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Autore: TheSlavicShadow    16/11/2017    2 recensioni
Sei mesi dopo essere deiventata Iron Woman, qualcosa inizia a non andare come dovrebbe.
{Earth-3490; sequel di Wherever You Will Go}
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Maggio 2006

 

Il viaggio di ritorno da Washington a Malibu non era stato per nulla piacevole. Sembravano tutti arrabbiati con lei per un motivo o per l’altro. Pepper era quella che lo era di più. Era rimasta al telefono per quasi tutto il viaggio, parlando con giornalisti, politici e, la cosa peggiore, con i soci delle Stark Industries.

Sei mesi prima erano saltate diverse teste. Non solo avevano perso Obadiah Stane, ma aveva costretto a licenziarsi altri membri del consiglio d’amministrazione. Troppi avevano collaborato con Stane e avevano le mani impastate nel traffico illegale d’armi. Si sentiva ancora molto stupida a non essersi mai accorta di nulla. Per cinque anni avevano fatto quello che volevano sotto il suo naso. E aveva paura di finire per scoprire che lo avevano fatto anche quando l’azienda era guidata da suo padre.

Coulson e Rhodes erano rimasti a Washington. Ognuno doveva andare a rendere conto di quanto fosse successo ai propri superiori. E si riteneva molto fortunata a non essere stata ancora contattata da Nick Fury. Probabilmente pensava anche lui che fosse andato tutto per il meglio e voleva lasciarla in pace. O almeno era quello che sperava.

Era dopotutto Natasha Stark. Prima di riuscire ad accusarla davvero di terrorismo avrebbero dovuto avere altre prove in mano. Non aveva mai interferito in missioni militari. Aveva sempre scelto da sola gli obiettivi da colpire. E solo se era sicura che avessero armi delle Stark Industries vendute in modo illegale.

E nessuno poteva imitarla. Nessuno tranne lei era in possesso della tecnologia del reattore arc. Per ora era l’unica al mondo capace di una cosa simile.

“Coraggio fanciulli, sveglia. La mamma è tornata.” Aveva acceso i computer e si era seduta comodamente nella sua postazione. Aveva un lavoro da portare avanti e non aveva tempo di stare ad ascoltare Pepper e Steve che continuavano a discutere al piano di sopra. Era davvero stupita che Steve per una volta fosse dalla sua parte, anche se le aveva detto che avrebbe tranquillamente potuto essere più educata nei modi. Era pur sempre una signorina di buona famiglia, non un volgarissimo uomo d’affari. E lei aveva solo riso al suo paragone.

“Bentornata signorina Stark, e congratulazioni per la cerimonia d’apertura. E’ stata un vero successo, proprio come l’udienza al Senato. Aggiungo anche che è alquanto gradevole vederla finalmente vestita in un video online.”

Jarvis le mancava sempre quando la sua intelligenza artificiale faceva questo tipo di osservazioni. Erano così tipicamente sue che davvero le sembrava fosse ancora al suo fianco.

“Sono anche stata più educata del solito, non trovi? Non li ho offesi neppure una volta.” Sorridendo aveva guardato il video che qualcuno aveva caricato su YouTube.

“Li ha solo castrati pubblicamente. Miss Carter è sicuramente molto orgogliosa di lei.”

Aveva sorriso soddisfatta da quelle parole. Era una cosa che le era sempre piaciuta mettere i maschi in una posizione simile. Ma solo perché loro cercavano sempre di far sentire lei inferiore perché era una donna. Era stato così all’università. E ora lo era nel lavoro.

“Forse dovevamo prolungare la permanenza a Washington e andare a trovare Peggy.” Natasha aveva mormorato, mentre si pungeva nuovamente un dito. Il livello di palladio nel sangue era salito al 24%. In soli due giorni era aumentato di troppo rispetto a quanto aveva fatto in un primo periodo. Aveva velocemente aperto alcuni file sul computer. Stava ancora cercando qualcosa che potesse sostituire il palladio nel reattore arc. Si era alzata quando di fronte a lei si era materializzato l’ologramma di una tavola peridioca.

