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Autore: Knuckster    15/11/2017    3 recensioni
Evento Argus. Il fenomeno che ha sradicato dal suolo di Mobius un'intera civilizzazione, che ha intrappolato il Clan di Nocturnus nei meandri di Twilight Cage, che ha sconvolto il mondo come lo si conosceva in maniera del tutto imprevista. Ma è davvero solo questo? Sonic the Hedgehog e i suoi compagni, per la prima volta, si ritrovano ad affrontare forze universali ed eterne molto più grandi di loro. Un gruppo di membri eletti di un pericoloso Cenacolo sta preparando il terreno per l'arrivo della misteriosa entità Argus... ed una cosa è sicura: dopo il suo avvento, nulla sarà più come prima.
Sonic e il suo gruppo hanno davvero quello che ci vuole per fermare questa nuova immortale minaccia?
01/03/2019 - STORIA COMPLETATA. A partire da adesso, ci sarà una revisione completa, capitolo per capitolo, con correzioni al contenuto e al layout, riassunte volta per volta in note a piè pagina. Grazie di cuore a tutti coloro che hanno seguito questa storia gigantesca per tutti questi cinque anni!
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sonic the Hedgehog: A Blue Bolt Saga'
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Il volto di Necronomica (Quarta parte)

    Ricordo il dolore, la paura, il trambusto attorno a me. Tutta la mia realtà vorticava di fronte ai miei occhi in un turbine confuso di colori sfocati. Le mie gambe pulsavano di un dolore accecante, ma non credevo di avere le ossa rotte. Una magra consolazione, considerando che di lì a poco sarei saltato in aria con tutta la base.

    Pensavo a Geoffrey e a Sheila, chiedendomi se fossero riusciti a mettersi in salvo, concentrandomi soprattutto su di lei e rammaricandomi del fatto che non l’avrei mai più rivista. Mi soffermavo su qualunque pensiero riuscissi ad acchiappare nel fiume dirompente che era la mia mente, un tentativo estremo di distogliere l’attenzione dal destino che mi aspettava di lì a poco.

    D’un tratto, riuscii a distinguere qualcosa nel turbine confuso di immagini che avevo attorno. Un’orda di robot, ancora più numerosa di quella che avevamo affrontato nella sala principale, stava attraversando il corridoio ad una velocità folle. Non riuscivo a capire se fossero in fuga, ammesso fossero abbastanza intelligenti da aver fiutato il pericolo, o se stessero ancora inseguendo gli intrusi.

    Uno di loro, particolarmente grosso e dalla forma di rinoceronte, venne violentemente a sbattere contro la trave che mi teneva immobilizzato al suolo. Poi riprese la sua corsa forsennata, senza neanche notare la presenza di un essere vivente sotto le macerie. Aspettai qualche secondo, per assicurarmi che tutti i robot fossero passati da quel corridoio, poi provai a spostare le gambe… e incredibilmente ci riuscii.

    Inavvertitamente, quel robot aveva spostato la trave quel tanto che bastava a permettermi di sgusciare via. Strisciai sul pavimento, aiutandomi con i gomiti, e provai una sensazione di infinito sollievo quando la pressione delle macerie sulle mie ginocchia venne meno. Mi rimisi faticosamente in piedi, pur sempre consapevole che le speranze di sopravvivenza erano pochissime.

    Non avrei mai fatto in tempo ad uscire da quel posto prima dell’esplosione finale. Avevo soltanto una possibilità. Dovevo rintanarmi da qualche parte e sperare che l’edificio non mi sarebbe crollato addosso. Notai subito un condotto d’aerazione, abbastanza largo da permettermi di infilarmici. Staccai la griglia dall’intelaiatura e, con le gambe che imploravano pietà, mi issai nella conduttura.

    Un’altra esplosione mi colse alla sprovvista. Le pareti metalliche vibrarono e l’impatto mi scaraventò giù per il condotto, che si piegava a gomito verso il basso per diversi metri. Non ho idea di quanto ci misi a piombare pesantemente a terra, né di quanto tempo rimasi privo di sensi ovunque fossi capitato.

