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Autore: Shainareth    14/11/2017    6 recensioni
Il posto davanti a lei era vuoto e questo le causò un leggero senso di disorientamento. Non c’era abituata e, soprattutto, la cosa la preoccupava. Si sporse in avanti e picchiettò un dito sulla spalla di Nino, che girò appena il capo verso di lei. «Dov’è Adrien?» domandò sottovoce.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INFLUENZA




Il posto davanti a lei era vuoto e questo le causò un leggero senso di disorientamento. Non c’era abituata e, soprattutto, la cosa la preoccupava. Si sporse in avanti e picchiettò un dito sulla spalla di Nino, che girò appena il capo verso di lei. «Dov’è Adrien?» domandò sottovoce.
   L’altro si strinse nelle spalle. «Non lo so, non mi ha detto che non sarebbe venuto.»
   «Forse ha avuto un imprevisto o un impegno di lavoro», intervenne Alya.
   «E se invece stesse male?» ipotizzò Marinette, iniziando a farsi prendere dall’ansia. «Magari è stato investito da una macchina… o forse è scivolato sotto la doccia e si è rotto una gamba!»
   «Uhò, calma…» cercò di tranquillizzarla Nino, un mezzo sorriso sulle labbra sottili. «Non c’è bisogno di essere così catastrofica.»
   «Nino ha ragione», convenne Alya, posando una mano sulla spalla dell’amica. «Vedrai che non è niente.»
   Marinette abbassò lo sguardo, sentendosi nient’affatto tranquilla. Era il suo sesto senso di Coccinella a metterla in allarme? O più semplicemente il suo grande amore per Adrien? «Se voi tre avete finito di fare salotto, possiamo riprendere l’appello?» si interessò di sapere la professoressa Bustier, cercando di portare pazienza.
   «Ci scusi», rispose subito Alya, dovendo darle ragione e facendosi portavoce del gruppo. «Ci stavamo solo chiedendo come mai Adrien fosse assente.»
   «La sua famiglia ha chiamato, avvisando che il vostro amico è bloccato in casa con un brutto raffreddore», spiegò la donna, sperando che questo bastasse a saziare la loro curiosità e a sedare gli animi. Si sbagliava di grosso.
   «Visto?!» gridò Marinette in direzione degli altri due, portandosi le mani al viso con fare disperato, mentre Chloé agguantava il cellulare e avviava una chiamata senza perdere un secondo di più.
   «Ha il telefono spento!» esclamò un attimo dopo, allarmandosi quanto la sua odiata rivale. «Dev’essere grave!»
   La professoressa batté il registro di classe sulla cattedra, facendo abbastanza rumore da attirare l’attenzione generale. «Possiamo continuare?» domandò in tono severo, ristabilendo infine un certo ordine, benché non tutti i suoi studenti, pur rimanendo ora in silenzio, avessero più la lucidità necessaria per seguire le lezioni.
   Al termine delle quali, con la fida Sabrina al seguito, Chloé si avvicinò a Marinette e ai suoi amici perdenti ed iniziò con fare perentorio: «Andiamo, che avete scoperto?»
   «Riguardo a cosa?» chiese Nino, stupito che lei si fosse scomodata a rivolgere loro la parola.
   «Ad Adrien, genio!» perse la pazienza la ragazza. «Il suo telefono è ancora spento ed io non posso rimanere così sulle spine!»
   «Stavamo pensando di andare da lui per vedere come stava», la informò Alya, spiccia. «Credo sia l’unico modo per saperne di più.»
   Chloé annuì, braccia conserte. «Il mio autista sarà già davanti l’ingresso della scuola», rifletté a mezza voce. «Meglio che mi affretti, così sarò sicura di arrivare prima di voi.»
   «Guarda che non è una gara!» sbottò l’altra, mentre lei si avviava verso l’uscita.
   «Chloé, aspetta!» chiamò Marinette, la voce rotta dalla preoccupazione. Allungò un braccio e riuscì ad afferrare la compagna di classe per un braccio, ottenendo di farla fermare e di beccarsi da lei un’occhiataccia. «Per favore», la implorò Marinette, infischiandosene dell’orgoglio che le avrebbe ruggito in petto in un qualunque altro momento, «possiamo venire con te?»
