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Autore: Rebecca_Daniels    13/11/2017    0 recensioni
Storia di quando l'alcool fa il suo effetto e ti risvegli completamente nuda, nel letto di uno sconosciuto. Peccato che il destino non abbia intenzione di farlo rimanere tale e continui a mettere quel ragazzo sulla tua strada.
O per meglio dire, la storia di due impacciati in amore che si impacciano a vicenda.
Ordinary!JoeSugg
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Sugg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then I think of the start
And it echoes a spark
And I remember the magic electricity


Percepiva chiaramente le labbra del ragazzo spiaccicato sopra di lei che le lasciavano baci bollenti sul collo ed invece di allontanarlo, come avrebbe dovuto fare (o come avrebbe fatto normalmente), lo attrasse ancora di più a sé. Infilò le mani nei suoi capelli leggermente sudati e si accorse, con una certa sorpresa, che il tipo ora la stava letteralmente fissando. Va bene che era a dir poco ubriaca, ma insomma: si sarebbe accorta di avere un polipo gigante spalmato sulla faccia, no? No, non ne era più così tanto sicura, ora che la testa stava cominciando a girarle pericolosamente ed iniziava a vedere due paia di occhi azzurri avvicinarsi sempre di più. Forse non aveva un polpo spalmato sul viso. Forse il tipo voleva solo baciarla. Sì, era decisamente per quello, dato che Lacey si ritrovò un paio di labbra sottili ma fin troppo vive, premute sulle sue, mentre Stay di Zedd irrompeva dalle casse di quel locale londinese da soldi, dove era finita assolutamente per caso. O meglio, un caso sarebbe stato se non avesse deciso quel pomeriggio di prendersi una sbronza epocale con la sua coinquilina perché erano entrambe riuscite a superare la loro prima settimana di lavoro nella nuova palestra in cui erano state assunte come segretarie. Oh, quella era una mano che scendeva verso il suo sedere. E così, più o meno per caso, si era ritrovata ubriaca marcia, avvinghiata ad un ragazzo che sperava sul serio fosse carino almeno la metà di come glielo facevano sembrare i fumi dell'alcool, pronta per farci sesso assieme. Un attimo: cosa?? Aveva capito bene? Il tipo le aveva appena chiesto davvero di andare da lui? E perché diamine lei stava dicendo di sì con la testa?! Lei non andava a letto con gli sconosciuti. Lei... Troppo tardi.

                        ***

Un martello pneumatico od una mandria inferocita di bufali sarebbero stati di sicuro più discreti del mal di testa lancinante che l'aveva appena tolta al sonno. Lacey si mosse tra le lenzuola che aveva aggrovigliate tra le gambe e si accorse immediatamente di come ci fosse qualcosa di sbagliato: la sua coperta era ricoperta di pelo arancione, mentre quella assomigliava tanto ad una trapunta da albergo.
Aprì lentamente gli occhi, cercando di non rimanere accecata dalla luce che filtrava dalle tende leggermente scostate e si accorse, con un certo orrore, che tutti i suoi timori erano pienamente fondati. Quello non era il suo letto, ma soprattutto, quella non era la sua camera o qualsiasi altra stanza di casa sua.
Dove diamine era?
Fece per alzarsi, ma una fitta atomica alla testa, inviatale probabilmente dal suo corpo per ricordarle quanto fosse idiota, la costrinse a distendersi di nuovo. In risposta a quel suo movimento, ci fu uno spostamento di lenzuola al suo fianco. Non poteva essere vero.
Lacey trasse un respiro profondo e, non seppe bene nemmeno lei con quale coraggio, guardò alla sua destra. Il volto sereno di un ragazzo profondamente addormentato faceva capolino dalla coperta, il ciuffo di capelli castani che si spargeva arruffato sul cuscino sotto di lui. Non poteva crederci. Stava per forza ancora sognando e tutto quello era un incubo. Lei non faceva quel genere di cose, no?
Un improvviso dubbio le attanagliò lo stomaco e quando guardò verso il basso, notò come i suoi peggiori sospetti fossero, in realtà, la verità: era nuda. Completamente ed innegabilmente nuda.
Cominciò a guardarsi attorno, alla disperata ricerca dei suoi vestiti, notando nel mentre il buon gusto con cui la camera da letto fosse stata arredata. Mentre osservava le lampade hipster che erano appoggiate ai due comodini sui lati del letto, avvistò le sue mutande ed il reggiseno, logicamente scoordinati, appena dietro il mobiletto e si sporse oltre il bordo del materasso per recuperarli.
Non l'avesse mai fatto. Il movimento dovette attirare l'attenzione del tipo con cui non voleva nemmeno sapere che cosa avesse fatto, il quale si alzò di colpo, urlando:
-Chi c'è?! Chi va là?!
Lacey, colta a dir poco alla sprovvista non sapeva bene nemmeno lei se da quel risveglio improvviso o dal tono rauco e dannatamente sexy del ragazzo, perse l'equilibrio e cadde dal letto.
-Ahia!
Nonostante fosse a terra, mezza stordita dalla caduta, appena sentì dei rumori provenire dal materasso sopra di lei, cercò di afferrare alla bel e meglio la coperta per tirarsela addosso e coprirsi, giusto due secondi prima che una faccia spigolosa ed incredibilmente stravolta si affacciasse verso di lei.
-E tu chi sei?
Il ragazzo si passò una mano sulla faccia, cercando forse di ricollegare quanto potesse esser successo la notte precedente, apparentemente senza riuscirci.
-Quella che hai appena spaventato a morte.
Lacey si diede dell'idiota: sarcasmo e sesso occasionale era consapevole potessero portare solo a situazioni imbarazzanti. L'avrebbe tenuto a mente se quella fosse stata una pratica che rientrava nella sua quotidianità, ma non era così.
-Beh, puoi anche tirarti su.
-Solo se ti giri dall'altra parte.
-Date le circostanze, direi che non ci sarebbe nulla che io non abbia già visto.
A quanto pareva non era l'unica che faceva colazione con il sarcasmo di prima mattina.
-Il fatto che tu l'abbia visto, non significa che te lo ricordi. Io di tuo non mi ricordo nulla.
Il ragazzo rimase spiazzato da quella risposta e Lacey si chiese se sarebbe rimasto a fissarla con quella faccia stravolta ancora per molto.
-Forse perché eri troppo ubriaca.
-Io?!
Lacey non poteva credere di essersi cacciata in una situazione del genere. Insomma: lei non si ubriacava mai tanto da non ricordarsi più nemmeno il suo nome, non faceva illazioni sulle potenzialità sessuali dei ragazzi e soprattutto, non finiva a letto con degli emeriti sconosciuti. Come diamine si usciva da una circostanza del genere?
Il ragazzo continuò a fissarla fino a quando Lacey non si arrese all'assurdità della situazione, scosse la testa e, stringendosi al petto la coperta, gli lanciò lo sguardo più irremovibile che le riuscisse con quel mal di testa e gli disse:
-Lasciamo stare. Ti giri sì o no?
-Quanti problemi per nulla...
E detto quello, si voltò dall'altra parte per rimettersi quelli che Lacey valutò essere i suoi boxer e si alzò, uscendo dalla stanza. Esitò un solo attimo sulla porta, voltandosi a guardarla un'ultima volta, prima di andare oltre, lasciandola da sola nella stanza.
Lacey spiaccicò la faccia sul materasso al suo fianco e un'incredibile voglia di piangere rischiò di soffocarla. Post sbornia e crisi esistenziale: che combo meravigliosa per una domenica mattina qualsiasi.
La voce di Ed Sheeran le arrivò attutita dal legno della porta e la magra consolazione che per lo meno quel tipo avesse dei buoni gusti musicali, le diede la forza necessaria per recuperare il suo intimo ed indossarlo.
Rimise la coperta sul letto, cercando di sopprimere il suo senso del dovere che subdolo le suggeriva di rifare il letto da capo e scrutò in giro per la stanza, nella vana speranza che anche i suoi vestiti fossero lì, da qualche parte. Come non c'avesse nemmeno sperato: delle calze e del vestito neanche l'ombra. Lacey si passò una mano sulla faccia stanca ed un rapido sguardo allo specchio la rassicurò circa la possibilità che il suo viso somigliasse a quello di un panda, causa tracollo disastroso del mascara. Trasse un respiro profondo e si fece coraggio: a quanto pareva c'era un solo modo per uscire da quella situazione e prevedeva attraversare la porta e sperare che il suo vestito fosse esattamente dall'altra parte.
Con la testa che ancora cercava di espandersi in più direzioni contemporaneamente, tanto era il cerchio che le stringeva la scatola cranica, aprì la porta e scorse per terra il suo vestito, che infilò il prima possibile evitando appositamente di contemplare il pietoso spettacolo delle sue gambe pallide, nonostante fosse già maggio inoltrato. Delle calze nemmeno l'ombra.
Drake faceva da colonna sonora a quella situazione surreale e Lacey si ritrovò, gambe nude e piedi scalzi, a dirigersi lungo il corridoio di quella casa che non aveva nulla a che fare con il suo appartamento ammuffito. Due enormi quadri che riempivano la parete sinistra attirarono la sua attenzione e Lacey non riuscì a trattenersi dal sfiorarli con le dita. Erano grandi almeno due metri e mezzo, tele ricoperte con pagine di fumetti vintage su cui erano stati dipinti due personaggi di una saga che aveva visto solo di sfuggita nella collezione di suo fratello, quand'era piccola. Avrebbe potuto scommettere che li avesse fatti il ragazzo di cui, in quel preciso istante, si rese conto di non conoscere ancora il nome. O magari lo sapeva, ma la mandria di bufali che stava trotterellando inferocita nella sua testa glielo stava nascondendo. Si riscosse dal caos di pensieri in cui era caduta e, seguendo la musica, oltrepassò una porta a vetri scorrevole e vide il ragazzo, a petto nudo, che si stava preparando quelle che avevano tutta l'aria di essere delle gigantesche uova all'occhio di bue con un quintale di bacon già sfrigolante sul piatto.
Lacey dovette ammettere a sé stessa che quella rientrava nella top 10 delle scene più sexy che avesse mai visto e si chiese che cosa avesse fatto di male per non ricordarsi di esser andata a letto con lui.
-Hai bisogno?
La voce leggermente nasale del ragazzo la fece tornare alla realtà e Lacey avanzò di altri due passi verso il bancone dell'enorme e moderna cucina. Valutò come sua madre avrebbe ucciso per una fornitura di quel tipo, tutta comfort ed acciaio luccicante e si chiese se fosse il caso di trattenersi in un posto dove fosse palesemente un pesce fuor d'acqua.
-No, no... Solo...
-Si?
-Come ti chiami?
L'espressione che percorse i tratti affilati del ragazzo di fronte a lei fu un misto di più emozioni che Lacey ebbe qualche difficoltà a scorgere chiaramente. C'era della frustrazione, della delusione, dell'incredulità ed una buona dose di scetticismo. Ma alla fine, optò per voltarsi dall'altra parte ed impedirle di vedere il suo viso. La odiava. Fantastico.
-Se non vuoi dirmelo, va bene lo stesso. Io...
Già: lei? Cercò per la stanza la sua borsa e le scarpe, cose che trovò abbandonate assieme vicino alla porta a vetri che aveva appena superato ed optò per la soluzione migliore per tutti.
-Io ero solo passata a prendere la borsa e...
L'afferrò da terra ed indossò le scomodissime scarpe con il tacco dieci che aveva deciso di mettere la sera prima, nella vana speranza che slanciassero il suo scarsissimo metro e sessantacinque.
-Bene.
Ma si poteva essere così scortesi di prima mattina? Lacey non riuscì proprio a trattenersi dal parlare, nonostante i pochi neuroni sopravvissuti all'assalto dei bufali le stessero suggerendo di tenere la bocca chiusa.
-Te l'ha mai detto nessuno che essere gentili è gratis?
Nell'esatto istante in cui vide il corpo del ragazzo bloccarsi come una statua, interrompendo qualsiasi attività stesse facendo fino ad un secondo prima, Lacey si pentì di non aver ascoltato i suoi ultimi neuroni superstiti.
-Te l'ha mai detto nessuno che tenere le proprie opinioni per sé è gratis?
C'era qualcosa di assolutamente sbagliato in tutta quella situazione. Forse erano i The 1975 che si diffondevano con una ballata elettronica dalle casse; o magari erano i muscoli della schiena del ragazzo tesi come corde di violino durante un assolo di Schubert; oppure era la stretta di delusione ed incredulità che le stava strozzando lo stomaco, rischiando di farla vomitare da un momento all'altro. Lacey si rese solo conto di come i suoi occhi si stessero pericolosamente appannando e di come fosse davvero il caso di andarsene da lì il prima possibile.
Controllò di avere il telefono in borsa, dopo di ché si allontanò da quella cucina, attraversando di nuovo la porta scorrevole a vetri e notando la porta d'uscita a pochi passi da lei, sulla sinistra. Era ormai con la mano sulla maniglia quando si disse che nessuno, nemmeno un emerito sconosciuto dalla sguardo magnetico con cui non si ricordava di essere andata a letto assieme, poteva permettersi di avere l'ultima parola con lei. E men che meno di risponderle in quel modo. Così tornò sui suoi passi ed appena ebbe buttato la testa dentro in cucina non gli diede nemmeno il tempo di girarsi al rinnovato rumore di tacchi sul parquet, che iniziò a parlare a raffica:
-E giusto per la cronaca, non tengo le mie opinioni per me con chi è maleducato di prima mattina, perché evidentemente ha bisogno di qualcuno che gli insegni come stare a questo mondo. Ci siamo finiti insieme in questa situazione e, benché sia un chiaro segnale il fatto che io abbia miracolosamente dimenticato tutto, non significa che tu possa trattarmi come una qualsiasi delle ragazze che ti porti a letto ogni sera. Detto questo: buona giornata e addio, sconosciuto!
La vide l'espressione allibita che si era dipinta sul volto del ragazzo che si era improvvisamente voltato a guardarla e Lacey dovette ammettere che la cosa la inorgoglì più del dovuto. O forse era solo l'effetto del mezzo sorriso che gli vide fare con la coda dell'occhio mentre si voltava tutta contenta per uscire dalla cucina.
Aveva ormai chiuso la porta d'uscita quando sentì una voce da ragazzo urlare:
-Ciao!
Lacey scese le scale in marmo bianco che le parevano avere qualcosa di familiare ed uscì in strada, scoprendo di essere molto più vicina a casa sua di quanto credesse.

