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Autore: Janey    13/11/2017    9 recensioni
INTERATTIVA
Mi sono candidato sindaco perché credevo di poter cambiare le cose e di fare qualcosa per aiutare la mia gente e il mio distretto, avevo ancora fiducia nell’umanità, pensavo in una risoluzione, ma ero solamente un giovane inesperto che non sapeva niente del mondo e della sua corruzione. Ero pieno di ideali che non sono riuscito a realizzare. Sono solamente un povero fallito, uno strumento di Capitol City che si è cacciato in qualcosa di più grande di lui.
Vivo in un mondo orrendo dove regna il male e io non posso fare niente per fare la differenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Non c’è futuro

 

Meno cinque giorni agli Hunger Games
 



Medea Jenkins, Distretto 2

  
Mi butto sulla poltrona rossa di fianco alla finestra e mi tolgo la parrucca gialla, mentre i miei capelli castani mi ricadono sulle spalle. Ci sono riuscita, non posso più tornare indietro, d’ora in poi questo sarà un percorso in salita verso la soluzione finale. Vincere gli Hunger Games mi permetterà di raggiungere il mio obbiettivo, e portare a termine ciò che è stato iniziato.
Mi porto una mano sul cuore, mi batte a mille. Sento ancora l’adrenalina scorrermi dentro, non ce la faccio a stare ferma. Ho bisogno di qualcosa che mi aiuti a distrarmi mentre attendo l’arrivo Aiden e Ainslee. Devo impegnare la mia mente, devo mettere in ordine qualcosa.
Mi alzo e mi avvicino alla imponente libreria che sta proprio di fronte a me e faccio scorrere le dita sui dorsi dei libri: sono numerosissimi dalle copertine decorate e floreali. Peccato solo che non siano in un giusto ordine cromatico: ad uno ad uno li sfilo dallo scaffale e li dispongo in uno schema più corretto. Una volta che ho inserito anche l’ultimo, lilla con delle piume bianche sulla copertina, osservo il mio operato: ora stanno decisamente meglio, con i colori che variano dal rosso fino al viola, in tutte le loro sfumature. Non mi fa lo stesso effetto che con i miei smalti, ma il principio dopotutto è lo stesso. Fantastico, ora sono davvero sistemati con precisione.
Avverto dei passi veloci provenire dal corridoio, stanno arrivando, finalmente. La porta dello studio si apre ed entrano i miei amici, con i loro capelli biondi e le loro lentiggini. Il primo che mi viene incontro è Aiden, come al solito, sempre più precipitoso ed espansivo.
“Hai fatto un figurone, Phyllis!”, esclama lui.  Sorrido, ringraziandolo, anche se in realtà per me non è fondamentale la loro opinione a riguardo: sono miei amici, è chiaro che tifino per me. Ciò che ora conta è il parere del mentore e del pubblico di Capitol, la mia vittoria dipenderà anche da questo.
“È opera tua questa?”, mi domanda Ainslee, avvicinandosi alla libreria. Sapevo che l’avrebbe notato, ormai non abbiamo segreti tra di noi, conosce tutte le mie manie, come quella di sistemare gli oggetti. “È un po’ inquietante”, commenta lei, scambiando di posto due libri e rovinando la sequenza perfetta di colori. No, forse è bella anche così la libreria, con i due manuali fuori posto. Dà l’idea di qualcosa che sta al di fuori degli schemi. Sorrido divertita, in fin dei conti è proprio come me.
“Promettici che tornerai”, mi supplica Ainslee con le lacrime agli occhi. È strano vederla piangere, lei è una ragazza rigida e introversa, a differenza del fratello. La stringo forte, mentre avverto gli occhi bruciarmi. So che mi mancheranno tantissimo e che anche loro soffriranno a vedermi là, ma tutto questo lo faccio anche per loro. Lotto perché conoscano un mondo migliore, senza ipocrisia e tutto l’orrore che contraddistingue Panem.
“Certo, Ainslee”, le assicuro, “pace, unione e sacrificio”. Loro credono che mi sia offerta volontaria per la gloria, non sanno le mie reali motivazioni, ma una volta che sarò tornata gli spiegherò tutto. Lo devono sapere e forse potrebbero anche decidere di aiutarmi.
“Pace, unione e sacrificio”, ripete lei, recitando il motto di Panem e avvicinandosi alla porta, non dopo aver lanciato un’occhiata complice al fratello.
Io e Aiden restiamo soli, e solo adesso mi accorgo che è arrossito da quando la sorella se n’è andata. Il tempo passa e tra un po’ sarà scaduto, perché non si sbriga a dirmi quello che mi deve dire? Incrocio le braccia, sto diventando nervosa.
“Volevi dirmi qualcosa, Aiden?”, lo incoraggio.
“Ecco, vedi, Phyllis…”, tenta di spiegarmi lui, diventando sempre più rosso, ma le parole gli muoiono sulla bocca.
“Aiden, ci conosciamo da anni ormai! Che c’è, ti vergogni?”, lo prendo in giro sperando di farlo andare avanti, ma lui non sembra apprezzare.
“Io… te lo dirò al tuo ritorno”, termina lui tutto d’un fiato. Sospiro, mi sa che mi devo accontentare.
“Ok, ma dopo non avrai più scuse!”, esclamo, mentre un Pacificatore entra nella stanza e ci annuncia che il nostro tempo è scaduto.