    Quando mi risvegliai, capii di essere finito a decine di metri sottoterra, in un luogo dal caldo asfissiante che capii essere la sala macchine. E lì la vidi. All’inizio sembrava un fagotto immobile e sgualcito, dalle fattezze vagamente mobiane. Poi compresi che si trattava di Sheila.

    Mi precipitai al suo capezzale. A pochi metri di distanza c’erano i resti della passerella metallica all’ingresso della base, quindi non mi ci volle molto a dedurre che doveva essere caduta da una grande altezza. Controllai subito i suoi segni vitali e mi resi conto che, nonostante fosse priva di sensi, respirava ancora. A malapena, ma respirava ancora.

    Non avevo la minima idea di cosa mai avrei potuto fare per lei in quelle condizioni. Non c’era tempo per portarla fuori e fornirle le cure mediche necessarie. Non sapevo neanche se fosse rimasta intatta una via d’uscita da quella trappola infernale. Ma dovevo muovermi, dovevo fare qualcosa.

    La presi in braccio, con la spalla che mi bruciava di dolore per la caduta. Mi guardai intorno e individuai le porte scorrevoli di quello che doveva essere un piccolo ascensore di servizio. Era impossibile che funzionasse, dato che avevamo fatto saltare l’impianto elettrico. Zoppicai, con Sheila in braccio, fino all’elevatore… e incredibilmente funzionava. Non mi curai del perché o del percome.

    Come in una specie di trance, mi trascinai lungo il corridoio dove l’ascensore mi aveva portato. Ero sicuro che tutte le cariche erano saltate e, nonostante questo, la struttura sembrava essere ancora in piedi. Avevo sottovalutato la solidità della base oppure sopravvalutato la potenza o la posizione delle cariche. Non mi interessava.

    Il soffitto era quasi del tutto crollato in diversi punti. Mi ritrovai sotto ad una pioggia fine di un sistema antincendio che era automaticamente entrato in funzione. Raggiunsi la sala principale, ridotta ormai in un mucchio di ferraglia carbonizzata e bagnata. Mi accasciai al suolo, stremato per la fatica, e poggiai Sheila accanto a me.

    La vita stava rapidamente abbandonando il suo corpo e io non potevo fare niente per evitarlo. Eravamo così fragili, così stupidamente deboli di fronte alla morte. Così odiosamente inermi.

    Mi guardai intorno, cercando qualcosa, qualunque cosa, che potesse aiutarmi. Il mio sguardo si posò su parte dell’attrezzatura, malconcia, ma apparentemente ancora funzionante. Una parte di me concluse che, probabilmente, era entrato in azione un generatore ausiliario, lo stesso che aveva fatto funzionare l’ascensore e attivato l’impianto antincendio.

    “Che spreco… una mente del genere potrebbe fare grandi cose”. Quelle parole mi rimbombarono nella testa. Sì, il dottor Robotnik aveva davvero una mente fuori dal comune. Aveva pensato davvero a tutto.

    “Pensate se questa tecnologia avesse un’applicazione medica”. Era la voce di Sheila nella mia testa. Stava dando vita ad un’idea folle quanto irrealizzabile, figlia della disperazione più nera. Non poteva essere possibile. Non avrebbe mai funzionato. Eppure dovevo provarci.

    Corsi verso gli schermi ancora accesi, incrinati in più punti, ma ancora in funzione. Il procedimento era illustrato con molta chiarezza e non era per nulla difficoltoso. Decisi di ignorare spudoratamente la dicitura “FASE SPERIMENTALE”. A quel punto non c’era nulla da perdere, ad eccezione della vita di una ragazza meravigliosa.

    Mi caricai di nuovo Sheila in braccio e la adagiai con delicatezza nella capsula dove il trattamento avrebbe avuto inizio. Senza perdere altro tempo, seguii le istruzioni per avviare la procedura e pregai dentro di me perché tutto andasse a buon fine. Lo sportello della capsula si richiuse con un tonfo sordo, quanto inquietante, e fu allora che capii che non c’era più via di ritorno.