                        ***

Era piuttosto sicura di aver messo il burrocacao dentro la borsa prima di uscire di casa, ma quel dannato tubetto sembrava esser stato inghiottito da qualche portale tridimensionale ed esser sparito per la milionesima volta. Lacey aveva la testa ficcata nella sua borsa da almeno cinque minuti ed aveva come la sensazione che vi ci sarebbe pure potuta perdere lì dentro, se la voce nasale e vagamente sarcastica di Leighton non l'avesse riportata alla realtà.
-Hai trovato l'acqua?
-Che?
Lacey sbucò fuori dalla borsa, i capelli che le andavano in ogni direzione eccetto quella giusta, la luce fastidiosamente bianca della reception della palestra che le accecava gli occhi e le labbra più irritate della storia della sua vita fatta di allergie.
-No, dico: hai trovato l'acqua sul fondo? Perché sono dieci minuti che ci scavi dentro.
-Non fare la simpatica e dimmi piuttosto che hai un burrocacao, per favore.
Leighton la guardò con i suoi occhi enormi ed incredibilmente azzurri, riservandole uno sguardo critico che avrebbe fatto sentire inadeguata persino Miss Universo.
-Ma che diavolo ti sei mangiata?
-Devono esser state quelle stupide barrette proteiche che ha lasciato qui il figo.
-Lacey dimmi che non gli hai detto che le avresti provate solo per avere una scusa per parlargli, ti prego.
Improvvisamente, il suo brillante piano di sfruttare quelle disgustose stecche al gusto di compensato ed apparentemente ripiene di mandorle per poter parlare con il nuovo personal trainer appena assunto dalla palestra, non le sembrava più così tanto geniale. Soprattutto perché lei era dannatamente allergica alle mandorle.
-Quanto puoi essere cretina, mamma mia!
-Ehi! Piano con gli insulti: c'era scritto che potevano contenere “tracce” di mandorle... Non una piantagione intera!
La sua collega, nonché coinquilina, decise di non rivolgerle più la parola, probabilmente valutando come persino il signor Darren, un vecchietto di ottanta anni che andava a fare ginnastica posturale tutti i venerdì mattina, fosse più degno di lei delle sue attenzioni. Lacey così riprese la sua disperata ricerca del burrocacao e nemmeno rispose quando Leighton la ringraziò per il cambio turno che le aveva concesso, permettendole di andare a qualche convention sui nuovi prodotti per la ricostruzione delle unghie di cui lei non voleva sapere nulla.
Per la stessa motivazione, non sentì nemmeno il ragazzo che le chiedeva gentilmente se poteva avere la chiave per l'armadietto negli spogliatoi. Solo dopo un altro interminabile minuto, percepì qualcosa oltre il tessuto che foderava il fondo della sua borsa, così corse con la mano verso il forellino che sapeva essersi creato qualche giorno prima e finalmente riuscì ad afferrare il suo preziosissimo burrocacao.
Tirò di scatto la testa fuori dalla borsa, reggendo trionfante in mano il tubetto cilindrico.
-Trovato!
-Ne sono felice.
Il tono sarcastico con cui era stata pronunciata quella frase le gelò il sangue nelle vene ed impiegò solo il tempo di scostarsi i capelli dalla faccia, per aggiungersi al ragazzo di fronte a lei nell'affermare uno scioccato:
-Tu?!
Si immobilizzarono entrambi sul posto.
Nonostante il ragazzo davanti a lei avesse indosso un cappellino da baseball, nonostante fosse vestito ma soprattutto, nonostante fossero passate più di tre settimane da quel giorno, Lacey non si sarebbe mai potuta dimenticare quel tono sarcastico che accompagnava un paio di iridi oltraggiosamente azzurro-verdi. E dalla faccia sconvolta  del ragazzo di fronte a lei, Lacey poté intuire che nemmeno lui si fosse dimenticato di quella mattina.
-Che ci fai qui?
Adesso che ci pensava meglio, Lacey era sicura che fosse impossibile dimenticarsi di quanto maleducato fosse quel tipo, più che di tutto il resto, anche perché a quanto pareva non perdeva mai occasione per farlo presente. Rimise la borsa per terra e, con tutta la calma di cui disponeva, si applicò il burrocacao sulle labbra infuocate, lasciando la sua risposta in sospeso. Quando ebbe terminato, lo guardò con l'espressione più candida e pacifica che le riuscì e rispose:
-Io ci lavoro. Ma mi tratterrò dal farti la stessa domanda, dato che so già la logica risposta.
E detto quello, gioendo nuovamente per la leggera fitta di stizza che trapassò il volto del tipo di fronte a lei, gli porse la chiave di cui aveva bisogno, premurandosi di fornirgli l'armadietto più scomodo e vecchio dell'intera palestra.
Il ragazzo osservò per un secondo le chiavi che lei aveva appoggiato sul bancone e, come se l'avesse appena insultato mortalmente, le lanciò un'ultima occhiata indecifrabile e se ne andò senza aggiungere altro. Lacey non riuscì a trattenersi dall'urlargli dietro:
-Arrivederci, comunque!
Metà della gente in sala macchine si voltò a guardarla come se fosse pazza. E Lacey non avrebbe potuto affermare il contrario.

                        ***

Londra era a dir poco una grande città. Una metropoli, l'avrebbero definita alcuni. E allora per quale dannatissima motivazione lei continuava a trovarsi quella faccia da schiaffi sempre in mezzo ai piedi?!
Era in coda per prendersi da mangiare da Wacamama, logicamente da asporto, dato che né lei né Leighton avevano intenzione di farsi una doccia e prepararsi da capo solo per cenare, quando aveva sentito quella voce fastidiosamente ironica alle sue spalle. Si era voltata ed aveva visto il ragazzo, che aveva soprannominato come LSS, ovvero Lo Sconosciuto Stronzo, seduto ad un tavolo poco lontano, circondato da ragazzi di qualche anno più giovani, tutti con grandi iphone e videocamere a portata di mano.
LSS sembrava essere l'anima della festa, tutto intento a postare video su Snapchat prendendo in giro i suoi amici. Fu in quell'istante che Lacey si rese conto di una verità piuttosto importante che le era del tutto sfuggita: ora sapeva chi fosse quel ragazzo. O meglio, sospettava che lavoro facesse, perché il nome non le sovveniva in nessuna maniera, ma qualche ricerca in Internet l'avrebbe sicuramente aiutata. Era certa di aver visto quello stesso giubbotto di pelle indossato esattamente alla stessa maniera, con una sicurezza dannatamente affascinante, in una foto sul web, mentre cercava qualcosa di primaverile da comprare online. Sotto la foto si ricordava vi fossero scritte le parole “star del web” ed “inglese”: il resto era tutta nebbia. Come praticamente la totalità dei ricordi che riguardavano LSS. Il perché fosse finita sulla pagina dei giubbotti da uomo era meglio non chiederselo.
Lacey non si accorse di essersi incantata fino a quando il cameriere dietro al bancone cominciò ad urlare il suo numero per l'ordinazione, rischiando quasi di spaventarla.
-E' mio!
Come al solito aveva urlato troppo forte, ma fortunatamente si erano girate con sguardo omicida solo le persone attorno a lei. O almeno così credeva, fino a quando non si voltò per uscire e scoprì di avere lo sguardo di LSS puntato su di lei e la sua faccia da “mi ha appena investito un tram, ma faccio finta di nulla”.
Notò la sorpresa sul volto del ragazzo tramutare velocemente in stizza e poi in sottile ilarità, cosa che la fece preoccupare più del dovuto: che aveva fatto di tanto divertente? Conoscendo gli standard di quel tipo, sarebbe pure potuto essere un pianoforte che le stava per piombare sulla testa, così lanciò una rapida occhiata sopra di lei, ma non vi scorse  nulla. Lo vide sorridere apertamente questa volta e decise di contrattaccare: lo salutò con il sorriso più finto che le riuscisse e, giusto perché ormai aveva attirato su di sé tutta l'attenzione dei suoi amici, vi aggiunse anche un bacio lanciato al volo. I ragazzi che erano con lui si misero a ridere, mentre Lo Sconosciuto Stronzo fingeva di afferrarlo al volo e di non riuscire più a scollarselo dalla mano, con tanto di faccia schifata. Lacey, assolutamente incurante di essere nel bel mezzo di un ristorante pieno di persone e di avere un certo aplomb da mantenere, fece finta di di cercare nella sua borsa qualcosa e se ne uscì con un vaffanculo mimato con le dita che fece esplodere il tavolo in rumorose risate accompagnate da fischi, ma che soprattutto lasciò allibito LSS.
Lacey ritenne di aver dato già abbastanza spettacolo, soprattutto quando una mamma poco lontana da lei coprì gli occhi del bambinetto che aveva con sé e uscì da quel posto il più velocemente possibile. Cominciava a diventare surreale quella situazione. Forse doveva valutare di cambiare città dove vivere. O magari anche continente. Oppure poteva semplicemente far finta che quel tipo non fosse mai esistito e sperare che Leighton non si lamentasse perché si era dimenticata di chiedere la salsa di soia.

