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Autore: Querdenker    15/11/2017    4 recensioni
{ WWII!AU | Gerza | happy ending (forse) }
Prima classificata - a pari merito - al contest "AU is the only way" indetto da meryl watase sul forum di EFP.
Dal testo:
«Immagino,» disse semplicemente il giovane uomo «che sia giusto scegliere di cambiare quando non ci si sente più a proprio agio con degli ideali o con delle persone»
Erza tornò a fissarlo. Quell'uomo sembrava essere capace di capire ciò che aveva attanagliato il suo cuore per mesi, dopo che era riuscita a scappare prima di trasferirsi a Parigi con sua madre.
Si alzò in piedi e gli augurò la buonanotte senza aggiungere altro. Gerard rispose flebilmente, poi spense la candela e si riaddormentò.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alle stelle si giunge per aspri sentieri.
 








 

«Gray, scommettiamo che se quegli stronzi arrivano ne colpirò almeno sette?»
«Con quella mira che ti ritrovi? Non scherzare Salamandre1»
Erza fulminò i due amici, distogliendo per un secondo lo sguardo dalla strada.
«Tacete, o gli unici che verranno colpiti saremo noi»
Nessun rumore provenne dalle bocche di Natsu e Gray, che obbedirono silenziosamente alla loro amica e comandante.
Erano sopra quell'edificio abbandonato da ore, da quando Bickslow era arrivato tutto trafelato a Queue de Feee aveva dato la soffiata che i tedeschi sarebbero arrivati da lì a poco per arrestare tutti i partigiani che avrebbero trovato.
Erza teneva saldamente il suo MAS-363, sperando ardentemente che si sbagliasse. Nonostante l'aiuto silenzioso della popolazione, le perdite non parevano diminuire. Il giorno prima avevano dovuto seppellire Macao e Lisanna, che si erano coraggiosamente proposti di fare da esca per far uscire in avanscoperta i nazisti.
«Basta!» sbottò infine Natsu, sul punto di gettare il suo fucile dal quinto piano «Non ne posso più! Li odio, loro e quellebêtises4 sulla razza ariana»
«Natsu, non...» iniziò Gray, ma venne interrotto dal fruscio delle foglie. Qualcuno si stava muovendo poco sotto di loro, dietro l'edificio adiacente. Ad una sola occhiata di intesa, i tre ragazzi si rimisero subito in posizione di attacco.
Qualche istante dopo, una figura alta sbucò dal fianco del vecchio ospedale di fronte.
Era un giovane uomo - non doveva avere più di 25 anni - ed era terribilmente magro, nonostante un tempo fosse stato chiaramente muscoloso vista la corporatura. Quello che colpì di più Erza però, furono i corti capelli di un insolito blu, e uno strano tatuaggio nell'occhio destro. Brancolava, visibilmente stanco, infreddolito dalle temperature invernali e forse affamato.
L'uomo si girò attorno nervosamente, perfettamente conscio di essere un potenziale bersaglio di chiunque, sia dei partigiani, che dei tedeschi e dei francesi di Vichy.
Alzò quindi le mani in segno di resa, facendo sbuffare Gray.
«Sarà uno di quei traditori che si vogliono infiltrare tra di noi. È meglio lasciarlo perdere. Erza, torniamo dai, tanto qui non c'è nessuno»
La ragazza però fissava l'uomo, che adesso si era perfino posto in ginocchio. Sembrava davvero stanco e provato.
Si alzò in piedi e si pulì i pantaloni sporchi di polvere, dirigendosi verso le vecchie scale dell'edificio in cui si trovavano.
Gray fece per seguirla, ma lei lo bloccò con una mano.
«State qui, vado a vedere come sta quell'uomo»
Natsu rise beffardo, camminando nella direzione della comandante: «Non esiste che vai senza di noi, Erza»
La rossa lo incenerì con lo sguardo, poi si voltò seccamente verso Gray: «Arrêtez-vous ici5. È meglio che vada solo io, altrimenti non sarebbe prudente.»
Il tono non ammetteva repliche.
«Va bene» esalò alla fine Gray. «Ma noi saremo qui sopra pronti a sparare in caso facesse qualche movimento sospetto»
Erza semplicemente annuì e scese lentamente le scale. Quando fu fuori, si guardò attorno attenta, prima di avvicinarsi al ragazzo, che la individuò subito.
«Allora qualcuno c'è davvero» mormorò con voce stanca e roca.
Erza non fece neanche in tempo a rispondere, che il ragazzo svenne.

