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Autore: KiarettaScrittrice92    15/11/2017    2 recensioni
Questa è Rainbow city, una delle più belle metropoli francesi, musicale e alla moda. Tutti coloro che vivono qui amano la danza e i vestiti. Tutti qui si stanno dando da fare per realizzare i propri sogni.
E' arrivata un'altra ragazza amante della musica, chissà di che colore sarà il sogno che troverà questa ragazza.
Bene mettiamoci comodi e diamo un'occhiata alla storia di Marinette.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice:
Ehilà, sì lo so è strano che io faccia un angolo dell'autrice, ma in questo caso è importate e lo farò ogni qualvolta ci sarà questo genere di capitolo in questa fan fiction, più che altro perché devo spiegarvi (e in futuro ricordarvi) una cosa...

Questa Alternative Universe è ispirata al videogioco "Kira Kira Pop Princess" per questo motivo ho usato le canzoni del gioco. Ho deciso perciò di registrarle per permettervi di sentirle. Le trovate sulla mia pagina Facebook, LadyNoir World (purtroppo non posso caricarle direttamente qui su EFP), quindi se volete, vi suggerisco di andarle a cercare ed ascoltare, mentre leggete il capitolo.
A questo punto vi posso lasciare alla lettura.

 

Académie Rue Vert
 

Marinette fece un grosso respiro, cercando di tranquillizzarsi, ma l'ansia non passava: si sentiva proprio come quando si era recata a tutti quei provini in cui l’avevano rifiutata, con la grossa differenza che ora si sarebbe esibita non solo di fronte a una giuria, ma anche di fronte ad un pubblico, in un vero teatro e ballando danza classica che in realtà era solo da due mesi che studiava.
Adrien le afferrò il pugno, che ancora teneva serrato, nel vano tentativo di non tremare.
«Andrà tutto bene Marinette, vedrai. Abbiamo provato tanto e ieri è stato tutto perfetto. Anche gli esercizi dell’ultima parte dell’esame li abbiamo fatti bene.»
Lei fece solo un cenno di testa, mentre la sua mente continuava a ripassare ogni singolo movimento, ogni singolo passo, alla perfezione. Solamente quando le luci si spensero e il sipario si chiuse, distolse i suoi pensieri da tutto quello: non c’era più tempo per pensare, ora bisognava agire; ora doveva dimostrare a tutti cos’aveva imparato.
«Sei pronta?» le chiese il biondo guardandola dritta negli occhi, nella semi oscurità delle quinte.
«Pronta!» rispose decisa lei. Non si stupì nemmeno della sua sicurezza nell’incrociare il suo sguardo, la cosa più importante in quel momento era fare un buon numero e la sua concentrazione era al massimo, nulla l’avrebbe distratta.
Si posizionarono sul palco: lei nell’angolo sinistro in fondo e lui all’ingresso delle quinte, con alle spalle altri ballerini, concessi dall’accademia per la prima parte della coreografia. Questa prima parte vedeva infatti Adrien marciare, o meglio danzare in modo che sembrasse una marcia, assieme agli altri, in divisa, come fosse un soldato. 
Il sipario si aprì, esponendo Marinette all’immenso pubblico e agli insegnanti di danza, tra cui ovviamente anche D’Agencourt. Lei però li ignorò completamente, rimanendo impettita in prima posizione.
La musica partì e il gruppo di ragazzi, guidato dal giovane modello, entrò in scena con una serie di passi. Non appena iniziò la parte di musica con il flauto iniziarono a fare passi più complessi, sempre tutti perfettamente in sincrono. Il pubblico sembrava quasi incantato da quella prima performance. Forse più per la coreografia stessa e la perfezione quasi magica di quei corpi che si muovevano all’unisono, piuttosto che per ciò che rappresentavano.
