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Autore: Stardust85    14/11/2017    0 recensioni
"Mi fermai ad ascoltare completamente rapita. Senza accorgemene, mi ero spinta quasi fin sotto al palco, lasciando il mondo intero alle mie spalle. Fu allora che lo vidi. Era chino sul suo basso elettrico. Aveva un viso perfetto, incorniciato da un folto caschetto castano. Il suo sguardo, concentratissimo sulle corde del basso che faceva vibrare. Era bellissimo. Aveva il viso completamente imperlato di
sudore e questo mi eccitò segretamente. Di colpo alzó lo sguardo e si voltò diritto verso di me."
Linda è una ragazza della Liverpool perbene. È dolce e innocente come una bambina. Ovviamente completamente ignara di cosa sia l'amore. Benché appartenga al ceto borghese, si discosta dagli ideali della sua famiglia.
La sera del suo compleanno, si reca insieme al suo gruppo più intimo di amici e amiche, nonché al suo spasimante, al famosissimo Cavern Club, dove stanno esibendosi gli acclamatissimi Beatles. Basterà un fatale scambio di sguardi con l'affascinante bassista del gruppo, Paul McCartney, e la sua vita cambierà per sempre.
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Salve a tutti. Questa è la prima volta che pubblico. Sono molto emozionata. Spero di non annoiarvi anzi, sono ben accette critiche di ogni genere. Ogni descrizione dei fatti e dei personaggi descritti non è veritiera.
Genere: Erotico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tormenti


(Lui)
Lasciala perdere...
Quelle parole risuonavano a vuoto dentro di me, mentre sudato mi giravo 
e rigiravo nel mio letto. Cosa avrei dovuto fare, dimenticare il suo viso? 
Immaginare di non averla mai incontrata? Si, forse avrei dovuto, se questo
 fosse servito a lenire almeno una piccola parte di quel dolore al
 centro del petto. In fin dei conti che senso aveva insistere,
 se nella sua vita c'era già quel damerino arrogante. Sarebbe stato
 facile lasciar perdere tutto... E invece no. Non riuscivo neppure a dormire. 
Mi alzai con uno scatto e mi vestii subito. Scesi in strada quando l'aria era ancora
fredda e umida; il sole sarebbe sorto di lì a poco. Salii in macchina e guidai
senza una meta, prima che la mia attenzione venisse catturata dall'insegna luminosa
 ancora accesa di un vecchio pub. Appena varcai la soglia vidi un paio di ubriaconi
 collassati sui loro boccali di birra ormai scolati. C'era un bel tepore che 
mi tranquillizzò subito, nonostante mi domandai perchè mai volessi bere alle quattro del mattino.
Ordinai uno scotch e per ben due volte rimasi a fissare a lungo il 
mio bicchiere svuotato troppo in fretta.
Restai seduto al bancone a ripensare a loro due. Dopo quella pietosa immagine nel
 vialetto dell'istituto , li avevo visti ritornare insieme al ballo. Lui le sorrideva in modo smagliante,
lei indossava un sorriso composto. 
Ma sapevo cosa avevo visto per tutta la serata. Avevo visto una ragazza ballare
con un uomo che non amava. Non era possibile! Non dal momento che il sorriso gentile
e cortese che rivolgeva a
lui, era vuoto e non trascendeva alcuna emozione. Non come gli sguardi
furtivi che rivolse più volte a me.
Perché tutto di lei, tutto era totalmente e follemente desiderabile. Cosa
aveva lei che un'altra non avrebbe potuto darmi. Chi lo sa... forse l'amore? 
Bravo. Bella risposta del cazzo. E ora che il sospetto si era insinuato, come avrei potuto 
vivere con la consapevolezza di dovermi lasciare quella possibilità alle spalle?
Mi faceva troppa rabbia, non potevo tollerare la presenza di quell'individuo 
nè di chiunque altro accanto a lei. Strinsi i pugni.
La cameriera fu carina. Il secondo giro me lo offrì praticamente gratis.
Aveva amoreggiato con me per tutto il tempo senza dissuadermi dal
pensare a lei... lei soltanto. Mi strizzó l'occhiolino, e piegandosi per versarmi
il secondo bicchiere, lasciò intravedere  nella scollatura.
"Alle sei stacco. Sembri piuttosto triste. Ci facciamo un bicchierino da me?".
L'offerta mi piacque e non me lo feci ripetere. Volevo provare a me stesso
che non ero incatenato a quella ragazza bambina. A quella pelle vellutata. A
quel sorriso innocente. A quegli occhi. Quella bocca che mordeva troppo
spesso per la mia sanità mentale.
Accennai un sorriso vuoto alla ragazza che avevo di fronte e risposi solo
 "Ho la macchina qui fuori".
La situazione era piuttosto familiare. Di lì a poco avrei ottenuto del buon
sesso di sicuro. La ragazza sapeva il fatto suo. Appena entrai nel suo
appartenento mi saltò addosso come una gatta. Le misi subito una mano
sotto la gonna per poi salire piano fino a trovare l'elastico delle sue
mutandine. Non riuscì e ritentai con la sua camicetta bianca da cameriera.
Quando fu seminuda davanti a me non riuscì ad andare oltre. Provai a
lasciarmi andare. Ma non provai alcun trasporto. Lei provò a toccarmi... 
Poi mi guardò delusa. "Forse è il caso che tu vada". Non le dissi nulla.
 Mi sentì solo uno stupido. Abbottonai i pantaloni e uscii dalla stanza
lasciandola lì dov'era.
Mi ritrovai di nuovo solo in strada. Mi accesi una sigaretta e mi infilai in
macchina senza una meta. Senza che me ne rendessi conto venti minuti dopo ero di fronte
alla sua scuola.
Fumai almeno altre  quattro sigarette prima di vederla arrivare. Erano le sette e
mezza del mattino. Era mattiniera. Meglio così. Avrei avuto il tempo per
parlarle. Scesi dalla macchina. Lei aveva un viso crucciato; una piccola ruga
le si era increspata proprio lì in mezzo tra le sopracciglia e i suoi occhi
sembravano pensierosi.
Non indugiai altrimenti. Mi feci avanti. Lei praticamente non mi vide
neanche. Quasi mi venne addosso prima di voltarsi e guardarmi.