 
§

La luce soffusa della candela rendeva vigile Erza, nonostante fossero le 3 di notte.
Sedeva pigramente sullo sgabello a ridosso del letto malconcio, dove il ragazzo dai capelli blu riposava, evidentemente stremato, probabilmente da una possibile fuga.
Quando se l'era caricato sulle spalle, Natsu e Gray l'avevano osservata attoniti e non avevano fatto che protestare fino all'arrivo a Queue de Fee, dove avevano supplicato Makarov di poter sbattere fuori quel ragazzo, sostenendo che fosse un pericolo per il buon cuore di Erza e per l'organizzazione, senza però alcun successo. Makarov li aveva zittiti entrambi e aveva intimato la ragazza di portarlo in infermeria per farlo controllare da Wendy, la quale aveva affermato, che oltre che essere stanco e leggermente denutrito, il giovane uomo non pareva essere ferito.
Natsu e Gray erano passati a trovarlo qualche ora prima, a dispetto delle parole usate con Makarov e riferendole che il capo - o come lo chiamavano loro, il papi6 - aveva deciso di affidare quell'uomo sotto la sua responsabilità, in quanto era stata lei a condurlo a Queue de Fee. Erza non se l'era semplicemente sentita di lasciare un uomo esausto solo in un territorio che pareva non conoscere. Ma era anche disposta a ucciderlo, in caso fosse stato una spia di Vichy.
Lo osservò meglio, per la prima volta con attenzione. Era decisamente bello, e aveva dei tratti che non appartenevano certo al popolino. Forse faceva parte dell'alta borghesia, o addirittura dell'antica nobiltà.
Un gemito provenne dalla bocca dell'uomo, che stava evidentemente riprendendo conoscenza. Aprì lievemente gli occhi, osservando pigramente l'infermeria improvvisata e si mise a sedere.
«¿D-dónde estoy7?» mormorò confusamente.
Erza conosceva ben poco le altre lingue, fatta eccezione del tedesco che aveva dovuto imparare a causa di sua madre e dei suoi assurdi ideali, ma era piuttosto sicura che quello fosse spagnolo.
«In un'infermeria» il tono di voce con cui pronunciò quelle parole fu ben più duro di quanto si aspettasse. «Ricordi come ti chiami e perché sei qui?»
L'uomo si passò confusamente una mano tra i capelli prima di parlare.
«Il mio nome è Gerard Fernandez. Sono... sono scappato dalla Spagna quasi un mese fa e mi sono rifugiato qui in Francia momentaneamente, sperando di chiedere asilo politico in Svizzera»
Si voltò verso Erza, che aveva pescato da sotto il letto una pistola, una Mle 1892. Non la stava puntando contro di lui, ma la teneva saldamente, pronta a reagire in caso di un'azione violenta.
«Eri contro Franco? Stavi coi repubblicani?» domandò seria. Gerard, dopo un attimo di esitazione, annuì, senza compiere alcun movimento sospetto. Erza si mise la pistola nella cintura ed uscì dalla stanza.
Tornò qualche secondo dopo con un pezzo di pane e un piatto di minestra.
«Devi essere affamato» disse lei in tono decisamente più gentile, porgendogli il piatto. «Tieni»
Gerard annuì ancora e mormorò un "grazie". Aveva una pronuncia francese ottima, quasi a confermare che non facesse parte dei bassifondi delle città spagnole, ma piuttosto fosse un uomo che fino a poco tempo prima conduceva una vita decisamente agiata.
«Siete un'infermiera signorina...?» domandò Gerard.
La ragazza scosse la testa: «Il mio nome è Erza, solo Erza. E no, non sono un'infermiera, sono una combattente»
Fernandez addentò un pezzo di pane: «Sono in un covo di partigiani?» 
Erza annuì e il ragazzo sospirò sollevato.
«Solo Erza?» domandò poi, mentre assaporava la minestra. «Non avete un cognome?»
«No. Avevo un cognome, ma esso non mi rappresenta più, quindi l'ho eliminato dalla mia vita» si voltò verso la porta, quasi vergognandosi di quell'affermazione.
«Immagino,» disse semplicemente il giovane uomo «che sia giusto scegliere di cambiare quando non ci si sente più a proprio agio con degli ideali o con delle persone»
Erza tornò a fissarlo. Quell'uomo sembrava essere capace di capire ciò che aveva attanagliato il suo cuore per mesi, dopo che era riuscita a scappare prima di trasferirsi a Parigi con sua madre.
Si alzò in piedi e gli augurò la buonanotte senza aggiungere altro. Gerard rispose flebilmente, poi spense la candela e si riaddormentò.

 
§

«Vorrei ringraziarvi per avermi accolto, monsieur Dreyar. Per qualsiasi cosa...»
Erano trascorsi alcuni giorni da quando Erza aveva trovato Gerard, che si era ripreso del tutto grazie alle cure di Wendy, una ragazzina gentilissima che non doveva avere più di quattordici anni. 
Erza era passata più volte a trovarlo, quando non era impegnata nei turni di controllo della città Magnolia.
«Ah, tranquillo ragazzo! Noi saremmo più che felici di vederti appoggiare la nostra causa, visto che hai combattuto con i repubblicani in Spagna, a detta di Erza»
Makarov Dreyar non sembrava affatto il capo di una piccola organizzazione partigiana: era un vecchietto sugli 80 anni piuttosto basso, che indossava un buffo copricapo e beveva birra in continuazione. Al suo fianco stava Laxus, suo nipote, decisamente più grosso e più alto.
«Vecchio,» lo chiamò quest'ultimo «io non mi fiderei di questo uomo. Senza offesa, ma non ti conosciamo» disse poi, rivolto alla sua direzione.
Gerard fece spallucce. In fondo, non poteva biasimarlo.
«Vero Laxus.» Makarov sorseggiò un altro po' di birra. «Ma Erza si è fidata di lui. E noi ci fidiamo di lei.»
Laxus alzò gli occhi al cielo, voltandosi in direzione della ragazza. Questal stava discutendo animatamente con due ragazzi, uno dai capelli rosa e uno neri. Anzi, più che discutere, sembrava li stesse sgridando, sotto gli occhi perplessi di Wendy e di una ragazza dai capelli biondi, che ridacchiava.
Gerard sorrise: non faticava ad immaginarsi Erza come una figura autoritaria e rispettata da tutti a Queue de Fee.
«Quindi, mi farebbe davvero piacere se restassi e ci aiutassi a cacciare quei bastardi dalla nostra Francia»
Makarov finì tutto d'un fiato la birra mentre Mirajane gliene porgeva un'altra.
Cosa gli costava ritardare di ancora un po' il suo arrivo in Svizzera? Tanto valeva poter rendersi utile per la causa francese. Non sapeva perché, ma voleva ardentemente rimanere per ancora qualche tempo a Queue de Fee. Gli piaceva l'ambiente, sembrava che fossero tutti un'enorme famiglia. Non gli sarebbe dispiaciuto stare in quel luogo ancora un po', con tutta quella gente. Con Erza, che gli aveva salvato la vita. Sentiva l'esigenza di riscattarsi.
«Ne sarei onorato, señor» rispose Gerard. «Ora, mi scusi, ma vorrei...» lasciò la frase in sospeso, e il vecchio uomo capì. 
Con un leggero cenno della testa, Gerard si diresse verso Erza. Indossava una lunga gonna blu e una camicetta bianca e stava rivolgendo ai due ragazzi delle parole che non parevano certo adatte ad una signorina.
«Natsu! Gray! Se sarete di nuovo così irresponsabili» stava scandendo autoritaria «vi prenderò per i capelli e vi butterò giù dalla Cattedrale.»
Gerard non poté fare a meno di ridacchiare, ed Erza si voltò di scatto, permettendo ai due ragazzi di darsela a gambe.
«Tu... voi siete guarito!» esclamò. Poi arrossì lievemente, rendendosi conto che l'aveva sentita pronunciare quelle parole tutt'altro che dolci.
«Rimarrò qui a darvi una mano» disse soltanto. Erza sorrise, piacevolmente colpita.
«Temo però di non essere il benvenuto tra tutti questi francesi»
«Non vi preoccupate, non siete l'unico latitante spagnolo» rispose Erza, indicando un ragazzo dai capelli lunghi e neri e una ragazza dai capelli azzurrini vestita pesantemente.
«Gajeel e Juvia sono arrivati qui ormai da quasi un anno» spiegò la rossa. «Non sareste solo, monsieur Fernandez»
«In realtà» tossicchiò Gerard «a me basterebbe solamente non essere ignorato dai voi»
Entrambi i ragazzi si pietrificarono all'istante appena furono pronunciate quelle parole.
Fortunatamente per lui però, ben presto della musica iniziò a riecheggiare per tutto il vecchio edificio.
«Alla faccia di quei bastardi germanici!» urlò qualcuno, forse Natsu.
Molti maquisard8 si cimentarono nel ballo, con ragazzi che con nonchalance trascinavano ragazze, donne che bevevano e uomini che cantavano a gran voce.
«Liberté! Fraternité! Egalité9!» urlò Makarov, puntando l'indice e il pollice verso l'alto. 
Tutti ripeterono quel gesto, schiamazzando ed esultando in nome della France libre, e anche Gerard, con discrezione, sollevò la mano.

