Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: P u l c e    13/11/2017    0 recensioni
Una luce minacciosa brillò alle spalle della creatura e prima che gli occhi che l'avevano incatenata, potessero tingersi di paura, la lama gli trapassò senza indugi il volto incapucciato.
Sheela si mise una mano sulla bocca per non urlare, mentre il sangue scivolava lento a terra e i rumori si facevano sempre più ovattati e lontani. Mentre la gente passava avanti e indietro, incosciente di ciò che era accaduto, indifferente all'ennesima anima perduta nell'oblio.
La spada tornò nel fodero e lei poté vedere il volto dell'assassino.
Un'anima demoniaca, la pelle diafana nascosta dal nero del mantello, un ferro circolare e argentato incatenato nel sopracciglio destro. Pareva un principe, leggiadro e letalmente bello.
Ma gli occhi di quel volto l'attirarono e la spaventarono più di qualunque altra cosa. No, non erano occhi, ma due pozzi neri senza fondo.
Genere: Dark, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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1. Sconosciuta a sè stessa

 

 

 

 

Il rapimento della piccola scatenò la rabbia degli Angeli che iniziarono ad riempire il cielo con grida assordanti in cerca del suo cavallo o di un minimo dettaglio per trovarlo. Tutta quella preoccupazione lo rese ancora più sospettoso e possibilmente ancora più soddisfatto per aver rubato ad uno degli Angeli più potenti il suo tesoro.

Schivò l'ennesimo attacco, Exiel sembrava infuriato più con sé stesso che con lui e questo lo portava in netto vantaggio.

Gli sfiorò la spalla destra con il suo spadone, era il terzo segno rosso che riusciva a infliggere al nemico e questo provocò il suo entusiasmo nel combattimento.

« Dammi la bambina dannato.» sibilò l' Angelo rabbioso.

Si stavano avvicinando altri Angeli e per quanto lui fosse bravo in combattimento era consapevole di non riuscire a batterli tutti, non in quel momento. Oltretutto doveva al più presto raggiungere il Portale che lo avrebbe condotto alla Gilda.

Improvvisamente delle parole sussurrate e sempre più urlate ad un ritmo inumano rieccheggiarono nel piano, gli Angeli si tapparono con le mani le orecchie, doloranti e urlanti.

Sorrise, mentre il suo avversario finiva a terra agoniante. Sapeva chi doveva ringraziare, rinfoderò velocemente la spada e corse verso il fitto bosco, là dove una ragazza dall'aspetto etereo lo stava aspettando accanto ad un anziano fasciato della sua stessa divisa, appeso ad un bastone lo guardava con un cipiglio scuro, gli occhi violetti pieni di sollievo e gioia. First, appena dietro di lui, gli corse incontro.

« Ciel! Cos'è successo? »

« Avete trovato la bambina?» chiese prima di ogni altra cosa.

Il vecchio annuì, mentre sentiva lo sguardo della ragazza su di lui.

« L'ho trovata tra le macerie del Trono. »

Il pugno nodoso dell'anziano si strinse forte sul bastone.

« Il Trono? Intendi il Trono di...? »

Lui annuì grave.

« Chi diamine potrebbe aver fatto una cosa...? Lui è già...»

« Exiel. E i suoi. Portate al sicuro la bambina, per loro sembrava molto importante, curatela non era in buone condizioni, a malapena respirava. »

« E tu dove stai andando? »

« Devo andare alla Gilda, devo parlare con Theana e Irial. »

« Cosa sta succedendo, Ciel? »

Lui scrollò le spalle, impotente e confuso egli stesso.

« Vorrei tanto saperlo anch'io. Curatevi della bambina. Mia e Linue sono le più capaci, chiedete loro un favore da parte mia. »

« Non ci penso proprio, ci tengo alla mia vita. Chiederò un favore a Gabriel. Torna appena puoi. Abbiamo bisogno di sapere. »

« Credo che verrete voi da me, c'è bisogno di un'assemblea. »

Montò sul suo destriero e scomparve, così come era arrivato, la sensazione che la vicenda fosse tutt‘altro che finita era ormai certezza e di qualunque cosa si trattasse la Gilda doveva prepararsi ad affrontarla.