   La figlia del sindaco aprì la bocca con sdegno, pronta a liberarsi dalla sua presa fastidiosa e a mandarla al diavolo quando, senza che potesse farci niente, gli occhi lucidi della rivale fecero breccia nel suo cuore: provavano la medesima sensazione di impotenza ed entrambe stavano letteralmente morendo di preoccupazione per l’amato. Chloé strinse le labbra, maledicendosi per l’essere troppo buona, e si arrese a borbottare: «Muovetevi, però, se no vi lascio a piedi.»
   Alya la fissò attonita, mentre a Nino scivolarono gli occhiali sulla punta del naso. Quanto a Marinette, invece, intrecciò le dita delle mani davanti al volto in segno di riconoscenza. «Grazie mille!»
   «Sì… sì…» bofonchiò ancora lei, agitando una mano a mezz’aria con aria seccata. «Sia chiaro che mi devi un favore. Bello grosso, anche.»
   «Prima possiamo passare un attimo dal negozio dei miei genitori?» la implorò ancora l’altra. «È proprio qui accanto.»
   «Ti concedo dieci minuti, non uno di più», impose Chloé, additandola con fare dispotico. «Sabrina?» disse poi, schioccando le dita e facendo scattate l’amica sull’attenti. «Ho bisogno che tu faccia una commissione per me. Non deludermi, ne va del tuo onore.»
   «Sissignora, signora!» rispose subito quella, irrigidendosi tutta come ogni qual volta le veniva ordinato di fare qualcosa di importante per dimostrare la propria fedeltà alla sua compagna di banco.

Quando lo videro seduto al centro del grande letto a due piazze, con i capelli scarmigliati che gli ricadevano sugli occhi lucidi e la punta del naso arrossata, rimasero tutti e quattro folgorati: come accidentaccio riusciva ad essere bello e splendente anche in quelle condizioni?! Davanti a quella visione, Marinette ebbe quasi un mancamento, mentre a Nino venne il dubbio che il suo migliore amico non fosse del tutto umano.
   «Oh, Adrien!» chiocciò Chloé, sedendo subito al suo capezzale. «Non appena ho saputo che eri malato, mi sono precipitata a vedere se potevo fare qualcosa per te!» Alya tossicchiò alle sue spalle e, sia pur di malavoglia, l’altra fu costretta ad aggiungere in un borbottio: «E ho portato con me anche i tuoi amici. Visto come sono generosa?» non mancò infine di vantarsi, spocchiosa come sempre.
   Adrien sorrise, felice come un bambino per quella fantastica sorpresa: lo spauracchio della solitudine era sempre dietro l’angolo, per lui, e invece ogni giorno scopriva di avere degli amici meravigliosi. «Siete stati davvero gentili, ragazzi, ma non dovevate disturbarvi… È solo un banale raffreddore.»
   «Noi lo sappiamo bene, ma qualcuno, qui, temeva che avresti sputato un polmone a furia di tossire», scherzò Nino, facendo ridere Alya e irrigidire Marinette, che arrossì e abbassò lo sguardo con aria mortificata. Che colpa ne aveva, lei, se la sua fantasia galoppava sfrenata tutte le volte che si lasciava sopraffare dalle emozioni?
   Prima ancora che Adrien potesse dire qualcosa, Alya la spinse con decisione verso di lui. «Ti abbiamo anche portato un regalino», disse all’ammalato, decisa come sempre ad aiutare la propria migliore amica. «Anche se in realtà è stata Marinette a pensare a tutto.»
   Tesa come una corda di violino, lei esibì un sorriso del tutto innaturale e con mani tremanti gli porse una scatola. «Spero ti piacciano», balbettò con voce malferma. In realtà era certa che Adrien avrebbe gradito per due ragioni ben precise: era goloso come pochi altri e, soprattutto, Marinette si era preoccupata di scegliere per lui i dolci che più gli piacevano.
   Ringraziando per quel gesto, Adrien prese la scatola e l’aprì. E i suoi occhi si illuminarono d’immenso davanti a quell’orgia di crema, cioccolato e panna. Ne fu talmente entusiasta che, pur scherzando, disse all’amica la prima cosa che gli venne in testa: «Ti prego, sposami.»
   «Sì!» esclamò di getto lei, prima che potesse rendersene conto. Lo fece solo quando Adrien, che si era invece aspettato una risata in risposta alla sua battuta, la fissò con stupore. «Cioè, no!» gridò Marinette, agitando le braccia in aria come fossero le pale di un mulino a vento, il viso che sembrava andarle a fuoco per il forte imbarazzo. «Voglio dire…!»