 
§

«E quindi, se ci muoviamo attentamente, possiamo sperare di attaccare i due camion che si dirigeranno a Bordeaux tra tre giorni»
Laxus picchiettava sulla mappa locale, mentre tutti gli altri seguivano i movimenti della sua mano.
«Dovremmo dividerci in almeno quattro piccoli gruppi: se Levy ci ha dato informazioni esatte, dovrebbero essere solo una decina di uomini che trasportano armi» continuò poi.
«Non starai dubitando di Levy spero!» sbottò Gajeel.
Erza scosse la testa: «Per quanto ne sappiamo, potrebbero anche averle dato un'informazione falsa»
Gajeel imprecò in spagnolo. Al tavolo erano seduti i dieci più abili dell'organizzazione, che ormai poteva contare per la maggior parte su ragazzini orfani di guerra o scappati dalle persecuzioni dei gendarmi.
C'erano Cana, Juvia, Gajeel, Laxus, Erza, Natsu, Gray, Lucy e Wendy. 
E c'era anche Gerard, lì in mezzo semplicemente perché né Mira né Elfman sembravano disposti ancora a combattere, dopo l'atroce morte della loro sorella minore.
Lì, in mezzo a persone che si conoscevano da una vita e che la rischiavano insieme ogni giorno, non osò fiatare. Cercò Erza con lo sguardo, sperando in un suo aiuto. 
Lo trovò.
La ragazza sorrise lievemente in sua direzione con fare rassicurante.
«Potremmo dividerci in questo modo» intervenne la ragazza «Il signor Fernandez verrà con me, mentre Cana e Laxus saranno insieme. Juvia lavorerà con Gajeel e Wendy. Lucy starà con Natsu e Gray»
Gajeel ridacchiò, accarezzando sulla testa le due ragazze in squadra con lui. Gerard poté giurare di aver visto Gray lanciargli un'occhiata truce.
«Erza!» strillò esasperata Lucy. «Mi lasci con quei due?!» 
La ragazza bionda indicò Natsu e Gray, che la osservarono offesi. Erza si avvicinò a lei, dandole delle pacche comprensive sulla spalla.
Laxus sospirò: «Bene. Solo una cosa, cercate di non morire»
«Neanche tu, Laxus, devo ancora pestarti come si deve!» gridò Natsu. Dreyar ridacchiò e uscì dalla stanzetta in cui si erano riuniti. A poco a poco lo seguirono tutti, finché non rimasero solo Erza e Gerard.
La ragazza stava sistemando la cartina locale e sembrava stesse annotando qualcosa.
Nessuno dei due fiatò per molto tempo. Fu Gerard, infine, a rompere il silenzio.
«Non credete che far combattere Wendy sia troppo pericoloso? In fondo ha solo 14 anni.»
Erza sollevò lo sguardo e sorrise: «È comprensibile che lo pensiate, signor Fernandez. E avete ragione, Wendy è davvero piccola. Ma ha anche una forza di volontà formidabile e non è certamente estranea ai pericoli del mondo. E poi, è davvero abile in medicina, come avrete notato, nonostante la sua età»
Gerard annuì, dando segno di aver capito.
«Non... non datemi del voi, Erza, per favore. Vorrei far parte anche io di questo clima di fratellanza che c'è qui a Queue de Fee
Voleva disperatamente essere come loro, come lei, pieni di valori di libertà ed uguaglianza, così diversi dai suoi, da quelli che aveva avuto in passato.
Erza lo stava fissando seria, in piedi. Gerard abbassò lo sguardo, imbarazzato. Si vergognò di se stesso.
«Sempre che non sia un problema» mormorò poi.
Avvertì i passi della ragazza farsi sempre più vicini a lui e poi i suoi lunghi capelli gli si pararono di fronte al viso. Si era inginocchiata e gli aveva quasi timidamente sfiorato il braccio. Quella timidezza durò un solo istante, perché la presa di Erza diventò subito ferrea, nonostante fosse gentile.
«No, non c'è alcun problema, Gerard»