L’obbiettivo di Marinette e Adrien, quando crearono quella prima coreografia era però proprio quello. Il pubblico doveva essere distratto, non doveva capire subito cosa stava succedendo, doveva solo vedere dei giovani uomini in divisa che marciavano e danzavano, con sullo sfondo quella che sembrava ancora una semplice ragazza. Una ragazza che nelle ultime battute, quando la canzone ripeteva il pezzo coi clarinetti, si iniziava a muovere attirando proprio nelle ultime note, lo sguardo di tutti quanti. Pubblico, insegnanti, ma soprattutto degli altri ballerini.
Le luci si spensero alla fine di quella breve coreografia, ma tutto il pubblico sapeva che ancora non era il momento degli applausi e il silenzio assoluto regnava nel piccolo teatro dell'Académie, tanto da riuscire a sentire i passi dei ballerini di supporto che si allontanavano dalla scena, battendo sul parquet del palcoscenico.
La luce tornò, un po' più soffusa, proprio mentre la musica ripartiva. 
Marinette era ancora sul fondo del palco, ma questa volta, nonostante ci fosse anche Adrien, l’attenzione di tutti era su di lei. Lei in quel bellissimo vestito di tulle, tipico del balletto classico. Lei che, all’inizio della musica su quelle delicate note, sempre di clarinetto, sebbene fossero di un’altra canzone, attraverso un paio di gesti eleganti si tramutò. Sollevando le mani verso al viso per qualche secondo e tirandole via verso gli zigomi si sistemò una maschera rossa a pois neri sugli occhi. Infine, portando le mani dietro la schiena staccò il pezzo di stoffa bianco che copriva il tutù, mostrandone un altro che s’intonava perfettamente con la maschera.
Dopodiché incominciò a prendere il centro del palco, con alcune pirouette, per poi ricominciare con gesti delicati e fluidi a danzare.
Quando la musica cambiò di nuovo ritmo, Adrien finalmente si mosse, porgendole la mano. Questa però si avvicinò di qualche passo è proprio nel momento in cui era sul punto di toccarla tornò sui suoi passi, indietreggiando, come intimorita. 
Tutta l’ultima parte della canzone fu così, lasciando vedere al pubblico un giovane soldato che tentava di approcciarsi con quella bella fata dai colori della coccinella, mentre ballavano quasi in parallelo e in sincronia, completandosi a vicenda nonostante non andassero all’unisono e non facessero gli stessi passi.
Non appena la canzone stava per finire, ecco che conclusero con il passo che avevano provato di più. Adrien eseguì un tour en l'air perfetto, mettendosi in ginocchio, mentre lei portando in alto la gamba sinistra, come a voler toccare con la punta del piede il cielo, fece un arabesque penché, sostenuta da lui.
La canzone finì e questa volta fu quasi impossibile per il pubblico trattenere un piccolo applauso, mentre gli insegnanti iniziavano a bisbigliare tra di loro qualcosa.
Le luci si spensero di nuovo e i due ragazzi si prepararono per il gran finale di quella coreografia.
Quando le luci si riaccesero erano seduti sul parquet, schiena contro schiena. Nella loro idea di storia, il soldato e la fata si erano innamorati, quindi probabilmente il pubblico si sarebbe aspettato una canzone romantica, che concludesse con una nota di dolcezza quel piccolo spettacolo. Loro invece, nel tentativo di stupire scelsero un Allegro e quando partì lo stupore generale fu subito ripagato. Nonostante i battiti veloci del ritmo, i loro movimenti continuavano ad essere eleganti e calibrati. 
Fra sauté, balancé e jeté i due ragazzi davano, e dovevano dare, l’impressione di essere due innamorati che giocano a rincorrersi e cercarsi. Concludendo poi, nelle ultime battute, con una pirouette di lei, sostenuta da lui che le stava alle spalle, fermandosi all’ultima nota in un mezzo arabesque, intrecciati.
Questa volta le luci rimasero accese quando la canzone finì e anche mentre l’applauso inondava il teatro. I due si staccarono e mettendosi in terza posizione fecero due inchini, incrociando davanti prima il piede destro e poi il sinistro.