“La combinazione tra tungsteno e iridio l’abbiamo già provata.” J.A.R.V.I.S. aveva però fatto una prova lo stesso. Davanti ai suoi occhi un’armatura olografica si era disintegrata quando quei due elementi era stati aggiunti come nucleo per il reattore. “Temo che lei sia a corto sia di tempo che di opzioni, signorina. Credo dovrebbe parlarne con il Capitano Rogers e con la signorina Potts.”

“Quando sarà il momento più opportuno.” Si era passata una mano sugli occhi. Stava morendo. Lentamente stava morendo.

“Signorina, un altro nucleo si è esaurito. Le consiglierei di cambiarlo immediatamente.”

“Come si è esaurito? L’ho cambiato solo un paio di giorni fa!” Sbuffando si era spostata, tornando alla scrivania per aprire il contenitore in cui aveva i nuclei di riserva. Aveva alzato la maglietta e aveva tolto il reattore. Faceva sempre uno strano effetto toglierlo. Era come se per un attimo le mancasse il respiro e percepiva il suo cuore che aveva una leggera aritmia. Velocemente aveva cambiato i nuclei, guardando solo per un attimo quello appena estratto. Arrugginito e fumante. Una volta reinserito il reattore nel petto, lo aveva osservato. Lineette bluastre continuavano ad espandersi sempre di più. Era riuscita a tenere Steve a freno per un po’. Ma sapeva che non sarebbe stato ancora per molto. Non era uno stupido. Probabilmente aveva capito che qualcosa non andava, ma si fidava di lei e del suo cervello per trovare una soluzione.

“Signorina Stark, credo che almeno il Capitano dovrebbe saperlo subito. Si sta espandendo troppo velocemente e se continua a questo ritmo le rimane davvero poco.”

“Fammi arrivare almeno fino al mio compleanno, ti prego.” Aveva sospirato e si era spostata di nuovo dal computer. Aveva osservato Dum-E fare un disastro con la brodaglia verdastra che doveva bere per controbilanciare i sintomi e voleva davvero smontarlo. Steve le avrebbe fatto pulire quel disastro. Ne era sicura. “Dum-E, ti prego. Allontanati da lì perché giuro che ti smonto pezzo per pezzo e poi ti do in mano a Steve perché ti rimonti. E ti assicuro che non ne è assolutamente capace.” Il braccio meccanico aveva emesso un suono di sconforto, come faceva ogni volta che lo sgridava per qualcosa. “No, è inutile che piangi.” Aveva bevuto lentamente l’intruglio verde facendo qualche smorfia.

“Signorina, sta arrivando la signorina Potts, le consiglierei almeno di accennarle qualcosa se proprio non vuole dirle la verità.”

“Muto, J. Ne parleremo un’altra volta.” Natasha aveva osservato la sua assistente personale mentre digitava il codice d’accesso alla sua officina. Dal modo in cui muoveva la mano doveva essere furiosa.

“Si può sapere cosa le prende? Cosa significava quel “Se c’è una cosa che ho dimostrato è che bisogna affidarsi a me per appagare me stessa”? Si è bevuta il cervello? L’ha detto in diretta internazionale!” Pepper le era subito venuta incontro, muovendo le braccia mentre parlava. “E ha davvero donato tutta la nostra collezione d’arte a Steve Rogers?”

“Chi meglio di Steve?” L’aveva guardata e aveva iniziato a giocare con gli ologrammi che ancora erano aperti in giro per l’officina. Quello che non le serviva lo buttava direttamente nel cestino, e quello che le serviva lo spostava in un altro punto. Avrebbe messo più tardi a posto tutti quei file. “Steve ama l’arte più di noi. E’ l’unico artista sotto questo tetto. E poi nostra? Credevo fosse la mia collezione.”