 
§

Il primo camion non aveva fatto neanche in tempo a fermarsi, che Gray e Natsu avevano subito sparato nella direzione di esso, facendosi scoprire.
Ben presto, si sentirono degli spari e anche il secondo camion si fermò bruscamente, portando alla fuoriuscita di tutti i soldati nemici, tredici in tutto.
«Il sont deux crétins10!» sbottò Erza, nascosta tra due edifici insieme a Gerard. Afferrò la mano del ragazzo e si avvicinò il più velocemente possibile al luogo dello scontro.
Laxus e gli altri erano già pronti a difendere Natsu e Gray. Quest'ultimo sembrava ferito ad una spalla, ma sparava come un forsennato contro ogni nemico. L'unico che sembrava preferire la forza bruta alle armi era Gajeel, che dopo aver disarmato il nemico si limitava a prenderlo a pugni, esponendosi pericolosamente ai colpi di altri militari.
Gerard caricò il fucile e sparò contro quello che sembrava un uomo sulla quarantina. Dalle grida che lanciavano contro di loro, sembravano tutti provenire dalla Francia settentrionale, la parte ufficialmente occupata dai tedeschi.
Anche Erza caricò l'arma, ferendo ad una mano un ragazzo e disarmandolo. Scattò in avanti alla vista di un soldato che aveva preso per i capelli Lucy, che urlava terrorizzata. La ragazzina tirò una testata contro l'uomo, che però non sembrava essere particolarmente ferito dal gesto.
«Erza!» la chiamò Gerard, ma non lo stava minimamente ascoltando. La sua attenzione era totalmente focalizzata su Lucy.
Lucy che era disarmata, Lucy che stava per essere trascinata in un angolo buio mentre Natsu era bloccato da un militare che lo stava prendendo a pugni.
Ringhiò, mentre raggiungeva di soppiatto l'uomo che teneva ancora saldamente la sua amica. Poteva sentirla piangere, spaventata alla prospettiva di ciò che le stava per accadere. Ora la ragazza era con le spalle al muro, mentre l'uomo davanti a lei si stava sganciando la patta dei pantaloni della divisa.
E poi, quella sensazione di voler salvare a tutti i costi una compagna si fece largo nella mente, resa terribilmente lucida dalla rabbia, di Erza. Si mosse lentamente e cercando di fare il meno rumore possibile, mente dalla cintura dei suoi pantaloni tirava fuori un coltello.
Pensò fosse il caso di aspettare ancora qualche secondo, solo qualche altro attimo... ma i singhiozzi di Lucy continuavano, così come le sue grida, mentre quel soldato le tirava un pugno sul viso e poi uno sulla pancia.
Un unico, veloce e pulito movimento, mentre la sua mano sinistra tirava indietro la testa dell'uomo, colto alla sprovvista. 
Il coltello da cucina tagliò la gola del soldato per tutta la sua lunghezza, facendone sgorgare il liquido scarlatto. L'uomo rantolò e cadde a terra in una posizione estremamente innaturale, con i pantaloni slacciati.
Erza fissò ipnotizzata il sangue fuoriuscire dalla gola del soldato, mentre quest'ultimo viveva i suoi ultimi istanti.
«Lucy! Lucy!» la voce di Natsu la riscosse, mentre tutto trafelato si avvicinava in direzione delle due ragazze.
Poi, un'altra voce, una che sperava di non poter mai più sentire.
«Madamoiselle Belserion?»
Erza si voltò e intravide i lineamenti di Jacob Lessio, che la fissava con freddezza.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma da essa non uscì alcun suono. Udì solo il tonfo di uno sparo e poi più niente.