    Il viaggio per tornare in quel posto sperduto della giungla per Geoffrey non fu difficile. Lo stesso non si poteva dire del ritrovarsi faccia a faccia con quel capitolo del suo passato così a lungo sepolto dentro di sé. Il portellone di accesso della base c’era ancora, anche se quasi completamente nascosto dai rampicanti e dal muschio che lo avevano divorato.

    Ancora non sapeva se effettivamente Morrison e Necronomica si nascondevano lì dentro, ma sarebbe stato quasi poetico se così fosse stato. Tutto era cominciato proprio lì dentro, quindi tutto sarebbe dovuto finire sempre lì. Anche se Geoffrey non sapeva cosa lo attendeva, o meglio se si trattava davvero di una fine.

    Un fruscio sospetto alle sue spalle catturò subito la sua attenzione. Si voltò rapidamente, pronto a fare fuoco con il suo braccio meccanico, ma dovette abbassare la guardia quando si rese conto che si trattava di Sonic ed Amy.

    - Non avreste dovuto seguirmi - commentò Geoffrey, immusonito.

    - Allora avresti dovuto coprire meglio le tue tracce - rispose Sonic, con un ghigno - Anche se sarebbe stata fatica sprecata. Sei comunque troppo lento -

    - Questa faccenda non è uno scherzo, Sonic! - esclamò la lince, per la prima volta davvero irritata dacché lo conosceva - E’ pericoloso! -

    - E da quando in qua il pericolo mi ha mai spaventato? - continuò il riccio, con tono sempre più leggero e scherzoso - Devo elencarti tutte le volte in cui ho salvato il mondo? -

    - Hai portato da solo questo peso per troppo tempo, Geoffrey - intervenne Amy, prendendogli le mani con affetto - Adesso ci siamo noi ad aiutarti -

    - Se vi succedesse qualcosa non potrei perdonarmelo mai - ribatté lui, facendo un passo indietro.

    - Allora prendilo come un modo per ripagarti di avermi salvato la vita - insisté Amy - E vale anche per Tails e Cream -

    - E’ inutile discutere! - si intromise una voce terribilmente familiare - Tanto questa volta non andrete da nessuna parte! -

    Morrison era appena sbucato dall’intricata vegetazione e l’espressione di rabbia che portava in viso non prometteva nulla di buono.


    Sonic non attese oltre e si fiondò su Morrison, caricando un pugno pieno di tutto l’odio che scorreva nelle sue vene per quanto dolore quell’essere aveva provocato a lui e i suoi amici. Come avrebbe dovuto prevedere, il pugno si infranse sulla mascella di lui facendo esplodere un male atroce sulle sue nocche.

    - Ancora non hai imparato, riccio? - disse lui, velenosamente, allontanando Sonic con una brusca spallata.

    Non appena lui piombò a terra dolorosamente, Amy partì subito all’attacco, sferrando la martellata più poderosa di cui era capace proprio sulla fronte di Morrison. Per nulla intimorito, l’istrice rispose spingendo in avanti la testa. Amy fu sbalzata all’indietro, perse l’equilibrio e finì a sua volta a gambe all’aria.

    Morrison fu finalmente faccia a faccia con Geoffrey, per la prima volta dopo tanto tempo. Gli mostrò un sorriso amichevole che nascondeva un sincero affetto, ma la lince non era nello stesso stato d’animo. Anzi, non era mai stato più gelido di così in vita sua. Non c’era traccia di emozione nelle pieghe del suo viso. Per lui era come trovarsi di fronte ad un perfetto sconosciuto e, in fondo, quel nuovo Morrison era proprio quello che era.

    Geoffrey gli puntò contro il braccio meccanico e lui si fermò di colpo. Un sorriso beffardo gli si allargò in viso.

    - Cosa credi di potermi fare, Geoffrey? - domandò, in chiaro segno di scherno.

    Non ci fu risposta. Geoffrey azionò il cannone ad onde. Regolò la massima potenza possibile. Morrison fu investito dagli impulsi in pieno petto, ma la sua pelle in titanio fornì una strenua resistenza. All’inizio lui non fece nulla, ridendo tra sé e sé per quella ridicola quanto inutile esibizione di forza. Poi sentì la terra sotto ai suoi piedi muoversi. Aggrottò la fronte, sulle prime non capendo cosa stesse accadendo.