 

Il sipario si chiuse sui loro inchini e non appena le tende furono completamente tirate, entrambi emisero un sospiro di sollievo, per poi dirigersi verso le quinte.
Ad accoglierli vi erano Monique e Alì. Lei vestita con un elegante tutù bianco e piumato e in testa una coroncina anch’essa decorata con piume bianche, lui con un completo nero molto elegante che lo faceva sembrare una specie di principe.
«Siete stati bravissimi! – disse entusiasta Alì con un sorriso sincero – Vero Monique?» chiese rivolgendosi poi alla compagna.
«Sì siete state bravi... In alcuni passi siete ancora imprecisi, ma tutto sommato potreste essere considerati i migliori della scuola. Dopo di noi ovviamente.» rispose la mora tutto d’un fiato.
Il giovane indiano, vedendo le facce un po’ deluse dei due amici sospirò, per poi rimproverarla.
«Monique, tu e quella tua lingua tagliente... Hai l’aspetto di un cigno, ma ti comporti da serpente.»
«Ho detto solo la verità.» precisò la ragazza, senza nemmeno una smorfia o un tono di pentimento nel suo viso e nella sua voce.
«Muoviti che tocca a noi!» disse lui sospirando nuovamente e prendendola per il braccio per poi trascinarla sul palco.
Poco dopo il sipario si aprì su di loro: avevano deciso di portare una rappresentazione de “Il Lago dei Cigni” con una scelta particolare di musica.
Marinette, seduta a terra, proprio dietro le quinte, stava facendo stretching per scaldare i muscoli.
«Sono bravissimi...» gemette quasi disperata, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai due ragazzi che stavano danzando sul palco.
«Stai tranquilla! Non è una gara, è solo un confronto.» cercò di rassicurarla Adrien, che si stava afferrando il piede dietro la schiena, per riscaldarsi pure lui.
«Anche confrontarmi con loro mi terrorizza.» rispose lei, mentre i due sul palco continuavano a ballare elegantemente; i loro movimenti erano perfetti e aggraziati.
Quando conclusero l’applauso fu carico di entusiasmo.
«L’ultimo sforzo!» disse Adrien aiutando la ragazza a rialzarsi.
«Ce la faremo?» chiese dubbiosa Marinette.
«L’importante è mettercela tutta, ok?» le disse il biondo, facendole l’occhiolino, lei arrossì leggermente poi fece un cenno con la testa.
La voce del professor D’Agencourt echeggiò nel piccolo teatro, facendo ammutolire qualsiasi altro brusio.
«Ora gli allievi dovranno eseguire a ritmo di musica alcuni esercizi base della danza classica. I ragazzi si sono esercitati in qualsiasi tipo di passo, ma non sanno quali gli verranno richiesti oggi. I passi compariranno sullo schermo alle loro spalle.»
Con un grosso respiro Marinette entrò di nuovo in scena, seguita da Adrien. Si posizionarono nell’angolo sinistro, mentre Monique ed Alì si trovavano in quello destro. Non appena l’insegnante si risedette, la musica partì e la prima parola francese comparve sullo schermo: Balancé.
Quasi in sincrono i ragazzi partirono assieme, sollevando la gamba sinistra, quando la riportarono giù, fecero due passi in quella direzione, per poi sollevare la gamba destra. Poi due passi incrociati indietro e un paso in avanti sollevando la gamba sinistra verso dietro, altri due passi indietro e un giro sulla punta con la gamba destra nuovamente sollevata indietro. Infine due passi incrociati in avanti e tre giri semplici, accompagnati da alcuni passetti per poi concludere con il peso sulla gamba destra e la sinistra sollevata di novanta gradi.
Non ebbero il tempo di proseguire perché la parola alle loro spalle cambiò: Pas the chat. Non ne era sicura, ma Marinette giurò di aver sentito Adrien sussurrare qualcosa come «Il mio preferito», prima di mettersi in posizione ed eseguire quei buffi saltelli incrociati prima verso sinistra e poi verso destra.
La scritta cambiò di nuovo: Grand Allegret.
In quella parte partirono le ragazze, facendo una serie di passi lunghi e studiati, tanto da calcare tutto il palco, intervallati da salti in cui aprivano le gambe facendo una spaccata in aria verso avanti. Poi i ragazzi fecero lo stesso, partendo dal lato opposto per poi tornare con degli eleganti passi vicino alla rispettiva partner e accompagnarla verso il centro del palco. Non appena ebbero conquistato il centro della scena, le sollevarono in aria, tenendole dalla vita, mentre loro si stendevano di nuovo in quella spaccata.
Infine arrivò l’ultima parola, quel passo che fa tremare ogni allievo di danza classica che si rispetti, quel passo che conoscono tutti e che tutti si chiedono come sia possibile farlo, ma che sia Adrien che Marinette avevano provato fino allo stremo: Pirouettes. 
Con un grosso respiro Marinette si posizionò in prima, poi allungò la gamba sinistra e iniziò a girare. Era sicura che anche gli altri tre stessero facendo la stessa cosa, ma lei era troppo concentrata per notarli e, mentre il mondo vorticava intorno a lei, si mise a contare quanti giri stesse facendo. Solo quando la musica finì si fermò, percependo le braccia forti di Adrien prenderla per la vita.
«Quanti ne hai fatti? – le sussurrò all’orecchio – Io diciotto...»
«Venti, credo.» rispose lei sempre a bassa voce.
Gli altri due si avvicinarono a loro, complimentandosi degli esercizi appena svolti, mentre il vociare nel teatro era ormai intenso, visto che i giudici erano intenti a decidere.
Solo quando l’insegnante D’Agencourt si alzò nuovamente, calò per la seconda volta il silenzio assoluto.
«Marinette Dupain-Cheng e Adrien Agreste. – disse, e i due ragazzi s’impettirono ancora di più – Per l’impegno svolto, per l’eleganza mostrata e per la capacità appresa, vi annuncio che avete superato l’esame. Siete promossi!»
A quelle parole un fragoroso applauso si scatenò dal pubblico, mentre Marinette si gettò entusiasta tra le braccia di Adrien, stringendolo. Solo qualche secondo dopo, quando si rese conto di cosa stesse facendo, si allontanò da lui, completamente rossa in viso.
«Hai visto? – le disse contento lui – Te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta.»

