Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: shiningreeneyes    14/11/2017    1 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 39

Okay.

 

 

Lunedì, 10 Maggio 

 

 

"Allora non hai davvero partorito?" Niall mi guardò con occhi profondamente delusi.

 

"No, non ho davvero davvero partorito," risposi monotono e gettai uno sguardo asciutto verso Harry. Sembrava trovare molto divertente tutta la scena che gli si presentava davanti.

 

Niall premette le labbra tra loro per un attimo e poi si appoggiò alla sedia. "No, credo che avrebbe causato più danni che altro," disse noncurante, "facendoti a pezzi il culo e tutto."

 

"Dacci un taglio, Niall," disse forte Liam da dove era seduto alla fine del letto insieme a Zayn. Non erano seduti troppo vicini l'uno a l'altro, notai, e mi chiesi se fosse perché non volevano sconvolgere Harry. Li aveva trattati normalmente da quando erano entrati nella stanza mezz'ora prima, e non potevo fare altro se non sperare che continuasse a farlo. Avevo un bambino addormentato tra le mie braccia, se Harry avesse cominciato ad urlare probabilmente il risultato sarebbe stato piuttosto fastidioso.

 

"Che cosa? Stavo solo facendo una domanda," disse Niall.

 

"Si, abbiamo sentito tutti," disse Liam.

 

Niall roteò gli occhi e prese un sorso dalla bottiglia di Coca Cola che stava tenendo. "Quindi l'infermiera che era qui prima...?" disse una volta inghiottito, spostando lo sguardo da me a Harry.

 

"Si chiama Sydney e ha venticinque anni ed è sposata, pervertito," disse Harry con uno sbuffo.

 

"Forse la volevo conquistare," rispose con un sorriso spietato, "farla sentire onorata e tutto il resto."

 

"Non sei nemmeno in grado di onorare te stesso," disse Zayn secco.

 

"Non c'è bisogno di essere così sarcastico. Non possiamo essere tutti innamorati come voi quattro, sai."

 

Il silenzio che calò nella stanza era insopportabilmente pesante e teso e dopo alcuni secondi Zayn parlò. "Ci fai sentire come se fossimo tutti e quattro in una relazione perversa."

 

Sia Liam che Harry fecero un suono di disgusto, e stropicciai il naso. "Preferirei se non si andasse oltre," disse Liam, ed Harry annuì in accordo.

 

"Si, rimarrò attaccato a Lou," disse e mi gettò un rapido sguardo laterale.

 

La mia faccia si allargò in un enorme sorriso, ma non dissi niente.

 

"Lo farai, huh?" disse Zayn con un sopracciglio sollevato e uno scintillio negli occhi, "e Lauren? A giudicare da come ci ha riempito di domande su dove fossi a pranzo oggi, deduco che tu non abbia ancora rotto con lei."

 

"Ci sto lavorando," rispose, "non penso che sarà un grande shock per lei comunque, non è che fossimo così felici insieme ultimamente. Sono sorpreso che non abbia già chiuso lei le cose, ad essere onesti."

 

"Ora che c'è il ballo?" disse Niall ridendo, "non c'è modo che rischi di dover andare da sola."

 

"Beh, non verrà di certo con me," disse Harry stiracchiandosi le braccia sopra la testa, facendo un suono di soddisfazione.

 

"Le darai buca il giorno prima?" chiese Zayn con un sorriso malizioso, "dandole zero possibilità di trovare qualcun altro?"

 

Harry restituì il sorriso allo stesso modo. "Qualcosa del genere."

 

"Non devi essere così crudele, sai," commentai.

 

"Come se non ti piacesse vederla arrabbiata e sola."

 

Feci del mio meglio per trattenere un sorriso, probabilmente fallendo miseramente se il trionfante sorriso che Harry mi mandò era di qualche indizio. "Indirizzerebbe la sua rabbia verso di me," dissi, "e preferirei non farmi prendere a calci in culo da una ragazza."

 

"Ti proteggerò, non ti preoccupare," disse Harry, e in risposa ricevette tre risate.

 

"Potrebbe prendere a calci nel culo anche a te, Harry," disse Niall, e Liam e Zayn acconsentirono.

 

"Come volete, sono un fottuto uomo, posso affrontarla," disse lui incrociando le braccia al petto.

 

"È una cosa giusta dire parolacce di fronte al bambino?" chiese Zayn curioso prima che qualcuno avesse la possibilità di continuare la discussione sulla mascolinità di Harry. O la mancanza di essa.

 

Diedi uno sguardo rapido verso il basso. "È addormentato," dissi, "e anche se non lo fosse, dubito che sarebbe in grado di capire qualcosa."

 

"Si, ma ho sentito dire che i cervelli dei bambini sono come spugne," disse con una piega semi-preoccupata tra le sopracciglia, "tipo, assorbono tutto ciò che viene detto dalle persone intorno a loro."

 

"Penso che valga per i bambini un po' più grandi," disse Harry, "sai, quelli che fanno altro oltre a mangiare, dormire, piangere e fare la cacca."

 

Gli altri tre risero, ma io gli mandai uno sguardo indignato e mi strinsi al petto il bambino. "Non ha nemmeno due giorni, cosa ti aspetti da lui?"

 

"'Meno pianti."

 

"Non sei divertente." Sentii il bambino contorcersi leggermente e un attimo dopo rilasciò un piccolo grido. Un piccolo grido che si trasformò in grida più forti. "Guarda cosa hai combinato," dissi con un sospiro mentre cominciai a cullarlo avanti e indietro con movimenti lenti, "l'hai fatto arrabbiare."

 

"Non credo che mi abbia capito," disse Harry, ma sembrava un po' dubbioso.

 

Gli mandai semplicemente uno sguardo torvo prima di iniziare a mormorare una serie di 'shh, va tutto bene piccolo, va tutto bene, non voleva dire quello'. Era stranamente straziante sentirlo piangere in quel modo, e non potei fare a meno di essere un po' arrabbiato con Harry, il che era ridicolo, perché ovviamente il bambino non stava piangendo a causa di quello che lui aveva detto.

 

Almeno non credevo.

 

Ma comunque, cosa ne sapevo dei bambini?

 

Praticamente niente.

 

Quando il pianto finì e si fu riaddormento con la testa sulla mia spalla, Harry era andato a sedersi con Zayn e Liam, ed erano immersi in una conversazione che sembrava abbastanza seria. Niall, invece, stava maneggiando con il telefono. Fu nel mezzo di qualche frase che stava pronunciando Liam che il bambino emise il suo ultimo grido, e lui si fermò improvvisamente subito dopo aver pronunciato la parola 'allora'. Tutti e tre avevano delle espressioni serie, quella di Harry anche un po' infastidita e quelle di Liam e Zayn colpevoli, e non ci misi molto a fare due più due e capire di cosa stessero parlando.

 

"Forse dovreste... finire questa conversazione fuori," dissi esitante, guardando avanti e indietro tra loro.

 

"No, va tutto bene," disse Harry. La sua mascella, però, sembrava un po' più rigida del normale e gli mandai uno sguardo scettico.

 

"Non va tutto bene," disse Liam e questo mostrava che il mio fugace sospetto fosse esatto. Si alzò e offrì una mano a Zayn, che la prese con un sorriso ed entrambi guardarono Harry. Lui li guardò con un'espressione leggermente di sfida - quasi infantile, a mio parere - per qualche secondo prima di emettere un grugnito e dire 'bene' per poi uscire dalla stanza senza ulteriori indugi. Vidi Zayn roteare gli occhi prima che lui e Liam seguissero Harry fuori dalla porta.