   «Ho mandato Sabrina ad ordinare delle arance dal sud Italia appositamente per te, dovrebbero arrivare in serata», intervenne Chloé di prepotenza, frapponendosi fra loro. La sua rivale gliene fu grata per la prima volta in vita sua e ne approfittò per una ritirata strategica, che le consentì di riprendere fiato nella speranza che il cuore smettesse di martellarle in petto come un tamburo.
   «Dovresti davvero imparare a collegare cervello e bocca, sai?» la prese in giro Alya, passando un braccio attorno alle sue spalle in segno di solidarietà.
   «Non infierire, per favore…» biascicò Marinette, sull’orlo delle lacrime. Oltretutto, adesso Chloé era di nuovo passata in vantaggio, dal momento che stava monopolizzando l’attenzione del padrone di casa.
   «Lascia fare a me», disse Alya con fare incoraggiante, strizzandole l’occhio. Si guardò attorno con aria interessata e commentò a voce alta, coprendo così quella della loro petulante compagna di classe: «Accipicchia, Adrien! La tua camera è grande quanto casa mia!»
   Lui abbozzò un sorriso imbarazzato, ricordandosi che quella era la prima volta che lei e Marinette mettevano piede lì dentro. Le uniche persone che avevano avuto quell’onore, prima di loro, erano state Chloé e Nino, benché la più importante fosse un’altra, e cioè l’amore della sua vita: Ladybug. Fu proprio quando pensò a lei che si ricordò di cosa aveva lasciato in bella vista sulla scrivania, proprio accanto al computer. S’irrigidì, sperando di cuore che l’occhio lungo di Alya non arrivasse fin lì, ma fu troppo tardi.
   «Oh, mio Dio…» esclamò difatti la ragazza, avvicinandosi di corsa all’oggetto incriminato e ammirandolo più da vicino perché incapace di credere a ciò che vedeva. «Ma questa è l’action figure deluxe di Ladybug!» urlò fuori controllo.
   «Che cosa?!» scattò anche Chloé, che condivideva con lei la passione per la bella eroina parigina, senza essere conscia del fatto di averla proprio lì accanto, sia pure in incognito. In poche falcate raggiunse anche lei la scrivania e osservò la statuetta con occhi sognanti. «È un pezzo rarissimo! Come diavolo sei riuscito ad averla?!»
   «Ehm… l’altra notte sono rimasto sveglio fino alle tre per vincere un’asta online…» rispose timidamente Adrien, benché avesse davvero poco di cui vergognarsi, dal momento che le sue amiche erano fan di Ladybug quanto lui. Beh, forse un po’ meno, in effetti, visto che lui ne era anche innamorato perso.
   «A quanto pare non sei l’unica fangirl, qui dentro», lo prese in giro Nino, guardando divertito le due ragazze che rimanevano estasiate a contemplare l’action figure.
   Dimenticata in un angolo, Marinette spostò di nuovo gli occhi su Adrien, stupita da quel lato del suo carattere di cui non era a conoscenza. Di più, il fatto che lui fosse un fan sfegatato di Ladybug le riempiva il cuore di gioia, tanto che sul suo viso si disegnò un’espressione lusingata e intenerita a un tempo.
   «Niente Chat Noir?» chiese Alya, che, già che c’era, stava scattando un paio di foto alla statuetta.
   «Prenderò anche lui, ovviamente», ammise il giovane, infilando le braccia nelle maniche della giacca da camera che aveva sulle spalle e muovendosi per scendere dal letto. «E metterò entrambi su una mensola.»
   «In due teche di vetro differenti?»
   «Scherzi?» si finse indignato, iniziando a raggiungere le amiche. «Chat Noir e Ladybug devono condividere lo stesso spazio vitale. È d’obbligo», stabilì, tutto convinto.
   Alle sue spalle, Marinette fece una smorfia. «Povera Ladybug… le faranno male le orecchie, a furia di battutacce…» le sfuggì di bocca. Adrien si volse a guardarla e lei gli regalò un sorriso di circostanza, fingendo di non aver fiatato. «Hai persino un impianto dolby surround!» osservò con ostentata meraviglia, benché conoscesse piuttosto bene quella camera, visto che ci era già stata in diverse occasioni nei panni dell’eroina locale.