 
§

Erza sentiva la spiacevole sensazione che aveva conosciuto da bambina ogni volta che provava a nuotare, quando non aveva ancora imparato. Pesantezza, come un macigno sul punto di sprofondare negli abissi.
Non vedeva dove si trovava. Sentiva solamente la voce dolce di Wendy, quella roca di Gray, quella squillante di Natsu, quella un po' spenta di Lucy.
E poi, la sua. Profonda e rassicurante.
«Erza. Erza. Erza.»
Solo ed esclusivamente il suo nome.
Riemerse dalle acque.
Aprì gli occhi, ritrovandosi davanti la luce flebile della candela, nella piccola stanza vuota dell'infermeria.
Non sentiva alcuna voce. Provò a mettersi seduta, ma con suo dispiacere constatò che gli riusciva davvero difficile. Il dolore alla spalla destra era fortissimo, lancinante. Imprecò, portandosi la mano a toccare le bende, come per capire cosa ci fosse davvero sotto di esse. Improvvisamente ricordò il volto di Jacob Lessio, che per un solo secondo l'aveva portata indietro nel tempo, a quei pomeriggi in cui l'uomo si presentava a casa sua per parlare con sua madre degli ideali del Führer in modo entusiasta. Erza li aveva odiati entrambi. 
Li odiava ancora.
Lo scatto prodotto dalla maniglia della porta la fece sussultare, ma si rilassò immediatamente vendendo il volto di Gerard. Era davvero stanco, sembrava non avesse dormito per giorni.
«Erza?» il ragazzo, come destatosi dal torpore, la notò e si fiondò subito vicino alla brandina.
«Tu as une sale tête11» constatò lei con un mezzo sorriso.
Gerard scosse la testa. «Non sono certo io quello bendato, nonostante Gray dica che sei stata peggio. ¿Cómo estás12
Erza lo osservò confusa, ma poi intuì il significato di quella domanda.
«Un po' ammaccata, ma è vero, sono stata anche in condizioni peggiori.»
Gerard alzò gli occhi al cielo: «Non è la prima volta? Quel tipo ti ha sparato alla spalla. Perdevi tantissimo sangue e io... io...»
La ragazza gli afferrò la mano e gliela strinse in una morsa dolce.
«Non ci ho visto più Erza. L'ho ucciso» disse poi lui. «Non era la prima volta che uccidevo un uomo, ma non ero mai stato così arrabbiato. Vederti in quello stato...»
Erza scosse lievemente la testa: «Non pensiamoci più. Avete preso le armi?»
Fernandez annuì.
«Quell'uomo ti ha chiamato madamoiselle Belserion... quello è il tuo cognome?» chiese poi.
La ragazza distolse lo sguardo, imbarazzata. «Non avrei mai voluto che lo venissi a sapere così, ma ormai temo non importi. Sì, Belserion è il mio cognome. Tre anni fa, sono scappata da casa mia, da mia madre, dal nord della Francia. Vivevo una vita agiata e ho ricevuto una buona istruzione nonostante sia cresciuta senza un padre, che è morto quando avevo 2 anni. Mi è stato addirittura concesso di imparare ad usare il fioretto e ad andare a cavallo. Mia madre ha sempre amministrato con grande impegno le ricchezze della nostra famiglia. Era gentile un tempo, la ricordo bene. Poi però, da quando Hitler è salito al potere, ha iniziato ad approvare le sue idee. Decantava tanto la nostra appartenenza alla razza ariana, alla razza superiore. Ha fatto in modo che imparassi il tedesco perfettamente, per poterci trasferire quanto prima in Germania. Frequentava circoli che incitavano all'odio, ed è lì che ha incontrato persone come Jacob Lessio, l'uomo che mi ha sparato. Mi disgustavano tutti, con le loro idee invasate che volevano inculcarmi. Come ho già detto, quando avevo 17 anni, cioè tre anni fa, sono riuscita a scappare. Ho vagato per un po' cercando di non farmi scoprire. Ho eliminato il cognome Belserion dalla mia vita. Solo pensarlo mi faceva venire la nausea. Poi sono arrivata a Magnolia, dove ho incontrato Natsu e Mirajane. All'epoca, Queue de Fee era una semplice taverna gestita da Makarov, frequentata da molti ragazzini orfani come Laxus, o chi è stato abbandonato dai genitori, come i fratelli Strauss. Poi, l'anno scorso, è scoppiata la guerra e molta gente di origini ignobili per il Führer e i suoi galoppini si è rifugiata qui. Lucy è ebrea e Cana ha origini sinte. Non combatto solo per la Francia libera, da questo stupido stato libero che si finge Vichy e per liberare i territori occupati. Io combatto per i miei amici e non ho davvero alcun problema a morire per loro, se necessario.»
Gerard ascoltò rapito le parole della ragazza, vergognandosi di se stesso.
«Sei davvero una brava persona Erza» commentò flebilmente alla fine del racconto.
«Se devo vivere, tanto vale vivere al massimo, no? Anche per le persone a cui tengo.» rispose lei con un mezzo sorriso.
Gerard non rispose subito, si limitò a stringere più forte la mano di Erza, ancora incatenata alla sua.
«Erza, ti devo dire una cosa» sospirò poi.
Dal volto della giovane donna scomparve il sorriso. Gli occhi si fecero più seri, segno che tutta l'attenzione era focalizzata su di lui. Gerard sentì le viscere contrarsi al pensiero di deluderla.
«Quando combattevo in Spagna, non ero dalla parte dei repubblicani» esalò tutto d'un fiato poi. Erza non mosse un solo muscolo e lui continuò a parlare.
«Ho combattuto dalla parte di Franco e poi, a guerra finita, mi sono reso conto di ciò che avevo fatto: avevo consegnato la Spagna, la mia Spagna, nelle mani di un dittatore. Sono fuggito con i franchisti alle calcagna per quasi un anno, finché non ho oltrepassato il confine e sono finalmente arrivato qui. Mi dispiace di averti mentito, non avrei dovuto.»
Non la guardava negli occhi, fissava la luce della candela che ormai era sul punto di consumarsi del tutto. Inesorabilmente, un silenzio tombale calò nella stanza per qualche attimo.
«Ma ora sei qui» disse poi Erza, quasi con un sussurro «Stai combattendo con noi»
«Sì, sono qui con voi» rispose lui, altrettanto piano.
Erza scostò la mano dalla sua e la poggiò delicatamente sul volto del ragazzo. Il suo viso era troppo vicino.
«Sei qui con me» disse, come ipnotizzata, avvicinandosi sempre di più.
Gerard annuì piano, restringendo il contatto, fino a che non si ritrovarono a meno di un centimetro l'uno dall'altra. 
La candela si spense, ma non fu un problema. Un fuoco molto più prepotente e luminoso si fece largo nel cuore di Erza, quando la bocca di Gerard, quasi timidamente, sfiorò la sua. Poi sempre con più forza, l'incendio si fece largo nelle vene, nelle arterie, fino ad arrivare al cervello.
Erza tentò di aggrapparsi ai capelli di Gerard per approfondire il bacio, ma la ferita al braccio glielo impedì, facendola imprecare. 
Si staccò a malincuore dal ragazzo, che sembrava decisamente scosso. Erza si toccò i capelli nervosamente, aggrovigliandosi le ciocche lisce alla mano.
Anche Gerard ne afferrò una, osservandola attentamente.
«Ils sont écarlates13.» mormorò poi «Hai dei meravigliosi capelli scarlatti.»
«E te ne accorgi ora?» lo beccò Erza, ma nel dirlo, arrossì vistosamente.

 
§

«In realtà, è stato il bacio del suo adorato principe a farla guarire» commentò Cana mentre puliva la sua pistola.
Erza sbuffò divertita. Erano sedute nella piccola infermeria e Mira le stava cambiando le fasciature, anche se la ferita era ormai quasi del tutto guarita. Wendy aveva detto che era stato estremamente difficile estrarre la pallottola e fare in modo che non le venisse un'infezione, nonostante fosse stato danneggiato solo il muscolo deltoide.
Mirajane finì di applicarle le fasciature nuove e l'abbracciò comprensiva.
«Sono felice che tu stia bene, Erza»
Erza strinse l'amica. Mira era incredibilmente forte e nonostante fossero passate solo poche settimane dalla morte dell'adorata sorella, aveva conservato un po' del suo spirito combattivo.
«È troppo difficile farmi fuori, lo sai bene» rispose con un sorriso Erza.
Cana alzò gli occhi al cielo divertita e tracannò un sorso dalla sua fiaschetta.
«Mon Dieu, erano secoli che non bevevo Chartreuse14. Erano dei gran alcolizzati quei soldati, sapete? Abbiamo trovato quasi più alcol che armi»
«L'unica contenta quindi eri tu» constatò Mirajane.
«Più o meno»
Erza si alzò in piedi, rimettendosi la camicia ormai vecchia. Provava ancora lievi fitte alla spalla, ma ormai non ci faceva caso più di tanto.
Wendy avrebbe voluto tenerla a riposo per ancora qualche giorno, ma lei non poteva resistere per più di qualche giornata, figurarsi settimane.
Natsu e Gray, spericolati quasi quanto lei, non vedevano l'ora di poter tornare ad essere di pattuglia insieme, con Magnolia ad un passo dalla libertà da Vichy e dai tedeschi.
Le avevano detto che dopo che avevano assaltato quei due camion, erano arrivati altri gendarmi, che avevano quasi catturato o sparato molti membri di Queue de Fee. Finalmente però, anche la popolazione comune aveva deciso di reagire, e moltissimi giovani e donne, avevano combattuto al loro fianco, anche chi non sapeva minimamente come usare un'arma.
Le vittime c'erano state, fin troppe. Queue de Fee aveva dovuto dire addio ad Alzack, Jet, Kinana ed altri membri. Anche tra i civili i gendarmi non si erano risparmiati. Tuttavia, la popolazione di Magnolia stessa aveva mietuto molte vittime tra i militari, costringendoli alla fuga, poiché colti impreparati.
Molti erano stati feriti, anche Natsu e Juvia. Erza aveva provato una sensazione di egoistico sollievo nel vedere Gerard completamente illeso, quando era passato il giorno prima in infermeria.
Non si erano più toccati, né tantomeno baciati da quel giorno. Gerard si era limitato a stare seduto vicino al suo letto e chiacchierare di cose più o meno futili. Una parte di Erza avrebbe voluto davvero urlare per la frustrazione, mentre quella più razionale e comprensiva, capiva il perché di quel distacco: il senso di colpa lo attanagliava, nonostante lei l'avesse tranquillizzato, facendogli ben capire che a lei importava più del fatto che avesse scelto di rinnegare davvero le sue idee e scappare, piuttosto che avesse effettivamente combattuto al fianco del Caudillo15.
Sospirò rassegnata, mentre si abbottonava la camicia. Si apprestò a raggiungere la porta per dirigersi nella sala più grande di quel vecchio edificio.
«Il tuo bel principe tormenta i tuoi pensieri?» domandò maliziosa Cana seguendola. 
Mira ridacchiò, sgridando giocosamente l'amica.
«No. In realtà stavo pensando che mi piacerebbe davvero tanto mangiare una di quelle buonissime torte alla fragola» mentì lei, varcando la soglia del salone.