                        ***

Lacey sapeva perfettamente che a Londra piovesse un giorno sì e l'altro pure, eppure si ostinava altrettanto costantemente a dimenticarsi l'ombrello a casa. Motivo per cui, anche quel giorno, i suoi capelli stessero già grondando acqua, avesse ormai una famigliola di papere dentro le scarpe e temesse per l'incolumità del libro che doveva restituire al coffé book a pochi passi da lei. L'aveva preso in prestito solo la settimana precedente ma in palestra non c'era stata chissà quale affluenza e lei aveva trovato tutto il tempo che le serviva per leggere quelle poco impegnative novecento pagine di racconto storico. Andava in quel posto perché conteneva un'ammirevole selezione di libri di seconda mano che spesso erano introvabili nelle librerie normali, senza contare che più di qualche volta le era capitato di mettere le mani su prime edizioni a dir poco preziose.
Stava infatti pensando a quella copia de “La Lettera Scarlatta” con testo originale e commento affianco, quando, ormai di fronte alla porta del coffé book, qualcuno la investì in pieno con il vetro bagnato dell'entrata, facendola cadere a terra. L'avventore che se ne era uscito con così tanta fretta, per poco non la calpestò e fu solo una questione di secondi prima che Lacey trovasse la forza per alzare la testa nella sua direzione, nonostante la pioggia scrosciante e riempirlo di insolenze.
Ma invece, rimase completamente senza parole.
Un ciuffo di capelli biondo sabbia si stava velocemente bagnando e schiacciando sulla fronte ampia di un ragazzo con indosso una semplice maglietta bianca, anch'essa destinata ad inzupparsi a breve, sottolineando una linea di addominali che Lacey avrebbe dimenticato volentieri. Se solo nella sua mente non si fossero altresì incastonati il colore magnetico di quegli occhi e la forma dolce di quelle labbra sottili e leggermente socchiuse per la sorpresa.
Avrebbe voluto dire così tante cose contemporaneamente, più che altro insolenze, qualche domanda sconvolta e magari un paio di complimenti a madre natura, ma si trattenne dall'aprire bocca, in attesa che, per una volta, fosse lui a fare la prima mossa. Magari le cose sarebbero andate diversamente.
Lo Sconosciuto Stronzo le offrì una mano magra ed elegante che Lacey si ritrovò a stringere ancora prima che il suo cervello le avesse dato il comando di farlo. Strano. La sensazione di calore istantanea che percepì nonostante la pioggia fredda che continuava a cadere su di loro, le risultò più familiare del previsto e si diede mentalmente dell'idiota, perché in fin dei conti c'era andata a letto con quello sconosciuto. No?
Lasciò che lui l'aiutasse a rimettersi in piedi e a spostarla da davanti l'ingresso, per lasciare libero il passaggio a tutte le persone che continuavano imperterrite la loro vita, incuranti del caos emotivo che le stava rivoltando tutti gli organi interni.
Erano uno di fronte all'altra, la pioggia ora attutita da una piccola tenda in tessuto di cui Lacey non si era minimamente accorta prima e non ci avrebbe fatto caso nemmeno in quel momento, se non fosse stato perché grazie ad essa riusciva a sentire il battito del suo cuore a dir poco impazzito. Ma era solo per lo spavento che aveva preso, niente di più. Non c'entrava nulla il fatto che Lo Sconosciuto Stronzo le stesse ancora tenendo la mano o che avesse gli occhi puntati su di lei, con un'espressione impenetrabile o che le loro facce fossero a meno di cinque centimetri di distanza. No, quello non c'entrava nulla.
Poteva vedere il tessuto bagnato della maglietta tendersi ad ogni respiro del ragazzo, come se anche quello condividesse con lui la difficoltà nel portare a termine l'operazione. Lacey sentiva chiaramente come l'atmosfera attorno a loro fosse strana, quasi elettrica, composta di qualcosa che si sarebbe azzardata a definire come piacevole tensione. L'unica certezza che però possedeva, riguardava lo stato pietoso in cui sicuramente versava e la travolgente bellezza del ragazzo di fronte a lei.
Improvvisamente, la travolse la consapevolezza che se nessuno dei due avesse detto qualcosa, quella bolla di sapone in cui si erano rifugiati sarebbe esplosa nel peggiore dei modi e Lacey decise allora di parlare.
-Ora me lo dici come ti chiami?
Non c'era sarcasmo nella sua voce. Anzi, a dire il vero per poco non c'era proprio stata voce ad uscire dalla sua bocca, ma quel sussurro doveva esser stato abbastanza perché Lo Sconosciuto Stronzo decidesse di risponderle.
-Joe.
Socchiuse per un secondo le palpebre, come se dire il suo nome gli costasse fatica.
-Mi chiamo Joe.
Un flash di un nome simile che le veniva sussurrato all'orecchio nel vano tentativo di superare il volume troppo alto della musica, la colse alla sprovvista e a Lacey sembrò di capire finalmente che cosa potessero provare i veterani di guerra.
-Beh... Io sono...
-Lacey. Lo so.
Quanto poteva far ridere un'espressione scioccata dipinta sulla faccia di Lacey? A quanto sembrava parecchio, dato che Joe si mise a ridere rompendo definitivamente la bolla attorno a loro, ma senza causare danni irreparabili: le loro mani erano separate ora, ma ancora troppo vicine perché non potessero sfiorarsi e Lacey non aveva la più pallida idea di come sentirsi a riguardo.
-Non per suonare maleducato, ma io, a differenza tua, mi ricordo tutto di quella notte.
Quella consapevolezza la fece sentire a dir poco esposta e fuori luogo, come se quel ragazzo, o meglio, Joe sapesse un qualche segreto impronunciabile che la riguardava e non volesse rivelarglielo. Magari aveva fatto schifo a letto. Oppure si era rivelata una vera dea del sesso. O forse aveva fatto cilecca lui. O più probabilmente sarebbe stato più semplice chiedere, invece di continuare a fantasticare per nulla.
-Bene. Allora, sempre per non suonare maleducata, potrei chiederti per piacere di raccontarmelo, dato che a quanto pare il destino continua a metterci uno tra i piedi dell'altra?
Per la prima volta da quando Lacey si era svegliata nel letto del ragazzo di fronte a lei, lo vide sorridere in maniera sincera e notare come fosse a dir poco splendido mentre lo faceva non l'aiutò per nulla a concentrarsi sulla sua risposta.
-Mi sembra il minimo. Per non fare un torto al destino, s'intende. Un caffé?
-Meglio un tea.
Joe le sorrise di nuovo, questa volta un'ombra di divertita insofferenza alle sue continue lamentele che fece capolino nel modo in cui girò gli occhi, ma alla fine si arrese e disse:
-Quello che gradisce la signora.
E con un inchino esagerato la lasciò passare, per entrare nel locale affollato.