   «Con quella collezione di DVD, anch’io me ne farei uno», commentò Nino, facendo cenno col capo agli scaffali presenti sul livello superiore della stanza, lì dove erano stati sistemati in modo ordinato film, serie televisive e animate di genere vario. «Ad averci i soldi, si intende…»
   «Puoi sempre venire qui a vedere qualcosa con me, te l’ho già detto», disse Adrien avvicinandosi a loro, prima di avvertire un certo solletico al naso. Starnutì più volte e Marinette lo trovò adorabile anche in quel momento – e persino quando, subito dopo, si soffiò rumorosamente il naso.
   «L’invito è esteso a tutti?» volle sapere Alya, trotterellando al fianco della propria migliore amica nella speranza di spianarle la strada ancora una volta.
   «Ma certo», assicurò il giovane, felice di poter condividere ciò che aveva con tutti loro. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma di nuovo fu colto di sorpresa da un starnuto, violento al punto da non dargli il tempo necessario per mettere un fazzoletto davanti alla bocca. Nino e Alya, furono abbastanza lesti da scansarsi, ma Marinette fu investita in pieno, trovandosi con la faccia picchiettata di saliva infetta senza quasi avere il tempo di rendersene conto – troppo presa com’era dal contemplare gli occhi lucenti dell’amato.
   «Ugh, che schifo», commentò con poca delicatezza Chloé, l’unica fuori traiettoria sin dall’inizio.
   Adrien arrossì fino alla punta dei capelli e iniziò ad andare nel panico, sinceramente mortificato per ciò che aveva fatto. «Mi dispiace!» esclamò, recuperando subito una delle scatole di fazzolettini disseminate per la stanza e porgendola alla povera Marinette. «Sul serio, non l’ho fatto apposta!»
   Lei si lasciò scappare un risolino nervoso, accettando di buon grado il suo aiuto per ripulirsi. «Lo so, lo so… sta’ tranquillo…» farfugliò imbarazzata.
   «Ti accompagno in bagno, così potrai sciacquarti il viso», continuò il giovane, guidandola prontamente verso la stanza accanto. «Sono davvero mortificato… spero di non contagiarti, maledizione…»
   «Adrien, va tutto bene… sul serio…» cercava di calmarlo Marinette, lieta per lo meno di avere ora tutta la sua attenzione, nonostante tutto.
   «La solita fortunata», accusò Chloé, infastidita, osservandoli sparire insieme in bagno.
   Nino la fissò stranito. «Hai una strana concezione della fortuna, tu.»
   «E se li chiudessimo insieme lì dentro?» si stava chiedendo frattanto Alya, scartando subito dopo all’idea: non sarebbe stato certo l’ideale, visto il moccio al naso di Adrien e l’ambiente assai poco romantico.

Adrien mancò da scuola anche il giorno successivo, ma quello dopo ancora tornò come nuovo e si presentò alla prima ora di lezione in tutto il suo splendore. La prima cosa che notò, tuttavia, fu il posto vuoto alle sue spalle. «Dov’è Marinette?» chiese subito ad Alya.
   Lei sorrise senza reale allegria. «Pare che qualcuno le abbia contagiato il raffreddore.» L’altro trattenne a stento un’imprecazione, mentre i sensi di colpa cominciavano di nuovo a rodergli l’animo. «Andiamo insieme da lei, più tardi?» gli domandò la ragazza, facendogli l’occhiolino.
   «Sì, per favore», rispose lui, deciso a prendersi le proprie responsabilità fino in fondo. «Anche se… non mi va di andare a mani vuote, cosa potrei portarle per farmi perdonare?»
   Alya atteggiò le labbra in un sorriso sornione. «Oh, non preoccuparti per questo: sarò io a portarle un raggio di sole a domicilio.» Adrien la fissò perplesso ma tacque, decidendo di fidarsi di lei.

Nel dormiveglia, con le palpebre pesanti e il torpore dell’influenza addosso, a Marinette parve di sentire qualcuno che suonava alla porta. Si rannicchiò nelle coperte, in cerca di un tepore che non riusciva a trovare in alcun modo, e attese. Fu Tikki a scattare per lei, poiché era riuscita a capire ciò che stava succedendo prima che la sua amica potesse anche solo riprendere del tutto conoscenza. Si aggirò velocemente nella stanza come una scheggia impazzita, staccando tutte le foto di Adrien dalle pareti e nascondendole a dovere nel medesimo posto in cui poi lei stessa si rifugiò appena un attimo prima che la botola della camera venisse aperta.