Io e Aiden usciamo dal Palazzo di Giustizia, dove ci raggiunge anche Ainslee. Li saluto un’ultima volta e intanto un Pacificatore mi accompagna alla macchina dove mi attende anche l’altro tributo. La portiera si chiude e il veicolo parte, dirigendosi alla stazione e lasciandoci alle spalle il Palazzo di Giustizia, il Distretto 2 e Ainslee e Aiden.
Guardo fuori dal finestrino, mentre Twilight incomincia a descriverci la capitale, il suo lusso e la sua lucentezza. Io non la sto ad ascoltare, tanto conosco già tutto ciò che mi sta raccontando. Chissà come sarà cambiata Capitol in tutti questi anni.


Darlene Watson, Distretto 5


Saranno arrabbiati, molto. Qui non è una questione di onore, ma di sopravvivenza, e io ho appena messo a rischio la mia. Però non potevo neanche sacrificare quella di Lana, ho agito di impulso e non ho riflettuto.
Penso solo che saranno venti minuti molto difficili, infernali direi. Ho paura soprattutto per il confronto con mia mamma: ripenso alla sua scenata di ieri sera, al mio stupore e alla sua disperazione per la morte di Raphael. È tutto un ripetersi di ciò che è successo ben quattro anni fa: lui che viene estratto, noi che lo salutiamo, le sue promesse e la sua morte. È tutto uguale, l’unica differenza è che Raphael era stato estratto, così come Daniel, mentre io sono qua volontaria. Se non mi uccideranno agli Hunger Games lo faranno loro, ne sono certa. Avverto numerosi passi al di là della porta e mi volto, stanno arrivando. Sono nella merda, letteralmente.
La prima a entrare è mia mamma, che mi colpisce forte alla guancia. ”Sei una stupida, una stupida!”, mi urla contro, mentre mio padre la allontana da me.
“Ivy, basta!”, la trattiene lui, cercando di bloccarle le braccia che lei agita furiosa.
“Che c’è, Maxwell, mi dirai di rilassarmi? Io non voglio stare calma! State tutti contribuendo a rovinarmi la vita!”, sbraita in preda ad un attacco d’ira. Jane si rifugia da Daniel, nascondendo il viso tra le sua braccia e anche Iris si allontana spaventata.
“Sentite…”, esordisco cercando di assumere un tono fermo e autoritario. Dio mio, che cosa ho fatto? Forse… No, gli amici non si abbandonano, mai.
“No, Darlene, sta zitta. Hai già fatto abbastanza”, mi ammonisce glaciale mio padre. Mia madre ha finalmente smesso di gridare furiosa e si è seduta sul divano floreale di fianco alla scrivania.
“Ora parlo io. Nessuno avrà pietà per te e neanche tu dovrai averne, nulla di nuovo. Esisti solo tu, gli altri non ci sono”, mi istruisce severo. “Hai anche la fortuna di avere tuo fratello come mentore”. È mostruoso, come si può ragionare così? A scapito di quell’altro povero ragazzo che mi ha fatto una tenerezza assurda? Ha fatto male vedere i suoi amici così disperati per la sua estrazione....