 

Un silenzio imbarazzato riempì la stanza non appena la porta venne chiusa di nuovo, e mi morsi il labbro assente. Non era che non mi piacesse Niall, anzi, ma io e lui non avevamo mai avuto una vera conversazione, non avevamo mai realmente parlato, e adesso improvvisamente ero da solo con lui in una stanza di ospedale mentre tenevo in braccio un bambino.

 

Si poteva dire che mi sentivo un po' fuori luogo. 

 

"Allora, com'è stato?"

 

Beh, non sembrava avere problemi con la situazione.

 

Gli mandai uno sguardo curioso. "Com'è stato cosa?"

 

Si sistemò ulteriormente contro lo schienale della sedia - un altro po' più giù e sarebbe scivolato - e scrollò le spalle. "Essere incinto."

 

Ci pensai per alcuni secondi. "Io... non lo so," dissi sinceramente. Era la prima volta che qualcuno mi faceva quella domanda in modo diretto, per quanto bizzarro, e onestamente non sapevo cosa rispondere. "È stato strano," dissi alla fine, "e faticoso. Per non parlare del fastidio e del dolore."

 

"Penso che 'strano' sia la parola chiave," disse mentre si grattava la nuca, "non per, sai, essere maleducato o altro, ma ho pensato che ci stessi prendendo in giro per molto tempo."

 

"Non posso davvero biasimarti, suppongo."

 

"Mi spaventa ancora un po', ad essere onesti," disse, sembrando tutto ad un tratto a disagio, "voglio dire, sei un ragazzo e due giorni fa sei andato in travaglio proprio di fronte a me. Non è... naturale, lo sai?"

 

Sentii le guance scaldarsi e chinai la testa per impedirgli di vedermi. "Scusa," dissi, "e no, non è naturale, ma è successo." Premetti la guancia contro la testa del bambino e sorrisi dolcemente per niente in particolare. "E ho questo ragazzino come prova e promemoria."

 

"Si," disse con un bisbiglio, e alzai lo sguardo, "è abbastanza impressionante. Dorme molto però; sarò più di aiuto quando sarà abbastanza grande da poter calciare una palla."

 

Sorrisi per un secondo, prima di rendermi conto che quando il bambino sarebbe stato in grado di calciare una palla, non ero certo che fosse ancora con me e sentii il mio viso spegnersi all'improvviso. 

 

"Mi dispiace," disse Niall con uno sguardo di scuse, "so che voi non avete ancora deciso niente."

 

"Va tutto bene," dissi, costringendo un sorriso.

 

"Si, che ne dici di cambiare argomento? Non sono molto bravo nelle situazioni emotive," disse, raddrizzandosi. Non aspettò una mia risposta e aprì di nuovo la bocca. "Quindi tu ed Harry andrete al ballo insieme?"

 

"Mi ha chiesto di andare, e ho detto di sì," esitai per un secondo, "al momento."

 

Sollevò un sopracciglio con disapprovazione. "Gli darai buca?" disse lui.

 

"No!" Esclamai ad alta voce. Feci una smorfia e diedi una rapida occhiata in basso per assicurarmi di non aver svegliato il bambino. Dormiva ancora come un sasso, e mi voltai di nuovo verso Niall, mordicchiandomi l'interno della guancia. "No, non... non gli darò buca, solo che non so se per me sia una buona idea andare."

 

Corrugò la fronte. "Perché no?"

 

"Perché si," dissi vagamente.

 

Sbuffò impaziente. "Qualunque sia la ragione, sono sicuro che sia una cazzata."

 

"Cos- scusa?"

 

"Hai la tendenza di, sai, svalorizzare te stesso, secondo Harry, quindi ho una vaga idea che tu lo stia facendo anche ora."

 

"Io- io non mi svalorizzo," ribattei debolmente.

 

Lo sguardo che mi mandò mi disse che non era affatto convinto e arrossii di nuovo. In quel momento la nostra piccola conversazione finì, perché la porta si aprì e non entrarono Harry, Liam e Zayn come mi aspettavo, ma Sydney, tenendo in mano un biberon e il solito sorriso sul viso.

 

"È l'ora della pappa," disse mentre si avvicinò al letto e mi tese il biberon senza indugi. Ridacchiai mentalmente facendo finta di non notare le occhiate che Niall le mandava. Il fatto che lasciò la stanza subito lo presi come un buon segno, apparentemente pensava che fossi in grado di farlo da solo senza fare casini. Quello aumentò la mia fiducia in me stesso.

 

Trovai insopportabilmente dolce che anche da addormentato iniziò a succhiare la tettarella non appena la poggiai sulle sue labbra, tenendo il biberon con le manine ancora inesperte.

 

"È un mangione," commentò Niall dalla sua sedia, "sono tutti così i bambini?"

 

"No, a quanto pare lui è assurdamente affamato," dissi, sorridendo al bambino, i suoi occhi semi-aperti, sentendomi enormemente fiero.

 

"Sarà uno di quei bambini paffutelli e carini," disse con un sorriso, "sai, come quelli che vedi con i rotoli sulle gambe e sulle braccia," aggiunse come spiegazione quando lo guardai disgustato. "Divertente come i bambini più grassottelli quando crescono sono i più magri. Avresti dovuto vedermi, ero un palla di lardo fino ai cinque anni, e guardami ora." Si indicò le gambe abbastanza magre e lo stomaco piatto, e sorrisi.

 

"I giocatori di calcio tendono ad essere magri generalmente."

 

"Mhm," stese le gambe e sospirò, "tante corse, bruciamo tante calorie quante quelle che assimiliamo."

 

Gli mandai uno sguardo invidioso, pensando che se avessi voluto sbarazzarmi del grasso in eccesso nelle cosce e nella pancia, avrei dovuto morire di fame e fare esercizio fisico fino allo svenimento per un anno e mezzo. Oh, che incantevoli prospettive di vita.

 

Gli altri tre tornarono in camera pochi minuti dopo, e quando nessuno di loro sembrava aver picchiato l'altro e nessuno sembrava arrabbiato, lo presi come un segno che fosse tutto okay.

 

"È tutto okay," annunciò Harry. Beh, okay.

 

"Niente più sentimenti feriti?" disse Niall con tono leggermente di scherno nella sua voce.

 

"No, niente più sentimenti feriti," disse Harry prima di spostare gli occhi verso di me, "oh, gli hai già dato da mangiare?" disse poi, e io sbattei le palpebre.

 

"Penso che sia ovvio chi sia la mamma e chi il papà," blaterò Zayn.

 

Avevo un'idea a cosa si stesse riferendo, e purtroppo non c'era modo che potessi negare. Harry era il padre amoroso che dimenticava tutto, e che, malgrado le buone intenzioni, tendeva ad incasinare parecchie cose. Io, d'altra parte, ero la mamma che riusciva a fare le cose nel modo giusto, ma che al contempo aveva degli attacchi isterici.

 

Era passato solo un giorno e mezzo e già avevamo stabilito i nostri ruoli.

 

Incredibile.

 

"Dobbiamo andare ora," disse Liam, "l'allenatore ha richiesto una riunione di gruppo alle 18 per Dio sa quale ragione."