C'erano più tavolini di quanti Lacey ricordasse. O forse era la percezione che tutto il mondo la stesse fissando a farle sembrare così affollato quel posto. In ogni caso, si blocco due passi oltre la porta e cominciò a guardarsi attorno: era piuttosto certa che quel gruppo di ragazzine sedicenni alla sua destra stessero facendo commenti su di lei, mentre la indicavano poco discretamente.
-C'è un tavolino lì in fondo.
Joe era sostanzialmente sbucato sopra la sua spalla e le aveva parlato all'orecchio, aggiungendo una mano sul suo fianco che aveva rischiato di farla schiattare sul posto, giusto perché la sua giornata non era già stata abbastanza sconvolgente.
Si diresse verso il piccolo tavolo all'angolo che il ragazzo le aveva indicato, vicino alla libreria con tutti i suoi titoli preferiti, lasciando che le sue dita le sfiorassero la schiena ad ogni passo, provocandole qualche svarione a dir poco inopportuno. C'era qualcosa di oscuro nel modo in cui il suo corpo rispondeva a quello di Joe, ma preferì non pensarci, altrimenti le si sarebbe fuso il cervello.
Quando presero posto, Lacey non riuscì più a trattenersi, soprattutto dopo che si rese conto, con un certo stupore, che una delle ragazzine del tavolo di prima stava puntando piuttosto sfacciatamente la fotocamera del cellulare verso di loro.
-Solo una domanda: non sei un porno divo, vero?
La faccia scioccata di Joe l'avrebbe fatta ridere, se non fosse stata troppo preoccupata che la sua supposizione fosse corretta.
-No... No! Cioè, non ho nulla contro i porno divi... Anzi: credo abbiano un lavoro piuttosto interessante... E non posso dire che il mio non sia altrettanto interessante... E singolare...
-Allora fai il becchino?
-Ma che problemi hai?!
Joe la stava guardando come se fosse un pesce con sette occhi, mentre si sistemava al bell'e meglio il ciuffo di capelli bagnati. Possibile che Lacey avesse la certezza di sapere perfettamente cosa si provasse a mettere le mani lì in mezzo?
-Comunque no. Non sono un porno divo, non faccio il becchino e prima che tu me lo chieda, non sono nemmeno un serial killer.
-Quello non mi era nemmeno passato per la testa.
Il ragazzo le lanciò uno sguardo scettico, il sopracciglio destro sollevato a tal punto che temette gli potesse venire un crampo, cosa che la costrinse a capitolare.
-Beh: diciamo che l'ho pensato solo nei primi tre minuti in cui mi sono svegliata a casa tua, completamente nuda.
Ringraziò il chiacchiericcio piuttosto rumoroso della gente attorno a loro e l'ultimo album dei Kings Of Leon in riproduzione dalle casse appese ai muri, perché altrimenti chiunque avrebbe potuto sentire quel dettaglio a dir poco imbarazzante della sua esistenza. Joe, per parte sua, sembrò rivedere quella scena davanti agli occhi e ne rise senza troppo ritegno: Lacey dedusse che l'idea di lei nuda, nel suo letto, doveva divertirlo parecchio per motivazioni che era certa non voler sapere.
-Quindi, gentilmente, ora mi dici che diamine di lavoro fai e perché quelle ragazzine continuano a cercare di farti una foto, benché tu sia di spalle?!
Joe, un'espressione di completa serenità stampata sul viso, tirò fuori il cellulare dalla tasca, vi trafficò per qualche secondo e poi glielo porse. Per poco Lacey non lo fece schiantare contro il legno grezzo del tavolino quando si accorse del numero di iscritti che comparivano sulla pagina del suo canale. Ecco perché la sua faccia le sembrava familiare: era il fratello di Zoella, una youtuber di cui per un periodo aveva guardato qualche lookbook o video simili, sperando di carpire qualche segreto per sembrare un pochino meno sfigata, con scarsissimi risultati. Era stato per un tempo così limitato che non si era nemmeno soffermata a guardare video di quel fantomatico e altrettanto simpatico fratello. Così ora ce l'aveva davanti, ci era con ogni probabilità finita a letto assieme qualche mese prima e stava facendo un'emerita figura da chiodi. Tipico di Lacey.
-Oh.
E giustamente, l'unica cosa che le riusciva di dire era uno stupidissimo “oh.” che l'avrebbe fatta sembrare ancora più idiota. Si sarebbe data un cinque da sola per aver appena ottenuto il premio per la risposta più scema, ma sarebbe stato come scavarsi la fossa dell'imbarazzo con le proprie mani.
-Già. Ma non è nulla di che. Nel senso: è un lavoro piuttosto strano, però è figo... Ed è il mio lavoro. Ma non è me. Insomma... Voglio dire...
Incredibilmente Lacey ebbe la sensazione di aver capito che cosa stesse dicendo, cosa non del tutto scontata considerato lo stato di imbarazzo totale in cui era.
-Vuoi dire che sei uno youtuber ma non sei solo questo... Lo so. L'ho capito.
Joe sembrò sollevato da quella risposta e parve pure rilassarsi non poco.
-La domanda ora è: che pensi di fare con quelle ragazze? Perché secondo me ad una si sta per staccare la testa a furia di girarsi e, in tutta sincerità, non sono una grande amante degli spargimenti di sangue.
Il ragazzo si voltò verso il tavolo di studentesse che Lacey dovette riconoscere esser delle fan e si alzò senza tante spiegazioni, lasciandola da sola a fissarlo con una faccia allibita che di certo non le avrebbe fatto fare bella figura. Lo vide avvicinarsi al gruppetto tutto emozionato, scambiare due parole, sorridere come solo una volta le era capitato di vederlo fare e abbracciarle tutte, per scattare qualche foto. Lacey, dal canto suo, era senza parole.
Che diamine ci faceva lei, un concentrato di sarcasmo in un corpo a dir poco inadatto alle più semplici funzioni vitali, a bere un tea con un ragazzo come Joe? Non ne aveva la più pallida idea, ma il solo pensiero che potesse averla guardata con quello sguardo grato durante una notte di sesso di cui lei non ricordava assolutamente nulla, le causò una certa iperventilazione che non passò inosservata quando Joe tornò a sedersi di fronte a lei.
-Stai bene?
-Io...
Lacey si guardò attorno, alla disperata ricerca di qualcosa su cui focalizzare l'attenzione del ragazzo che non fosse il colorito purpureo che era sicura di star assumendo e le venne quello che non poté definire di certo un lampo di genio.
-Credo che la cameriera ci stia provando con te.
Appena lo ebbe detto si rese conto che la sua vita potesse davvero fare più schifo di quanto credesse e non ci fosse un limite stabilito alla sua idiozia, cosa che le dispiacque parecchio. Joe invece non ne parve particolarmente sconvolto dato che, dopo una rapida occhiata alla ragazza dietro al bancone, si voltò verso Lacey e le sorrise, comprensivo.
-Primo: Macy mi conosce bene e si starà chiedendo se sono normale, dato che le avevo appena detto che dovevo scappare ad un appuntamento ed ora sono di nuovo qui... Secondo: non cercare di distrarmi. Stai bene?
La risposta era che no, non stava bene. Ma soprattutto il fatto che lui si ricordasse tutto di quella notte e lei no, le metteva addosso un'ansia che non le permetteva neppure di pensare razionalmente.   
-Puoi dirmi che è successo quella notte?
Joe la guardò per un secondo dritta negli occhi, come se fosse alla ricerca di qualcosa di cui Lacey non fosse a conoscenza e la cosa la lasciò abbastanza spiazzata. Poi si voltò verso la famosa Macy e le ordinò, quasi urlando, due tea caldi. Quando tornò a fissarla il suo volto era più serio di quanto Lacey avrebbe desiderato: che diavolo era capitato quella notte?
-Prima che te lo racconti io, mi diresti che cosa ti ricordi tu? Non quello che credi sia successo, ma quello che davvero ti ricordi.
C'era una tensione quasi nervosa nel tono della sua voce e Lacey temette di deluderlo rispondendogli che non si ricordava davvero niente di quella sera. Così si costrinse a fare mente locale.
-Sinceramente? Non mi ricordo granché... So di esser andata in quel locale con Leighton per festeggiare la nostra prima settimana di sopravvivenza nella palestra... So di aver bevuto decisamente troppo e so... Sì, insomma... Hai capito no?
-No, Lacey... Avrei bisogno me lo dicessi tu.
Non vedeva il perché di accanirsi a voler sapere che cosa si ricordasse lei, quando Joe possedeva tutte le risposte, ma dati gli occhi del ragazzo puntati dritti nei suoi, anche quando Macy appoggiò le tazze e la teiera su tavolino, si convinse a gettare ogni riserbo e a parlare.
-Mi ricordo di noi due al locale, dei limonamenti vari ed eventuali e di te che mi chiedi di andare a casa tua... E pure il pensiero che non fosse una cosa da me. Poi più nulla.
-Fantastico...
C'era così tanto sarcasmo in quella singola parola, che Lacey ebbe paura di vederlo sgorgare come liquido nero dalla bocca di Joe. Quell'immagine le fece chiudere lo stomaco più di quanto già non fosse, così imitò il ragazzo di fronte a lei e si preparò il tea. Incredibilmente avevano preso tutti e due un earl grey dalla bustina così gialla da esser quasi fastidiosa alla vista.
Rimasero in silenzio per attimi infiniti, in cui l'acqua fumante nelle loro tazze si tingeva lentamente di un caldo color sabbia, riempiendo l'aria che li circondava di profumi familiari. Joe fu il primo a sorseggiare il suo tea, allontanandolo subito dalle labbra, per non scottarle, mentre Lacey si perdeva a contemplarlo come non si era mai permessa di fare fino a quel momento. Anche perché, esattamente come temeva, si sarebbe accorta troppo presto di quanto Joe rispecchiasse esattamente il suo ideale di ragazzo, ma non tanto per il fisico asciutto, lo stile vagamente hipster o gli occhi di un azzurro tutto suo che non poteva esser descritto se non con una tavolozza piena di colori. No, Joe era ben altro. Era quel modo peculiare di risistemarsi il ciuffo che prevedeva un'espressione simil imbronciata e sovrappensiero da modello; era l'infinita serie di sorrisi che sfoggiava in base alla situazione; era l'aura di inaspettato che lo avvolgeva, che faceva presagire grandi avventure fino allo spuntare dell'alba o una serata tranquilla a guardare film sul divano. Quello era ciò che lo rendeva a dir poco affascinante agli occhi di Lacey, assieme al modo dannatamente sexy che aveva di giocare con i braccialetti o la collana che si accorse avere sempre addosso.
-Mi stai fissando.
Lacey si rese conto di essersi letteralmente fermata con la tazza a mezz'aria, mentre lo osservava con la bocca leggermente aperta: perché finiva sempre per essere così imbarazzante?
-Io... No. Non è vero.
-Lacey...
-Solo un pochino. E perché tu continui a startene in questo silenzio ostinato e ansiogeno che mi sta snervando.
-Sei sempre così agitata?
-No, solo quando sono con sconosciuti.
-Quindi sono uno sconosciuto per te.
Le faceva male la testa. Non era mai stata brava a giocare a scacchi, figuriamoci ad intrattenere una conversazione dove ogni sua parola veniva pesata, rigirata e riutilizzata con significati che lei non aveva nemmeno sospettato. Joe la osservava standosene appoggiato al tavolo con i gomiti, la tazza fumante sospesa in aria, che ogni tanto portava alle labbra: Lacey sospettò lo facesse per nascondere un sorriso. Come in quel momento.
-Stai ridendo?!
Joe riabbassò la tazza sul tavolo e la guardò finalmente con un'espressione serena a rilassare le linee marcate del suo viso.
-Sì, scusa... E' solo che sei parecchio buffa quando vai in panico e a quanto pare, io ti spavento un sacco.
Lacey capì che così non andava. Insomma: per quanto il ragazzo potesse sapere qualcosa che la riguardava e che lei non ricordava assolutamente, si trattava in ogni caso di una singola notte. Mica di tutta la sua noiosissima vita. Trasse un respiro profondo e puntò gli occhi dritti in quelli di Joe. La tazza calda tra le mani le dava un certo conforto.
-Non mi spaventa parlare con te, ma il fatto che tu sappia qualcosa di me che io non so.
-Paura del giudizio degli altri?
-Terrore.
Joe sorrise di nuovo e riprese in mano il suo cellulare, apparentemente alla ricerca di qualcosa. Dopo qualche istante, fece scorrere il telefono sul tavolo, finché non arrivò giusto sotto il naso di Lacey che si ritrovò a fissare la foto di un Joe a dir poco adolescente con tanto di capelli ossigenati e visetto ancora acerbo. Dovette trattenersi parecchio per non scoppiare in una delle sue tipiche ed imbarazzanti espressioni da “oh mio dio quanto è carino!” che riservava ai ragazzini che sarebbero cresciuti bene e ai cuccioli di qualsiasi specie animale.
-Lacey, ho il piacere di presentarti Joseph Sugg: un ragazzino che a diciotto anni ne dimostrava ancora dodici, che da bambino non era stato preso per fare la comparsa in Harry Potter perché era troppo piccolo rispetto alla sua età e che sarebbe finito a lavorare come impagliatore di tetti per il resto della sua vita.
Rimase a fissare la foto che illuminava lo schermo del cellulare ancora per qualche secondo, poi spostò la sua attenzione sul ragazzo seduto di fronte a lei ed intuì dove Joe volesse andare a parare: quei due ragazzi avevano in comune solo il sorriso.
-Non dico di non essere più quel ragazzino assolutamente normale che sapeva solo far ridere le persone combinandone di tutti i colori, ma posso dire di essermi dato la possibilità di diventare anche altro... L'unico modo, però, è stato fregandomene di quello che la gente pensava a meno che non si trattasse delle persone a cui tenevo.
-Già, ma tu non sei imbarazzante come la sottoscritta.
-Sono scappato dalla palestra appena ti ho vista ed ho cambiato orario per settimane. Non credo tu sia l'unica imbarazzante tra i due.
Lacey si ritrovò a sorridere e si perse a guardare ancora la foto di quel giovane Joe che, secondo lei, aveva in qualche modo già tutte le carte in regola per diventare qualcuno di speciale. Ma forse lo diceva solo perché sapeva com'era andata a finire.
-Comunque quella notte non è successo nulla.
-Cosa?!
Lo stava fissando con la bocca aperta, non proprio sicura di aver capito bene che cosa Joe avesse appena detto. In compenso lui optò per giocare con l'anello che portava al pollice, privandola della possibilità di guardarlo negli occhi.
-Quella notte non è successo nulla. Non abbiamo fatto sesso.
-Ma... Ma allora perché ero nuda quando mi sono svegliata?!
Lacey si costrinse a non urlare perché era circondata da gente, ma l'istinto era quello di saltare sulla sedia e dare spettacolo come mai prima di quel momento.
-Perché...
Joe sospirò e Lacey si preparò, in qualche modo, al peggio. In tutta sincerità, però, non voleva neppure immaginare quale potesse essere il “peggio”. Quando le iridi tempestose di Joe si riposarono sul suo volto, Lacey fu sicura di aver emesso un minuscolo sospiro che cercò di nascondere con un fintissimo colpo di tosse.  
-Perché abbiamo parlato tutta la notte e quando verso le cinque di mattina le cose si sono fatte più... Interessanti, mettiamola così... Neanche il tempo di toglierci i vestiti che tu stavi...
-Joe...
L'aveva praticamente sussurrato, perché l'ansia le stava divorando qualsiasi forza avesse in corpo: che diamine poteva aver combinato?
-Ti sei addormentata. Come un sasso, tra l'altro.
Impiegò meno di due secondi per scoppiare a ridere, facendo girare metà degli avventori del caffé nella loro direzione. Si lasciò andare a quella risata incontrollata, completamente incurante dello sguardo scioccato di Joe, che la guardava come se fosse pazza. Lacey valutò di esserlo sul serio.
-Non per fare lo stronzo, ma cosa ci sarebbe di così tanto divertente?
Lacey lo guardò e si rese conto che, in fin dei conti, quella situazione si era rivelata surreale fin dall'inizio, quindi perché non poteva semplicemente seguire il corso degli eventi e lasciare che si trasformasse nella migliore storia che Leighton avrebbe mai potuto raccontare al suo funerale? No, okay: era impazzita davvero.
-C'è di divertente che tu non abbia nemmeno idea di quali fossero gli scenari che ho immaginato da quando mi sono svegliata nel tuo letto. E credimi: il fatto di sapere di essermi semplicemente addormentata mi fa molto ridere.
-A me non fa per nulla ridere, dato che mi hai lasciato con un palmo di naso.
Lacey non era pronta ad una risposta del genere. Non lo era in quel momento e con ogni probabilità non lo sarebbe stata nemmeno tra un milione di anni, perché il pensiero di essere il desiderio di un ragazzo, per di più affascinante ed interessante come Joe, faticava anche solo ad entrare nel suo cervello.
-Scusa?
-Ho detto che...
-Sì, ho sentito quello che hai detto ma non credo di averne capito il senso.
Joe rise ed assunse un'espressione che a Lacey sembrò tanto quella di uno che la sapeva lunga su di lei e le sue insicurezze. L'ennesimo dubbio atroce la assalì e non riuscì, ancora una volta, a tenere la bocca chiusa.
-Joe, che cosa ti ho raccontato quella sera?
Per la prima volta lo vide titubare davvero prima di risponderle, lasciando che le sue iridi terribilmente celesti la contemplassero senza ritegno, ma il momento fu interrotto dal suo cellulare, che si mise a squillare ad un volume assurdo. Joe guardò il mittente della chiamata, ma non rispose.
-Non rispondi?
-E' solo Josh che vorrà sapere se può passare a casa mia per giocare a Fifa: può aspettare.
-Okay...
Non sapeva più cosa dire: se avesse insistito sull'avere dettagli della conversazione di cui non ricordava nulla, probabilmente sarebbe parsa invadente; ma se non l'avesse fatto si sarebbe lasciata corrodere dal dubbio per chissà quanto tempo.
-Si può sapere a cosa stai pensando ora?
Lacey si liberò dal labirinto di pensieri in cui si stava perdendo e trovò Joe che la guardava con un'espressione incuriosita che gli sollevava leggermente gli angoli della bocca fina.
-Io... Nulla. Lascia stare.
-Facciamo così: io ti racconto per filo e per segno che cosa ci siamo detti quella notte e tu prometti di smetterla di preoccuparti di quello che penso di te.
Lacey valutò per un secondo i pro e i contro e reputò quel patto sufficientemente vantaggioso per lei: almeno le avrebbe fatto trascorrere qualche altro minuto con Joe.
-Va bene. Però cominci tu.
Joe scosse la testa, si passò di nuovo le mani tra i capelli e poi le intrecciò sopra il tavolino, puntando tutta la sua attenzione su di lei. Lacey dovette imporsi di respirare normalmente.
-Allora... Abbiamo parlato di noi. Non di noi come coppia, o simili, eh! Di noi come... Sì, come persone.
Lacey si rese conto solo in quel momento che se lei era terrorizzata del giudizio degli altri, Joe era assolutamente incapace di mostrare la sua parte più sensibile a qualcuno.
-Okay... Diciamo che potremmo esserci raccontati cose...
-Joe...
-Sì?
-Pensi di farcela a specificare un po' meglio quel “cose” o credi ti venga un colpo apoplettico?
-Ehi!
-Facciamo così... Dimmi solo le cose che riguardavano me, va bene??
-Meglio.
Calò il silenzio e Lacey si appoggiò sul tavolo con i gomiti, le mani a sorreggerle la faccia, un'espressione ormai piuttosto serena sul viso.
-Quindi?
-Sì. Allora... Mi hai raccontato del fatto che sei a Londra perché eri stufa della tua vita... Che non hai intenzione di fare la segretaria in una palestra per tutta la vita... Ah, sì: che odi con tutta te stessa- e cito testualmente- “quelli che vanno i palestra solo per farsi i selfie con il muscolo falsamente sudato”... Che la tua coinquilina te l'avrebbe pagata cara perché ti aveva fatta ubriacare...
-Beh, non è nulla di compromettente allora: le avrei dette anche da sobria quelle cose.
Improvvisamente Joe sembrò riacquisire tutta la sua baldanza e, appoggiati i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani, imitando la posa di Lacey, la guardò con quello che lei avrebbe definito come uno sguardo sornione. Un piccolo Stregatto in carne ed ossa.
-Non hai detto solo questo...
Erano entrambi sporti in avanti, a dividerli forse qualche centimetro o la paura di commettere un errore. Lacey non riusciva a trattenersi dal vagare con lo sguardo da quegli occhi azzurro Pantone a quelle labbra disegnate con una matita 3H. Allo stesso tempo, poteva percepire le occhiate che Joe lanciava ad ogni singolo centimetro di pelle del suo viso, rischiando di mandarla in autocombustione in qualsiasi momento.
-Cos'altro allora?
Non sapeva bene come fosse riuscita a trovare quel filo di voce per parlare, ma fu particolarmente contenta di averlo fatto, perché il tono roco con cui lui le rispose fu una delle cose più sexy che avesse mai sentito, seconda solo ad Harry Styles che urlava “oh yeah!” durante i concerti.
-Hai parlato di come tutti i tuoi ex facessero pietà a letto, che forse il problema eri tu che non ti accontentavi mai... Di come cercassi qualcosa di trasgressivo e che magari io...
-No, okay! Basta!
Lacey si allontanò di colpo e si mise le mani davanti la faccia: che diavolo aveva combinato?! Lei non era mai stata così sfacciata e men che meno una che si lamentava se qualcuno andava a letto con lei. Che poi, in tutta sincerità, non poteva nemmeno vantare così tanti metri di paragone, dato che era stata assieme solo a due persone da quando era sessualmente attiva e per decisamente troppo poco tempo per annoiarsi. Un sospetto si fece largo nella sua testa e, con calcolata lentezza, riabbassò le mani sul tavolo, incenerendo con lo sguardo il ragazzo che, bellamente stravaccato sulla sedia di fronte a lei, se la rideva di gusto.
-Brutto idiota, mi stavi prendendo per il culo!
-Ma magari...
-Joe!
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa e si rimise seduto come una persona civile.
-Okay, scusa... E' solo che sei estremamente carina quando ti arrabbi.
-Fidati: non mi hai mai visto davvero arrabbiata... E no, non ti conviene se te lo stai chiedendo.
Si voltò a guardare verso la porta del locale, dove intravvedeva finalmente delle affollate strade londinesi inondate da un brillante sole primaverile. La pioggia era sparita.
-Lacey?
-Sì?
-Che programmi hai per questa sera?
Lacey riportò tutta la sua attenzione sul ragazzo in attesa di risposta davanti a lei e si chiese se tutta quella scena stesse realmente accadendo o se un abbaglio causato dal sole le stesse provocando allucinazioni.
-Io... Sono a casa... Credo.
-Credi?
-Non si sa mai. Potrebbe essere il secondo o il quarto mercoledì del mese, in cui Leighton vuole a tutti i costi andare al cinema, indipendentemente da quello che proiettano... Oppure potrebbe essere il primo giovedì del mese o il terzo, in cui bisogna per forza provare cibi provenienti da paesi misconosciuti e sperare di non avere qualche reazione allergica... O magari potrebbe essere uno dei frequentissimi lunedì in cui Leighton è stanca della sua vita e vuole fare qualcosa di diverso tipo maschere per il viso con qualche fossile risalente al Paleolitico o cercare su Internet siti di appuntamenti per cuori infranti...
-Lacey è venerdì oggi. Ma in ogni caso, ho capito.
Lo guardò per un secondo, questa volta senza capire lei che cosa stesse succedendo.
-Che intendi, scusa?
Joe stava recuperando il cellulare dal tavolino e sembrava sul punto di andarsene da un momento all'altro: Lacey fu costretta ad ammettere a sé stessa che un piccolo attacco di panico le stava attanagliando lo stomaco.
-Joe?!
Il ragazzo si fermò e la osservò per qualche istante, come se stesse valutando probabilmente il suo livello di stupidità o almeno così parve a Lacey, che però lo lasciò fare.
-Davvero non l'hai capito?
-Cosa?!
Okay, quella domanda aveva assunto un tono più frustrato e disperato del dovuto, ma Lacey non ci fece quasi caso, perché tutta la sua attenzione era focalizzata su quel ragazzo che si stava sistemando i capelli, ancora umidi di pioggia, per la ventesima volta in mezz'ora. Trattenne il respiro quando li vide scorrere tra le sue dita magre.
-Che ci sto palesemente provando con te! Ti ho appena chiesto di uscire per un appuntamento e tu hai tirato fuori le storie più assurde che io abbia mai sentito per dare buca a qualcuno...
-Ehi! Quelle non sono storie! La mia vita con Leighton funziona sul serio così! E mi dispiace se non sono come tutte le ragazze che solitamente ti girano attorno, se sono strana e poco compatibile con i tuoi standard e se non capisco al volo quando un ragazzo ci prova con me... Mi dispiace, ma sono fatta così e ti posso assicurare, che ho provato a cambiarmi per gli ultimi ventitré anni di vita, ma prima o poi uno deve anche rinunciare ed arrendersi alla realtà dei fatti.
Joe inchiodò il suo sguardo in quello di lei e Lacey ebbe come la sensazione che il ragazzo stesse scrutando nei meandri dei suoi occhi alla ricerca di qualcosa. Forse una certezza, una rassicurazione che lei fosse sul serio così, che non ci fossero maschere a renderla a tal punto particolare.
-Se vai avanti così, conoscerai anche il mio strabismo di Venere.
Fu allora che Joe scoppiò a ridere nella risata più spontanea che gli avesse mai sentito fare e Lacey si lasciò andare sulla sedia: quella conversazione la stava sfiancando sia fisicamente che psicologicamente.
Quando si fu calmato, aggirò il tavolino, si piazzò vicino alla sua sedia e le porse una mano.
-Gentile Signorina Lacey: acconsentirebbe a farmi il grande onore di cenare con il sottoscritto, codesta sera?
Ed avvenne l'epifania. Lacey si accorse di non essere l'unica ad avere qualche serio problema con il rispettare i canoni della normalità, ma in fin dei conti, se erano già in due ad essere extra-ordinari, forse erano semplicemente gli altri ad essere noiosi.   
Afferrò la mano di Joe e con un sorriso che era sicura essere a dir poco ebete, accettò il suo invito.

