Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: Aryn2703    16/11/2017    0 recensioni
[Romeo e Giulietta]
[Romeo e Giulietta]Questa storia parla di una ragazza che amava così tanto l'opera "Romeo e Giulietta" da riuscire ad entrarvi.
Riuscirà ad evitare la morte dei protagonisti? Come si intreccerà la sua vita con quella dei personaggi?
Nota: A causa di alcune circostanze devo ri-pubblicare i primi capitoli che avevo precedentemente scritto, spero che leggerete la storia con entusiasmo e che, in qualche modo, questa riesca ad emozionarvi!
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Scalare il muro di cinta del giardino dei Capuleti fu un’impresa per Gemma considerando che indossava un abito lungo: avesse avuto un paio di converse e dei jeans sarebbe stato molto più facile.
Grazie all’ausilio di piante rampicanti riuscì ad arrivare fino in cima dopodiché iniziò a scendere dalla parte opposta.
Arrivata a metà strada, però, un ramo del rampicante cedette sotto il suo peso, spezzandosi. La giovane cadde verso il basso soffocando un piccolo grido.
Si aspettò di sbattere duramente contro il suolo pietroso quando due braccia forti la colsero al volo e la salvarono dalla caduta rovinosa: era Romeo.
Imbarazzata, Gemma poggiò i piedi a terra e fece per pronunciare qualcosa quando il ragazzo le sibilò piano: “Cosa ci fai qui? Torna immediatamente a casa.”
“Romeo cosa ci fai TU qui. Questa casa è un luogo di morte per te, non capisci quanto stai rischiando? Ti prego, torniamo a casa insieme.”

Romeo sembrava non ascoltarla, giratole le spalle si accovacciò sotto ad un albero che fungeva da riparo. Sembrava in attesa di qualcosa.
Al che Gemma, quasi con disperazione, andò vicino a lui: “Non conosci nulla di questa ragazza, perché ti stai spingendo così tanto per lei? Come puoi dire che sia davvero amore quello che provi? Forse è solo una cotta passeggera.” Gemma sapeva che non era così e, in fondo, si vergognava nel pronunciare queste parole. Ma che altro avrebbe potuto fare?
E Romeo: “Sai Gemma io nella mia vita ho pensato tante volte di essermi innamorato eppure stasera, per la prima volta, ho capito davvero cosa significa provare quella passione bruciante di cui poeti come Catullo tanto decantarono. Io so che è lei l’unica persona degna di custodire il mio cuore”.

La ragazza sentì una fitta al cuore: un misto di angoscia e gelosia la pervasero e gli occhi le si inumidirono. Allora disse “Alla festa a casa tua ieri sera… hai detto di provare qualcosa di forte per una persona conosciuta da poco. Se non era Giulietta allora di chi parlavi?”

Romeo abbassò il capo: Gemma non capiva se fosse imbarazzato, sembrava si vergognasse molto e cercava di evitare il suo sguardo. Alla fine disse: “Parlavo di te, Gemma”.

Una patetica speranza si accese nel cuore della giovane, quando Romeo continuò: “Quando ieri pomeriggio ti scorsi sulla strada, sola e impaurita, non so perché ma provai una strana sensazione. Sentivo l’urgenza di aiutarti, di starti accanto, di proteggerti, nonostante tu fossi una completa sconosciuta per me. E’ un qualcosa che, inizialmente, pensavo potesse essere amore ma, dopo stasera, ho capito che non è così. Per te provo un grandissimo affetto; non mi pento di averti aiutata e di averti accolta a casa mia, sento ancora il desiderio di starti accanto ma… ecco… non come un innamorato, ma più come un fratello, un custode.”

Gemma non sapeva cosa rispondere, l’aveva spiazzata completamente. Se da un lato le sue parole la rendevano felice, dall’altro l’avevano pugnalata. Ripensò a tutte le volte che aveva riletto Romeo e Giulietta, con quanto affetto aveva accarezzato il nome di lui stampato sulle pagine, alle lacrime che aveva versato per la sua morte. Pensò che se in quel momento lei era lì era solo grazie all’amore che provava per lui; si sentì ferita e stupida, si era illusa di essere in grado di far innamorare di lei Romeo piuttosto che di Giulietta, si trovò patetica e, in un qualche modo, umiliata.