“Ne sono stata la curatrice per anni ed ero sempre in contatto con i vari intermediari. Almeno un accenno poteva darmelo!”

Natasha aveva inarcato un sopracciglio e l’aveva osservata. Pepper stringeva una cartellina tra le mani. Probabilmente altra roba che doveva firmare. Ma sembrava davvero arrabbiata con lei. Nulla di nuovo.

“Pep, non credevo ti piacesse l’arte così tanto. Io continuavo a comprare quadri perché era un hobby di mia madre.”

“O perché Steve è un artista?”

“Se non ti conoscessi direi che sei gelosa di Steve.”

“Tasha, io sono solo preoccupata per lei. A me non importa se Steve sia o meno davvero Capitan America, ho solo paura che possa dimostrarsi come tutti gli altri uomini che le si sono avvicinati in questi anni.” Aveva guardato la donna scuotere la testa. Le aveva detto chi era Steve. Era giusto che lo sapesse visto che vivevano insieme. E Pepper le aveva creduto solo quando le aveva mostrato foto e video originali. Ringraziava Howard per averle lasciato anche quello in eredità.

“Non ti sembra che io stia funzionando meglio da quando lui è qui?” Aveva parlato piano, a voce bassa, e solo dopo qualche attimo di silenzio. “Voglio dire, guardami! In sei mesi non sono finita nemmeno una volta su una copertina a causa di uno scandalo. Non ci sono online video nuovi di me nuda impegnata in attività molto vietate ai minori di 18 anni. Non mi sono ubriacata neppure una volta così tanto da finire in ospedale. E non ho toccato alcun tipo di droga, a nessuna festa. Sto lavorando cercando di rispettare le scadenze e guarda il modo impeccabile in cui ho organizzato l’Expo!”

“L’Expo è solo la rappresentazione del suo ego impazzito.”

Natasha le aveva messo il broncio, ma non poteva darle torto. All’inizio non era stata molto entusiasta dell’organizzare l’Expo. Aveva protestato in un primo momento trovandola solo una perdita di tempo. Quando le avevano dato carta bianca, allora aveva cambiato idea e deciso di fare le cose a modo suo. Se quella di suo padre doveva essere una città del futuro, la sua lo aveva superato di netto.

“Voglio solo dire che il suo comportamento è davvero impeccabile, ma guardi anche ora. Ho passato ore al telefono con i soci e anche con i media. Le Stark Industries in questo momento sono in un totale scompiglio e lei sta pensando solo alla Expo e alle sue armature.”

“Le azioni stanno crescendo di nuovo e presto torneremo agli stessi profitti che avevano dalla produzione di armi. E spero anzi di superarli!”

“Quello che le sto dicendo è che abbiamo già assegnato dei contratti!” Pepper aveva alzato la voce e stava probabilmente iniziando a spazientirsi. “Prenda quello per l’energia eolica! Ci sono persone che percepiscono uno stipendio e lei non ha ancora consegnato nessun progetto.”

“Come faccio a progettare se devo passare le mie giornate in ufficio? Non starmi col fiato sul collo almeno tu, sto lavorando! Solo che tutto questo mi annoia, Pepper!”

“Sta perdendo tempo! Dovrebbe amministrare un’azienda multimiliardaria con sedi e laboratori sparsi un po’ ovunque, invece è chiusa qui dentro! Mi sembra quasi di star facendo io il suo lavoro e forse lo sto davvero facendo!”

Natasha si era bloccata per un attimo, evitando di urlare di rimando. Gli animi si erano scaldati parecchio in un tempo brevissimo. E forse quello era anche il momento di dare qualcosa di reale a Pepper. La donna aveva fatto davvero molto per lei, anche quando questo non rientrava nelle sue mansioni. Doveva essere solo la sua assistente personale. Invece faceva sempre molto di più.

“Pepper, è da un po’ che ci sto pensando. Assumerai tu il ruolo di amministratore delegato dell’azienda.”