Esisteva un'intera lista di cose che Lacey si era ripromessa di non fare mai nella vita. Tra queste rientravano: chiedere consigli di moda a Leighton; andare al primo appuntamento a casa di un ragazzo; mangiare un club sandwich davanti al tipo che le piaceva prima del decimo appuntamento. Era andata a finire che, per colpa di Joe, le aveva fatte tutte in una sola serata. I consigli di moda erano stati più o meno imposti quando, uscita dalla sua camera con indosso un paio di jeans scuri ed una maglietta maniche corte a righe bianche e nere, Leighton l'aveva letteralmente trascinata dentro il suo armadio per spogliarla a forza e lanciarle addosso una combo dei suoi vestiti. Era stata un'esperienza traumatica che si era conclusa con lei che si dirigeva verso casa di Joe con addosso un paio di pantaloni neri a vita alta ed un topo talmente striminzito che per la prima volta nella sua vita Lacey ringraziò di avere poche tette. Leighton le aveva concesso di mettersi su il giubbotto di jeans, dato che doveva farsi tutta la strada a piedi e di non indossare i tacchi, ma questo non la preservò dalla sequela di commenti e fischi che si prese mentre percorreva i venti minuti di camminata fino all'appartamento di Joe. E qui arrivava la seconda trasgressione alla lista: l'avevano deciso appena usciti dal book caffé, quel pomeriggio, dopo che Joe si era imposto per offrirle il tea. Aveva sostenuto che, anche se non gli accadeva così spesso, sarebbe stato meglio rimanere in casa per non essere disturbati da qualche fan, almeno per la loro prima uscita senza essere ubriachi e Lacey non aveva potuto far altro che accettare. Per quanto riguardava il club sandwich e la maniera alquanto imbarazzante in cui lei lo mangiava, anche quella volta era stata colpa di Joe che, dopo aver scelto l'appuntamento in casa sua, le aveva chiesto se potesse preparare lui da mangiare, dato che stava facendo pratica con le ricette di Gusto, asserendo che si sarebbe però limitato a dei deliziosi club che sapeva già gli sarebbero venuti divinamente. Anche in quel caso, Lacey non aveva potuto far altro che arrendersi di fronte all'espressione euforica del ragazzo.
Così, ora, si ritrovava di fronte alla porta in legno chiaro di casa Sugg, vestita come se fosse la cugina di settimo grado di Kendall Jenner, pronta per mangiare dei club sandwich di fronte ad un ragazzo che le piaceva più del dovuto. La sua vita doveva essere un'enorme barzelletta.
Suonò il campanello vicino alla porta, nonostante Joe l'avesse già vista dal citofono del portone d'ingresso dell'edificio, che le aveva educatamente aperto poco prima ed attese. Sapeva di essere troppo agitata, ma magari avrebbe trovato un modo per gestire la cosa.
Sentì il rumore di musica rap provenire dall'interno dell'appartamento e il cozzare di quello che immaginò essere un mestolo di acciaio contro il marmo della cucina: almeno sapeva di non essere l'unica agitata. Pochi secondi dopo, la porta si aprì e Lacey credette sul serio di poter avere un infarto nonostante i suoi miseri ventitré anni di vita. Indossava una camicia. Joe stava indossando una dannata camicia bianca con una fantasia a sprazzi di colore nero che era piuttosto sicura fosse di Topman e che gli stava incredibilmente bene.
-Ehi! Ben arrivata.
-Gr... Grazie.
Non sarebbe arrivata al termine della cena se continuava così. Specialmente se Joe si fosse ostinato a sogghignare per ogni sua espressione imbarazzante o per qualsiasi imprevisto le fosse capitato.
-Vieni, entra...
La lasciò passare e si fermò, in attesa di poterle prendere il giubbotto, cosa che inquietò non poco Lacey: e se fosse voluta scappare? Come avrebbe fatto senza giubbotto? Ma perché se la sarebbe dovuta dare a gambe, in ogni caso?
-Lacey?
-Sì?
-Lo vuoi tenere il giubbotto o posso metterlo nel guardaroba?
-Io... Sì. Tieni.
Se lo sfilò di dosso e glielo passò, cercando di guardare discretamente dove lo stesse riponendo: in caso ne avesse avuto improvvisamente bisogno, tutto qui.
-Lacey, stai bene?
-No.
-Hai bisogno di qualcosa? Devi sederti? Ti viene da vomitare?
Come poteva spiegargli che non stava fisicamente male, ma che era solo emotivamente incapace ad affrontare un primo appuntamento, il tutto senza sembrare completamente sciroccata? No, non esistevano metodi abbastanza efficaci per far sì che lui non la prendesse per pazza.
-Joe sei obbiettivamente troppo.
-Che?
La confusione che gli si dipinse sul volto, fece intuire a Lacey come il suo discorso non stesse andando per nulla nella direzione che sperava lei. Così prese un respiro profondo e cercò di essere il più sincera possibile.
-Tu sei obbiettivamene troppo per me... Sei bello da far quasi soggezione, hai un carisma che abbaglia chiunque... E sì, se te lo stai chiedendo ho visto più di qualche tuo video... E sei assolutamente capace di gestire situazioni come questa... Cosa che, in tutta sincerità, dovrebbe essere immediata per tutti, ma non per me... I primi appuntamenti mi stressano, mi fanno sentire inadeguata e tu sei a dir poco perfetto.
Era assolutamente cosciente di aver appena sputato fuori un'accozzaglia di confessioni imbarazzanti che non avevano né capo né coda, ma non ci poteva far nulla: quando era così agitata, cominciava a parlare a raffica senza saper bene che cosa la sua bocca stesse producendo.
-Ho bruciato i club.
-Che?
Questa volta fu lei a non capire e lo guardò grattarsi la nuca, mentre sorrideva mestamente, gli occhi stretti quasi a due fessure che però brillavano di una qualche strana emozione.
-Stavo cucinando, quando mi sono visto sul riflesso del frigo ed ho pensato che fossi impresentabile, così sono andato a cambiarmi... Una, due... Sette volte ed ho bruciato tutto.
Quel pomeriggio, quando erano sotto la tenda del book caffé, Lacey aveva percepito una certa elettricità attorno a loro, come una voglia di far qualcosa che però non era permesso. In quell'istante, quella stessa elettricità sembrava essere tornata, solo almeno mille volte più forte. Forse perché, questa volta, Lacey sapeva che cosa avrebbe tanto voluto fare: ma non si baciava uno ragazzo praticamente misconosciuto dopo appena due passi nel suo appartamento, no?
-Quindi sì: non sei l'unica a non saper gestire certe cose.
Lacey lo guardò per un attimo, fasciato nella sua camicia firmata, i jeans neri che gli stringevano perfettamente le gambe ed i piedi scalzi che toccavano il pavimento freddo: forse dovevano semplicemente smetterla di fare le cose come tutti gli altri.
-Che ne dici se questo non è più un appuntamento?
-In che senso?
-Nel senso che ci sediamo sul divano, mangiamo qualcosa di anche solo vagamente commestibile e nel mentre guardiamo qualcosa alla tv.
Joe valutò per un secondo l'idea e poi parve rilassarsi, aprendosi in un sorriso spettacolare.
-Dovrei riuscire a fare dei french toast con quello che è rimasto... E va bene lo stesso se è uno schermo a muro e non una tv?
-Direi che è perfetto.
 