 

"Non ha richiesto la mia presenza?" chiese Harry.

 

"No, gli abbiamo detto che hai a che fare con alcune questioni familiari, quindi sei libero."

 

Harry annuì e sorrise con gratitudine. "Grazie."

 

Uscirono poco dopo, dopo aver offerto un veloce 'ciao' a me e ad Harry, e non un così-veloce-ciao al bambino. Non appena furono fuori dalla porta, Harry emise un forte gemito e si sdraiò sul letto. Si mise nella sua solita posizione con un braccio intorno alle mie spalle e l'altra sulla pancia del bambino, e scosse la testa incredulo.

 

"Come mai i miei amici diciannovenni sono più estenuanti di un neonato?" chiese retoricamente.

 

Lo guardai con curiosità. "Sei sicuro che vada tutto bene?"

 

"Si, va tutto bene, davvero," disse con un sorriso. Annuii flebilmente in risposta perché sentii il biberon cominciare a scivolare, e quando guardai giù, il bambino si era addormentato. Il biberon era per lo più vuoto e lo misi sul comodino come al solito.

 

"Ha una bella vita," sospirò Harry, fingendosi invidioso. O almeno speravo fosse solo finzione. "Tutto quello che fa è mangiare e dormire. Voglio farlo anche io."

 

"Aspetta ad avere novant'anni, forse lo farai allora," dissi in risposta.

 

"Si. Forse. Mi darai da mangiare?"

 

"Naturalmente, con un biberon."

 

"Bene."

 

Trascorremmo i minuti successivi in un piacevole silenzio. Stavo per dire di essere stanco e chiedergli di tenere il bambino per un'ora a due, ma mentre stavo per aprire la bocca, mi precedette.

 

"Ti arrabbi se ti dico che ho fatto una cosa?" disse lui.

 

La sensazione d'irrequietezza nello stomaco, che era diventata molto familiare negli ultimi mesi, apparve, e aggrottai la fronte con ansia. "Che cosa hai fatto?" chiesi. Ad essere onesti, pensavo che avesse incontrato qualcuno o che avesse cambiato idea sul voler crescere il bambino come coppia, entrambe prospettive improbabili, ma mi fecero comunque aumentare il battito cardiaco.

 

"Non l'ho davvero fatto- okay, si, l'ho fatto," disse lui, armeggiando distrattamente con le sue mani, "e non so come potresti reagire."

 

"Che ne dici di dirmelo e poi deciderò come reagire?"

 

"Okay, solo non dare di matto, per favore."

 

In qualche modo avevo la sensazione che non fosse cambiato per niente e avesse iniziato a vedere qualcun altro. "Non darò di matto," promisi.

 

"Bene, okay," disse con un sospiro, "potrei... avrei chiamato tuo fratello."

 

Tra tutte le cose che avrebbe potuto ammettere, quella era l'ultima a cui avrei pensato. "Mio- cosa? Perché?"

 

"Non lo so, ho pensato che sarebbe stato bello avere qualcuno della famiglia a farti visita," disse, sorridendo, come a dire 'ti prego dimmi che è tutto okay'.

 

"Visita?" ripetei interrogativo, ignorando il suo sorriso, "sta venendo qui?"

 

"Si, lui... ha detto che sarebbe venuto intorno alle 18 o 19."

 

Gettai uno sguardo rapido all'orologio sulla parete. "È praticamente adesso," sottolineai con un lieve sospiro, "non potevi dirmelo prima?"

 

Tentò un altro sorriso. "Scusa?"

 

Scossi appena la testa. "Sei un po' sfacciato, qualcuno te l'ha mai detto?"

 

"Non sei arrabbiato con me allora," dichiarò con un sorriso.

 

"No, non sono arrabbiato," dissi, "Ad Owen va bene tutto questo, e non lo vedo da secoli."

 

"Lo so, per questo l'ho chiamato."

 

"E come hai avuto il suo numero?"

 

Lui scrollò le spalle. "Ho preso il tuo cellulare."

 

"Maleducato. E se avessi avuto dei nudi?"

 

Sollevò un sopracciglio interessato. "Hai dei nudi sul tuo cellulare?"

 

Ovviamente no. "Può essere. Chi lo sa?"

 

Strinse gli occhi e sollevò un dito per metterlo sulla punta del mio naso. "Se ci sono dei tuoi nudi da qualche parte, metterò le mani su di loro."

 

Spostai via il dito e sorrisi. "Meglio iniziare allora."

 

"Oh, lo farò," disse, "credimi."

 

Gli credetti.

 

Rimanemmo di nuovo in silenzio, e in tutta onestà non mi dispiaceva affatto. Era bello trascorrere un po' di tempo insieme, in pace e tranquillità e senza dover parlare o discutere di qualcosa. C'erano cose di cui discutere, non l'avevo dimenticato, ma era così semplice fare finta che tutto andasse bene e che sarebbe rimasto in quel modo, così finsi.

 

Fu quando l'orologio segnava le 18.30 che sentii Harry russare, e quando mi voltai a guardare, lievemente sorpreso, lo trovai addormentato con la testa piegata. Il bambino si era svegliato in quel momento e lo guardai con un sorriso. "Penso che tuo padre sia stanco," dissi, accarezzandogli la pancia, facendogli emettere un suono che andò dritto al mio cuore. Lasciai uscire una breve risata. "Sei carino quando non piangi, lo sai?" dissi mentre dimenava le braccia in aria, "forse è meglio provare a pensare a qualcosa per la prossima volta, pensi di riuscire ad urlare a pieni polmoni, mm?"

 

Un altro urlo fu tutto ciò che ricevetti in risposta.

 

Continuai ad accarezzare la sua pancia assente, suscitando una serie di piccoli suoni, e non passarono più di dieci minuti prima che si riaddormentasse. A quanto pare ero l'unico a riuscire a rimanere sveglio. Addormentarmi quando avevo il bambino tra le braccia non era l'idea più intelligente della storia e non volevo svegliare Harry, perciò rimani sveglio, senza muovermi di un centimetro.

 

Stando seduto lì non potevo far altro se non pensare.

 

Era quello che mi aspettava se avessi tenuto il bambino? 

 

Era quello che si provava ad avere una propria famiglia? 

 

Era quello che mi riservava il futuro?

 

Guardai prima Harry, a quanto sembrasse rilassato, al petto che si alzava e si abbassava in modo regolare, al suo fiato che usciva in un leggero russare. Sembrava così a proprio agio, così tranquillo. Poi mi voltai a guardare il bambino. Naturalmente sembrava in pace. Era un bambino, non aveva nessuna preoccupazione, non aveva motivo di non essere pace. Nessuna ragione che al momento conoscesse.

 

Avere l'opportunità di avere ancora momenti di quel genere non... non era una cosa terribile. Il pensiero era piuttosto esaltante, in realtà. Avere le braccia di Harry avvolte in modo protettivo intorno alla mia spalla e il bambino tra le braccia mi dava una sensazione di serenità. Un senso di sicurezza, conforto, di calore e di amore che non ero sicuro avrei trovato in nessun altro posto, nemmeno se avessi provato duramente a cercarlo.

 

Un bussare alla porta mi trascinò fuori dai miei pensieri, e alzai lo sguardo in tempo per vedere la porta aprirsi lentamente. Il volto di Owen apparve prima del resto del corpo, e sembrava un po' nervoso. Sorrise quando i suoi occhi incontrarono i miei, però.

