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Autore: Aqua_    14/11/2017    3 recensioni
Ferrara, 1942.
I fiori di lillà sono sbocciati da poche settimane quando Hadrian Schneider giunge alla porta di villa Perelli. È una piovosa domenica di Maggio, nessuno sembra essere in casa, e Hadrian sta morendo. Lo sa, lo sente e, forse, è giusto che sia così.
Poco lontano, nella chiesa di San Francesco, la famiglia Perelli sta presenziando alla prima messa del mese. Alcuni di loro ascoltano distrattamente le parole del prete, altri pregano con devozione, altri ancora non vi prestano la minima attenzione. Iride Perelli, in particolare, è alla ricerca di qualcosa - o meglio, qualcuno - che, tuttavia, non riesce a trovare.
Un soldato nazista, una famiglia partigiana e un segreto che non può, per nessun motivo, essere rivelato.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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IL SOLDATO TEDESCO







Voci.
Un susseguirsi di sussurri indistinti si fa strada nel silenzio assordante in cui Hadrian è immerso. Non ne capisce le parole, è una lingua a lui sconosciuta che, alle sue orecchie, suona come un canto melodioso. Il canto degli angeli, pensa. No, non ci sono cori di angeli all’Inferno, e l’uomo è sicuro di non meritare altro che la dannazione eterna. È la giusta punizione per i peccati che ha commesso, per le vite innocenti che si è preso troppo presto.
Le voci si fanno più chiare, un uomo e una donna. Parlano tra di loro, discutono, urlano. Una terza voce si aggiunge alla discussione, calma, pacata. Le urla cessano, e il silenzio si ripresenta, nella mente di Hadrian, prepotente. Una porta sbatte con violenza e, nello stesso istante, una mano gli sfiora la fronte con delicatezza. Il suo corpo sussulta a quel contatto inaspettato e, come se ne fosse spaventata, la mano si ritrae. Passa qualche istante, poi Hadrian sente nuovamente quel calore, estraneo ma stranamente famigliare, sulla sua fronte. L’immagine della donna vestita di verde compare immediatamente nei suoi pensieri. Anche lei, ricorda, era solita accarezzargli la fronte nello stesso modo. Cerca di aprire gli occhi, chiedendosi se è possibile che lei sia, in quel momento, al suo fianco, ma il suo corpo rifiuta di obbedirgli. Poi, la consapevolezza che non rivedrà mai più la donna vestita di verde si fa strada nella sua mente, e il dolore che segue è pari a quello di una pugnalata. Forse, si dice, forse è giusto che provi dolore. Quello che ha fatto è imperdonabile, ed è giusto che venga punito. Un’eternità di tormento, di convivenza con la consapevolezza e il continuo ricordo dei suoi peccati, sembra essere ciò che lo aspetta, e Hadrian è pronto ad affrontare le conseguenze delle sue azioni.
Sente la porta riaprirsi e dei passi sempre più vicini a sé. Cerca di aprire gli occhi, in un disperato tentativo di vedere ciò che lo circonda, di comprendere in che luogo dell’oltretomba si trovi, ma, ancora una volta, il suo corpo non reagisce. Sente un tocco sulle gambe, che si avvicina sempre di più alla sua coscia ferita e, una volta lì, si sofferma sui lembi di pelle appena ricuciti, ma non ancora cicatrizzati. Sussulta di nuovo, e un gemito di dolore sfugge dalle sue labbra senza che lui possa fermarlo. Sono mani diverse a toccarlo, meno gentili di quelle che, poco prima, hanno sfiorato la sua fronte, più fredde, più ostili, quasi come se lo disprezzassero. Premono ancora sulla ferita e, una seconda volta, il ragazzo geme. Il dolore che prova, ora, si fa più forte, più vivo, più pungente.
«Guarirà» dice l’uomo, con tono secco, in una lingua che Hadrian non riesce a riconoscere né a comprendere.
«Guarirai» ripete, in tedesco, con un tono colmo di disprezzo, e, questa volta, Hadrian capisce.
Forse, si dice, la morte non è la punizione giusta per lui. Forse sarebbe stato troppo facile, forse è giusto che la morte si faccia attendere e arrivi, tanto agognata, solamente dopo una lunga vita piena di rimpianti e dolore. Sì, pensa, quello è l’unico modo possibile per espiare i suoi peccati. L’unico modo.