Erano seduti sul divano, davanti lo schermo che si era rivelato essere davvero il muro del salotto su cui un proiettore gettava immagini in 4k e Joe aveva deciso che una puntata The Mentalist potesse fare al caso loro, mentre cercavano di mangiare con i piatti appoggiati sulle gambe. Erano però entrambi troppo impegnati a mantenere una certa millimetrica distanza di sicurezza tra loro per anche solo rendersi conto di che cosa stessero guardando. Lacey diede un morso al french toast che Joe era riuscito a preparare con ciò che gli era rimasto dopo la combustione per colpa del cambio d'outfit e sentì chiaramente che le si stava sfaldando tutto il panino in mano, rischiando di schiantarsi dentro la salsa rosa che aveva preparato lei stessa. Mandò giù il boccone nella maniera più elegante che le riuscisse, valutando anche di dire di non avere più molta fame per evitare di spalmarsi di formaggio e prosciutto tutta la faccia e il top, ma optò invece per rompere quel silenzio carico di aspettativa in cui era caduto Joe, forse attendendo un suo giudizio sul suo operato da cuoco.
-Sono buonissimi, ma non mi guardare mentre mangio.
-E perché?
-Perché sono imbarazzante e pastrocchio dovunque.
-Hai della salsa rosa vicino al labbro.
-Ecco, appunto.
Lacey fece per pulirsi, maledicendosi già mentalmente per aver infranto una delle sue regole fondamentali, ma Joe le bloccò la mano.
-Faccio io.
Aveva parlato con un tono di voce decisamente troppo basso perché non risvegliasse le farfalle obese che alloggiavano nello stomaco di Lacey ed il fatto che le loro mani fossero ancora una a contatto con l'altra non aiutava sotto nessun punto di vista.
Lo vide avvicinarsi con le labbra socchiuse verso il suo viso e fu un attimo: la sua lingua uscì fulminea a leccarle via la salsa dal labbro, allontanandosi poi di colpo, sghignazzando. Lacey rimase scioccata per mezzo minuto buono, chiedendosi se il formaggio francese che Joe aveva ordinato via Internet non fosse in realtà un potente allucinogeno. Quando lo sentì ridere più forte al suo fianco, non riuscì a trattenersi.
-Che schifo!
-Si, abbastanza. Soprattutto perché hai otto quintali di trucco.
-Sai com'è: non avevo contemplato di essere leccata come un ghiacciolo.
Si guardarono per un istante soltanto ma bastò per farli scoppiare a ridere entrambi.
-Mangia va.
Lacey riprese a mangiare, ma era cosciente del fatto che Joe le lanciasse occhiate in continuazione, sorridendo come un bambino al parco giochi.
La puntata scorreva indisturbata alla televisione e nessuno dei due sembrava avere il coraggio per rompere lo strano silenzio che si era creato tra loro, cosa che invece rischiava di mandare in frantumi l'equilibrio psicologico di Lacey. Che diamine stava combinando? Insomma, che cosa stava cercando di ottenere Joe con tutta quella storia della cena a casa sua? Voleva semplicemente raggiungere l'obbiettivo che non era riuscito a centrare la prima volta? Lacey si diede mentalmente dell'idiota, dato che si stava immaginando come una sfera dipinta con centri concentrici che convergevano giusti sulla sua vagina. Per poco non si soffocò con l'ultimo boccone di toast che aveva appena messo in bocca.
-Tutto apposto?
-Io...
Tossì un'altra volta e vedersi il volto leggermente preoccupato di Joe a meno di dieci centimetri dalla sua faccia non l'aiutò per nulla, così si alzò dal divano e cercò di riprendere fiato.
-Sì. Sì, sto bene...
Doveva allontanarsi da lì il più velocemente possibile e chiarirsi un attimo le idee.
-Se mi dai il piatto, li porto giù...
Joe guardò confuso il piatto vuoto che aveva in grembo e glielo porse senza capire bene che cosa stesse accadendo. Lacey lo afferrò al volo, stando bene attenta a non sfiorare in alcun modo le dita del ragazzo e si diresse a passo spedito verso la cucina, dove lanciò i piatti dentro il lavello con un po' troppa foga. Si appoggiò al pianale della cucina, dando le spalle al resto dell'openspace che comprendeva anche il divano su cui era seduto, probabilmente in uno stato di confusione totale, il povero Joe.
Respirò a fondo due volte e poi valutò il da farsi: se ne sarebbe potuta andare, inventandosi una scusa qualsiasi; oppure avrebbe potuto scrivere a Leighton di chiamarla, fingendo una qualche emergenza imprescindibile; o magari si sarebbe potuta esibire in un'esplosione di sincerità e dirgli che non solo non era fatta per gli appuntamenti, ma che pure la vita sociale in generale le causava parecchi problemi e che stava valutando di ritirarsi in un eremo sull'Himalaya. Qualsiasi cosa pur di non dover vedere ancora il sorriso incredibilmente attraente che Joe continuava ad avere dipinto in faccia.
-Se ti confesso una delle cose che ti dissi quella notte su di me, mi prometti di girarti e dirmi che ti passa per la testa?
Lacey era talmente persa nei suoi pensieri che sussultò a sentire quella voce così vicina, perché era quasi certa che fosse giusto alle sue spalle, ad una distanza massima di due passi e la cosa non la rassicurava per nulla. Però Joe le stava proponendo di mettersi in difficoltà tanto quanto lo era lei, quindi lo poteva considerare uno scambio sufficientemente equo. Si voltò con calma, appoggiandosi al lavabo e non si sorprese quando lo vide in piedi di fronte a lei, le braccia tese a sostenerlo sul bancone della cucina dietro di lui. Le sorrise e Lacey perse almeno dieci minuti di vita. Da quando aveva tutte quelle attraenti vene sui muscoli tesi dell'avanbraccio?
-Odio i primi appuntamenti... A dire il vero, odio proprio tutta quella fase dove le ragazze non mi conoscono ed io mi atteggio a ciò che non sono... E dato che sono a dir poco pessimo a fingere, finisco nella friendzone più o meno dopo la prima scopata. Motivo per cui non ho una ragazza fissa.
A Lacey venne da ridere. Parecchio. Perché se c'era una situazione che conosceva alla perfezione era proprio quella della friendzone. Logicamente esclusa la scopata, ma ignorò del tutto quel particolare.
-Ehi! Non si ride delle disgrazie altrui.
-Non avere la ragazza fissa non la considererei come una disgrazia, Joe...
-Oh questo lo credi tu. Lo è eccome, se praticamente tutti i tuoi vecchi amici sono ultra fidanzati, se non addirittura sposati o in procinto di farlo, mentre quelli nuovi sono troppo giovani anche solo per pensarci.
Lo vide giocare con l'anello che portava sul pollice e capì che sul serio per lui quello era un problema non da poco. Valutò come lui vivesse da solo, come, nonostante i suoi amici gironzolassero sempre per casa sua, non fosse la stessa cosa di sapere che ci sarebbe stato qualcuno ad aspettarlo a casa ogni sera.
-Magari non hai ancora semplicemente incontrato la persona giusta.
Non voleva insinuare niente con quella frase, men che meno che fosse lei la ragazza adatta a lui, anche perché era quasi sicura non fosse così, però le risultava davvero difficile comprendere per quali astruse motivazioni Joe fosse ancora single.
-L'hai detto anche quella notte...
Lacey spostò il suo sguardo sul volto di Joe e lo colse a guardarla di nuovo in quel modo che poteva dire solo una cosa: baciami. E l'avrebbe fatto davvero, se non fosse stata schifosamente terrorizzata da quello che sarebbe potuto accadere dopo.
-Ed incredibilmente non ho pensato che lo dicessi tanto per dire o che ci stessi provando con me... Sai, è questo che mi lascia basito di te: sei sincera in maniera assurda con gli altri, eppure continui a rimanere un mistero.
-Un po' come il gioco della bottiglia: sai cosa ti aspetta ma non sai mai a chi capiterà.
Joe rimase un secondo a guardarla e Lacey fu piuttosto convinta di aver appena sparato l'idiozia del secolo. Invece, il ragazzo si mise a sorridere e ad annuire così convintamente che temette per la salute del suo lungo collo.
-Sì. Esatto! Vedi? Solo a me potrebbero venire in mente cose del genere ed invece no: tu hai la mia stessa testa!
-Non credo sia un complimento, Joe...
Lo vide scuotere la testa, fintamente esasperato, il sorriso che aveva stampato in faccia che non accennava a diminuire. Quando la riguardò di nuovo in viso, i suoi occhi le parvero mille volte più brillanti, come se i pigmenti di azzurro che li caratterizzavano si fossero accesi di un bagliore speciale.
-Ora mi dici che ti è preso?
-Niente.
Ed era davvero niente. Improvvisamente le sembrò che tutte le paranoie che le avevano attanagliato lo stomaco e il cervello fino a qualche minuto prima non fossero che ostacoli a dir poco banali, in confronto alla possibilità di sentirsi ancora osservata da quello sguardo. Si sentiva desiderata. Per la prima volta in vita sua.
-Lacey...
-Davvero. Non è niente. Era qualcosa, ma ora non ha più senso.
Incredibilmente Joe non sembrò confuso dal quel discorso senza un vero e proprio filo logico, ma anzi, parve recuperare un coraggio che doveva trovarsi ben nascosto dentro di lui, data la faccia concentrata con cui le parlò subito dopo.
-Posso fare una cosa?
-Se dico di sì cosa succede?
-Fidati.
Ecco: quella era la richiesta del secolo. Fidarsi di un ragazzo che sembrava interessato a lei, cosa di cui non le risultava chiaro il perché. Non era sicura di poterlo fare, ma Joe era a dir poco attraente in quella camicia fin troppo sbottonata, accompagnata dal suo miglior sorriso malizioso e dal fatto che le avesse dedicato obbiettivamene già una quantità spropositata di tempo considerato chi era lui.
-Va bene.
Trattenne il fiato mentre lo vedeva staccarsi dal piano cottura dietro di lui e colmare la distanza che li separava, mentre la sigla di un nuovo episodio di The Mentalist copriva il rumore assordante del suo cuore. Lacey temette di avere un infarto da un momento all'altro.
Invece fu decisamente più fortunata.
Joe si fermò ad un soffio dal suo petto, il viso così vicino a quello di Lacey che la ragazza poté sentire il calore del suo respiro sulle guance. Alzò lentamente una mano, lasciando che le dita scorressero lente lungo tutto il braccio di Lacey, posandosi poi a lato del suo viso, la pelle calda del palmo che incendiava il volto già bollente per l'imbarazzo di Lacey. Non si era mai sentita così viva come in quel momento, ma soprattutto non si vergognò in nessuna maniera quando gli occhi di Joe scorsero lungo tutto il suo volto alla ricerca di una qualsiasi reazione, temendo forse che lei potesse sfuggirgli in un solo istante.
Ma tutto passava nella mente di Lacey, eccetto l'idea di allontanarsi da lui per qualsiasi motivazione.
Joe lasciò un'ultima, gentile carezza con il pollice sulla sua guancia e poi si sporse in avanti, premendo le sue labbra sottili su quelle di Lacey. Vide il mondo esplodere sulle pareti scure delle sue palpebre e uno spettacolare gioco di fuochi d'artificio occupò tutto il suo cervello mentre socchiudeva le labbra e il bacio si faceva più appassionato. Joe spostò l'altra mano sulla sua vita, cercando di tenerla più vicina e Lacey ricordò quella sensazione, il freddo muro di un locale a premerle sulla schiena. Ma in quell'istante non c'era nessuna traccia di alcol a scorrerle nelle vene, nessuna musica a stordirle il cervello, nessun tipo di domanda a cui non sapeva dar risposta. Era lì perché voleva esserci. Stava baciando quel ragazzo perché lo desiderava. Joe era il ragazzo che le piaceva e la stava baciando magnificamente.
Sorrise, istintivamente, mentre ancora le loro labbra erano attaccate e Joe la imitò qualche secondo dopo, terminando il loro primo vero bacio sobrio, ma restando abbastanza vicino da permetterle di sentire tutto il suo corpo spiaccicato addosso. La palestra stava decisamente dando i suoi frutti.
-Posso?
Lacey non capì che cosa intendesse con quella domanda, ma in quel momento non avrebbe capito nemmeno se qualcuno le avesse chiesto il suo nome tanto era euforica ed in preda alle emozioni, così asserì semplicemente con la testa. Nell'arco di due secondi, era inspiegabilmente seduta sul bancone di marmo dietro di lei, le gambe intrecciate dietro la schiena di Joe, che si era già rifiondato con rinnovato vigore sulle sue labbra. Lacey non riuscì a trattenersi dall'infilare le mani in mezzo ai suoi capelli e, quando lo sentì mugugnare, cominciò pure a giocherellarci. C'era qualcosa di assolutamente adolescenziale ed insensato in quella pomiciata, ma Lacey ne era a dir poco estasiata.
Quando le loro labbra si staccarono, quella volta, avevano entrambi il fiato corto e Lacey era piuttosto sicura di avere la faccia rossa come un peperone ed i capelli più simili ad un cespuglio che ad un'acconciatura. Ma, sinceramente: non gliene importava un fico secco. Almeno, non finché Joe le metteva dietro un orecchio una ciocca ribelle che le era finita davanti gli occhi. Si sarebbe potuta sciogliere per una cosa del genere o veder comparire unicorni attorno alla testa del ragazzo. Si diede mentalmente dell'idiota per entrambe le opzioni.
-Non ci credo.
Joe aveva appena parlato e Lacey non era sicura di aver capito bene che cosa avesse detto, tanto era persa nella sua euforia emotiva.
-Come?
-E' meglio di quanto ricordassi...
-Cosa?
Lacey cominciava sul serio a non capirci più un tubo.
-Toccarti... Baciarti...
Mai, nella sua vita, qualcuno le aveva anche solo lontanamente confessato una cosa del genere. Così, senza pensarci un solo secondo in più, si rifiondò sulle labbra di Joe, che la accolse con un sorriso e poi si rimise subito all'opera, lasciando che le loro bocche si assaggiassero a vicenda. Bastò, però, un solo piccolo spostamento del sedere di Lacey verso il fondo del bancone di marmo e boom: il danno era fatto.
-Ahia!
Joe si staccò immediatamente da lei, mentre Lacey faceva scattare la mano verso la parte di testa che aveva cominciato a pulsare e dolere in maniera quasi insopportabile: le sembrava che l'angolo della cappa per catturare gli odori del cibo le si fosse sostanzialmente ficcato dentro il cranio.
-Che è successo?
Joe la guardava confuso, il viso ancora arrossato per il bacio passionale di qualche istante prima e la sua espressione impiegò meno di un secondo a passare dalla confusione al panico quando vide le condizioni della mano di Lacey. L'aveva appena tolta dal punto in cui aveva sbattuto e sembrava che si fosse appena spremuta un intero tubetto di Ketchup sul palmo. C'era sangue ovunque. La riportò immediatamente sul buco che doveva avere in testa e fissò Joe senza sapere bene che cosa fare: ma era mai possibile che capitassero sempre tutte a lei?!
Il ragazzo era letteralmente sbiancato e la guardava con uno sguardo che definire vacuo sarebbe stato un enorme complimento. Le venne il dubbio che avesse la fobia del sangue: in quel caso, si sarebbe lasciata morire dissanguata, incredula di fronte al sarcasmo che il fato possedeva nei suoi confronti.
-Ti prego, dimmi che non ti fa schifo il sangue.
Joe, all'udire la sua voce, sembrò come risvegliarsi da un incubo ed afferrò al volo uno strofinaccio pulito dal cassetto vicino a lui e, spostando delicatamente la mano di Lacey, la sostituì con il tessuto, che tenne saldamente premuto. Poi, con quasi un mezzo sorriso, si mise a due centimetri dal suo viso e le parlò con una tono di voce che calmo e rassicurante, come si sarebbe aspettata da un genitore in caso di necessità.
-Diciamo che non vado pazzo per il sangue, ma per tua fortuna ho seguito molto bene i corsi di primo soccorso quando facevo l'impagliatore.
Lacey sorrise, incapace di trattenersi dal fissare quelle labbra solitamente rosate, che in quel momento invece erano di un meraviglioso color carminio per colpa dei baci che si erano scambiati. Era presa talmente male, che Joe riusciva persino a farle dimenticare di avere un buco aperto nella testa da cui continuava a zampillare sangue. Era fottuta.
-Un ragazzo dalle mille sorprese.
-Non ne hai idea...
Joe si avvicinò per lasciarle un leggero bacio a stampo, ma nel farlo premette inavvertitamente sulla ferita e Lacey lanciò un mezzo grido di dolore: okay, magari se lo ricordava ancora del foro sulla testa. Joe si allontanò con occhi critico e scosse la testa, incredulo probabilmente della piega che stavano prendendo le cose. Lacey avrebbe tanto voluto dirgli che se voleva uscire con lei, era il caso ci facesse l'abitudine, ma la testa cominciava a farle davvero un gran male e anche solo pensare stava diventando difficile.
-Direi che una gita all'ospedale non ce la toglie nessuno.