“Ma, papà, come posso…”, tento di spiegare con gli occhi che mi bruciano.
“La tua vita o la loro?”, mi domanda retorico.
Sospiro. “La mia”, bisbiglio abbassando lo sguardo. Dovrò accettarlo, che mi piaccia o no.
“La tua generosità ti ucciderà”, afferma mia madre. Tutti e cinque ci voltiamo verso di lei, cosa ha appena detto
“Sappiamo come è andata, Raphael è stato altruista e buono e cosa ha ottenuto in cambio? Tu farai la stessa fine”, conclude. Nella sua voce non c’è più rabbia o disperazione, ma solo odio. Si sta sgretolando, e io non ho fatto nulla per impedirlo, anzi ho partecipato alla sua distruzione.
“Darlene non è Raphael, lei tornerà”, controbatte Iris, completamente in lacrime. “Ne sono sicura, è così, vero?”, continua rivolgendosi verso di me. Annuisco debolmente, vergognandomi profondamente di tutte le volte in cui l’ho mandata a quel paese per la sua puntigliosità.
“Tempo scaduto”, annuncia un Pacificatore interrompendo la tragedia. Tutti mi abbracciano, poi escono.

Mi volto verso la finestra e appoggio le mani sulla fronte. Perché mi sono offerta?! Forse a quest’ora non sarei qua, ma… ci sarebbe Lana. Scuoto la testa, non posso pensare a questi termini disumani anche con la mia amica. Guardo l’orologio, tra un po’dovrebbero arrivare.   La porta si apre per la seconda volta e compaiono Lana e James, entrambi sconvolti. La prima che mi corre incontro è la sorella, che mi abbraccia stretta.
“Lana, non piangere”, la consolo asciugandole le lacrime.
“E come potrei? Se poi penso a quello che dovrai affrontare e ciò che è già successo alla tua famiglia, mi sento ancora più colpevole”, mi spiega. Non ci credo. Io l’ho fatto per lei, per la nostra amicizia! Non sa dirmi nient’altro?
“Basta, non ne posso più”, supplico esasperata.
“Che c’è, ti aspettavi forse un “grazie per esserti offerta volontaria al mio posto”?”, mi rimprovera staccandosi da me. “Credi che ora io sia più sollevata? Che ti sia grata?”, mi domanda sibilando le frasi.
“Ora stai esagerando, Lana”, mi difende James, ma non lo ascolto, questa è una questione tra noi due.
“Ti ho appena salvato la vita!”, le ricordo incominciando ad arrabbiarmi.
“Ma come pensi che passerei il resto della mia vita se tu dovessi morire? Ti avrei per sempre sulla coscienza! Darlene, ma ci hai riflettuto?!”, mi accusa puntandomi il dito contro.
La sua dichiarazione mi ferisce profondamente, e io che credevo…
“Ora vi lascio soli”, sospira Lana, “ti chiedo di tornare comunque, Darlene. Fallo per me, per James, per la tua famiglia e per te stessa”. Lei esce dalla stanza, abbandonandomi con questo monito.