    Stava indietreggiando contro la sua volontà. Incredibile, ma vero. Quella stupida arma ad impulsi stava riuscendo ad allontanarlo. Decise di muoversi e di opporsi alla forza che lo voleva proiettare nella direzione opposta. Geoffrey aumentò la potenza. Non un muscolo della sua faccia si mosse, come pietrificata.

    Dal suo braccio meccanico cominciò a provenire un ronzio sinistro. Poi delle spire di fumo. Quindi cominciò a sprizzare scintille, vicino al corto circuito. Morrison spingeva e spingeva, ma la forza del cannone ad onde si rivelò troppa persino per lui. Con un ultimo potente impulso, Geoffrey scagliò via Morrison e il suo braccio cedette definitivamente. L’avambraccio saltò, con una piccola esplosione soffocata, e si afflosciò senza vita al suo fianco. Nell’aria si sparse l’acre odore del metallo bruciato.

    Geoffrey sembrò a malapena essersene accorto. Si avvicinò piano a Morrison, finito a gambe all’aria e non ancora rialzatosi, e lo guardò con aria feroce, dall’alto in basso. Gli fece una sola semplice domanda.

    - E’ lei? -

    Il suo tono era secco, glaciale. Sembrava quasi un’altra persona agli occhi di Amy.

    - Ci puoi scommettere che è lei - rispose Morrison, serio - Hai sempre saputo che era lei -

    - Come? -

    Ci fu qualche istante di silenzio.

    - Sono riuscito a liberarmi da quella trave che mi bloccava le gambe e poi…

    - Non ho chiesto di te! - urlò Geoffrey, facendo trasalire tutti i presenti - Ho chiesto di lei! -

    - Non c’era altra scelta. L’ho trovata in sala macchine e stava morendo. Non potevo fare altro che metterla in quel dispositivo e… -

    - Vuoi dire che è come te? - domandò Geoffrey, in preda alla collera - L’hai fatta diventare come te? -

    Morrison approfittò di un attimo di distrazione e calciò forte il petto di Geoffrey per allontanarlo. Poi si rialzò con un colpo di reni e fronteggiò con altrettanta ira il suo tono accusatore.

    - Tu avresti fatto la stessa cosa! - gridò, rilasciando nel contempo tutto il senso di colpa, il veleno e la rabbia che lo aveva alimentato per tanto tempo - Sarebbe morta se l’avessi lasciata lì! -

    - E allora sarebbe dovuta andare così! - ribatté Geoffrey, rosso in viso - Non ricordi cosa aveva detto? “Io non vorrei mai dover subire qualcosa del genere”. Perché le hai fatto questo? Perché le hai fatto questo?! -

    - Perché la amo!!! -

    Entrambi respiravano affannosamente. Avevano gli occhi incollati l’uno sull’altro. Sonic ed Amy assistevano silenziosamente a questa scena surreale. Avrebbero voluto intervenire, ma qualcosa dentro di loro diceva che non sarebbero arrivati alle mani. Avevano molti conti in sospeso da regolare e, in qualche modo, sentivano che non era con la violenza che avrebbero deciso di farlo.

    - Non sai cosa significhi rischiare di perdere la persona che ami - continuò Morrison, in tono più calmo, ma sempre con la voce rotta dall’agitazione - Sei costretto a prendere decisioni estreme -

    - Lo so molto bene cosa significa - replicò Geoffrey, freddamente - Che cosa le hai fatto perché diventasse così? -

    - Non è diventata un bio-mecanoide come me. Almeno… non del tutto. Quando le ho salvato la vita, anni fa, Eggman era solo nella fase sperimentale della procedura. Ha guarito le sue ferite, ma le sue gambe erano irrimediabilmente compromesse. E il suo aspetto… non era più lo stesso -

    Geoffrey rimase sbigottito.

    - Non può più camminare? - domandò, al limite dell’incredulità e della rabbia.