   «Marinette?» chiamò Sabine, salendo la scaletta che portava al suo letto e carezzandole il capo con quella dolcezza che solo una madre può avere. Lei mugolò qualcosa, facendole così sapere che, in un modo o nell’altro, la stava ascoltando. «Alya è venuta a vedere come stai», disse allora la donna. «Posso farla entrare?»
   «Alya?» biascicò la ragazza, sbirciando nella sua direzione.
   «Ha portato una sorpresa con sé», aggiunse Sabine, tastandole la fronte e constatando che la temperatura era finalmente scesa. «Te la senti di metterti seduta?»
   Stiracchiando le membra anchilosate, Marinette acconsentì. E mentre sua madre dava voce ad Alya e si apprestava ad aprire le tende della camera per far entrare un po’ di luce, lei si mise a sedere con la stessa eleganza di un ippopotamo zoppo e ubriaco che cerca di uscire dal fango. Si asciugò con la manica del pigiama il rivoletto di saliva all’angolo della bocca e si stropicciò un occhio con l’altra mano prima di volgere lo sguardo alla sua ospite e rimanere pietrificata: Alya non era sola. Quella disgraziata.
   «Ciao…» la salutò con vaga timidezza il raggio di sole che la sua amica si era curata di portarle fino ai piedi del letto. Proprio ora che aveva i capelli sporchi e in disordine, il naso rosso e spellato, le occhiaie e chissà quale altro abominio in volto. Marinette temette che sarebbe sprofondata per la vergogna. Anzi, sperava di farlo, di essere risucchiata dal materasso per scomparire dalla vista di quella che le pareva essere una meravigliosa visione angelica.
   «Come ti senti?» le domandò Alya, sedendo al suo capezzale. Marinette rispose con un verso buffo e sgraziato, molto più simile al muggito di un vitello sgozzato che ad una frase di senso compiuto. La sua amica trattenne a stento un sorriso divertito. «Adrien si sentiva in colpa per averti contagiato il raffreddore e così mi ha chiesto di accompagnarlo fin qui», le sussurrò all’orecchio, approfittando del fatto che Sabine stava chiedendo al giovane se gradiva una tazza di tè.
   «E non potevi avvisarmi con un messaggio?!» pretese di sapere l’ammalata, cercando di lisciarsi almeno i capelli con le mani, nel vano e disperato tentativo di dar loro una parvenza di ordine.
   «L’ho fatto», le assicurò Alya sulla difensiva. «Ho anche provato a chiamarti, ma il tuo cellulare è spento.» Marinette strizzò gli occhi, ricordando solo in quel momento di aver dimenticato di metterlo in carica, la sera addietro. «E poi non potevo rimandare», continuò l’altra, facendole coraggio. «Adrien era davvero preoccupato per te. Mi ha pregato di accompagnarlo, non potevo dirgli di no.»
   Stupita da quelle parole, Marinette tornò a guardare il suo compagno di classe che parlava con sua madre. Davvero Adrien aveva voluto vederla di sua spontanea volontà? Il cuore prese a palpitarle con prepotenza in petto e lei avvertì la temperatura corporea tornare a salire.
   «Vado a preparare il tè per tutti, allora», si congedò Sabine, iniziando a scendere dalla scaletta.
   Alya scattò in piedi. «La aiuto», si offrì subito, strizzando l’occhio all’amica e seguendo la padrona di casa al piano di sotto.
   Rimasti soli, Adrien osservò Marinette seduta al centro del letto mentre continuava a torturarsi i capelli scuri. Posando la borsa dei libri in un angolo, lui le si fece più vicino. «Posso?» domandò quasi con timore.
   «C-Certo», rispose la ragazza, facendogli spazio accanto a sé. Abbassò lo sguardo per pudore e solo allora si rese conto di avere indosso soltanto il pigiama – uno di quelli di pile, con un disegno piuttosto buffo e infantile sul davanti. Arrossendo vistosamente, si tirò le coperte fin sotto al mento.
   «Hai freddo?» si interessò di sapere il suo amico, sedendo di fianco a lei. «Vuoi che ti prenda qualcosa da mettere addosso?» Marinette fece per ribattere, ma Adrien l’anticipò, afferrando la giacca di lana che vide ai piedi del letto e mettendogliela sulle spalle con una premura che le fece andare il viso a fuoco. «Va meglio?» Lei annuì più volte, rimanendo tuttavia in silenzio, vista anche la conturbante vicinanza di lui. «Ti piacciono i gatti?» le chiese d’improvviso il giovane, lasciandola disorientata.