“Tu cosa hai da rimproverarmi invece?”, domando a James sulla difensiva. Lui non replica, si limita a piangere in silenzio. Restiamo così per qualche secondo, ma non ne posso più di questa tranquillità snervante.
“Abbracciami”, gli ordino e lui ubbidisce.


Theodore Gallagher, Distretto 6


Cammino avanti e indietro per il salotto lanciando numerose occhiate all’orologio a pendolo, incastrato tra due librerie. Nella mia mente continua a ricrearsi l’immagine di mio fratello con il volto rabbioso per la mia decisione.
Scuoto la testa, è stata una mia scelta quella di prendere il suo posto, Jamie non mi può dire davvero nulla. Ho dodici anni, sono perfettamente in grado di intendere e di volere, mica sono come lui, che fa le cose alla cavolo. Ho agito nel giusto, questa volta sono io dalla parte della ragione.
La porta si apre e ad uno ad uno entrano i miei famigliari e dalle loro facce più o meno furiose o più o meno disperate, posso solo dedurre che non l’hanno presa benissimo. Certo me lo immaginavo, ma qual era l’alternativa? Jamie sicuramente spacciato oppure io con qualche speranza?
“Ti sei bevuto il cervello, Teddy? Che cosa hai fatto?!”, mi grida contro lui, come mi aspettavo. Se non avesse il gesso alla gamba probabilmente mi sarebbe già saltato addosso. 
“Non potevo lasciarti andare! Saresti morto!”, controbatto cercando di assumere il tono più convincente e autorevole possibile.             

“Non hai risolto la situazione, così sei tu quello in pericolo!”, continua lui con le lacrime agli occhi incapace di sentire qualsiasi ragione. Sapevo che avrebbe reagito così male con tutte le paranoie che ha. Sospiro mentre lo guardo sedersi sulla poltrona verde non riuscendo a sopportare il dolore alla gamba. Be’, almeno è ancora vivo.
“Teddy, sei stato coraggioso e meritevole, ma…”, esordisce Cherry cercando si trovare le parole giuste “hai dodici anni e…”, tenta di terminare ma la frase le muore in bocca.
“E ventitré avversari la cui maggior parte saranno più grande di te”, conclude Jamie guadagnandosi un’occhiata fulminante da parte di nostra sorella.
“Sono io il maggiore, dovevo essere io ad offrirmi al posto tuo!”, ricomincia mio fratello che probabilmente non ha ancora accettato il tutto. Che centra se è lui il maggiore? In questo caso ero io che dovevo salvare lui.
“Perché, Theodore? Tanto è finito tutto per me: con una gamba ridotta così non posso lavorare e dopo quell’incidente anche la mia reputazione è stata rovinata! Dovevo andare io”, sbraita Jamie, incapace di accettare lo stato delle cose.
“James, basta!”, lo zittisce Cherry. “Theodore”, incomincia lei autorevole stringendomi le mani tra le sue “possiamo solo dirti di stare attento, e di non fidarti di nessuno, ti prego”, mi istruisce lei profondamente commossa.
“Sì, te lo prometto”, la consolo abbracciandola. Mica sono stupido, lo so che devo stare in guardia, non voglio deludere i miei fratelli. 
“C’è un’altra visita!”, esclama un Pacificatore aprendo all’improvviso la porta del salone. Abbraccio tutti: Cherry; poi Dara e Petra, che mi tempestano di domande su dove io stia andando; bacio sulla guancia il piccolo Axell e infine vado da James, che mi guarda duro.