 

"Bella stanza," fu la prima cosa che disse mentre i suoi occhi scrutavano la stanza, soffermandosi sulle pareti colorate. Stava ancora in piedi sulla porta, la mano sulla maniglia e non risposi. "È... voglio dire, stai bene?" chiese esitante.

 

"Sto bene, si," dissi, sorridendo vagamente, "hai intenzione di stare lì tutto il giorno?"

 

"Oh, no," disse. Si mordicchiò il labbro per un attimo e poi girò la testa. Lo sentii mormorare qualcosa a qualcuno che stava dall'altra parte della porta, fuori dalla mia vista, e corrugai la fronte in confusione. "Sii carina," lo sentii dire, la sua voce molto più forte, prima di rigirarsi a guardarmi. "Non arrabbiarti, okay?"

 

"Arrabbiarmi per cosa?" lo interrogai.

 

Non ricevetti risposta a quello. Non una risposta in forma di parole almeno.

 

Entrò, ma invece di chiudere la porta, la lasciò aperta. Stavo per chiedergli di richiuderla, ma le parole mi morirono in gola e furono sostituite da un cumulo d'ansia.

 

"Cosa ci fai qui?" chiesi debolmente, fissando mia mamma la cui espressione era quasi nervosa quanto la mia. Quasi. 

 

Si fermò sui suoi passi ad un paio di metri di distanza dal letto e mi mandò un'occhiata di supplica. "Non ti vedo da un mese," disse con cautela, "pensavo che sarebbe-"

 

"È colpa tua," la interruppi, sorprendendo me stesso dal modo in cui stavo mantenendo la voce.

 

Lei annuì. "Lo so. E non ti chiedo di perdonarmi, volevo solo vedere se stessi bene." I suoi occhi si spostarono fino a dove il bambino era appoggiato tra le mie braccia e la vidi impallidire. Non commentò però; non commentò il fatto che suo nipote fosse lì, a soli tre metri di distanza da lei. Stava ancora negando la situazione a cui non aveva mai creduto, o semplicemente non le importava?

 

"Sto bene," dissi alla fine, assicurandomi di mantenere un tono di voce neutro. Esitai per un attimo prima di aggiungere un tranquillo: "e anche lui."

 

Ci fu silenzio e desiderai che Harry si svegliasse. Ma dai suoni che emetteva, era ancora molto addormentato, lasciandomi ad affrontare la situazione da solo. Forse era meglio.

 

La mascella di mia madre si strinse leggermente e premette le labbra tra loro, apparentemente per mantenere il controllo del viso. "Sono contenta," disse lei rigida.

 

Abbassai lo sguardo e mi mordicchiai il labbro. Era sorprendentemente difficile affrontare le cose quando erano così. Lei aveva rifiutato di accettare il fatto che fossi gay, aveva scelto un uomo che a malapena conosceva invece che me, suo figlio, e mi aveva sbattuto fuori di casa nonostante le avessi detto di essere incinto. Non gli importava di me. Non abbastanza almeno, non abbastanza da fare quello che qualsiasi genitore avrebbe fatto in quella situazione. Dopo tutto era passato un mese, e molte volte mi era passato per la mente, soprattutto durante la notte, che un giorno mi avrebbe accettato e si sarebbe resa conto di avere un figlio gay che apparentemente poteva rimanere incinto.

 

A giudicare da quanto stava agendo in maniera fredda, nei confronti del bambino, non voleva accettarlo.

 

Non si preoccupava più di quanto faceva un mese prima, e faceva male. Faceva fottutamente male. "Okay, se... se è tutto puoi andare via subito," dissi piano.

 

"Louis, non posso-"

 

"Non farlo, mamma," la interruppi, guardandola con sguardo duro, "solo non farlo. Non hai alcun diritto di venire qui e... fare quello che stai facendo. Mi hai sbattuto fuori dalla nostra casa perché il tuo dannato ragazzo non poteva sopportare il pensiero di vivere nella stessa casa con una persona gay."

 

La sua mascella si strinse ancora più forte, e mi domandai se fosse possibile che i denti si frantumassero. Se così fosse, i suoi denti erano in serio pericolo. "Non sei gay, Louis," disse, "non ti ho cresciuto così, quindi non provare a-"

 

"Certo che non mi hai fottutamente cresciuto per essere gay," sibilai. L'unico motivo per cui non gridavo era perché il bambino si sarebbe svegliato senza dubbio, e anche perché la tristezza e l'umiliazione che avevo provato l'ultima volta che l'avevo vista, era svanita. Ma la rabbia si stava facendo strada dentro di me, bruciava nel mio petto e mi faceva ribollire il sangue nelle vene, lasciandomi solo la voglia di urlare, di prendere a calci e rompere qualcosa, era un sentimento quasi piacevole. "Sono gay perché sono nato così. Non ha niente a che fare con te o chiunque altro, fa parte di me. Non è una cosa che ho scelto, e non è una cosa per cui puoi fare qualcosa per mandarla via."

 

"Ma non puoi sapere con certezza che-"

 

"Lo so per certo," dissi.

 

"Ma come, Louis? Se pensi davvero di essere gay allora cosa-"

 

"Vedi il ragazzo addormentato accanto a me?" la interruppi. I suoi occhi si spostarono sulla figura di Harry per una frazione di secondo prima di fare un cenno di assenso nella mia direzione. "Lo hai incontrato una volta, ma non credo ti ricordi. Il suo nome è Harry, ed è decisamente ovvio che sia un ragazzo." Inghiottii, preparandomi mentalmente. "Ho un bambino con lui e lo amo." Sbattei le palpebre. "È una prova sufficiente per te?"

 

Mi guardò per lungo tempo, e io ricambiai lo sguardo, non battendo nemmeno una palpebra. Vidi Owen muoversi con la coda dell'occhio, ma non gli prestai attenzione. "Non lo accetto," disse infine, "e ancora non credo che tu sia gay perché so che tu ed Eleanor avete avuto una... relazione in qualche modo e so che era fisica."

 

"Si, non ho particolarmente tratto piacere da quello," dissi piano.

 

"Non tutto nella vita deve essere piacevole," riprese.

 

"No, mamma, io sono sicuro che il sesso debba essere piacevole," dichiari, subito seguito da un rossore del mio viso.

 

"Allora forse non ti sei sforzato abbastanza."

 

"Ho decisamente tratto piacere dal fare sesso con Harry." Tutto stava prendendo una brutta piega.

 

Lei prese un respiro profondo e mi lanciò uno sguardo di fastidio.

 

"Non sono venuta qui per discutere della tua vita sessuale."

 

"Allora smettila di preoccupartene. Sono gay, prendere o lasciare."

 

Lei piegò le mani in avanti e l'espressione dura si ammorbidì leggermente. "È chiaro che non voglia tornare a casa."

 

Risi. "Ho un bambino," dissi, "come pensi che lo possa spiegare a Ian?"

 

"Terrai il coso?" chiese, ignorando la mia domanda.

 

"Lui," la corressi, "e io- non lo so. Probabilmente no. Forse. Non abbiamo deciso."

 

Fece un passo verso il letto e stirò leggermente il collo, per vedere il bambino oltre i cuscini. Un debole sorriso le incorniciò il volto. "È bello," disse, "assomiglia molto a te quando eri bambino."