C'erano infiniti modi per conoscere gli amici del ragazzo che ti piaceva. Farlo con il trucco sbavato, i capelli scompigliati e uno strofinaccio premuto in testa, per altro mezzo zuppo di sangue, non rientrava tra questi. Ma fu così che Lacey fece la conoscenza di Olly, uno degli amici di Joe, anche lui youtuber, che a quanto pareva possedeva una macchina senza dover farli aspettare per un Uber. Quando scesero in garage, dove il ragazzo stava giustappunto parcheggiando la macchina, Lacey si chiese che diamine di impressione avrebbe fatto a quel povero tipo e soprattutto che cosa diavolo gli avesse raccontato Joe per farlo arrivare così in fretta nel bel mezzo di un venerdì sera londinese.
-Joe...
-Sì? Ti senti male?
Il ragazzo stava camminando al suo fianco, un braccio attorno alla sua vita come se temesse che potesse svenire da un momento all'altro, quando invece, nella testa di Lacey, l'unico motivo per cui le sue gambe avrebbero potuto smettere di sorreggerla era proprio per quella vicinanza con il petto di Joe.
-No. Mi stavo solo chiedendo che cosa penserà Olly di me, quando...
Joe si voltò a guardarla abbastanza sconcertato, come se non potesse credere che il suo pensiero in quel momento fosse che opinione si sarebbe fatto di lei il suo amico e tutto sommato, Lacey dovette ragionare che non aveva tutti i torti. Forse non era davvero normale.
-Olly penserà solo a quanto sei sfortunata per esserti fatta un buco sulla testa mentre eri ad un appuntamento con me. E lo penserà per l'appuntamento, non per il foro.
Lacey avrebbe tanto voluto baciarlo in quel momento, ma una fitta alla testa le impose di non provarci nemmeno. Ormai erano arrivati alla macchina sportiva blu elettrico più costosa che Lacey avesse mai visto dal vivo.
-Ehi! Come stai? Io sono Olly, piacere.
-Lacey, piacere mio.
Gli strinse la mano, ma la testa cominciava sul serio a tartassarla, così non riuscì a nascondere una smorfia di dolore.
-Mi dispiace conoscerti così... Joe c'ha parlato un sacco di te.
Forse non avrebbe dovuto vederlo, ma lo sguardo omicida che il povero Olly subì da Joe fece sorridere internamente Lacey, ma se lo tenne per sé.
-Ma credo sia meglio andare ora. Tutti a bordo della navicella spaziale!
-E' un dildo spaziale, Olly. Quante volte devo dirtelo?
Lacey sentì Olly brontolare per quel soprannome tipicamente da Joe e si diresse verso la portiera del sedile posteriore che il ragazzo le stava tenendo aperta. Una volta seduta sui lussuosi sedili in pelle nera, si aspettò di veder richiudere la portiera, cosa che accadde solo dopo che anche Joe fu salito dietro con lei: lo spazio era piccolo, tanto che anche volendolo non si sarebbero potuti sedere lontani l'uno dall'altra. Ma da come Joe le mise un braccio attorno alle spalle, sostituendo così la sua mano a quella di Lacey per sorreggere lo strofinaccio zuppo di sangue, capì che non l'avrebbe fatto in ogni caso. In quello spazio ristretto, con la voce di Olly che parlava tranquillo della sua serata e il petto caldo di Joe a cui appoggiarsi, Lacey si lasciò incredibilmente andare, permettendo al ritmo costante del cuore di Joe di diventare l'unico contatto con il mondo reale, mentre chiudeva lentamente gli occhi.