 

 

Sangue. Tanto sangue.

Stava scendendo dalla sua faccia, odore di bruciato, urla e profumo di disperazione impregnavano quella stanza di morte.

« Trovatelo!Quel dannato! »

Chi stavano cercando? Era curiosa. Guardò il soffitto dal quale scendeva il sangue.

C'era una strana aurea malvagia in quel luogo.

Ingenua uscì dalla camera. Le scale erano dipinte di rosso, il sangue scendeva a piccoli rivoli spargendosi man mano sempre di più.

Percepì il suo stomaco lamentarsi per quella visione, si guardò intorno in cerca di un'anima ancora viva, cercando di non prestare attenzione ai corpi mutilati di quella casa così decisamente troppo grande.

Ma il suo sguardo si incantò sulla figura di un bambino, gli occhi grandi del colore della disperazione, consapevoli della morte, la guardava e non parlava, sapeva che lei non poteva fare niente per lui e si limitò a sorriderle. Un sorriso che non era affatto come i sorrisi che aveva sempre ricevuto, era freddo e pieno di un qualcosa che non comprese. Entrò nella stanza per cercare di salvarlo, riempiendosi il vestito e le mani di rosso, cercò di scostarlo dalla donna che era sotto di lui e alla quale sembrava così angosciantemente appeso. Non capendo ancora che non poteva fare nulla per lui. Così facendo un braccio della donna si staccò e restò nelle sue mani, veloce si alzò, cercando di non fissarsi su quel quadro straziante che aveva appena profanato.

Si appese alla porta per cercare di restare in piedi, consapevole dei passi e delle voci sempre più vicine.

Un uomo comparve dalle scale, gli occhi perversi e cupi di chi aveva sulle spalle un delitto di anime innocenti, si voltò verso di lei, spalancando prima gli occhi e poi la bocca.

« ECCOLA!E' UNA DI LORO! »

Lei. Cercavano lei.

Perché la stavano cercando?

Pochi attimi e lo comprese immediatamente, l'uomo tirò fuori una spada pronto a sgozzarla.

Mi vogliono uccidere.

Perché?

Un clangore di colpi e un urlo, probabilmente uscito dalla sua bocca, che si tappò poi.

Chiuse gli occhi in attesa del dolore, aveva paura di morire. Non aveva mai previsto di poter morire. Pensò al bambino che poco prima le aveva sorriso, forse non era così doloroso.

Un urlo soffocato e il rumore di qualcosa che cade.

La testa dell'uomo che aveva davanti era ai suoi piedi, gli occhi la guardavano colmi di stupore, alzò lo sguardo per evitare quella scena disgustosa e vide il corpo dell'assassino cadere privo di testa.

« Seguimi. »

Un‘ombra dallo sguardo severo che non aveva mai visto la guardava, le mani tinte di rosso.

Sentiva le mani che tremavano, così come le gambe, la bocca anch'essa era piena di sangue.

« Perché?» quella sola domanda le riempiva il cuore e la mente. Poi un altro rumore alle sue spalle questa volta e un grande dolore alla gamba.

«  Ah...»

Un altro colpo secco e l'uomo alle sue spalle cadde, al centro del petto la camicia divenne scarlatta, il corpo ora era inesistente. Il suo stomaco avvertì il suo limite.

Si chinò appena per mettersi una mano sulla pancia, cercando di trattenere il cibo che minacciava di salire a momenti.

Così l'ombra benevola decise di prenderla in braccio, capendo saggiamente che lei non avrebbe mosso un passo. Si strinse forte al collo dell'uomo cercando di non urlare dal dolore. Sapeva che non dovevo farlo, che era pericoloso.

«  Resisti.»

Mugulò un sì.

Perché volevano lei?

Il suo protettore,, in qualche modo a lei conosciuto, riuscì ad evitare tutti gli uomini, in quei pochi secondi  si chiese che cosa aveva fatto di male per dover essere punita. Fuori pioveva, i tuoni e i lampi facevano da sfondo a quella serata così irrimediabilmente marchiata di morte.

Come se persino il cielo volesse pulire i crimini che erano stati compiuti quella notte.

« Cos'è successo?» chiese.