 

"Beh, il cinquanta per cento dei suoi geni sono miei," dissi calmo, "questo spiega le cose."

 

Non sembrava avesse una risposta a quello, e la stanza cadde nuovamente in un silenzio pesante. Sarebbe stato meglio dire silenzio pesante e imbarazzante. Inutile dire che fui sollevato quando sentii Harry spostarsi e pronunciare un sonnolento: "Cosa sta succedendo?" Ci fu silenzio per un secondo e poi: "Oh. Ciao."

 

Se il silenzio di prima era scomodo, non era niente in confronto a quel momento. Giurai di aver sentito i grilli. Quelli rumorosi. "Me ne vado," disse mia madre, spezzando il silenzio. Fece un paio di passi indietro e notai come le sue mani giocherellavano tra loro. "Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, okay?"

 

"E tu fammi sapere quando Ian sarà fuori dalla tua vita," risposi tranquillamente. Mi fermai un attimo prima di aggiungere: "e quando deciderai di essere di nuovo mia madre."

 

Il suo viso si rabbuiò e aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la chiuse di nuovo. Ripetè l'azione per due volte prima di tossire leggermente. "Ciao per ora," fu tutto ciò che disse prima di voltarsi rapidamente e avvicinarsi alla porta con passi rapidi.

 

Non appena la porta venne chiusa dietro di lei, Owen lasciò uscire un sospiro udibile. "Hai fatto crescere le palle!" esclamò ad alta voce, facendo voltare me ed Harry per zittirlo. "Scusate," aggiunse sommesso, "ma, seriamente, non ti ho mai visto opporti a lei in questo modo, è stata tipo... una rivoluzione."

 

"Una rivoluzione," ripetei. "Grazie per questa interpretazione. Quindi, faccio parte della gente comunque o delle grandi autorità?"

 

"Della gente comune, ovviamente," disse con una scrollata di spalle mentre si avvicinò al letto e si sedette. "Allora non tornerai a casa?" chiese.

 

"Perché dovrei?" chiesi retoricamente, "anche se niente di... beh, questo-" gesticolai verso me stesso e il bambino, "fosse successo, mi sarei comunque trasferito in uno o due mesi."

 

"Andrai all'università?" sembrava veramente sorpreso, e non ero sicuro se esserne offeso o meno.

 

Scossi la testa. "Quest'anno è stato troppo movimentato, quindi no. Io... non ho l'energia o la capacità di prendermi una responsabilità del genere in questo momento."

 

Sembrava ancora più confuso. "Cosa farai allora?"

 

Mi voltai e guardai Harry. Ricambiò lo sguardo con un sorriso, ma non disse nulla. "Noi dobbiamo capire se vogliamo mantenere il bambino o no," dissi quando mi voltai di nuovo da Owen, "e poi decideremo cosa fare."

 

La bocca si spalancò in una piccola 'o' e annuì lentamente. "Non ha un nome?" fu tutto quello che chiese, e ne fui grato.

 

Sorrisi debolmente. "No, lui... ha un nome, tecnicamente," dissi, "è solo un po' strano usarlo quando noi... quando non sappiamo se sarà o no il nome che avrà per il resto della sua vita."

 

"Allora per gli ultimi due giorni l'avete chiamato...?"

 

"Il.. bambino?"

 

Mi mandò un'occhiata sbalordita. "È una cosa cattiva e umiliante. Per non parlare della violazione dei diritti fondamentali dell'uomo."

 

Corrugai la fronte. "Cosa stai-"

 

"Tutti hanno diritto ad un nome."

 

"Ma guarda chi improvvisamente è diventato intelligente," dissi, sollevando le sopracciglia.

 

"Ian è uno stronzo. Devo occuparmi di qualcosa la notte, altrimenti insiste sull'unirmi a lui e alla mamma per cuocere le torte o per guardare un film." 

 

Lo sguardo nei suoi occhi la diceva lunga sulle litigate, i numeri sospiri esasperati e una serie di torte di mele californiane.

 

"Stupido idiota," mormorai, "sta cercando di creare la perfetta vita familiare per tutti voi, vero?"

 

"Ci prova," disse Owen, "non funziona molto bene, però. Non ha il giusto temperamento per essere un uomo di famiglia."

 

"Parlamene," dissi.

 

"Credo che lui e mamma vogliano avere un bambino."

 

Le mie palpebre si chiusero dalla stanchezza e trascinai una mano sul viso, gemendo. "Cosa vuole adesso?" Owen si limitò a scrollare le spalle, e sbuffai. "Questa famiglia è così incasinata e non è divertente. Se avranno un- un fottuto bambino, allora il mio bambino avrà una zia o uno zio più giovane di lui."

 

"Si. E dovrò affrontare la mamma mentre sarà incinta," grugnì, "è già insopportabile così. Per non parlare del fatto che ha già quarantacinque anni. Si possono avere bambini a quell'età?"

 

Scrollai le spalle inutilmente. "Diavolo, non lo so. Non capisco Ian, però. Sono abbastanza sicuro che una volta abbia detto che non voleva nessun bambino, troppo rumore e altro."

 

"Non lo vedo proprio come il Signor Papino Impaziente, no," osservò Owen con uno schiocco della lingua.

 

Inclinai la testa e premetti le labbra tra loro. "Come fai a resistere?"

 

"Con mamma e Ian?"

 

"Tra tutte le altre cose, si."

 

"Sto bene," disse facilmente, "gli piaccio, mi loda come se fossi un cazzo di santo perché gioco a calcio. Questo non cancella il fatto che sia uno stronzo, però."

 

Era bello, in un certo senso, avere Owen dalla mia parte. Avevo Harry, si, e avevo la sua famiglia che mi sosteneva, ma Owen faceva parte della mia famiglia. Era stato lì per praticamente tutta la mia vita, ed era ancora lì in quel momento, rimanendo al mio fianco nella situazione più difficile. Era confortante saperlo.

 

"Non ti spingere oltre con lui," lo avvertii, "non andrà a finire bene se un giorno decidesse di buttarti fuori di casa."

 

"No, lo so, non sono stupido," blaterò, "non come te."

 

"Sto meglio dove sono adesso, credimi," dissi, non senza rivolgergli un'occhiataccia per il commento stupido.

 

"Hmm, si," disse pensieroso, "sembra che stia andando tutto bene, con... sai, il bambino e... tutto. Sembrate come una famiglia, voi tre." Si sedette meglio e i suoi occhi scattarono tra me ed Harry un paio di volte, "voi due state, tipo, insieme o cosa?"

 

"Ci stiamo lavorando," disse Harry, parlando per la prima volta, "devo vedermela con una ragazza folle prima."

 

"Ragazza folle?" sorrise, "di quanto folle stiamo parlando?"

 

"In ogni senso possibile della parola," disse Harry.

 

Il sorriso di Owen si allargò. "Vuoi dire anche...?" chiese interrogativo.

 

"Si, anche in quel senso." Lo sentii ridere. "Quella è in pratica l'unica cosa positiva che ha."

 

"Bello. È sexy?"

 

"Owen, taci," dissi prima che Harry avesse la possibilità di rispondere.

 

"Stavo solo chiedendo," disse roteando gli occhi.

 

"La curiosità uccise il gatto."