Romeo tese una­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­ mano verso di lei ma la ragazza la schiaffò via quasi senza accorgersene. Si alzò in piedi e iniziò a dirigersi verso il muro.
Le lacrime le segnavano il volto, aveva un vuoto al posto del cuore. Capì che non aveva alcun senso rimanere lì: le famose frasi della scena del balcone erano dedicate unicamente a Giulietta e lei non aveva alcun diritto di ascoltarle.

Fece per arrampicarsi quando, con voce rotta, si girò verso Romeo: “Ti ringrazio tantissimo per la sincerità con cui mi hai parlato, sappi che ti supporterò in ogni scelta e che ti devo molto perché è grazie a te e alle tue parole che sono riuscita a superare i momenti più difficili.”

Il Montecchi la guardava senza capire, ovviamente: non sarebbe mai venuto a conoscenza della solitudine della ragazza, dei suoi problemi con la madre, del vivere in un mondo così grande, impossibile da gestire, che la impauriva tanto da restringere il proprio campo a poche pagine di qualche libro. Le lacrime di Gemma traboccavano di questi sentimenti, dello stress e delle preoccupazioni che la lettrice si era ritrovata ad affrontare da quando si era catapultata nel 1600.

Romeo in quel momento la vedeva risplendere di una magica luce ambrata e i battiti del suo cuore aumentarono.
 
Gemma si riavvicinò a Romeo e, accarezzandogli i lisci capelli biondi, sorrise: “Promettimi solo che starai attento, che sarai uno scudo per Giulietta e che il vostro amore durerà in eterno”.
Le torce scoppiettavano attorno a loro, gli occhi della ragazza riflettevano le lingue di fuoco danzanti: Romeo si sentì trafitto dall’intenso sguardo di lei.
Gemma mosse un passo indietro, si asciugò le lacrime con il dorso della mano e lo salutò.

Dopodiché corse via, si arrampicò su per il muro e scomparve portandosi via tutti i colori del giardino, lasciando Romeo, solo e confuso, nel buio.
Sotto le scarpe da ballo il basolato rispondeva ad ogni passo con un tonfo sommesso. I palazzi di Verona, che di giorno mostravano un tenute color terracotta, nella notte sembrano grigi e cupi.
Gemma girovagava senza meta nei dintorni della casa Montecchi: non aveva voglia di rinchiudersi in quelle mura, farsi toccare da quelle serve e, peggio ancora, di intrattenere una discussione con la madre di Romeo; inoltre non aveva ancora pensato ad una giustificazione per il vestito sporco e sgualcito.
Era immersa nei suoi pensieri quando un canto attirò la sua attenzione; presa dalla curiosità decise di seguire quella voce la quale la portò ad un porticciolo allestito sulla sponda dell’Adige: una donna esile sedeva su un mucchio di sassi, vestiva con una semplice tunica marrone che scarsamente valorizzava le sue parti femminili, i capelli arruffati le cadevano sulle spalle donandole nel complesso un’aria trasandata.

La sua voce, però, era bellissima.

La figura non pronunciava alcuna parola, si limitava ad armonizzare diverse note fondendole insieme in un'unica malinconica melodia.

Gemma si avvicinò alla sconosciuta che, una volta averla notata, balzò immediatamente in piedi: “Perdonatemi signora, non volevo disturbare la vostra passeggiata.” Sembrava spaventata, molto.