Vide perfettamente il volto dell'ombra tirarsi in una smorfia di dolore.

« Hai male? » chiese ancora.

Le labbra si deformarono, ma c'era qualcosa che non andava in quel sorriso. Perché tutte quelle lacrime?

« Sì, piccola. Ma ci sono ferite che nessuno puo' curare. »

Restò zitta, senza aver più nulla da dire.

Dopo parecchie ore che correva il suo salvatore la lasciò andare, le voci se n'erano andate, anche se percepì ancora l'odore di bruciato  nell'aria.

D'un tratto si sentì calciare malamente dentro i cespugli, mentre una figura incappucciata si avvicinava lentamente a loro.

« Chi sei? Rivelati. » la voce del suo salvatore era incerta, ma determinata.

« Consegnami la bambina.» rispose la cristallina voce indistinta da sotto il cappuccio, dirigendosi verso di lei.

L'ombra sbarrò la strada al nuovo pretendente.

« No!» gli occhi come due pozze di cristallo nero dai quali brillò una scintilla di panico.

L'aria sempre più tesa e irrespirabile, sentiva le forze farsi via via più flebili.

« Datemi la bambina. » ripetè la voce, nel suo tono calmo una nota di irritazione.

Un alito di vento portò un poco di respiro a quell'aria sempre più rarefatta.

« Tu non puoi salvarla. » non c'era alcun intento derisorio in quella voce così eterea e inflessibile.

Il terrore s'impadronì di lei.

« E tu invece riuscirai nell'intento? » il salvatore strinse forte il polso della bambina. Le sta facendo male.

« Posso arrivare più vicino alla salvezza di voi. Datemi la bambina se volete salvare la sua vita, o perirà davanti i vostri occhi. »

Lentamente la presa dell'ombra si allentò, mentre i passi leggeri della figura oscura si avvicinano alla bambina. Una strana voce e delle strane parole la spinsero verso quelle braccia tese, vicino al pericolo.

« Ti prego...Salvala. » l'unica supplica di quell'anima dannata che, senza un perché, l'ha portata in salvo.

Sentiva ancora la gamba bruciare, di sicuro non sarebbe riuscita a scappare, perciò attese con finta calma di vedere l'ombra prenderla e portarla alla morte.

Iniziava a capire che nessuno sarebbe venuto a salvarla. Nessuno. Era sola.

Poi un lampo di luce rossa divorò ogni cosa, la sua mente scoppiò, provocandole un dolore lancinante ed acuto.

Sentiva dei passi avvicinarsi, ma era al limite di ogni sopportazione, non poteva più scappare, non aveva nessuno che potesse salvarla, né una ragione per vivere. Semplicemente si perse nell'oblio sicura di non tornare più alla luce.

 

 

 

 

La consapevolezza di esistere la colpì prima di ogni altra sensazione, ancor prima dell'impatto doloroso dei suoi occhi, da troppo tempo chiusi, con la luce.

Serrò le palpebre per lenire il fastidio, socchiudendole pian piano per abituarsi al bagliore della lampada appoggiata di fianco a lei, sopra un comodino.

Una sola domanda le rimbombava nella mente: - Chi sono?-

Tutto ciò che riusciva a ricordare era un lampo rosso e il sentore che lei non avrebbe dovuto essere viva.

Era sopravvissuta a cosa? Da dove veniva?

Serrò le tempie tra i suoi pugni cercando di rimembrare anche solo un dettaglio che la portasse alla conoscenza di sé, ma più scavava, più si perdeva nell'ignoto e nell'oscurità. Finché un senso di vertigine non la costrinse a smettere di brancolare nel buio più fitto della coscienza.

Si guardò attorno per appendersi a qualche ricordo della sua vita, ed ebbe un instante di perplessità: non riconosceva nulla di ciò che apparteneva a quel luogo.

Dal duro e ruvido letto in cui era seduta, al mobilio con cui era decorata quella stanza. Tutto le era completamente sconosciuto.

L'aria cominciò a diventare pesante e un senso di angoscia la prese, impedendole di respirare. Più cercava di ricordare più il suo corpo e la sua mente si rifiutavano di collaborare.