 

"Non credo che quel detto si riferisca a questo tipo di curiosità, più a cose come-" si interruppe e arricciò il naso in qualcosa che non ero sicuro fosse disgusto o preoccupazione.   La causa era che il bambino - Aidan, dovevo ricordarmi - emise un gridolino che sapevo presto si sarebbe trasformato in grida più forti.

 

"Non cominciare ad urlare adesso, per favore," dissi piano, "ti stai comportando così bene oggi, non rovinare tutto ora, ok?" dimenò le braccia per un paio di minuti, ma nessuna lacrima cadde e nessuno calcio venne dato. Al contrario, calò di nuovo il silenzio, i suoi occhietti vagavano alla ricerca di qualcosa nella stanza e una filo di saliva sgocciolava dal lato sinistro della sua bocca. Posai una mano sullo stomaco e con l'altra giocai con le sue dita, sorridendo verso di lui. "Vedi?" dissi, "è più bello così, vero?"

 

Non rispose in nessun modo se non sbavando. Mentirei se dicessi che non lo trovai tenero.

 

"Perché i bambini sbavano sempre?"

 

Apparentemente Owen non la pensava come me.

 

"È piccolo, non può fermarlo," dissi in sua difesa, "e tu non puoi parlare," aggiunsi, "sbavavi come un pazzo fino ai tre anni."

 

"Beh, ero piccolo, non potevo fermarlo, no?" disse sorridendo, prima di scendere dal letto. "Penso di dover andare."

 

"Che cosa? Di già?" chiesi con aria sbalordita, "sei qui solo da mezz'ora, e non hai neanche tenuto il bambino."

 

"Pensavo avessi detto che ha un nome."

 

"Okay, non hai nemmeno tenuto Aidan."

 

"Aidan," ripeté, testando la parola, "penso che mi piace."

 

"Beh, sono contento, ma non l'hai tenuto-"

 

"Forse la prossima volta," mi interruppe, "ho bisogno di una preparazione mentale." Non mi diede la possibilità di ribattere a quello - probabilmente era meglio - prima di continuare. "Senti, ho delle cose da fare, ma tornerò presto, e forse lo terrò in braccio."

 

"Mi hai detto che mi avresti richiamato l'ultima volta che abbiamo parlato, due settimane fa, ma non l'hai fatto," dissi scontroso.

 

"Wow," sbuffò, "stai diventando davvero una ragazza."

 

"Non stavi andando via?"

 

Se ne andò subito dopo, anche se non prima di aver dato ad Aidan una carezza sulla testa, facendo ridere me ed Harry. "Fanculo," furono le sue ultime parole, e quando uscii dalla stanza chiudendo la porta dietro di se, io ed Harry stavamo ancora ridendo.

 

"Grazie," dissi quando ci fu nuovamente silenzio.

 

"Per averlo chiamato?"

 

"Si. Diciamo che... non so, mi ero dimenticato quanto mi mancasse."

 

"Hmm, si." Passò un momento di esitazione prima di: "è venuta anche tua mamma, però. Mi dispiace che stessi dormendo."

 

"È okay," dissi, "non è successo... niente. Niente."

 

"Avete litigato?"

 

"No, non era un litigio," dissi con una scrollata di spalle indifferente, "più che altro lei che si rifiuta di accettare che sono gay e dell'esistenza di Aidan, e io che le rispondevo a dovere."

 

"Se lo merita," disse. Aggrottai la fronte, e lui storse le labbra. "Mi dispiace, ma se lo merita, ha scelto un ragazzo a te. Non va bene."

 

Il mio viso si incupì e sospirai. "No, non va bene, so che non va bene. Ma è ancora mia madre. Non posso fare molto a tal proposito."

 

"Almeno Ian non è tuo padre."

 

"Sai davvero come rallegrare qualcuno." Feci una pausa per un attimo prima di scoppiare in una risata. "Grazie per averci provato, però."

 

Mormorò una risposta incomprensibile. "Torniamo a casa domani pomeriggio," disse dopo un paio di secondi.

 

Annuii e mormorai un breve 'mhm'. Avevo capito dove volesse andare a parare, era ovvio, ma era possibile stesse solo chiacchierando quindi non aggiunsi nient'altro.

 

"Non abbiamo parlato con mia mamma oggi."

 

Ed eccola quella speranza che muore.

 

"No, non l'abbiamo fatto."

 

"Sei consapevole che dobbiamo decidere, giusto?"

 

"Non proprio," dissi, "possiamo decidere una cosa adesso e poi cambiare idea in seguito."

 

"Stai solo rendendo tutto più difficile."

 

"Ma avremmo più-"

 

"No."

 

"Harry, dai, ci darà la possibilità-"

 

"No."

 

"Non essere così testardo, sto solo offrendo un-"

 

"No!"

 

"Oh, per l'amor di Dio, puoi solo ascoltarmi-"

 

"No, Lou! No. Non succederà." La sua voce era ferma - non arrabbiata, ma ferma, e aveva un tono che diceva che non si discuteva. "Ti amo, sai che ti amo, ma stai rimandando questo problema da troppo tempo."

 

"Non lo sto rimandando," protestai, "mi aspettavo di avere ancora un paio di settimane per decidere."

 

"Ma non abbiamo un paio di settimane," disse, "dobbiamo farlo ora."

 

"Ma hai sentito quello che ha detto la donna dell'agenzia di adozione," provai, "ha detto che niente sarà confermato se non firmiamo quel documento."

 

"Non rinvierò questo più di quanto non abbiamo già fatto," disse, scuotendo la testa mentre parlava. "In teoria non dobbiamo pensarci troppo a lungo, ma voglio che tutto questo finisca. Sono nervoso da fin troppo tempo, e non posso continuare così, quindi prenderemo la nostra decisione prima di lasciare questo ospedale." Si mordicchiò il labbro e mi guardò con occhi che sembravano quasi addolorati. "Non litigare con me per questo, per favore."

 

Presi un respiro profondo e aprii gli occhi, fermando lo sguardo sul materasso. "Sono spaventato," dissi poi, la mia voce sommessa e morbida, "che cosa succede se facciamo la scelta sbagliata e finiamo per rovinare tutto?"

 

"Se poi capiremo che abbiamo preso la decisione sbagliata possiamo risolverlo, ma ho solo bisogno di decidere qualcosa," disse.

 

"Se sei disposto a cambiare idea dopo, allora perché sei così intenzionato a prendere una decisione?"

 

"Perché ho bisogno di avere un minimo di senso di sicurezza." Lo sentii sospirare e tossire leggermente prima di continuare, lentamente e dolcemente. "Tu sai già quello che voglio e sai che abbiamo un piano che funziona bene."

 

"Si, ma non-"

 

"Ed entrambi sappiamo cosa vuoi anche tu."

 

Stavo per aprire bocca per protestare, per dirgli che si sbagliava e che non avevo idea di quello che volevo, ma a cosa sarebbe servito? Aveva ragione, e lui sapeva che io sapevo che aveva ragione, ma quello non cambiava il fatto che era tutto troppo da affrontare. Non avevo ancora diciannove anni, ma già dovevo prendere una decisione che avrebbe cambiato la mia vita. Se fossi stato un ragazzo normale, sarei stato impegnato a prepararmi per l'università, e anche se quella sarebbe stata una decisione di vitale importanza, non sarebbe stata così permanente e irrevocabile come quella di mantenere un bambino o no.