 
*

Corpi che si intrecciano, mani che si sfiorano, respiri affannati. Nel buio della notte, illuminata solo dalla pallida luce della candela posta accanto al letto, Iride si stringe al corpo dell’uomo che affonda in lei, alla ricerca di un piacere da cui entrambi sembrano essere ancora molto, troppo, lontani, e che sembra destinato a non sopraggiungere mai. Si aggrappa alle spalle dell’uomo e sente i muscoli contrarsi sotto il suo tocco. Le sue mani si spostano, lentamente, sulla sua schiena, tracciando solchi poco profondi che, l’indomani, l’uomo dovrà coprire con la massima attenzione. Le sue unghie affondano nella carne, come gli artigli di una belva selvatica, e l’uomo geme. Si china su di lei, la bacia, la bacia e la bacia ancora – ogni volta come se fosse la prima e come se fosse l’ultima. Il profumo della ragazza inebria i suoi sensi, lo trasporta in Paradiso e, allo stesso tempo, all’Inferno. Si bea di quella sensazione per qualche istante, prima che qualcosa, nella sua coscienza, lo riporti alla realtà. Bruscamente, senza preavviso, si allontana dalla ragazza che, mettendosi a sedere, lo fissa con un’espressione interrogativa dipinta sul volto. I suoi occhi azzurri, azzurri come lo specchio d’acqua che tanto lo terrorizza, sembrano penetrare nella sua anima, come in un tentativo di comprendere quello che, in quel momento, sta avvenendo dentro di lui. La consapevolezza di ciò che, fino a qualche istante prima, stava accadendo lo colpisce violentemente, accanendosi su di lui come un avvoltoio su di un cadavere. Si sente sporco, peccatore, sbagliato.
Senza dire una parola, sforzandosi il più possibile di non prestare attenzione alla ragazza che, ancora nuda, attende una sua spiegazione, si riveste velocemente. Si siede sul bordo del materasso, infila i calzoni e, prima che possa impedirlo, sente le braccia di Iride attorno al suo collo, i suoi lunghi capelli a solleticargli il viso. Cerca di divincolarsi, ma la ragazza non sembra voler lasciarlo andare – e, forse, lui stesso non intende realmente allontanarsi da quella stretta. Le deve una spiegazione, lo sa, ma non può più rimanere in quella stanza, deve allontanarsi da lei il più velocemente possibile, prima di cedere nuovamente alla tentazione.
La spiegazione è, come ogni volta, veloce, lapidaria, secca. Mentre parla, non si volta a guardarla in viso, non potrebbe sopportare la sua espressione ferita ancora una volta, non può rischiare di trattenersi più a lungo del dovuto, né può lasciare che il suo sguardo lo costringa a cambiare idea. Si libera dalla stretta della ragazza, che non oppone particolare resistenza, e finisce di rivestirsi velocemente. Prima di andarsene, rivolge un veloce sguardo alla ragazza, ancora seduta sul letto, con solo un lenzuolo a coprire il suo corpo nudo. Legge il dolore nel suo sguardo, nei suoi occhi vede rispecchiarsi la fragilità di quell’anima ancora troppo piccola, troppo delicata, troppo innocente. Il suo essere lì, in quel momento, non è altro che una minaccia, una presenza che minaccia di espandersi a macchia d’olio, fino a che non avrà corrotto e insozzato completamente ogni aspetto puro del suo essere. Appena quel pensiero lo colpisce, qualcosa, in lui, si muove, e sa che non può trattenersi oltre.
Si avvicina alla finestra che dà sul giardino di villa Perelli, l’apre e l’aria fredda lo colpisce immediatamente. Esce velocemente, facendo attenzione a non fare troppo rumore e a non attirare l’attenzione di chi, in quel momento, potrebbe trovarsi nei paraggi. Senza guardarsi indietro, si incammina verso casa.