Una volta che se ne sono tutti andati mi sistemo la maglietta e mi do un’aggiustata ai capelli, purtroppo nella stanza non c’è uno specchio, ma spero di essere comunque presentabile per l’arrivo di Nyssa. Sono certo che verrà.
Poco dopo la vedo entrare e non mi è mai sembrata così carina, con i gli occhi scuri e le guance leggermente rosse.
“Ti sono venuta a salutare, Theo”, inizia lei chiamandomi con un soprannome più maturo: ho dodici anni e Teddy è un nomignolo per i bambini.
“Ciao, Nyssa”, rispondo anch’io. Mi devo fare coraggio, ora o mai più. Lei guarda veloce l’orologio e si avvicina a me. Manca poco tempo, mi devo muovere.
“Mi giuri che tornerai? Ricordati che dobbiamo finire quella recita insieme”, mi dice lei con il sorriso più bello che abbia mai visto.
“Certo che te lo giuro”, replico mostrando un sorriso spavaldo. Il tempo è sempre meno, il suono del pendolo rimbomba nella stanza come promemoria per ciò che ci attende. “Una volta che tornerò, Nyssa, vuoi diventare la mia fidanzata?”, le domando diretto. Finalmente ce l’ho fatta, questo era il momento giusto.
Lei rimane pietrificata per qualche secondo poi la sua risata sovrasta il ticchettio delle lancette. Aggrotto le sopracciglia, perché sta ridendo? È una cosa seria, è il nostro futuro!
“Ci penserò, Theo, tu impegnati a tornare”, mi lascia lei, stampandomi un bacio sulla guancia. Non era la risposta che mi aspettavo, ma va bene comunque. Non mi ha detto “no” e poi io tornerò per lei.

L’ultimo ad arrivare è Yero e la cosa mi riempie di orgoglio. Vuol dire che con questo mio gesto sono anche riuscito a catturare l’attenzione di uno furbo e ingegnoso come lui.
“Be’, Theodore, cosa posso dire? Buona fortuna”, mi augura lui sorridendo amaro e porgendomi una pinza da lavoro.
“Ti aspettiamo”, mi saluta lui con queste parole. Lo guardo uscire mentre la porta si richiude alle sue spalle.
Due Pacificatori mi accompagnano al treno dove ad attendarmi ci sono Raven, il mentore e l’altro tributo. L’entrata del treno si apre automatica, mostrandoci uno scorcio dell’interno, arredato con lusso ed eleganza. Ok, si comincia.                                                                                                
Jacob Blackthorn, Distretto 9


