprimere nella mente tutti i particolari, mentre l'uomo che amava le accarezzava la pancia. Non avrebbe mai visto suo figlio.
-Ha detto che mi risparmierà la vita. Ma devo andarmene. -
-Che cosa?! Non può farlo.-
Zafiraa sorrise, cercando di baciargli la guancia. Gli occhi neri, il viso ovale, la pelle ruvida lì dove c'era la barba folta e nera, i capelli lunghi e ricci... Il suo Mustafà. Lo avrebbe ricordato così, con il viso pieno di sangue e gli occhi pieni di lacrime, ma lo avrebbe ricordato.
-Sì, Mustafà, può farlo. E' il sultano. Dobbiamo dirgli grazie per non averci ucciso. -
-Ma una vita senza di te, io non la sopporterei. -
-Nemmeno io, amore mio. - Zafiraa versò una lacrima, che Mustafà le asciugò, come meglio poteva. Non avevano molta libertà di movimento. -Ma tornerò, giuro sul nostro bambino che tornerò e allora scapperai con me. -
-Dovessero volerci settant'anni, ti aspetterò. -
Entrambi stavano piangendo, disperati, addolorati per doversi dire addio, ma almeno erano vivi e prima o poi si sarebbero incontrati. Si baciarono, un bacio lungo, l'ultimo per un bel po' di tempo e si guardarono, cercando di ricordare ogni minimo particolare per il resto della vita. I ricordi sono l'unica cosa a cui ci aggrappiamo per salvarci.
-Ci vediamo, Mustafà. -
-Ci vediamo, Zafiraa. -
I due si sorrisero e Mustafà la spinse via, spezzando un filo che li univa, che li collegava. Corse via, la ragazza, tra lacrime e dolore. Aveva freddo, perché il suo fuoco non c'era più a riscaldarla. Se prima era acqua, vicino a lui, adesso era neve, fredda e insensibile. Veniva rinnegata di nuovo dal suo paese e non poteva che esserne felice.






SPAZIO AUTRICE!
Mi scuuso per il ritardo, ma questa settimana è stata carica di interrogazioni e verifiche scritte, aggiungete il fatto che ho cominciato scuola guida, non ho avuto tempo per mettermi al pc e scrivere.
Ad ogni modo, meglio tardi che mai ed eccomi qui con questo penultimo capitolo, di questa storia. Il prossimo sarà l'ultimo e poi ci sarà l'epilogo. Il sequel l'avevo già pubblicato, ma ho deciso di toglierlo e aggiungerlo quando avrò rifatto il trailer che non mi convinceva molto.
Ci sono state due morti, abbastanza importanti, ma almeno si sono ricongiunti e la nostra Zafiraa e il nostro Mustafà sono ancora vivi, anche se lontani!
Nel prossimo capitolo comparirà Hurrem e posso dirvi che sarà molto interessante. Spero solo di pubblicarlo entro questa settimana, così come l'epilogo!
Spero vi sia piaciuto e fatemi sapere che cosa ne pensate. Non linciatemi, possibilmente xD
Ci vediamo al prossimo capitolo, allora!
   
 
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