 
§

«Hanno attaccato Sheffield! I tedeschi hanno bombardato Sheffield!»
La voce di Freed risuonò per tutta Queue de Fee.
«Cosa?!» alcune voci posero la stessa domanda nel medesimo istante.
Freed indicò una piccola radio, che gracchiava insistentemente qualche parola.
«Radio Londra ha detto chiaramente che fino a ieri notte, la Luftwaffe16 ha attaccato l'Inghilterra. Sheffield è famosa per le sue acciaierie, dove producevano armi»
«Oh cazzo» mormorò Gray, mentre fumava una sigaretta, probabilmente di quelle rubate ai militari.
«Quei bastardi ci stanno dando dentro» commentò atono Laxus, seduto pigramente su una vecchia sedia in legno.
Quel giorno, Queue de Fee era praticamente vuota. C'erano poche persone, la maggior parte di esse erano coloro che effettivamente abitavano in quel vecchio edificio.
«Che provassero a venire da noi, quei bastardi!» strillò Natsu, agitando la stampella. «Gli faremo vedere di che pasta siamo fatti!»
Erza alzò gli occhi al cielo, divertita. «Sono già venuti da noi, Natsu»
«Che rivengano allora! Li ammazzerò con la mia stampella!»
Diverse risate si levarono per tutta l'enorme sala. Ad Erza sarebbe piaciuto rimanere così per sempre, con quegli amici che l'avevano accolta quando era sola, arrabbiata e spaventata. 
E con Gerard, di cui sentiva lo sguardo addosso, nonostante fosse posto dalla parte opposta alla sua. Avrebbe voluto correre verso di lui, baciarlo fino allo sfinimento e rassicurarlo. Perché a lei non importava se in passato si era schierato insieme a Franco. Non importava neanche agli altri più di tanto - tranne che a Gajeel e Juvia, che erano davvero rimasti interdetti - perché continuava a volersi punire, ad essere schiacciato dal senso di colpa?
Perché doveva essere tutto così difficile? La guerra, quelle stupide ideologie razziali, i suoi sentimenti.
Era proprio vero che alle stelle si giunge per aspri sentieri.
Sospirò seccata, mentre agguantava un vecchio bicchiere di latta contenente birra passatole da Cana.
Tracannò tutto d'un sorso quel liquido, sentendosi decisamente meglio.