 

Se avessi scelto di darlo in adozione, il pensiero di lui mi avrebbe tormentato per il resto della mia vita, non lasciandomi pace fino alla morte. Avrei vissuto con il senso di colpa, la preoccupazione e l'inquietudine per tanto tempo, sempre facendomi domande, mai in grado di dimenticare. Se avessi scelto di tenerlo, tuttavia, sarei stato legato ad una responsabilità per tutta la vita, e il possibile rimorso di aver rovinato le prospettiva di una vita migliore per me, Harry e il bambino.

 

Quindi quale aspetto dovevo far prevalere per prendere la mia decisione? Il rimpianto eterno, la perdita, l'inquietudine, o l'enorme responsabilità di poter rovinare la mia vita e quella degli altri? 

 

"Si, lo so," dissi finalmente, deglutendo, "ma questo non rende più facile la decisione."

 

"Ma dobbiamo prenderla."

 

Io annuii, deglutendo nuovamente. "Lo so."

 

Il silenzio cadde su di noi per un po' di tempo, i suoni dei nostri respiri erano tutto ciò che si sentiva.

 

Alla fine sospirò. "Non ti odierei, sai," mormorò, "se decidessi di darlo in adozione, non creerei confusione."

 

"L'hai già fatto."

 

"Perché sapevo che non volevi davvero darlo," rispose. "Ma se mi dicessi con onestà che non vuoi tenerlo, ti starei vicino, e continuerei a voler stare insieme a te."

 

Il mio mento tremò leggermente, ma mi costrinsi a rimanere zitto. Iniziare a piangere non sarebbe stato l'ideale. "Si?"

 

Si mise meglio sul letto in modo che la mia testa si posasse sotto al suo mento. "Si," disse accarezzandomi la spalla.

 

Tirai sul con il naso e annuii. "Okay," fu tutto ciò che dissi, e quelle furono le ultime parole che ci scambiammo quel giorno.

 

 

Martedì, 11 Maggio

 

Fu con un cipiglio preoccupato e un cappotto grondante di pioggia posato sul braccio che Anne entrò nella stanza alle 15 del giorno successivo. In quel momento avevo di nuovo indosso i miei vecchi vestiti - se pantaloni felpati e una delle mie felpe di dimensioni enormi potevano essere considerati 'normali' - invece della camicia blu dell'ospedale che avevo indossato da domenica pomeriggio, inoltre ero seduto sopra le coperte e non sotto. Aidan dormiva ancora, ed Harry era seduto nell'altro lato del letto con i miei piedi sulle gambe, massaggiandoli dolcemente.

 

Dovevo ricordarmi ogni decimo di secondo che far uscire dei versi di piacere sarebbe risultato piuttosto umiliante.

 

"Sembra che stia andando tutto bene qui," disse mentre chiudeva la porta dietro di lei e si avviò alla sedia vicino alla finestra.

 

"Solo un po' di coccole," disse Harry, "a quanto pare i piedi gli fanno male."

 

"Ehi, ti sei offerto tu," dissi, indicandolo con un dito.

 

"Non cancella il fatto che ti stavi lamentando."

 

"Ho solo espresso alcune volte la mia discreta opinione. Non conta come un lamento," sibilai.

 

"Pensa pure quello che vuoi, piccolo."

 

Gli feci la linguaccia e lui mi rispose pizzicandomi il piede, facendomi squittire e gli diedi un calcio contro la gamba.

 

"Quindi," disse Anne, battendo le mani per attirare la nostra attenzione, "la ragione importante per cui mi avete fatta venire oggi è perché volevate che vi guardassi flirtare?"

 

La mia faccia si scaldò e guardai in basso, ma Harry non si scompose.

 

"Certo che no," disse, "quale ragazzo normale inviterebbe sua madre a guardarlo mentre flirta?"

 

"Hai fatto cose strane in passato," disse lei asciutta, incrociando le braccia al petto.

 

"Beh, i miei giorni selvaggi e ribelli sono finiti."

 

"Bene. Sei stato un incubo da affrontare."

 

"Ero un angelo," disse, "un bell'angelo."

 

"Eri uno stronzo."

 

"Sei tu che mi hai cresciuto, quindi se fossi uno stronzo - cosa che non sono - sarebbe colpa tua."

 

"Si, beh, non c'è molto da fare quando i tuoi piccolini decidono di ribellarsi."

 

Senza attendere un attimo per dare l'opportunità di rispondere, schioccò la lingua e continuò. "Allora qual è questo motivo così importante? Sono curiosa."

 

Harry si voltò a guardarmi e alzò le sopracciglia in un modo che chiedeva: "sei pronto per questo?" Gli diedi una triste scrollata di spalle in risposta, guardando il bambino sempre addormentato.

 

"Okay," disse Harry, schiarendosi la gola, "noi... abbiamo bisogno del tuo aiuto per decidere cosa- sai, cosa fare."

 

Non sbatté nemmeno una palpebra. "Dov'è il problema?"

 

"Il problema è che Lou è al cento per cento sicuro che sia egoista voler tenere Aidan e che sprofonderemmo nella tristezza se lo facessimo," disse senza esitazione.

 

Si voltò verso di me, con una piega tra le sopracciglia. "Perché?" chiese.

 

"Non lo so, non-" mi fermai un attimo, "non penso che sprofonderemmo nella tristezza, ma io- io sono spaventato di fare qualche casino."

 

"Tutti i genitori si sentono così," disse lei, con le labbra tirate in un sorriso, "soprattutto con il primo figlio. Avresti dovuto vedermi quando ho avuto Harry; ero sul punto di rinunciare a tutto almeno tre volte, poi si è rivelato bello, quindi non avevo motivo di dare di matto."

 

"Beh, si, ma è un po' diverso," replicai, "tu non eri un ragazzo e non eri al liceo."

 

"No, ero nel bel mezzo degli studi universitari," disse, "ho dovuto smettere l'università per prendermi cura di lui. I miei genitori erano furiosi e nessuno dei miei amici mi ha potuto aiutare perché studiavano, anche Robin."

 

Mi leccai il labbro assente. "I miei genitori mi odiano per quello che sono. Beh, mio padre non sa niente di quello che è successo nella mia vita negli ultimi due anni, ma mia madre mi odia." Battei le palpebre. "Ma comunque, il punto è che non ho stabilità nella mia vita e non voglio essere uno di quei genitori che non riescono a concludere niente e finiscono per riversare tutto sui propri figli."

 

Con un'espressione pensierosa, si appoggiò alla sedia e mi studiò per qualche secondo. "È l'unica cosa che ti impedisce di tenere Aidan?"

 

"Si, ma... è una ragione abbastanza buona," dissi con esitazione, sorpreso dalla sua reazione, "no?"

 

"Dimmelo tu," disse lei. Il modo in cui appariva mi ricordava più uno psichiatra che la madre del mio... beh, la madre del padre di mio figlio.

 

"Non è così," disse Harry piano. Smise di massaggiarmi i piedi e non feci passare nemmeno un secondo prima di mettermi a piagnucolare agitandoli per farlo continuare. Sorrise un attimo, ma non disse niente prima di iniziare a muovere le dita in cerchi lenti e sorrisi felice.

 

"Tutti noi sappiamo quello che vuoi, Harry, quindi il tuo contributo non è necessario," disse Anne, spedendogli uno sguardo di rimprovero prima di rivolgersi nuovamente a me, "volere una buona vita per il tuo bambino è una ragione perfettamente valida, ma è consentito anche prendere in considerazione i propri desideri personali."