 

Adrien stava sistemando i suoi bagagli, quando il suo cellulare cominciò a squillare insistentemente. Allungò la mano all’apparecchio e, dopo aver accettato la chiamata, rispose.
«Nathalie?»
«Noi vi stiamo attendendo al ponte signorino Adrien.» rispose freddamente la segretaria.
«Sì sì, il tempo di sistemare i bagagli, salutare tutti e arriviamo.» rispose il biondo, piegando una maglietta e infilandola nella valigia.
«Ah quasi dimenticavo, suo padre si congratula con lei.» aggiunse la donna.
«Sì... Immagino... Beh a dopo Nathalie.» rispose un po’ scocciato il ragazzo chiudendo poi la chiamata.
Finì di svuotare l’armadio e poi, con il trolley appresso, uscì dalla stanza. Arrivato all'ingresso dell’Accademia consegnò le chiavi alla segreteria con un sorriso.
«E così la tua avventura a Rue Vert finisce qui?» chiese la ragazza dietro al bancone.
«A quanto pare sì...» sorrise lui.
«A proposito, i tuoi amici mi hanno detto di riferirti che ti aspettano a Le Jardin Secret.»
«Perfetto grazie, alla prossima Clarisse.»
«Alla prossima Adrien.» ricambiò il saluto lei.
Poco dopo entrò nel locale e avvistò subito il tavolo dov’erano seduti tutti. Ebbe quasi un brivido lungo la schiena a vedere Nathaniel così vicino a Marinette, che sembrava quasi ridere a una qualche battuta, ma con tutta la classe che riuscì a tirare fuori si avvicinò al tavolo, impassibile.
«Come al solito sei l’ultimo.» lo rimproverò Monique, vedendolo arrivare.
«Le star si fanno sempre attendere.» disse ironicamente lui sedendosi a fianco a Marinette, dal lato opposto del rosso.
«Kutzberg...» lo salutò a malapena, per poi ignorarlo completamente e rivolgersi alla cameriera che si era avvicinata al tavolo per prendere la sua ordinazione. Ben presto davanti a lui ci fu una tazzina di caffè fumante e un grosso bignè alla crema su cui si avventò subito; a quel suo gesto Alì scoppiò a ridere.
«Adrien, sembra che non mangi da giorni.» disse singhiozzando per le risate.
«Io amo quostoi bignè!» disse parlando con la bocca piena, Marinette si portò divertita una mano alla bocca, mentre Monique sospirò.
«Se c’è una cosa che non hai imparato stando qui è la grazia; insomma guarda Marinette com’è delicata e perfetta.» lo rimproverò come al solito la mora.
«Una fantastica ragazza di classe.» specificò Alì, complimentandosi con lei.
Lui ingoiò il boccone e si pulì la bocca con il tovagliolo.
«Lei è sempre stata una principessa, anche prima di imparare lo stile di Rue Vert.» disse volgendo i suoi occhi smeraldini verso di lei e vedendola arrossire vistosamente, per poi abbassare lo sguardo e sussurrare un lieve ringraziamento.
Continuarono a chiacchierare, concludendo la colazione, dopodiché uscirono dal locale e si dovettero salutare.
«Beh Marinette... Direi che non ho davvero più nulla da insegnarti.» disse Monique sorridendole e porgendole la mano.
La brunetta sorrise, per poi abbracciarla e prenderla alla sprovvista. Quando si staccò le rivolse la parola.
«Monique, se sono arrivata fino a qui, ho superato l’esame e sono diventata una ragazza a modo, lo devo solo a te.»
«Ah questo è ovvio!» si vantò la giovane ballerina, scostandosi i capelli castani con un gesto elegante.
«Non cambierai mai, eh?» la stuzzicò Adrien, ricevendo in cambio un’occhiata offesa.
«Mi raccomando non perdete la vostra classe e la vostra grazia negli altri quartieri. Ricordatevi che, che ne dicano i ballerini di altre discipline, se si ha una buona base di danza classica si può ballare qualsiasi altra cosa.» specificò lei.
«Grazie mille anche a te Alì sei stato una spalla fantastica.» disse Adrien facendogli l’occhiolino.
«Spero non torturerai così anche i ragazzi delle altre zone di Rainbow city, anche perché non credo saranno così pazienti come me.» disse ridendo il giovane indiano, salutando cordialmente il biondo.
Marinette salutò con un abbraccio anche Nathaniel, facendo diventare il suo volto dello stesso colore dei capelli. Adrien che aveva guardato, quasi, con astio quel gesto, dovette trattenere una risata: in quel momento sì che sembrava un vero e proprio pomodoro.
Dopo i vari saluti i due ragazzi attraversarono tutta Rue Vert, diretti alla limousine di Adrien, oltre il ponte, verso un altro quartiere. Avevano imparato ad essere e sentirsi più eleganti, avevano imparato un po’ della raffinatezza dei ragazzi di Rue Vert ed erano pronti per una nuova avventura.

  
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