 
§

Quella notte, venne svegliata dal rumore dei camion e delle macchine dei gendarmi.
Si alzò di scatto e si vestì, mentre rumorosamente chiamava le sue compagne, addormentate vicino a lei.
«Se ci colgono impreparati siamo morti» le incitò, scuotendole ad una ad una.
Wendy saltò in piedi, mentre afferrava un fucile da sotto il letto. Ad Erza fece una tenerezza assurda, il fatto che una ragazzina così piccola fosse costretta a maneggiare oggetti simili. Scosse la testa.
«Preparatevi! Non devono vederci! Nascondetevi e se necessario, sparate.»
Molte ragazze annuirono e si sparpagliarono.
«Erza.» la chiamò Lucy. Ormai erano diventate buone amiche, e Lucy pareva comprendere perfettamente il desiderio di Erza nel calarsi sempre in mezzo alla battaglia piuttosto che nelle retrovie come facevano molte ragazze. Non lo condivideva, ma sapeva che convincerla era tutto inutile. Non ci era mai riuscito nessuno.
Lucy si avvicinò a lei, abbracciandola. Erza ricambiò, sentendo il bisogno di proteggerla a qualunque costo.
«Stai molto attenta» sussurrò. Erza annuì, non troppo convinta.
Lucy si staccò, dirigendosi verso le altre ragazze.
Si bloccò di colpo.
«No!» esclamò poi. «Starò qui a combattere con voi»
«Lucy...»
«Sono stufa di dover essere sempre protetta. Combatterò anche io»
Il suo sguardo non ammetteva repliche, era fuoco puro. Erza annuì, porgendole una pistola.
«Erza!» Natsu irruppe nell'enorme camera dove dormivano tutte le ragazze. «Li hai sentiti?»
Annuì, mentre imbracciava il suo MAS-36.
«Ho svegliato tutte le ragazze e sono salite sul tetto. Loro ci proteggeranno dall'alto.»
«Non tutte sono lì» commentò Juvia, riapparsa vicino alla vecchia porta, seguita da Wendy, Mirajane e Cana. «Noi rimarremo qui con voi»
Uscirono dalla stanza, ritrovandosi nella sala principale. Erano presenti tutti gli uomini, alcuni armati fino ai denti. Laxus stava controllando da una finestra la situazione. 
«Abbiamo bisogno di un'esca» commentò poi il ragazzo biondo. «Se usciamo tutti insieme, rischiamo di farci ammazzare. Ma se esce solo uno di noi, abbiamo più possibilità»
Nessuno si mosse.
«Non nego» continuò poi Laxus «Che questo sarebbe qualcosa di molto vicino al suicidio. Quindi capirò se...»
«Andrò io.»
L'ultima voce che Erza avrebbe voluto sentire si levò alta. Gerard fece un passo avanti.
«Andrò io, è il minimo per sdebitarmi.»
Molti mormorii arrivarono alle orecchie di Erza, che però sentiva solo un ronzio indistinto.
«No!» 
Non ricordò neanche di aver parlato. Si avvicinò verso di lui con passo meccanico, innaturale.
«Erza?» domandò confuso lui.
«Se lo stai facendo perché devi compiere ammenda, o cazzate del genere...» le tremava la voce. «Va en enfer17, Gerard Fernandez!»
Gli tirò uno schiaffo, di fronte agli sguardi attoniti dei suoi compagni.
Il giovane uomo non si mosse di un millimetro, quasi si fosse aspettato una reazione del genere. Il braccio della ragazza le ricadde lungo il fianco, come se avesse perduto tutta la forza.
«Erza...» Gerard le afferrò quella stessa mano, provocandole la scossa. Persino stare vicini sembrava doloroso. «Ve lo devo. Te lo devo. Non fermarmi, non ne vale la pena. E poi, non è detto che io muoia, no?»
La ragazza rimase immobile come una statua di sale, mentre Gerard le scostava i capelli dietro l'orecchio.
«Adiós, Erza» sussurrò mentre si allontanava.
Nessuno si mosse, i suoi passi rimbombarono nella mente della ragazza finché non aprì la porta, richiudendola in fretta.
Uno sparo arrivò alle orecchie di Erza. Poi altri, provenienti dall'alto. Probabilmente erano le ragazze.
Senza neanche aspettare un accenno di segnale da parte di Laxus, Erza corse verso la porta, spalancandola. Natsu e Gray la seguirono e così molti altri. 
I suoi occhi diventarono due fessure quando vide lui poggiato stancamente al muro di Queue de Fee.
Il fucile pareva avere vita propria. Non si rendeva conto neanche del fatto che stava sparando, che stava uccidendo persone che probabilmente avevano una famiglia, dei figli.
Semplicemente, premeva fino a che poteva e poi ricaricava. Ne aveva abbattuti almeno 10 nel giro di qualche minuto.
Poi, quando la battaglia sembrava aver preso una piega decisamente favorevole per i maquisards, Erza corse in direzione di Gerard.
Il ragazzo respirava a fatica, ed Erza non riusciva a capire dove era stato colpito. Vedeva solo troppo sangue.
«Wendy!» urlò disperata in direzione della mischia. «Wendy!»
«Erza... Er- za» la chiamò ansante Gerard.
Si voltò nella sua direzione, prendendogli il viso tra le mani.
«Mi... dis- piace»
«E di cosa? Non parlare, adesso arriverà qualcuno ad aiutarci.» sussurrò lei. Poi urlò ancora il nome di Wendy e poi quello di Mirajane.
Gerard non la ascoltò. «Di averti... mentito» ansimò.
Vedendo che nessuno arrivava, Erza si caricò Gerard sulle spalle e ritornò dentro Queue de Fee.
«Erza!» sentì le urla dei suoi compagni, forse quelle di Natsu, che la chiamavano. 
Sembravano distanti milioni di chilometri.
Quando entrò dentro l'infermeria, posò l'uomo sopra la brandina. Gli strappò la camicia, scoprendo con orrore l'enorme chiazza di sangue che aveva origine appena sotto lo sterno.
Ad Erza venne da vomitare. Non aveva la minima idea di cosa fare. In casi estremi, aveva provato molte volte a curarsi da sola, non era quindi nuova a delle operazioni d'emergenza. Eppure, in quel momento, la paura di sbagliare e fare del male agli organi vitali la assalì in pieno.
«Er- za...» 
Posò lo sguardo sul viso di Gerard, pallido come la morte.
Cosa diavolo stava facendo? Tremava di fronte alla vista del sangue? Lei, che era sempre spericolata?
«Lasciami qui...» mormorò lui. Erza scosse la testa e fece un respiro profondo.
Afferrò un panno per fermare l'emorragia e premette sopra la ferita. Aveva la mano incredibilmente ferma, e nonostante tutto, sembrava avesse ripreso un po' di autocontrollo.
«Erza...»
«Tu non morirai qui, hai capito!?» sbraitò lei. Il sangue pareva essere diminuito, ma la temperatura corporea di Gerard si stava abbassando.
Legò quello stesso panno con delle garze per coprire la ferita, mentre mormorava meccanicamente tutto ciò che Wendy le aveva consigliato di fare in caso di emergenza.
Gerard la osservava sofferente e rassegnato al suo destino ed Erza avrebbe tanto voluto tirargli un pugno.
Invece lo baciò delicatamente a fior di labbra, come per fargli sentire la sua vivida presenza, infondendo anche dell'aria nella sua bocca in modo maldestro, ricordando ciò che le era stato insegnato.
«Erza! Gerard!»
La voce di Wendy la fece voltare di scatto. Era tutta sporca e aveva alcune macchie di sangue, che però non sembravano sue.
Delicatamente, la ragazzina scostò Erza da vicino Gerard per controllarlo.
«Sei stata bravissima, Erza» commentò osservando panno posto sopra la ferita. «Ora vai, qui ci penso io»
I muscoli della ragazza si rilassarono visibilmente ed annuì. Si fidava ciecamente di Wendy e sapeva che non avrebbe mai sbagliato.
Si voltò per dirigersi fuori da Queue de Fee, ma un rantolo di Gerard la bloccò.
«Erza... non... morire»
Annuì e sorrise in direzione del ragazzo. 
«Non preoccuparti» disse poi, mentre imbracciava il suo fucile. «Je suis titane18»

