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Autore: vero511    12/11/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ZACK’S POV

“Non ho alcuna intenzione di prendere parte a questa pagliacciata, non sono un ragazzino come voi e ho delle faccende da sbrigare!” Mio padre è a dir poco furioso. Vederci ben due volte nel giro di così poco tempo non ha fatto bene a nessuno dei due. “Non mi interessano le tue intenzioni. Ora tu verrai con noi, che ti piaccia o no”. Mi impongo e rimane per un momento interdetto a causa del mio tono. Mi sono sempre ribellato a lui e la mia fuga ne è stata la dimostrazione, ma a parer mio, non si abituerà mai ad essere in qualche modo sottomesso da me, o da qualsiasi altra creatura sulla faccia della terra.
“Potresti almeno avere la decenza di dirmi dove stiamo andando e perché diavolo ti serve la mia presenza?” Non posso assolutamente dirgli che nemmeno io so rispondere a questo quesito perché probabilmente sarebbe capace di aprire la portiera con l’auto in corsa e buttarsi sull’asfalto pur di non seguirmi. “Lo saprai a tempo debito”, o forse avrei dovuto dire: lo sapremo.

Jennifer è stranamente silenziosa e credo che sia la presenza di mio padre a metterla in soggezione. “Ehi Jen, hai mandato quei documenti ad Hamilton?” Sarà un viaggio piuttosto lungo e non ho intenzione di passarlo in un silenzio così teso ed imbarazzato. “Uhm…certamente!” Vedo Christopher guardarla dallo specchietto retrovisore e mi domando a cosa stiano pensando entrambi. “Che fine ha fatto Matthew?” Domanda l’uomo di punto in bianco e fortunatamente ho entrambe le mani sul volante, altrimenti avrei rischiato di sbandare. “Non ne ho idea, ma qualcosa mi dice che è nel luogo in cui stiamo andando” affermo non troppo convinto. La segretaria annuisce per sostenere la mia ipotesi, anche se il suo sguardo rimane piuttosto vacuo. “Ti avevo detto che non sarebbe stata una buona idea fare affari con un socio non appartenente alla famiglia”. La strada è libera e questa volta non riesco a trattenermi dal fare un’idiozia, così inchiodo. “Matt fa parte della mia famiglia molto più di quanto non faccia tu! E da adesso non voglio più sentirti fiatare, sono stato chiaro?” “Vorrei ricordarti che mi hai costretto tu a venire” si giustifica, testardo come sempre. “E ora ti obbligo a tenere la bocca chiusa.” Questa volta non gli do’ il tempo di replicare e riparto a tutta velocità.

Maledetto traffico. C’è stato un incidente, un tamponamento a catena se non ho capito male, ed ora siamo imbottigliati in una strada che altrimenti sarebbe completamente sgombera. Non voglio essere frainteso, mi dispiace per coloro che sono rimasti feriti, ma è incredibili come le forze dell’ordine non siano in grado di gestire gli altri guidatori. Con tutto questo affollamento, rischiamo di fare un altro incidente. “Dovremmo passare la notte in un motel…hai guidato molto Zack, hai bisogno di riposare” suggerisce Jennifer. “Oppure potresti far guidare me” interviene Christopher che fino ad ora era rimasto in religioso silenzio. “Certo, così inserirai la retro e ci riporterai a New York” ribatto sarcastico. Alza gli occhi, ma fortunatamente non osa dire altro. “Cerca se c’è un albergo in zona, così da non dover fare deviazioni e rimanere sulla via” Jennifer fa subito come le ho detto e le indicazioni del navigatore riempiono l’abitacolo.

“Volete davvero farmi passare la notte qui?” Mio padre è schifato, evidentemente troppo abituato ad altri agi. “Non devi fare chissà cosa, solo darti una rinfrescata e dormire. Non hai bisogno di una reggia per questo.” Lo rimprovero e sembra quasi che io sia il genitore e lui il bambino capriccioso. Io per primo solitamente mi tratto meglio quando faccio un viaggio, ma per qualche ora, posso accontentarmi. Sono o no una persona adulta? Nemmeno Jen sembra apprezzare molto il luogo, ma come me, decide di passarci sopra e si fa strada verso l’ingresso.
È un motel, non ci si può aspettare granché per ovvi motivi. Lo stile dell’interno è anni cinquanta, le moquette non sembrano molto pulite e sui muri compaiono delle macchie di umidità. Il tutto è in netto contrasto con la piacevole essenza floreale che inonda le narici.
La receptionist è una donna molto in carne con i capelli ricci che donano maggiore volume al suo viso paffuto, la sua espressione è cortese e accomodante. “Come posso esservi utile?” Domanda non appena ci vede. “Sarebbe possibile avere una stanza con due letti singoli e un divanetto?” La risposta è negativa, a quanto pare, nonostante il posto non sia dei migliori, molti transitano qui, per non parlare del fatto che qualcuno rimasto imbottigliato nel traffico come noi, avrà pensato di fare una sosta.
“Posso darvi due stanze, una matrimoniale e una singola” propone la donna leggendo qualcosa al computer. “Non sarebbero disponibili una singola ed una doppia?” Chiede Jennifer come a voler spiegare che io e lei non siamo una coppia. “Oh…ora controllo”. Ogni tanto ci guarda di sottecchi, cercando di capire in quale modo siano collegati gli elementi di questa curiosa combriccola. “Mi dispiace signorina, niente da fare”. Non ci resta che accettare e capire come dividerci. A rigor di logica la camera singola dovrebbe spettare a Jen, ma lei non se la sente di restare sola e io mi sento in dovere di “proteggerla” e lasciarla un’intera notte in solitudine nella camera di un motel, non mi sembra che sia l’ideale. Così, lascio andare mio padre verso la sua camera, assicurandomi di avere con me le chiavi della macchina. “Buonanotte” “Vedi di non fare stronzate” lo minaccio.

Io e Jennifer siamo all’entrata della nostra stanza e osserviamo il letto matrimoniale come se fosse un qualche oggetto mai visto prima. “Magari si possono staccare” tenta lei. Mi avvicino per provare la sua teoria, ma incredibilmente si tratta di un unico materasso. “Dormi tu, hai guidato parecchio e dovrai farlo anche domani” Afferma convinta. “Non se ne parla, dormi tu.” Che razza di uomo sarei a non farla riposare? Restiamo in silenzio, pensando ad una soluzione plausibile. “Non ci resta che dividerlo. È grande e possiamo stare lontani” sono fermamente convinto di quello che dico. Da mesi ormai considero Jennifer come una specie di sorella e forse per lei è lo stesso dal momento che si rivela d’accordo con me.
Siamo entrambi sdraiati a pancia in su e nemmeno ci sforiamo, fortunatamente ci abbiamo visto giusto e questo giaciglio è spazioso. “Li troveremo?” La voce di Jennifer rompe la quiete della notte e percepisco la sua preoccupazione. “Certo che li troveremo e non solo, ma metteremo fine anche a tutta questa storia”. Giro il viso verso di lei anche se nell’oscurità riesco solo ad intuire le linee della sua fisionomia. “Lei ti manca?” Ovviamente non è necessario fare nomi per capire di chi stiamo parlando. “Sì”.
“Zack?”
 “Mm”
 “Credo che quando ci saremo riuniti, dovrai dirle qualcosa” allude alla mia disperata ricerca, a come sono stato appena se n’è andata; sicuramente Matt le avrà riferito buona parte di quello che ho detto e fatto.
 “Jennifer?”
 “Mm”
 “Risolverai con Matt. Si risolverà tutto”.
  
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