Poi un solo ricordo le balenò alla mente, senza che lei lo volesse, senza che lei lo cercasse. Delle labbra color rubino pronunciavano con un tono dolcissimo un'unica parola.

Sheela.

Ebbe la certezza che quel nome le apparteneva.

Si passò la lingua tra le labbra, per bagnarle. Il labbro inferiore era spezzato, riconobbe l'impronta dei suoi denti in quei punti non ancora rimarginati e delicati, come se si fosse imposta di non urlare.

La porta lentamente si aprì e comparve una donna, dall'aspetto piuttosto piacente, la guardò per un attimo in silenzio, gli occhi color della cioccolata un poco più spalancati. Dall'aspetto curato capì che era una donna piuttosto agiata.

« Sei sveglia, piccola?»

Lei annuì. In qualche modo si sentì sollevata nel comprendere le parole della giovane.

« Mia, è sveglia.» disse la ragazza affacciando il viso fuori dalla stanza.

Una seconda donna comparve nella stanza, più matura della prima, i capelli castani raccolti in una crocchia scompigliata.

« Oh, ben svegliata tesoro. Eravamo molto preoccupate per te, la tua situazione non era delle migliori quattro giorni fa. Non sapevamo se ti fossi ripresa. Ma, non fa nulla, non fa nulla. L'importante è che tu ora stia meglio.» disse avvicinandosi lentamente alla bambina. Le accarezzò la guancia con fare materno, mentre gli occhi della stessa tonalità della più giovane la guardavano attentamente.

« Tutto bene?»

« Credo di sì.» la sua voce era roca e flebile come se avesse urlato con tutta la sua forza, la gola le faceva male, così anche la testa.

La donna annuì incoraggiandola ad alzarsi.

« Dovremo fare un bagno, che dici? Hai avuto la febbre molto alta, hai sudato molto.»

Il contatto con quella pelle fresca e morbida ebbe un effetto lenitivo sulla piccola, che ebbe l'ultima conferma di essere viva e vegeta.

La giovane scomparve poco dopo, scusandosi e salutandola.

« Ah, il mio nome è Mia, quella che hai visto poco fa era mia sorella minore, Linue. Mio fratello, Marcus è andato a caccia per riuscire a darci un poco di carne per stasera. Dovrebbe tornare a casa a momenti.»

« Sheela.» si presentò quindi la bambina, ancora frastornata e confusa.

La donna le sorrise, e iniziò a chiacchierare placidamente, raccontandole la storia della sua famiglia, di sua sorella e del fratello e di tutti i sacrifici che facevano per mantenere l'orfanotrofio che gestivano.

Sheela provò subito un vago calore al cuore nel sentirla parlare, il suo fare così premuroso e dolce ma deciso, aveva un effetto curativo sulla sua confusione interiore.

« Ecco, qui puoi farti un bagno come si deve, nessuno ti disturberà. Qui ti ho appoggiato degli asciugami e dei vestiti puliti. Se hai bisogno non fai altro che chiedere.» disse infine Mia, chiudendo la porta di quel bagno molto caldo e sorprendentemente grande e accogliente.

Il vapore che saliva piano dalla vasca, lasciando dietro di sé goccioline brillanti nella parete di vetro nero, era caldo e profumato.

Iniziò a spogliarsi, notando la benda sulla gamba destra che copriva un brutto taglio ormai in via di cicatrizzazione.

S'immerse senza indugiare, sentendo gli ultimi rimasugli di stanchezza andarsene.

Si stupì nel vedere dei lividi giallastri disegnare segni cicolari attorno alle caviglie e alle braccia, come se fosse stata incatenata.

Non si sforzò nemmeno di dare un senso a quella sensazione di vuoto che l'attanagliò. Era come se quel corpo non le appartenesse.

Sheela rabbrividì.

Uscì dalla vasca avvolgendosi in un asciugamano porpora, ruvido ma pulito.

Notò uno specchio e si avvicinò. Il viso sconosciuto che ricambiò lo sguardo curioso era bello, tra la pelle candida facevano capolinea due petali di rosa rossa un poco socchiusi e due occhi a mandorla che brillavano, sconcertati, di un blu misterioso. La massa fluente nera si accompagnava alle due occhiaie che comparivano tra il candore del viso come una nota stonata, in tutta quella purezza.