 

"E se non potessi?" dissi disperatamente, "cosa succederebbe se-"

 

"E cosa succederebbe se tutto finisse per il meglio?" mi interruppe, "cosa succederebbe se tutti e tre trascorreste una vita felice insieme?"

 

Mi morsi il labbro e inghiottii. "E se non succederebbe?"

 

"Allora sarà più facile per voi cambiare decisione sul non tenerlo, piuttosto che cambiarla e decidere di farlo," disse.

 

Passai un paio di secondi cercando di capire cosa intendesse, corrugando la fronte e guardando il muro. Alla fine dovetti ammettere la sconfitta, e le lanciai un'occhiata confusa.

 

Lei sorrise e si alzò. "Se scegliete di tenerlo e in seguito vi rendeste conto che è stata una decisione sbagliata, tecnicamente poi non sarà difficile darlo all'agenzia di adozione. Ma se scegliete di darlo in adozione e firmate tutti i documenti, e poi vi rendete conto che non è stata la decisione giusta, siete... beh, ad essere sincera, siete fottuti."

 

La mia bocca si aprì e si chiuse tre volte, ogni volta con un nuovo argomento da offrire, ma tutte e tre le volte le parole morirono prima di poterle pronunciare, mentre la realizzazione si faceva largo in me, perché- "non l'avevo mai pensata in questo modo." Spostai il mio sguardo verso il basso. Come mai nonostante tutti i dibattiti tra me ed Harry su quella questione, non avevo mai pensato a quello? Quanto ottuso potevo essere? Quanto ottuso poteva essere Harry? Ovviamente Anne aveva assolutamente ragione, non c'era da discuterne, almeno non dal mio punto di vista. 

 

Avremmo potuto darlo in adozione e sarebbe stato irreversibile, permanente.

 

Oppure avremmo potuto tenerlo e avere la possibilità di cambiare idea, anche dopo anni, se volevamo.

 

Certo, se Harry non fosse stato così dannatamente convinto di prendere una decisione prima di lasciare l'ospedale, avremmo potuto decidere di darlo in adozione e avere ancora un po' di tempo per dirgli addio e prepare noi stessi. Ma non c'era verso di fargli cambiare idea. Non mi era permesso uscire da quell'edificio senza avergli dato prima una risposta, e ne ero consapevole.

 

Guardai il bambino, soffermandomi sul suo petto che si alzava e si abbassava in modo uniforme, sulla sua bocca leggermente aperta e su come i suoi piccoli pugni stavano riposando sulle mie gambe. "Sei felice qui, eh?" dissi tranquillamente, "non ti dispiaccio più di tanto, vero?" Non ricevetti nessuna risposta, naturalmente, e guardai di nuovo Harry. "Perché questa merda deve essere così difficile?" chiesi debolmente.

 

"Perché sei un essere umano, ecco perché," ridacchiò, anche se quello non placò il nervosismo che avevo, mischiato alla paura. In quella situazione non era per niente d'aiuto.

 

"Quale... quale pensi sia la cosa più intelligente da fare?" chiesi, rivolgendomi ad Anne.

 

Sorrise debolmente, ma il sorriso scomparve dopo soli tre secondi sostituito da uno sguardo pensieroso. "Io non..." si allontanò, stringendo leggermente le labbra, "non penso che starai bene se lo dessi all'agenzia di adozione. Sei troppo legato a lui. Non vuoi che sia da nessuna parte se non con te, nemmeno di notte, e non riesco ad immaginare come finiresti se dovesse essere dato a qualcun altro in modo permanente."

 

"Ma cosa-"

 

"Starà bene," mi interruppe con delicatezza, "sarò lì per aiutarti e così anche Robin. Non sei solo."

 

Il mio mento tremava e dovetti spezzare il contatto visivo con lei, concentrando il mio sguardo su Aidan. Cercai di immaginarlo, darlo a Ilana - o qualcun altro altrettanto freddo e senza cuore - e non poter fare niente se non stare lì a guardarlo mentre lo portavano via, piangendo disperatamente sulla spalla della persona senza volto che mi guardava con occhi traditi che urlavano solitudine. Solo l'immagine mi bloccò la gola e presi un respiro tremolante, cercando di trattenere le lacrime, rifiutandomi di far prevalere le emozioni, anche se erano aggrappate ad ogni parte del mio corpo, sia all'interno che all'esterno, non dandomi la possibilità di respirare normalmente.

 

Con le dita che tremavano violentemente, accarezzai una delle sue manine, sentendo la pelle morbida che trasmetteva innocenza e impotenza. Era così... piccolo. Troppo piccolo, troppo fragile, perché potessi affidarlo a qualcun altro per prendersi cura di lui. La sua manina si mosse improvvisamente, anche se era ancora addormentato, e prima di rendermene conto, le sue dita erano avvolte ad una delle mie. Non riuscii a pensare più a nulla dopo quello, e permisi ad una lacrima calda di scivolare sul mio viso, fino al mio mento.

 

Esitante e ansioso, sollevai gli occhi nuovamente verso Harry. Sul suo volto c'era uno sguardo di qualcosa simile al panico e le sue mani stavano ancora massaggiando i miei piedi, nonostante fosse più un'azione automatica che altro. Per quello che doveva essere un minuto intero, ci guardammo l'un l'altro senza espressioni e senza emozioni. Ci guardammo per lungo tempo, fino a quando non aprii la bocca.

 

"Tu... è- solo- prometti," dissi in un sussurro, guardandolo, "ho bisogno che tu mi prometta che staremo... che staremo bene."

 

Si chinò un avanti e un po' del suo panico svanì. "Staremo bene," disse piano, "te lo prometto."

 

"Prometti?"

 

"Prometto."

 

I suoi occhi erano sinceri e così la sua voce, e credetti alla sua promessa. Trovai difficile non farlo. Succhiai il mio labbro inferiore e sbattei le palpebre rapidamente prima di spostare lo sguardo verso il bambino. "Okay," mormorai, "okay."

 

I suoi occhi si spalancarono. "Okay?" ripetè, la sua voce quasi isterica, "tipo...?"

 

Alzai lo sguardo e cercai di sorridere, anche se il risultato fu qualcosa più vicino ad una smorfia adatta ad una maschera di Halloween. Il mio cuore stava battendo fino in gola, dandomi una sensazione scomoda tra nausea e dolore. Era bello, però. Ero spaventato dalle mie certezze, talmente disperato da aggrapparmi a qualunque cosa, e anche capace di poter sentire il mio cuore battere così rapidamente, con la certezza che non fossi ancora morto a causa dello stress.

 

Non appena mi accorsi degli occhi spalancati di Harry e delle sue guance rosse, presi un respiro profondo e annuii. I suoi occhi si allargarono ancora di più - grandi quanto delle palline da tennis - e la sua mascella si spalancò in una 'o'. Strinsi i denti per un secondo e annuii nuovamente, quella volta più deciso, prima di rispondere con voce tremante. "Si," sussurrai. "Si. Okay. Si."

 

 

 

Note traduttrice:

Ed eccoci, finalmente hanno preso la loro benedetta decisione. 

Scusate per il ritardo, ma non pensavo fosse così lungo il capitolo, sono più di 8000 parole. 

Spero comunque che vi sia piaciuto, alla prossima. E comunque, - 3 alla fine.

Baci, Fra.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: shiningreeneyes