-Lacey. Ehi... Siamo arrivati.
Riaprì gli occhi per ritrovarli inondati da una luce al neon decisamente abbagliante ed una scritta “ospedale” che avrebbe attirato l'attenzione anche di un cielo. La portiera era già aperta dietro le spalle di un Joe che la guardava sorridente: Lacey non volle nemmeno immaginare quale potesse essere il suo aspetto il quel momento. Lo seguì fuori della macchina e ringraziò il cielo di dar sempre retta ai consigli di sua madre sul portarsi in borsa tutti i documenti necessari. Olly sporse il pungo dal finestrino e lo fece scontrare con quello che gli stava offrendo Joe.
-Ci sentiamo amico. Se hai bisogno di un passaggio per tornare indietro, chiama pure.
-Vai tranquillo. E grazie di tutto.
-Figurati. Ci vediamo Lacey.
-Certo. E grazie davvero.
Olly sorrise semplicemente e se ne andò verso la sua serata mondana.
-Pronta per questa nuova avventura?
-Sì, signor capitano.
E con la risata di Joe che le risollevava di gran lunga il morale, si diressero verso l'entrata del pronto soccorso.

Straordinariamente non avevano trovato troppa confusione e Lacey aveva aspettato solo una decina di minuti prima di entrare in un ambulatorio e farsi ricucire la testa. Per sua somma gioia non le avevano rapato la testa come quella volta in quarta elementare, quando era stata azzannata da un rotweiller, ma si erano limitati a riattaccarle i lembi di pelle con una specie di colla che si sarebbe riassorbita senza troppi problemi. La garza, però, gliel'avevano messa lo stesso ed era grande quasi quanto metà della sua testa, cosa che non la fece particolarmente contenta, soprattutto quando notò come assomigliasse ad un veterano di guerra dopo un attento sguardo sul riflesso della finestra. Si impose per non essere riportata fuori in sedia a rotelle, sostenendo che c'era arrivata a piedi, con la testa che zampillava sangue da un buco, poteva farcela a maggior ragione ora che era tutta intera. L'infermiera, probabilmente esasperata, glielo concesse dopo aver ottenuto la promessa che si sarebbe riposata per tutto il giorno seguente.
Quando Lacey uscì dall'ambulatorio e tornò nella sala d'aspetto, per poco non sentì il cuore stringersi per qualcosa a cui non sapeva dare un nome ben preciso. Joe era seduto su una delle molteplici seggioline in plastica blu tutte attaccate assieme, le gambe leggermente divaricate e le braccia appoggiate alle ginocchia. Stava giocherellando con un braccialetto, mentre il ciuffo sobbalzava ad ogni movimento nervoso della gamba, nascondendogli completamente il viso. Lacey valutò come le fosse capitato rare volte, nella sua noiosissima vita, di poter anche solo pensare che qualcuno di così incredibilmente speciale potesse star aspettando una persona come lei. Che si rompeva la testa nel momento clou di un pomiciamento; che si addormentava quando aveva la possibilità di finire a letto con il ragazzo più carino che le avesse mai rivolto la parola; che non era capace nemmeno di gestire un primo appuntamento senza mandare sé stessa e l'altra persona nel pallone. Eppure, quando Joe alzò la testa, probabilmente sentendosi vagamente osservato e la vide viva e vegeta sulla porta della sala d'aspetto, le sorrise come se fosse esattamente ciò che stava aspettando. Non da quei dieci minuti di attesa. Da molto, molto più tempo.
Le si avvicinò immediatamente e mentre la osservava con sguardo critico, disse:
-Il bianco non ti dona granché.
Fare dell'ironia sarebbe potuto sembrare vagamente fuori luogo, ma Lacey intuì come dovesse essere l'unico modo di Joe per gestire una situazione come quella. Così decise di stare al gioco.
-Credo sia anche colpa del tessuto: sai com'è, la garza segna parecchio. Però neanche a te dona il sangue sulla camicia, se proprio devo esser sincera...
Joe abbassò lo sguardo e si accorse di come qualche macchia scarlatte si fosse stanziata sulla sula spalla destra, probabilmente di quando Lacey si era addormentata su di lui, in macchina, ma non ne parve particolarmente infastidito. Anzi, sembrò che quello gli avesse dato l'idea per qualcos'altro.
-A questo proposito: andiamo a casa?
Lacey lo fissò, una mano a sfiorare inconsciamente la fasciatura sulla testa, valutando che cosa potessero significare quelle parole: tornare nel suo appartamento? Andare ognuno a casa sua e far finta che nulla fosse successo? Perché diamine non capiva mai le intenzioni di chi aveva di fronte?
-E smettila di torturare quella garza.
Joe le spostò delicatamente la mano dalla testa ed invece di lasciarla andare subito, vi intrecciò le sue dita ed aspettò che Lacey dicesse qualcosa.
-Sì, andiamo.
Per la prima volta in vita sua, Lacey ebbe la sensazione di aver detto qualcosa di sensato. Così uscirono dal pronto soccorso, mano nella mano e salirono nell'Uber che Joe doveva aver chiamato mentre l'aspettava. Appena ebbe dato l'indirizzo all'autista, si voltò verso di lei, appoggiò un braccio sui poggia testa dietro di lui e la invitò con testa ad appoggiarsi a lui. Lacey, incredibilmente, non se lo fece ripetere due volte, rannicchiandosi sul suo petto, e lasciando che lui richiudesse il braccio su di lei come una cintura di sicurezza, finendo per giocherellare con la mano che Lacey aveva abbandonato in grembo.
Rimasero in quella posizione per qualche minuto, l'unico rumore la radio accesa a basso volume su una qualche radio indie che Lacey non conosceva ed era quasi certa che anche Joe avesse gli occhi chiusi e si stesse godendo quel momento, fino a quando non lo sentì parlare.
-Quella notte ti ho raccontato tutto quello che speravo di trovare in una relazione...
Lacey si mise sull'attenti, ma tenne gli occhi chiusi per paura che Joe potesse cambiare idea e troncare quel flusso di confessioni, rimanendo in silenzio.
-E quando ci siamo svegliati e tu non ti ricordavi più nulla, mi sono sentito un idiota...
Ora si spiegavano molte cose, tra cui il fatto che Lacey avesse spesso desiderato soffocarlo per il suo atteggiamento.
-Ma sai qual è la cosa divertente?
Lacey scosse leggermente la testa, sentendo il tessuto della camicia di Joe sfiorarle la guancia e rendendosi conto di non aver fatto una grande mossa quando una fitta lancinante la trapassò da parte a parte.
-Che nonostante tu non ricordassi nulla, mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno. E no, prima che tu lo chieda, non sono stato io a prendere la botta in testa.
Aprì gli occhi e si voltò verso di lui, appoggiato per metà al finestrino della macchina, le luci colorate della strada che illuminavano il viso di Joe nell'oscurità dell'abitacolo, mostrandone uno sguardo a tal punto limpido e vivido che Lacey rimase senza fiato.
Fu in quel momento che si accorse di un'omissione importante che aveva commesso nei suoi confronti: non aveva mai considerato che anche Joe stesse cercando qualcosa. Lacey si rese conto di esser capitata nella vita del ragazzo in un momento particolare, in cui probabilmente era alla ricerca di una persona con cui condividere ciò che gli accadeva.
E Lacey rimase senza fiato, realizzando che ci fosse anche la minima possibilità che quella ragazza potesse essere lei.
La macchina si fermò e Joe si voltò per aprire la portiera e scese. Lacey lo vide dirigersi verso il portoncino del suo palazzo, i pantaloni neri che gli fasciavano le gambe magre, la camicia che aderiva alla schiena a causa dell'aria fredda che si era alzata, portatrice di pioggia.
-Ehm... Io dovrei andare.
Lacey si riscosse dalla contemplazione di Joe e salutò l'autista, scendendo troppo velocemente dalla macchina: l'aria la travolse come un uragano, mentre un giramento di testa provocato dalla stanchezza rischiò di farla cadere come un pero cotto.
Joe arrivò in meno di un secondo e la afferrò per le spalle, finendo per ritrovarsi di nuovo faccia a faccia. E sinceramente, per Lacey poteva andare tutto a quel paese: il fatto che fosse la persona più maldestra sulla faccia della terra o che lui fosse uno dei ragazzi più attraenti che avesse mai incontrato e che, per altro, potesse avere qualsiasi ragazza volesse. Ignorò anche la paura che essendo entrambi due catastrofi ambulanti in fatto di relazioni, sarebbe stata la storia più imprevedibile tra le storie d'amore.
Si sporse verso di lui e perdendosi in quegli occhi che adorava sentire su di sé, disse:
-Posso?   
Joe sorrise, in quel suo modo tutto particolare che gli sollevava le labbra sottili solo a destra, dandole il via per fiondarsi sulla sua bocca come quella prima notte. Solo che questa volta Lacey sapeva perfettamente chi stesse baciando e che non se ne sarebbe mai pentita.





Hi sweethearts!
E nulla, sta cosa è stata partorita in un totale di quattro mesi (anche se di scrittura vera e propria ci limitiamo ad una settimana su per giù **), perché sapete com'è: nel mentre è capitata la vita. Ed uno sbandamento non da poco per Byron (Langley, il coinquilino di Joe #sorrynotsorry) e per i PRETTYMUCH. Ma tornando a noi, questa storia parla di come tutte possono avere il loro riscatto, di come in fin dei conti anche gli errori alle volte non sono poi così irreparabili, del fatto che alle volte il destino ci mette il suo... Ma soprattutto di come vorrei tanto che finisse una mia serata fuori. Detto questo, mi eclisso e vi ringrazio infinitamente per aver letto fino a qui e per le opinioni che vorrete farmi leggere.
P.S. Versi iniziali tratti da Flicker del dolcissimo Niall Horan

Lots Of Love xx  
  
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