La donna si era bloccata. L’aveva guardata. Aveva sbattuto le palpebre diverse volte.

“Ha bevuto per caso?” Lentamente si era sporta verso di lei per annusarne l’alito. Non poteva darle torto visti i suoi precedenti.

“Solo un intruglio di clorofilla e non so cos’altro.” Visto il momento di shock di Pepper, le aveva semplicemente appoggiato le mani sulle spalle e aveva sorriso. “Le conferisco la nomina a amministratore delegato delle Stark Industries, signorina Potts.”

“Lei sta scherzando, vero?” Pepper si era scossa dal suo stupore e l’aveva guardata negli occhi quando Natasha si era allontanata di qualche passo.

“Decisamente no. Era da un po’ che ci stavo pensando, in realtà. Avevo diversi nomi papabili in testa, ma nessuno era quello giusto. Tranne te. Quindi, congratulazioni Pepper. So che sarai un amministratore eccellente. Lo hai già dimostrato in tutti questi anni quando io non ero in grado di tenere tutto sotto controllo. Perché ammettiamolo, senza di te non ce l’avrei mai fatta a mantenere il ruolo di capo all’interno dell’azienda.”

“Ma non può farlo. Il consiglio d’amministrazione non sarà d’accordo. E poi ora sembra essere in una relazione piuttosto stabile, se avrà dei figli sarebbe ovvio che lasciasse l’azienda in mano loro.”

“Il consiglio d’amministrazione non può dire niente. Io sono Stark, io ho il diritto di scegliere un successore. E nella molto remota possibilità che ci siano degli eredi da parte mia, se avranno ereditato anche solo una minima parte del sangue degli Stark, usurperanno il tuo ruolo in men che non si dica, non temere.” Natasha si era allontanata di qualche passo per andare prendere la bottiglia con la clorofilla. Ne aveva bevuto un sorso mentre continuava ad osservare Pepper che la guardava come se fosse impazzita. Forse lo era anche.

“E Steve? Ne ha parlato con lui, vero? Non è un’altra di quelle cose che ha fatto senza dire niente a nessuno?”

“Steve è d’accordo.” Aveva fatto un’alzata di spalle dopo aver dato un lungo sorso al liquido nella bottiglia. “Non si è molto stupito quando gliene ho parlato. Si è molto più stupito della quantità di quadri che ho comprato in questi anni e che lui non ha mai visto da nessuna parte.”

“Questo perché lei si ostina a mettere dei veri quadri solo nelle stanze in cui qualcuno le può vedere, ovvero il suo soggiorno. E ce ne sono solo due. Mi spiega cos’è quella cosa appesa lì?”

“Arte contemporanea. Molto contemporanea.” Non si era neppure voltata. Sapeva benissimo a cosa si riferisse Pepper. Aveva incorniciato un poster di Iron Woman e lo aveva appeso in officina. “E parlando di questo, le Stark Industries dovrebbero avere una sorta di diritto d’autore sull’immagine di Iron Woman. Non è possibile che ci sia in vendita così tanta roba con la mia faccia.”

“Le Stark Industries hanno bisogno che lei finisca quei progetti. La Expo è iniziata. Siamo tornati a casa. E’ in officina. Quindi si metta a lavorare. Contatterò io l’ufficio legale per la successione. Ancora non ci credo.” Pepper aveva scosso la testa, mentre iniziava a scrivere qualcosa sulla sua cartellina. “Ero solo venuta per costringerla a mettersi al lavoro, non per diventare davvero il suo capo.”

“Ehi, io sarò sempre capo di me stessa. Questo non cambierà molto.”

“Si rimetta a lavorare al progetto sull’energia eolica. Dirò a Steve di portarle il pranzo qui e non deve uscire fino a quando non avrà finito.”