(Lei)
Quella notte non chiusi occhio.
E ora camminavo lungo il sentiero che portava a scuola totalmente assorta 
nelle mie fantasie. Nella mia mente c'era
soltanto lui. Per tutta la notte avevo fantasticato su noi due. Mi sentì le
guance bruciare. Poi mi tornò in mente che ero stata pizzicata a guardarlo,
probabilmente senza troppo candore. Qualcuno dei suoi amici non si era
perso la scena e ci si era fatto su anche due risate. La mia fuga per la
vergogna. E dopo tutto questo ci mancava anche Phil e la sua stupida
scenata. "Dovevamo andare al ballo insieme." mi accusò "E invece scappi via. Mi eviti e sei evasiva.
Dimmi almeno perché?". Come dirgli la verità. Come giustificare il fatto che per 
nessuna ragione volevo esser vista insieme a lui davanti a... Come potevo dirgli che
era stato solo la scusa per avere il permesso di andare al ballo? Il mezzo che mi serviva
per vedere lui... McCartney?
E poi la sua proposta inaspettata. "Sai che siamo perfetti insieme. Perché
non mi vuoi? Permettimi di amarti. Quando usciamo con gli amici, sembra
quasi che io non esista per te."
Phil era uno apposto, dopotutto. Era un bravo ragazzo e di buona famiglia. I suoi erano
amici dei miei da molti anni. Era quasi scontato che avremmo finito per
fidanzarci e poi sposarci. Era dato ormai per certo. All'inizio la cosa non mi
dispiacque. Non che ammassi Phil. In un certo senso gli volevo anche bene.
Ma era bello avere il permesso per uscire di casa con lui e altri nostri amici
in comune. Tutto sommato, se non fosse stato per lui, la sera del mio
compleanno non mi avrebbe mai portata al Cavern Club. Disse ai miei che
saremmo andati tutti al cinema. E invece, con aria furbetta, arrivati in auto
esordì dicendo "Stasera ti porto a ballare. C'è un posto bellissimo dove
suonano un sacco di gruppi forti. Vedrai... Ti piacerà".
Ripensavo a tutto questo, quando urtai il braccio a un tizio. Non l'avevo
affatto visto. Ma da dove era sbucato? Mi voltai per scusarmi e restai per un
attimo senza parole.
Un paio di occhi marroni, i più belli che avessi mai visto, mi fissavano divertiti. Sghignazzó appena per non essere troppo scortese
e poi si ricompose, continuando però a sorridere in maniera gentile.
"Chiedo scusa" fu tutto ciò che dissi.
"Ma no. Sta tranquilla. Sei tu che devi scusarmi. Non ridevo di te. Anzi... A
dire il vero ti stavo aspettando. Sei in ritardo".
Strabuzzai gli occhi. " In ritardo io? Per cosa?" accennai un sorrisetto
imbarazzato "Non ti conosco nemmeno!" mentii spudoratamente. "Beh, per cominciare io son qui
dalle sei e mezza. Sono le sette e mezza. Sei in ritardo di un'ora. Ma ti
perdono non preoccuparti". Risi nervosamente. "Perdonarmi? Ma cos'è? Sei
forse ubriaco?" Abbassai lo sguardo e gli girai intorno per proseguire il mio
cammino mentre sotto i baffi non riuscì a trattenere il sorriso.
Lui non esitò ad affiancarmi e a percorrere la strada con me. "Beh... Sono già due volte
che ci incontriamo senza darci un appuntamento.
Ho pensato che visto che ormai siamo praticamente amici dovremmo darci, 
se non altro, un orario. Non mi piace aspettare sai?".
" OK. Adesso davvero non ti seguo." Camminavo senza più guardarlo. Lo
sguardo fisso davanti a me per non ridere. Il passo più veloce. Un lieve rossore sulle
guance.
"Beh. Non volevo deluderti. Ho notato che ammiri molto la mia musica e ho
pensato che dal momento che la scorsa notte sei fuggita sul più bello, avrei potuto fare un concerto in privato solo per te".
"OK ti giuro che adesso urlo" mi feci seria.
"Ti prego ti prego ti prego. sono un idiota. Non intendevo quello." mi si parò davanti. "Non volevo offenderti. Ma
tu... Mi confondi le idee." si schiarì la voce. Mi guardò preoccupato. Lo fissai
per un istante troppo breve prima di scoppiare a ridere.
Lui si rilassò e disse "Scusami. Non era mia intenzione essere sconveniente, giuro. 
Ti volevo parlare ma non sapevo cosa dirti."
"Beh... Intanto potresti iniziare scusandoti anche tu." abbassai lo sguardo. Quando lo rialzai 
verso di lui aveva il volto preoccupato in attesa di una sentenza.  "Ti aspettavo da molto anch'io".
Il suo volto angelico  si illuminò all'istante. Ci guardammo complici di quello stranoscambio di battute
e del  significato che stava prendendo. Non riuscì a reggere oltre  il suo sguardo e arrossendo 
strinsi più forte a me i libri.
   
 
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