Non  posso mollare tutti in venti minuti, è impossibile. Abbandonare i miei amici, la mia famiglia e Lena in così poco tempo? Mi rifiuto. Ma cosa posso fare, questa potrebbe anche essere l’ultima volta che li vedrò e se solo ci penso…
Tra tutti i ragazzi che ci sono al Distretto 9 perché sono stato scelto io?! No me lo meritavo proprio. Ricaccio indietro le lacrime, la mia famiglia non deve assolutamente vedermi piangere, mi sfogherò più tardi, con Kevin, Xavier e Lena.
La porta si apre per la prima volta e appaiono mamma, papà ed Emma, che è la prima a corrermi in contro. Mi stringe forte alla vita, poi solleva il suo il suo viso sottile e mostra in un allegro sorriso la finestrella al posto degli incisivi.
“Parti?”, mi chiede curiosa, “Vai alla capitale, vero?”.
“Si, Volpe, visiterò Capitol”, le spiego cercando di nasconderle la verità della mia partenza. Ha solo sette anni e per lei i termini “Mietitura” e “Hunger Games” non significano nulla, se non qualcosa che è stato accennato ogni tanto durante l’anno. Per ora è meglio che non sappia niente, magari più avanti se non dovessi tornare, ma ora bisogna mentire.
“Mi porterai qualcosa?”, mi domanda speranzosa, alzandosi in punta di piedi.
“Sì, ti porterò un bellissimo braccialetto”, le assicuro mostrandomi il più sicuro e rilassato possibile, anche se dentro di me mi sento esplodere.
“Ma poi torni, non vai a vivere là”, mi interroga leggermente più dubbiosa.
Il mio cuore perde un battito, e ora cosa le rispondo? Cerco i miei genitori con lo sguardo e loro annuiscono debolmente. “Certo, Emma, tornerò da te”, la rassicuro.
Mi stacco da lei e vado ad abbracciare i mei genitori, prima mia madre e sento le lacrime corrermi giù dalle guance. Basta, è inutile lottare.
“Devi essere forte, Jacob, e trovarti un alleato”, mi consiglia lei, accarezzandomi la schiena.
“Anche voi”, le ricordo facendo riferimento alla peggiore delle ipotesi. La sento irrigidirsi e poi rilassarsi nuovamente, forse accettando anche quest’altra terribile opzione. Poi vado da mio padre, che mi pare invecchiato in un colpo solo.
“Tu devi metterci tutto te stesso, però”, mi incoraggia lui. “Ne hai tutte le capacità”, continua lui sorridendo malinconico.
Mi volto verso Emma, che intanto si è seduta sul divano blu e sta ammirando la stanza. “Se dovessi morire, spiegatele cosa sono gli Hunger Games”. Loro annuiscono, poi un Pacificatore li trascina fuori dalla stanza, lasciandomi solo. Ora ci saranno i miei amici e anche con loro sarà un’impresa, ma riuscirò sicuramente a confidarmi meglio. La porta si apre per la seconda volta e compaiono Kevin e Xavier. 
“Noi…”, inizia Kevin, cercando una frase adatta.
“Non c’è nulla da dire”, lo interrompo. Loro abbassano lo sguardo affranti e neanche Xavier, che ha sempre la battuta pronta, riesce a controbattere. Mi viene quasi da sorridere, sono proprio messo male.
“Non so se ce la potrò fare”, riprendo riuscendo finalmente a confidarmi, “avrò ventitré avversari, anche più forti di me, e non so cacciare né pescare. Non sono bello o particolarmente carismatico: non ho tratti che mi potrebbero rendere popolare tra gli sponsor”.
“Non puoi ragionare così però, Jacob!”, mi rimprovera Xavier, “Ok, forse non sarai il tributo più ricercato, ma se ti trovi un alleato fedele potresti anche farcela: sai usare la falce e sai riconoscere le piante. Non è abbastanza?”, mi domanda retorico lui.
“Agli Hunger Games si basa tutto sulla fama!”, controbatto sull’orlo della disperazione. Non capiscono che sono un uomo morto, spacciato, defunto? Un cadavere che cammina!
“Sì, ma contano anche altre cose, che tu possiedi: l’arma, le tecniche di sopravvivenza e il sangue freddo”, mi elenca Kevin.
“Sangue freddo? Per uccidere dei ragazzi che non ho mai visto?”, domando accusatorio. Loro si guardano per un secondo, poi Kevin riprende la parola: “Sì”, conclude lui.
L’ennesima guardia sbuca fuori dalla porta intimando ai miei amici di uscire. “Ci vediamo presto, Jacob”, mi saluta Xavier.

Per ultima entra Lena, completamente in lacrime. La consolo, cercando di rassicurarla, anche se lei non vuole sentire ragioni.
“Li devi uccidere tutti!”, mi supplica lei tra il pianto e le grida. Ogni mio tentativo è vano, però. Non so più cosa inventarmi, ho tentato di tutto, ma cosa si può dire in casi come questo?
“Farò tutto il possibile, Lena, non posso prometterti altro”, termino. Lei mi guarda allibita per poi coprirsi la faccia con le mani. I suoi singhiozzi mi lacerano il cuore, ma non posso farci più niente.
“Lena, se io dovessi morire, tu devi trovarti un altro ragazzo: non vivere per sempre nel mio ricordo, ok?”, le dico.

La bacio, cercando per dimenticare per un momento il futuro, che forse neanche esiste. 
 
 
 
 
 
 
Capitolo drammatico, solo non credevo che le famiglie avrebbero reagito in modo festoso pensando al gesto eroico dei figli(e)/ amici/ fidanzati(e).
Ho pubblicato presto perché volevo rimediare al ritardo dell’altra volta.
Ciao!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
   
 
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