“Oh, come se mi spaventasse rimanere qui in eterno. Ormai anche Steve si è abituato a fare le cose qui.” Aveva fatto un sorriso malizioso e Pepper si era solo portata una mano sulla fronte.

“Buona giornata, signorina Stark.”

 

✭✮✭

 

Osservava l’uomo che si muoveva nella cucina mentre preparava la cena. Erano tornati a casa da un paio di giorni e lei si era davvero chiusa in officina. Sia per lavorare ai progetti che aveva in sospeso che per cercare una soluzione al problema del reattore. Ci era rimasta fino a quel pomeriggio, quando Steve era sceso per portarle il caffè.

J.A.R.V.I.S. continuava a ripeterle che doveva parlargli e dirgli cosa le stava succedendo. Ma lei non ci riusciva. Un po’ perché non voleva neppure ammetterlo a sé stessa. Morire a 26 anni - perché era ottimista e sperava di arrivare a fine mese - era inconcepibile. Certo, la gente moriva ogni giorno e a qualsiasi età, ma non voleva pensarci. Voleva continuare a pensare di avere tutta l’eternità davanti. Voleva continuare a credere che avrebbe potuto fare quella vita per sempre. Tasha Stark. Iron Woman. E Steve accanto a lei. A volte si sentiva un po’ stupida ad aver messo Steve su quel piedistallo. Ma Steve era sempre stato fin troppo importante per lei.

“Ha telefonato Peggy stamattina.” Steve si era voltato verso di lei. Indossava un grembiule di Capitan America che lei stessa aveva fatto per lui. La divertiva troppo quando lo vedeva con quello addosso.

“E me lo dici adesso? Quello sarebbe stato un ottimo modo per farmi uscire dalla mia tana.” Aveva spostato il portatile che aveva di fronte per sporgersi sul tavolo di vetro della cucina.

“Voleva solo sapere come stavi dopo la visita al Campidoglio, perché ha naturalmente guardato anche lei la diretta. Ha detto di essere molto orgogliosa di te e che dobbiamo assolutamente andarla a trovare.”

“Possiamo andarci appena torniamo da Monaco.”

“Non puoi delegare a qualcuno il viaggio a Monaco?” Steve si era avvicinato e la guardava in modo serio.

“Posso, ma non voglio. Andiamo a Monaco, dai. Ci divertiamo. Andiamo a sperperare soldi in casinò e negozi. Mangiamo in locali molto sopravvalutati ma stellati. Facciamo i multimiliardari schifosi, ti prego.”

“Facciamo? Sei tu quella miliardaria qui.” Aveva sorriso un po’ e le si era seduto di fronte. “Sono solo preoccupato, ok? So che mi stai nascondendo qualcosa e sono sicuro che c’entrano i segni che hai sul petto. Sembra quasi che stia per succedere qualcosa di catastrofico.”

“E’ il palladio.” Aveva aperto bocca senza pensare veramente a quello che voleva dire. “E’ una reazione al palladio, ma ci sto lavorando. Ci stiamo lavorando. Vero, J?”

“Confermo, signorina Stark.” La voce dell’intelligenza artificiale non aveva tardato a manifestarsi. J.A.R.V.I.S. era programmato così. Non si spegneva mai e teneva sotto controllo tutto quello che succedeva in casa. Conversazioni e azioni comprese. Memorizzava tutto su un server apposito e se mai fosse servito sarebbe stato facilmente consultabile. “Mi auguro che presto troveremo una soluzione per questo piccolo inconveniente.”

Steve la guardava e non sembrava per nulla convinto. Natasha aveva allungato una mano verso la sua e l’aveva stretta.

“Jarvis avrebbe detto che bastava del buon tè e una passata di Vicks VapoRub e tutto sarebbe passato. Perché da bambina non stavo mai male, e quelle poche volte in cui avevo raffreddore o febbre facevo tantissime scene. Howard aveva sempre qualcosa da ridire quando stavo male. Ricordo che una volta aveva anche detto che la mia salute era debole perché sono femmina. Stronzate, visto che davvero avevo un’ottima salute.” Aveva fatto una smorfia al ricordo delle parole del padre. Perché non riusciva a trovare mai dei bei ricordi con lui?