 
§

In realtà, Erza non ricordava granché dello scontro che ne seguì con i gendarmi. Ricordava i sorrisi nei volti stanchi di Natsu e Gray nel vederla tornare, suoi movimenti meccanici nel ricaricare e sparare. E poi nuovamente, ricaricare e sparare finché le cartucce si esaurivano.
Non aveva la minima idea di quanti uomini aveva abbattuto e non le importava. Quel giorno, qualcuno aveva deciso di graziarli, perché non c'era stata nessuna vittima, nonostante lei stessa si fosse messa in pericolo più di una volta, a detta di un'apprensiva Mirajane.
Poi, quando i militari se n'erano andati, alcuni si erano messi a festeggiare, ubriacandosi come spugne. Altri, come Juvia e Gray, erano finiti nella soffitta a fare chissà cosa. Altri ancora avevano aiutato Wendy con i feriti.
Erza non aveva fatto niente di tutto ciò. 
Come un automa, aveva pulito ogni singola arma in maniera maniacale per un lasso di tempo indefinito, finché Mira le aveva detto che sarebbe potuta entrare a controllare la situazione di Gerard.
Quando era entrata, lui dormiva, il volto decisamente meno pallido rispetto a molte ore prima.
«Ha perso molto sangue, ma ora è fuori pericolo» sussurrò al suo orecchio la Strauss. «Se vuoi rimanere con lui, fai pure» e poi era uscita dalla stanzina.
Erza si era semplicemente seduta sul vecchio sgabello e aveva poggiato le braccia e la testa sulla brandina, addormentandosi di botto.
Quando si svegliò, doveva essere tardo pomeriggio, perché il sole era sul punto di tramontare.
«Erza» 
Il sospiro di Gerard la fece sussultare. Alzò di scatto la testa e si mise a sedere composta.
«Stai bene» osservò, leggermente intontita dal sonno.
Gerard sorrise ironico. «Diciamo che sono stato meglio»
Erza si morse il labbro e scosse la testa. Non ce la fece più. Voleva sentirlo, voleva sapere se era davvero lì al suo fianco.
Si sporse verso di lui per cercare le sue labbra.
Fu un bacio agognato e quasi rabbioso, con le loro lingue che cozzavano l'una contro l'altra. Senza accorgersene, Erza si era alzata in piedi per volere di più e Gerard tentava maldestramente di mettersi seduto. Lei gli morse il labbro, stuzzicandolo e gli afferrò i capelli, che aveva tanto voluto toccare.
Gerard gemette di dolore, forse a causa dello sforzo eccessivo, ed Erza a malincuore fu costretta a staccarsi da lui.
Dopo che entrambi ebbero ripreso fiato, Erza si risedette, come se nulla fosse accaduto. A tradirla però, era il leggero rossore nelle sue guance. 
«Penso che dovremmo cambiare nascondiglio» disse poi tutto d'un fiato. «Non possiamo più stare qui, i gendarmi ormai sanno dove viviamo»
Gerard annuì serio.
«Vieni con noi» continuò lei. «Se per qualche stupido motivo hai ancora bisogno di fare ammenda per i tuoi errori, vieni con noi, dove posso evitare che tu ti faccia ammazzare»
«Devo fare ammenda, hai ragione. Ma soprattutto, mi unirò a voi per evitare che sia tu quella che si faccia ammazzare. Ho sentito dire che sei una specie di furia.» rispose Gerard, dopo alcuni attimi di silenzio.
Erza ridacchiò, ormai visibilmente rilassata, e si alzò in piedi, porgendogli la mano destra. 
«Facciamo una promessa: nessuno dei due dovrà morire durante questa maledetta guerra. Intesi?»
Gerard strinse la mano e annuì.
«E alla fine di tutto, potrò sperare in un altro tipo di promessa?» domandò lei sorniona.
Il ragazzo arrossì di colpo e si voltò, lasciando la mano di Erza, che si stava davvero trattenendo dal ridere.
«Lo spero vivamente» mormorò lui, cercando di non farsi sentire.
Due persone così tenaci come loro, non avrebbero mai permesso a nessuno di infrangere la loro promessa. Avrebbero combattuto per sopravvivere, ma soprattutto per vivere, Erza ne era certa.



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1. Salamandre: Salamandra, in francese
2. Queue de Fee: Coda di Fata, in francese.
3. MAS-36: Un tipo di fucile francese molto usato nella Seconda Guerra Mondiale.
4. Bêtises: Idiozie, in francese.
5. «
Arrêtez-vous ici»: «Fermatevi qui», in francese.
6. Papi: Modo colloquiale per dire "nonno", in francese.
7. «¿Dónde estoy?»: «Dove mi trovo?», in spagnolo.
8. M
aquisards: Termine usato per definire i partigiani francesi, ma anche quelli spagnoli.
9. «
Liberté! Fraternité! Egalité»: Motto francese coniato durante la Rivoluzione Francese e usato anche dalla France libre, l'organizzazione militare anti-nazista.
10. «
Il sont deux crétins»: «Sono due cretini!», in francese.
11. «Tu as une sale tête»:
 «Hai una brutta cera», in francese.
12. «¿Cómo estás?»:
 «Come stai?», in spagnolo.
13. «
Ils sont écarlates»: «Sono scarlatti [i capelli]», in francese
14. 
Chartreuse: Liquore tipico della Francia meridionale.
15. Caudillo: Titolo molto simile a Duce e Führer con cui si era soliti indicare Francisco Franco, il dittatore spagnolo.
16. 
 Luftwaffe: aviazione militare tedesca nella Seconda Guerra Mondiale.
17. «Va en enfer!»: «Vai all'inferno», in francese.
18. «Je suis titane»: «Io sono titanio», in francese. Riferimento al soprannome di Erza, Titania, ma anche al fatto che questo è un metallo particolarmente resistente.


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Note dell'autrice:
Torno nel fandom di Fairy Tail, stavolta con una OS partecipante ad un contest. Mi è piaciuto molto scrivere di Gerard ed Erza, soprattutto in questa AU ambientata durante la seconda Guerra Mondiale, precisamente alla fine del 1940. Infatti, nella storia c'è un chiaro riferimento al bombardamento di Sheffield, in Gran Bretagna, avvenuto tra il 12 e il 15 dicembre 1940.
La cittadina di Magnolia è ovviamente fittizia, ed è stata collocata da me nello stato satellite di Vichy, nella parte meridionale della Francia.
Ammetto che mi sono scervellata per scrivere dei Gerza in questa versione, perché volevo davvero fare qualcosa di diverso. Non ho voluto parlare della deportazione nazista, ho voluto parlare di coloro che hanno scelto di combattere contro le potenze dell'Asse, per difendere chi amavano e la loro nazione, che a mio parere è molto simile a ciò che vuole trasmettere il manga di Fairy Tail.
Detto questo, spero vi sia piaciuta!
Mezzosangue230


 
  
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