Gemma si avvicinò ulteriormente ma quella fece un balzo all’indietro, “Vi prego, non dite a mio marito che stavo cantando, prometto che non lo farò mai più, ve lo assicuro, io…” La poverina stava tremando, Gemma, confusa, fece un passo indietro e disse tranquillamene “Non preoccupatevi, volevo solo dirvi che la vostra voce è bellissima.” La figura sembrava titubante, incominciò ad avvicinarsi alla lettrice finché non si trovò a due metri da lei.
Illuminata da un falò vicino, Gemma rimase sbigottita nel constatare che la donna era in realtà molto giovane, non superava i venticinque anni, e mostrava un pancione di 5 mesi. Quello che però la lasciò maggiormente perplessa fu il grande livido sul suo volto.
Gemma le si avvicinò cautamente, come si suole fare con i gattini randagi: “Cosa vi è successo? Chi è stato a colpirvi?” la giovane in un primo momento sembrò restìa a parlare ma poi, probabilmente per il bisogno di sfogarsi e perché mossa dalla preoccupazione che un’estranea le aveva mostrato, si lasciò cadere a terra e iniziò a piangere.
Fu così che la ragazza dalla bella voce raccontò a Gemma di chiamarsi Ida: era sposata da circa un anno con il proprietario di una panetteria, più grande di lei di molti anni ma non sapeva quanti perché non sapeva contare, inoltre non era mai andata a scuola e non aveva mai imparato a leggere.

Gemma le chiese del bambino e Ida rispose che sperava fosse un maschio: “Non vorrei mai che soffrisse le pene che ho patito io, muoio al solo pensiero.”

A queste parole Gemma si fece coraggio: “Ida quel livido te l’ha fatto tuo marito.”
Non era una domanda. Ida chinò il capo e non rispose: non confermò ma neanche negò l’affermazione; d’un tratto volse lo sguardo verso alcune barchette dondolanti: “Le donne sono una razza così sfortunata. Dio ci odia ed è per questo che non saremo mai felici.”

“Non è vero” disse Gemma guardandola negli occhi, “Le donne conquisteranno i loro diritti. Verrà un giorno in cui faranno gli stessi lavori degli uomini e verranno pagate tanto quanto loro.” Ida la guardava con occhi allucinati, ma quella continuò “Saranno libere di sposarsi o meno e, in caso affermativo, potranno scegliere da sé il loro partner. Assumeranno carichi importanti: saranno i capi di uomini sotto di lei, potranno studiare e diventare ciò che vogliono, anche presidente di uno stato! Inoltre ci saranno delle istituzioni che le proteggeranno, le salveranno dagli abusi e dai maltrattamenti da parte dei mariti.”

Le guance della ragazza dalla bella voce si erano dipinte di un tenue rossore “Gemma, come fate a crederlo davvero? Come fate ad esserne così sicura?”
“Perché lo so” rispose lei, “lo so per certo.”
“Voi… potete predire il futuro?”
Gemma le sorrise, “Oh amica mia, io SONO il futuro. “

Ida sembrò prenderlo come uno scherzo e rise a sua volta: “allora ditemi qualcos’altro sulle donne! Qualcosa che mi lascerà completamente a bocca aperta!”.
“Più di tutto quello che già vi ho detto?” Rispose Gemma divertita, “beh se ci tenete tanto… nel futuro le donne indosseranno i pantaloni!”
A questa rivelazione la giovane scoppiò a ridere forte “Questa poi! Signorina Gemma voi avete davvero troppa fantasia! Pantaloni?” e rise ancora, mostrando una dentatura storta.
Gemma la guardò con tenerezza: “Ida non tutti gli uomini sono malvagi. C’è chi apprezza la nostra natura e la difende. Un poeta scrisse
 
Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
 per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l'ignoranza in cui l'avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
 per le ali che le avete tagliato,

per tutto questo:
in piedi, Signori, davanti ad una Donna.

 
Come potete vedere c’è chi riconosce il nostro valore.”.
Ida non rideva più, la guardava con occhi lucidi e le prese la mano: “Vi ringrazio Gemma perché è merito vostro se dentro me ho trovato di nuovo la forza per continuare ad andare avanti: adesso so che se anche avrò una figlia, questa un giorno avrà a sua volta una bambina che, forse, vivrà in un mondo che non si approfitterà di lei.”

Disse queste parole e andò via, lasciando sola Gemma: lei, purtroppo, sapeva che sarebbero passate ancora tante generazioni prima che alla donna venisse riconosciuta la sua dignità.
Avrebbe voluto portare Ida con sé nel futuro: farle toccare con mano la verità che le aveva raccontato.

Tirò un lungo sospiro e si incamminò verso casa; non avrebbe mai più incontrato la giovane dalla bella voce né udito più il suo canto.
   
 
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