“Avesse visto me prima di diventare così.” Steve le aveva stretto un po’ la mano e lei aveva sorriso. Peggy aveva una foto di Steve prima che diventasse Capitan America. La custodiva sempre gelosamente e le aveva raccontato come l’avesse rubata dall’archivio della SSR.

“Ma tu sei Steve Rogers. Per lui eri qualcosa di unico. La sua creazione più grande. Dovevi vedere come ne parlava con orgoglio della sua partecipazione al progetto Rebirth. E non ha mai smesso di cercarti. Anche Peggy aveva perso ogni speranza, ma papà no.” Steve la guardava e lei non poteva togliere lo sguardo dal suo.

“La prima volta che ho visto Howard cercava di far volare una macchina. Ero con Bucky e due ragazze che lui aveva rimorchiato. E io offrivo ad una delle due qualcosa da mangiare.” Aveva scosso un po’ la testa e Natasha lo osservava. Conosceva quella storia. Steve gliel’aveva già raccontata, ma le piaceva sempre molto quando l’uomo le parlava del suo passato. “Non capirò mai perché le donne facciano sempre finta di non mangiare nulla e di vivere di aria.”

“A me puoi offrire tutto il cibo che vuoi e non dirò mai di no. A meno che non siano verdure strane o roba solo bollita.”

“A mia discolpa posso dire che quella era una delle poche volte che cucinavo dopo il risveglio e nel 1940 si bolliva tutto.”

Natasha aveva riso alle sue parole e alla serietà del suo volto. Adorava rinfacciargli la prima volta in cui Steve aveva cucinato per lei. Era stato a Washington. Il weekend che avevano passato assieme così tanti anni addietro. Ora quell’appartamento era vuoto. Steve aveva portato tutte le sue cose a Malibu. Per lo più erano libri e quaderni da disegno. Tra i due era sicuramente lei quella più materialista che comprava molte più cose di cui avesse strettamente bisogno. L’esatto contrario di Steve che comprava sempre solo ciò che era necessario.

“Ora non mi pare che ti lamenti di come cucino.”

“No, ora sei molto migliorato e almeno questa cucina viene usata per quello che serve non solo per fare il caffè.”

“O per essere un tuo esperimento. Hai davvero messo le mani su tutti gli elettrodomestici qui dentro? Rhodes dice di sì, Happy conferma. Pepper dice che devi cambiare passatempo.”

Natasha aveva ridacchiato. Sì, aveva messo mano su tutti gli elettrodomestici della cucina.

“Ho migliorato anche gli elettrodomestici che ci sono in giro per la casa. A volte mi annoio, Capitano. E certe cose non capisco come facciano a metterle in vendita.”

“Sei impossibile. Ti regalerò una casa delle bambole.”

“Ci metterò i robot dentro. Parlando di case, guarda questo.” Aveva spostato la mano dalla sua e non le era piaciuto molto. Il calore di quella mano le dava sicurezza. Le sembrava di essere indistruttibile.

Aveva voltato il portatile verso Steve e si era seduta sul tavolo, anche se sapeva che all’uomo non faceva molto piacere quando lo faceva. Nonostante su quello stesso tavolo avevano anche fatto sesso.

“Cosa sarebbe? Vuoi comprare un appartamento a Brooklyn?”

“Volevo fosse una sorpresa, ma forse è meglio parlartene.” Aveva voltato il viso, guardandolo oltre la spalla. “E’ per la collezione d’arte che ora possiedi. Puoi esporla, perché so che per te l’arte va ammirata e non chiusa in un magazzino, come ho fatto io. E poi puoi anche provare ad esporre qualcosa di tuo, visto che non sei poi tanto male. Anzi, sei indubbiamente meglio di quelli che tagliano soltanto la tela o ci disegnano un punto del mezzo.”