    - Mi sono preso io cura di lei in tutto questo tempo. Non le ho fatto mancare niente. Sono sempre stato al suo fianco -

    Morrison avrebbe tanto voluto che il suono delle sue parole non sembrasse tanto una giustificazione o che desse voce al suo insito e profondo senso di colpa. Non voleva mostrarsi debole di fronte a Geoffrey.

    - Nel momento in cui si è specchiata per la prima volta - continuò, in tono grave - è come se qualcosa dentro di lei si fosse rotto. Ha attraversato uno stato di collera, poi uno di apatia, poi uno di calma. Non era più in sé -

    - Perché non siete tornati indietro? - incalzò Geoffrey - Perché non siete venuti da me? -

    - Lei non voleva. Non voleva che nessuno la vedesse in quelle condizioni. La aiutai a rimettere in piedi la base di Eggman, per crearle una casa più confortevole e aspettare che decidesse il da farsi. Ha trascorso un sacco di tempo a studiare i progetti del dottore e i suoi macchinari rimasti ancora intatti. Erano gli unici momenti in cui sembrava calma, quasi felice -

    - E poi? -

    - Si era messa in testa di riprendere il progetto di Eggman da dove era stato lasciato. Voleva perfezionare la tecnologia dei bio-mecanoidi. Sai quanto era geniale in queste cose. Ero sicuro che ce l’avrebbe fatta. Forse sperava addirittura che avrebbe potuto sottoporsi lei stessa al procedimento… tornare a camminare. Ma le sue condizioni erano troppo critiche e il suo corpo troppo debole per subire lo stress di un trattamento del genere -

    - Allora ha cominciato con te! - concluse Geoffrey.

    - Non mi ci ha costretto! - sbottò l’istrice - Mi sono offerto io di essere la sua prima cavia. Pensavo che… le avrebbe risollevato l’umore, che vedere il frutto dei suoi sforzi l’avrebbe fatta tornare come prima. Ma mi sbagliavo. E’ precipitata sempre di più in un baratro buio. Sono stato la sua migliore creazione, un prodigio della tecnologia incrociata con la biologia. Eppure non sembrava abbastanza per lei -

    Morrison fece una pausa. Non si era mai reso conto di quanto potesse essere liberatorio confessare tutta quella storia a qualcuno.

    - Cominciò ad essere ossessionata dall’idea di trovare altre persone meritevoli da sottoporre a questo procedimento. Mi chiese di cercare soggetti abbastanza forti per creare una nuova stirpe di esseri viventi perfetti, la fusione definitiva di carne e metallo. Volle che cominciassi a riferirmi a lei come Necronomica e che la chiamassi “mia signora” -

    - “Un nome è come un biglietto da visita” - mormorò la lince, ricordandosi subito le parole di Sheila di tanto tempo prima - Necronomica… il nome della morte… -

    - A quel punto era troppo tardi per tirarsi indietro - ammise Morrison, affranto - Ho cercato di assecondarla al meglio delle mie possibilità, sperando che prima o poi si sarebbe ricordata di com’era prima di tutto questo. Invece no. Sheila Foster è diventata sempre di più un ricordo sbiadito di Necronomica -

    - E come c’entrano Seth e il Cenacolo in tutto questo? - intervenne Sonic, incapace di trattenersi.

    - Quello sciacallo… l’ha soltanto spinta sempre di più verso il baratro. Entrò in contatto con me prima di presentarsi a lei. Ci propose un’alleanza che stuzzicò immediatamente l’immaginazione di Necronomica. In cambio dei nostri servigi, lui poteva facilmente individuare la posizione di chiunque in ogni parte del globo e comunicarcela. Non ho mai capito come facesse, ma per quello che lei chiamava “sperimentazione” era oro colato. Avete avuto modo di provarlo sulla vostra pelle tutti quanti voi. Eri tu, Sonic, il nostro ultimo soggetto da sperimentare. Seth voleva che ti eliminassimo definitivamente, ma Necronomica voleva vedere quanto valessi. Prima mi ha ordinato di avvelenarti, per vedere se il tuo corpo era sufficientemente robusto da sopravvivere. Poi voleva che uccidessi tutti i tuoi amici, gli stessi che ti avevano salvato la vita, per vedere quanto valevi da solo -

    - Perché in tutto questo tempo non hai mai cercato di farla ragionare? - chiese ancora Geoffrey, adesso con il cuore colmo di pena per il suo ex sergente istruttore.