La mano destra della bambina andò a toccare la superficie fredda del vetro, come per accertarsi del suo riflesso. Non si riconosceva. Era sconosciuta a sé stessa.

Si passò velocemente una mano fra i capelli e si sbrigò a vestirsi, non voleva essere d'impiccio per quella gente.

Sentiva delle voci provenire verso il corridoio della casa.

Decise di indossare gli indumenti che le aveva portato Mia, un vestito semplice, elegante ma comodo, mettendo da parte invece lo straccio rovinato che aveva addosso prima, uscì quindi dal bagno e si ritrovò nel corridoio della casa, a piedi scalzi e indecisa su dove andare. Il chiacchiericcio l'attirò verso una stanza dalla porta socchiusa. Percorse il lungo corridoio, seguendo quella luce pallida provenire da una stanza in fondo.

« E la bambina?» chiese una voce profonda maschile.

« E' guarita, sono ancora restia a credere che possa essere sopravvissuta ad un simile cataclisma.»

« Già, nemmeno io ancora me ne capacito. Ora dov'è?»

« In bagno, le ho detto di farsi una doccia, povera piccola aveva un viso così spaesato. Però...»

« Però?»

« Però, non è una bambina comune, Gabriel. Tutte quelle ferite, chi gliel’ha inferte? Come ha fatto a sopravvivere?»

« Forse...»

« Gabriel.» l'interruppe la donna guardando la bambina che era appena entrata. Lo sconosciuto si volse verso la porta appena più aperta.

Il ragazzo, perché teoricamente non aveva tanti anni più di lei, era alto e muscoloso, con solo un paio di braghe di tela addosso, i segni scolpiti sul torace disegnavano delle linee decise e perfette. I suoi occhi verde intenso si accesero di una luce di velato sollievo.

« Ohi ohi, a quanto pare stai meglio, bambolina. »

La piccola annuì e si domandò se dovesse provare pudore per quella situazione insolita, ma né Mia né Gabriel sembravano farsi problemi per la nudità del ragazzo, quindi decise che nemmeno lei avrebbe dovuto farsene.

« Non avevo notato quei splendidi occhioni, principessina. »

« Lasciala stare, non iniziare con le tue solite moine, buzzurro scavezzacollo.» lo ammonì la donna.

L'uomo sogghignò, strizzando un occhio per togliere dall'apparente imbarazzo la piccola, che però era semplicemente in contemplazione delle infinite cicatrici nel petto di lui.

« Il mio nome è Sheela.» disse lei infine, rispecchiandosi negli occhi di lui.

« Ciao Sheela.»  l'uomo s'inginocchiò per guardarla meglio « Cerca di perdonare la mia impazienza ma...E' neccessario... » l'espressione si fece nettamente più seria « Ricordi qualcosa di ciò che è successo quattro notti fa? »

Scosse il capo, mordendosi le labbra. Chissà se nel suo passato lo faceva quando era nervosa.

« Ricordo solo il mio nome. » ammise.

« Ci sono ricordi davanti cui persino il corpo rifiuta di rimembrare. Viste le sue condizioni non sono nemmeno stupita che abbia dimenticato quel disastro.» sostenne la donna in sua difesa.

Disastro? Quale disastro?

« Sono stati Gabriel e Marcus a portarti in salvo, eri in fin di vita vicino ad un bosco non lontano dalla Fortezza Nera. Questo ti dice nulla?» provò la donna, dolcemente.

Sheela scosse il capo.

« Mi dispiace.» poi si voltò verso il ragazzo che ancora la stava guardando, perso nei suoi pensieri «  Grazie per avermi salvata.»

Quelle parole ebbero l'effetto di una sveglia nel ragazzo che le sorrise distrattamente.

« Non fa nulla, piccola. Per ora hai solo bisogno di molto riposo e di mangiare.»

Lo stomaco della ragazza brontolò a sua volta, quasi in risposta alla frase dell'uomo che ridacchiò divertito.