“Per essere una futurista, il tuo disprezzo per l’arte contemporanea è micidiale.” La mano di Steve era in un attimo sul suo fianco. Sentiva il calore che si irradiava anche attraverso la maglietta che indossava. “Ma Tasha, un’intera palazzina?”

“Così è più facile. Puoi organizzare le cose come vuoi. E puoi… Possiamo anche prendere tutto un piano per trasformarlo in un appartamento per noi, per quando andiamo a New York. In fondo ci siamo nati entrambi in quella città.” Voleva crederci. Voleva avere quella speranza. Il tempo che aveva a disposizione era sempre meno e non aveva più idee su cosa fare con il reattore. Avrebbe potuto provare con un’operazione. Aveva anche provato a contattare alcuni cardiochirurghi. Tutti si erano rifiutati. Era un’operazione così delicata che nessuno voleva assumersi la responsabilità di far morire Tasha Stark sotto i loro ferri. “Ora che Pepper sarà il nuovo amministratore delegato, avrò di nuovo molto tempo libero. Possiamo andare a New York quando vogliamo e lavorare assieme su questo progetto. Non sentirti messo sotto pressione. Non ho ancora comprato nulla, sono solo in trattativa.”

“Tu non riesci proprio a fare le cose come le persone normali? Prima mi regali una collezione d’arte che vale milioni e ora vuoi anche darmi il posto dove poterla esporre?”

Natasha aveva fatto una piccola alzata di spalle. Era l’unica cosa che poteva dargli e che gli sarebbe sempre rimasta di lei.

“Faccio girare l’economia, che ci vuoi fare.” Non poteva dirgli che aveva scritto un testamento. Non poteva dirgli che aveva lasciato la maggior parte delle sue cose a lui. Le sue automobili. I suoi robot. La casa a Long Island. La casa a Malibu. Non poteva neppure dirgli che anche buona parte dei suoi soldi sarebbe rimasta a lui. Ne sarebbero stati beneficiari anche Rhodes, Pepper e Happy. Ma la maggior parte di ciò che aveva sarebbe finito a lui. Era l’unica cosa che poteva fare.

“Sei una donna impossibile.” L’aveva attirata verso di sé, passando il braccio attorno alla sua vita e non aveva smesso di guardarla neppure per un istante.

“Senza di me saresti perso, Rogers. Chi ti avrebbe seguito così da vicino nella scoperta di questo nuovo secolo? Chi ti avrebbe insegnato a usare il computer per andare sui siti porno?”

“Io non vado sui siti porno.” L’uomo era leggermente arrossito e lei aveva solo sorriso. “Non mi servono certe cose. E poi ho ancora l’abbonamento a Playboy che tu continui a rinnovare.”

Questa volta la donna aveva riso di gusto, muovendosi sul tavolo per girarsi nell’abbraccio di Steve. Lo aveva guardato e aveva passato le dita tra i suoi capelli. Era stupendo. Era tutto quello che aveva sempre desiderato dalla vita. Steve le aveva dato l’amore e la sicurezza che credeva non avrebbe mai ricevuto da nessun uomo. Anche mentre erano stati lontani non aveva mai dubitato dei suoi sentimenti. Vederlo in quel deserto, stanco come mai lo aveva visto, le aveva fatto comprendere che erano legati molto più di quanto credevano ed erano disposti ad ammettere.

“Un giorno potrei davvero sposarti, lo sai?”

“Aspetterò quel giorno allora.”

Steve le aveva sorriso con dolcezza e lei si era chinata per baciarlo. In quel momento lo aveva pensato davvero. Se fosse riuscita a salvarsi in qualche modo lo avrebbe sposato. Avrebbe fatto di tutto per rimanere con lui per sempre. Anche se in quel momento l’unico futuro che avevano insieme erano poche settimane nel più roseo dei casi.

 
   
 
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