    - Aveva i suoi sistemi per dissuadermi dal contraddirla o dall’affrontare argomenti di cui non voleva sentir parlare. A mia insaputa, quando mi ha reso così, mi ha installato un dispositivo sottopelle che mi dà delle fortissime scariche elettriche ad un suo semplice comando… come se mi volesse addomesticare -

    - Ma è orribile! - commentò Amy, allibita.

    - L’unica cosa che potevo fare era assecondarla. Non avete idea di quanto sia straziante vederla nei suoi momenti più bui, vederla contemplare la sua immagine allo specchio… a ripensare a quello che era e a quello che non sarà mai più -

    I pugni stretti di Morrison tremavano per la rabbia e l’agitazione. Si ritrovò a guardare per terra, anche se non avrebbe mai voluto ammettere di fronte a Geoffrey di essere il principale responsabile di quanto accaduto a Sheila.

    - Non approvo nella maniera più assoluta tutto quello che hai fatto - disse Geoffrey, tagliente - Ti sei prestato ad un gioco malato e hai fatto del male a tantissime persone. Non hai avuto il coraggio di fare la cosa giusta al momento giusto e di lasciarla andare con un briciolo di dignità. Ora non rimane altro da fare che raccogliere i pezzi di quello che hai distrutto con le tue stesse mani -

    Morrison non riuscì più a contenere la rabbia. Si avvicinò a Geoffrey tanto da essere ad un solo centimetro dal viso, ma lui non vacillò né si ritrasse.

    - Chi ti credi di essere per giudicarmi in questo modo?! - sbraitò l’istrice, doppiamente furioso per il volto granitico di gelida indifferenza che si trovava davanti - Ti credi migliore di chiunque altro per startene qui a sparare sentenze? Pensi che avresti agito in maniera migliore al mio posto? -

    - Non so come avrei agito al tuo posto - confessò Geoffrey, impassibile - E non mi credo affatto superiore a te. Sai perché? - fece una pausa e nei suoi occhi baluginò una vena di profonda delusione che Morrison scorse immediatamente - Perché tutto ciò che sono, tutto ciò in cui credo… l’ho imparato da te -

    La lince fece dietrofront, senza sentire l’esigenza di aggiungere altro, lasciando Morrison in uno stato di sgomento e di angoscia che erano più dolorosi di qualunque elettroshock sottopelle avesse mai subito.

    Sonic ed Amy avevano assistito all’intera scena in un rispettoso silenzio, sentendosi leggermente fuori posto. Tuttavia, erano ancora più disposti di prima a prestare il loro aiuto per risolvere la situazione una volta per tutte. Si avvicinarono a Geoffrey, il quale contemplava con aria assorta il portellone d’accesso alla base sotterranea.

    - Abbiamo bisogno che tu ci faccia strada - disse la lince, rivolta a Morrison, senza degnarsi di voltarsi per guardarlo - Sei dei nostri oppure no? -

    Lui non sapeva cosa rispondere sulle prime. Era consapevole di essere arrivato ad un punto di non ritorno. Per quanto odiasse la prospettiva che proprio Geoffrey potesse riuscire a riportare Necronomica quanto più vicina possibile a quello che era Sheila, sapeva anche che forse era l’unica speranza che aveva.

    - Vi aiuterò - ammise, infine, non con una certa riluttanza - Però ti devo avvertire. Non ti troverai di fronte alla Sheila che abbiamo conosciuto. Una sola parola sbagliata e non ho idea di come potrebbe reagire -

Ci siamo! La resa dei conti definitiva con il passato è alle porte. Che ne sarà di Necronomica? Continuerà imperterrita a percorrere la strada della distruzione o riuscirà a ritrovare se stessa una volta per tutte? La scioccante conclusione vi attende presto!

Legacy of Argus: Il volto di Necronomica (Quinta e ultima parte) 

Data di pubblicazione: 30 Novembre 2017

   
 
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