   Seguendo il suo sguardo, Marinette si accorse che stava osservando il grande cuscino a forma di gatto che si trovava al capezzale del letto. «Ehm… non ho un bel rapporto con loro, in realtà.»
   Adrien ci rimase quasi male. «Ah.»
   «Cioè… alcuni sono carini, certo», corresse allora il tiro lei, tornando a lisciarsi nervosamente i capelli su una spalla. «Solo che… ecco, non riesco davvero ad andarci d’accordo. Quando me ne trovo uno davanti, finisce sempre che mi combina qualche guaio.» Il giovane incrociò le braccia al petto, storse la bocca e aggrottò la fronte: eppure gli pareva che la sua amica andasse piuttosto d’accordo con Chat Noir – e quindi con lui. «Sono semplicemente sfortunata, forse», stava continuando a giustificarsi l’altra, tornando a farlo sorridere.
   «Può darsi che tu debba ancora incontrare il gatto giusto», la incoraggiò Adrien, che ci teneva ad essere sempre apprezzato almeno nei panni dell’eroe cittadino. «O magari è già successo e non te ne sei accorta.» Marinette rallentò i movimenti delle mani, non riuscendo a capire come mai lui ci tenesse tanto a farle cambiare idea. «Piuttosto, volevo chiederti scusa», cambiò argomento l’altro, perdendo il sorriso e abbassando lo sguardo con aria mortificata. «Se stai male è solo per colpa mia.»
   «Ma no, non dire così», cercò di tirarlo su lei, che non sopportava di vederlo in quello stato. «È assai più probabile che io abbia preso freddo nei giorni scorsi. Siamo pur sempre a gennaio, dopotutto.»
   Questo era vero, pensò Adrien, tornando a guardarla con gratitudine. Nonostante l’influenza, gli occhi di Marinette rimanevano davvero belli e lui ci si perse per qualche interminabile attimo. Gli ricordavano così tanto quelli di Ladybug…
   «È la prima volta che ti vedo con i capelli sciolti», gli uscì detto, rendendosi conto che anche Marinette, come la sua partner di mille battaglie, soleva portare la chioma raccolta in due codini bassi. Lei s’irrigidì da capo a piedi: era del tutto in disordine, magari aveva anche la fiatella, ma lui sembrava guardarla con la stessa intensità di un innamorato. Stava vaneggiando a causa della febbre? Sì, non poteva esserci altra spiegazione. Adrien non avrebbe mai potuto incantarsi in quel modo davanti a lei. «Sei molto carina.»
   Il cuore di Marinette perse un battito e a lei sembrò di morire.
   Le voci di Sabine e di Alya, rimaste per tutto il tempo solo un chiacchiericcio lontano e appena udibile dal piano di sotto, si fecero più vicine e Adrien si alzò dal letto, porgendo una mano all’amica. «Te la senti di alzarti?» le domandò, del tutto inconsapevole di averla ridotta ad un’ameba zuccherosa con quella semplice osservazione detta senza alcuna malizia.
   Pur non riuscendo a spiccicare parola, Marinette abbozzò un sorriso e accettò il suo invito, benché non avesse idea di come avrebbe fatto a reggersi in piedi – e non per colpa dell’influenza. Di una cosa, però, era certa: se quelle erano le conseguenze dell’ammalarsi, sperò di cuore che Adrien le starnutisse addosso più spesso.












In attesa dell'ultimo capitolo (e della shot finale) della long Fiducia, eccovi qui la mia prima storia breve sul fandom. Ne seguiranno almeno un altro paio, sappiatelo.
E niente, mi chiedo solo chi sarà il primo a capire come stanno realmente le cose, dimostrando di essere così il più intelligente. Secondo me è una causa persa e scopriranno le loro doppie identità contemporaneamente durante una battaglia particolarmente importante.
Bon, vado a soffiare il naso a questi due adorabili scemotti e vi lascio in pace.
Grazie a chiunque abbia letto e a chi volesse lasciarmi due righe e/o inserire questa shot fra le storie preferite/ricordate/seguite.
A presto e buona serata! ♥
Shainareth





  
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