 
*
 
Nel buio della sua stanza, Iride ripensa alle parole dell’uomo che, da poco, l’ha lasciata sola. Come ogni volta, il tono con cui si è rivolto a lei è stato brusco, freddo, come se volesse mettere più distanza possibile tra di loro. Dalle sue parole, la ragazza è giunta alla conclusione che quello è il suo desiderio più profondo, ciò che realizza il suo essere, da sempre in lotta con la debolezza della carne. Come ogni volta, nonostante pensasse di poterlo sopportare, è rimasta ferita da quelle parole, così crude e crudeli, pronunciate dal più etereo degli uomini. Come ogni volta, sa che lo spirito stoico dell’uomo si piegherà nuovamente al desiderio della carne, un desiderio a cui, da mesi, non è in grado di resistere, di controllare, di lenire in nessun altro modo se non cedendovi e, come ogni volta, lei gli permetterà di bearsi della sua intonsa purezza, di contaminare la sua candida anima con il più deplorevole – ma, al tempo stesso, il più appagante – dei peccati.
Con la mano, solleva il lembo della vestaglia, sfiora la pelle nuda, bollente al contatto con le sue dita fredde come il ghiaccio, soffermandosi sui punti in cui, poco prima, poteva sentire il calore delle mani dell’uomo. Si chiede se ciò che le ha detto corrisponda alla verità, se davvero ciò che avviene tra quelle mura è da considerarsi tanto infimo e sbagliato. Maggio è giunto quasi al termine, pensa, e nel giro di qualche settimana raggiungerà la maggiore età. Allora, si dice, Tancredi non avrà alcun motivo per opporsi al desiderio che entrambi provano nei confronti l’uno dell’altro.
Si rigira nel letto, i folti capelli ricci sparsi sul cuscino, senza riuscire a trovare una posizione che le permetta di addormentarsi. Dopo qualche istante, si mette a sedere, la schiena appoggiata alla testiera in legno. Sente delle voci, riconosce quella di suo padre e dei suoi fratelli, li sente discutere a mezza voce nel corridoio che dà sulle camere da letto, senza capire ciò che stanno dicendo. Si alza, accende la candela con un fiammifero e, tenendola in mano, si avvicina alla porta ed esita, incerta se aprirla o meno. Infine, dopo qualche istante, si decide ad uscire. Appena si accorgono della sua presenza, i tre uomini le rivolgono dei sorrisi rassicuranti, in netto contrasto con le loro espressioni corrucciate.
«Torna a letto, bambina» le dice il padre, con un tono che non ammette obiezioni, perentorio, alzando la voce, così che lei possa sentirlo chiaramente.
«Ho sete» mente Iride, con un sussurro, avvicinandosi alle scale che portano alla cucina, situata al piano inferiore.
Nessuno sembra dar eccessivo peso alle sue parole, i tre uomini si limitano a seguirla con lo sguardo finché, certi che non possa più sentirli, ricominciano a parlare tra di loro. Ormai abituata a quell’aria di segretezza che, da diverso tempo, si respira a villa Perelli, la ragazza si dirige verso la cucina, soffermandosi per qualche istante davanti alla porta chiusa del soggiorno. Si guarda attorno, per assicurarsi che nessuno possa vederla, poi, il più silenziosamente possibile, socchiude la porta e vi si accosta. Non sente alcun rumore provenire dall’interno, se non quello di un respiro regolare. Lentamente, apre la porta e si infila nella stanza, illuminata solamente dalla luce fioca della candela che porta con sé. Si avvicina al divano su cui, addormentato, è sdraiato un ragazzo sulla ventina – lo stesso ragazzo che, quella mattina, è stato trovato privo di sensi davanti alla porta della villa – e lo scruta attentamente per la prima volta. I capelli biondi gli ricadono sul viso, coprendogli completamente la fronte e appena gli occhi, il naso non è perfettamente dritto, come se, in passato, se lo fosse rotto, e le labbra, sottili e rosse sono tese in una smorfia di dolore. Quasi inconsciamente, Iride si ritrova a chiedersi se sia per preservare la purezza di un tale esemplare che un folle ha deciso di dichiarare guerra al mondo intero.

 
*
 
Poco distante dal Palazzo dei Diamanti, all’angolo tra via Ariosto e corso Porta Po, in un’abitazione da poco ricostruita, Lupo Farina chiude il pesante tomo che, fino a qualche istante prima, era al centro della sua attenzione. Si stiracchia sulla sedia, cercando di alleviare, almeno un minimo, la stanchezza che sente gravare sul proprio corpo. Raccoglie i fogli sparsi sullo scrittoio e, con la massima attenzione, li ripone in un cassetto, per poi rimettere al proprio posto penna e calamaio, e, infine, riporre il libro esattamente dove l’aveva trovato. Si siede sul bordo del materasso e inizia a svestirsi, ripiegando gli indumenti con la solita cura e precisione, per poi riporli nell’armadio.
Dopo aver spento la candela, ormai quasi completamente consumata, si infila sotto le coperte – troppo pesanti per il clima di Maggio, non ma non abbastanza per la rigidità di quello invernale – e, nel giro di qualche minuto, sente il calore del corpo di Teresa, immersa nel dormiveglia, accanto a lui, farsi sempre più vicino. Accetta l’abbraccio della ragazza senza reagire, lasciando che le sue braccia lo stringano a sé più di quanto sarebbe consono, senza allontanarsi nemmeno quando la sente bisbigliare parole inappropriate al suo orecchio, né quando sente il corpo di lei muoversi contro il suo. Fa del suo meglio per simulare il respiro profondo tipico di chi dorme, nonostante i suoi occhi siano sbarrati, incapaci di chiudersi, finché non nota che la distanza tra il suo corpo e quello della ragazza è notevolmente aumentata. Allora, ancora concentrato sul fingersi addormentato, prova a chiudere gli occhi, con la speranza, almeno per una volta, di non passare la notte insonne. Si lascia cullare dal proprio respiro, immobile, le braccia strette al petto, le gambe raccolte al ventre, in posizione fetale. Tenta di sgombrare la mente dagli avvenimenti della giornata, provando a pensare esclusivamente a ciò che sente attorno a sé. Si concentra sulle sensazioni che, immerso nel buio della notte, in un piacevole tepore, sta provando, tenendo la sua mente il più lontano possibile dalla consapevolezza della presenza addormentata accanto a lui. Poi, dopo qualche istante, sente le palpebre farsi pesanti e, senza opporvi resistenza, si abbandona al confortante abbraccio del sonno.






Angolino Autrice:
Salve a tutti!
Inizio subito con il dire che scrivere questo capitolo è stato difficilissimo - e infatti mi ci sono voluti quasi quattro mesi -, quindi mi scuso con tutte le persone che speravano e, magari, si aspettavano un aggiornamento più veloce.
Come al solito, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi invito a lasciare una recensioncina-ina-ina, così da sapere cosa ne pensate - anche le correzioni sono sempre ben accette ^^
Alla prossima,
Aqua_
   
 
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