« Direi che è proprio il caso di preparare qualcosa, tra poco arriverà Marcus, poi dovrò andare a dare cambio a Linue, è tutto il giorno che sta all'orfanotrofio. E' fin troppo brava.» disse tristemente la donna.

« Ohi ohi, dopottutto nemmeno tu te ne resti con le mani in mano, sono tempi duri questi, non è facile per nessuno. »

Sheela si accoccolò sul divano di quella piccola cucina per lasciarsi cullare dalle loro voci tranquille e pacate, aveva sicuramente molta fame, ma in quel momento il suo bisogno primario era dormire.

Si svegliò sotto una coperta ruvida e calda, sentendo il profumo di carne appena cotta il suo stomaco si lamentò di tutti i giorni di digiuno non voluto. L'atmosfera della stanza era molto più movimentata e serena, vide poi che era comparsa una nuova persona in cucina, probabilmente Marcus, il fratello di Mia. Era seduto sulla tavola con un coltello in mano, intento a tagliare un coniglio, i capelli biondicci bagnati e attaccati alla fronte.

« Ohi ohi, ti sei svegliata piccola.» lo sguardo ammiccante di Gabriel occupò subito la sua visuale.

Lei si strizzò gli occhi, sentendosi molto più rilassata. Si accorse che la sua testa era appoggiata alle gambe del ragazzo che le accarezzava dolcemente i capelli.

L'altro invece era seduto sulla sedia e la stava osservando con un mezzo sorriso sulle labbra, il viso ovale ma più affilato e marcato delle sorelle.

« Heilà principessa addormentata.» sogghignò, mentre gli occhi scuri e penetranti sorrisero accoglienti.

« Tu sei Marcus.»

Il ragazzo le sorrise in risposta, appoggiando il coltello e il pezzo di carne ed avvicinandosi al divano.

« E tu, principessina dagli occhi luminosi, puoi essere solo il piccolo animaletto debilitato che abbiamo trovato quattro giorni fa, dico bene?»

Lei annuì.

« Domani dovremo presentarla alla Gilda. » disse Mia, guardandola pensierosa.

« Già, ma dubito che con quegli occhioni e quella pelle candida abbia problemi ad ambientarsi. Dovremo stare attenti a quel lascivo di Micheal, ha sempre avuto un debole per le belle donne. » Sghignazzò Gabriel, il suo tono mentre parlava dell'uomo era estremamente dolce, puro miele stillato.

« Sebastian non gli permetterà di avvicinarsi, iperprotettivo com'è con le donne e i bambini. » commentò Mia uscendo nella cucina con delle bistecche fumanti in un vassoio.

« Forza piccola, a tavola. » ridacchiò Gabriel alzandosi a sua volta.

Sheela si alzò, ma c'erano solamente tre sedie, guardò confusa le persone sedute, Gabriel capendo l'inghippo la prese in braccio e se l'appoggiò sulle gambe. « Scusaci, ma le sedie se le sono prese tutti quelli della Gilda. Oggi dovevano preparare la sala per la riunione, se non ti dispiace per oggi mangeremo così.»

« A lui sicuramente non dispiace.» intervenne Mia leziosa.

Lei si limitò a scuotere energicamente il capo. Le piaceva sentire la pelle calda e dolce del ragazzo sulla propria schiena, la faceva sentire al sicuro.

Iniziarono a mangiare, la carne era squisita e lei non fece complimenti.

« Accidenti piccola, avevi fame?» disse scherzoso Gabriel.

« Lasciala stare, è normale che abbia così fame, sono quattro giorni che non mangia.»

Andarono avanti così per tutto il resto della sera, a scherzare, e ridere e discutere di cose serie, erano divertenti e affettuosi fra loro, c'era un legame molto profondo che li legava l'uno all'altro. Ma Hikaru capì che non erano tempi facili, era come se si rifugiassero dentro quella casa per sfuggire al mondo grigio e pericoloso che li aspettava il giorno seguente.

« Gabriel, portala nel mio letto, si sta addormentando.»

« Ohi ohi, agli ordini signora.»

Le ultime cose che la piccola sentì furono delle mani delicate che le accarezzarono i capelli e delle parole sussurrate dolcemente nel suo orecchio.

« Buonanotte principessina.»

  
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