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Autore: Heart    16/11/2017    1 recensioni
- Ti va di divertirci insieme, una cosa veloce - disse, scandendo le parole “divertirci” ma per chi mi aveva preso?
- Fottiti! - allontanai la sua mano e cercai di uscire fuori da quella situazione.
- Mi piaci - , come cavolo sentivo la sua voce nella mia testa? Questo si chiama incantesimo della mente, forse stavo farneticando e i migliaia di libri che avevo letto a proposito mi avevano fumato il cervello? Mi girai e lo trovai ancora fermo, adesso i suoi occhi assomigliavano a un leone che analizza la strategia migliore per uccidere la sua preda; quel ragazzo era strano e io ero curiosa come una pazza a scoprirlo anche se da un lato del mio cervello mi diceva di scappare e lo stavo facendo e come!
[Questa storia è residuo di un sogno, spero di caratterizzare il tutto bene e di far comprendere la vita solitaria e la sofferenza della protagonista. Comunque non sarà solo romantica ma anche con un pizzico di sovrannaturale. Buona lettura]
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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34°Capitolo
“Pelle contro pelle”
 
 
Una sola parola…L’estate.
Come poteva solo una stagione farmi sentire bene? In verità era da un poco di tempo che non avvertivo più quel senso di vuoto che negli anni mi aveva causato disagio; tuttavia mi dovevo ricredere, l’amore non era fiori e rosi come molti poeti lo descrivevano. C’erano stati giorni che io e il mio amoroso non ci potevamo vedere, chissà per quale motivo, forse per il karma o per sfortuna divina, c’eravamo trasformati in cani e gatti. Litigavamo per ogni cavolata, forse era un periodo no, c’è ne stavamo per conto nostro. Io con il mio progetto e lui con il suo.
Per fortuna i giorni no, erano svaniti come l’acqua che era caduta dal cielo ed eravamo ritornati complici. Lui che mi abbracciava quando cucinavo, che mi baciava, che mi faceva perdere la testa per una sola parola più piccante, eravamo lì.
Chiusi gli occhi e mi beai di quel dolce venticello che mi accarezzava i capelli ancora umidi. Mi piaceva un sacco starmene in silenzio in quel portico a contemplare quel giardino particolare…mi sentivo dentro una foresta e quel verde smagliante mi faceva sorridere. La quiete veniva interrotta solo da qualche macchina e dal corso dell’acqua che stava nella canna da bambù.
Era un piccolo paradiso, mi aveva detto una sera Kaname.
Presi un altro sorso della mia bibita e mi alzai, volevo camminare tra quei cocci del pavimento, mi sarebbe piaciuto vedere la costruzione di quel paradiso a quel tempo, anzi ne volevo vederne uno più grande, ma era solo un sogno. Camminai per un altro poco e mi fermai vicino a quella piccola cupola dove custodiva quella statua che tempo prima mi aveva provocato uno strano svenimento.
Mi abbassai e allungai una mano per sfiorare quel materiale,- non ho paura. –Dissi cercando di essere più forte. Non mi capitò nulla, ne fui soddisfatta, ma nemmeno due minuti dopo mi sentii la testa pesante, me la presi e mi allontanai in più fretta possibile da lì. Avvertivo un forte dolore al cranio e non solo, come se intorno a me ci fossero tanti uccelli che mi circondassero. Entrai di soppiatto in casa, chiusi la porta scorrevole, e mi guardai in giro, non c’era nulla di diverso, ma la testa non voleva fermarsi così l’unica soluzione era di chiudere gli occhi e sperare che tutto cessasse.
 
-Ehi piccola. Stai dormendo. –Sentii in lontananza una voce, sembrava fatta di miele, una mano si appoggiò sul viso e me l’accarezzò con dolcezza.
-Sogni d’oro amore mio. –Un lenzuolo mi coprì il corpo e lo ringraziai di cuore, ne avevo davvero bisogno, il mio corpo sembrava fatto di vetro, era come se sentissi mille spaccature crearsi dentro di me. Il mio doppio senso mi stava urlando che qualcosa stava cambiando, ma che cosa era non lo sapevo. Quella statua aveva un potere misterioso, e io l’avevo scatenata. Non percepii più nulla, poiché la mia mente si spense e mi ritrovai a cadere in obblio mai provato.
 
 
-Jessica. Ehi piccola svegliati. –
Chi era che mi chiamava? Volevo rimanere in quel luogo dove non c’era niente che mi ostacolasse.
-Ti prego. –Mi supplicò.
Ero in un luogo insolito. Non sapevo descriverlo, non c’era una dimensione ben precisa, non era né bianco né nero. Era come se galleggiassi in un manto di vapore, intorno al me non c’era confine.
C’era pace.
All’improvviso una forte luce mi apparve davanti gli occhi, li coprii per schermirli, e da lì apparve una figura.
Ci guardammo negli occhi, il tempo si perse nei sui meandri. Avvertivo un calore al petto e una pesantezza al corpo, come se qualcuno mi tirasse indietro.
-Ritorna da lui, questo posto ancora non è per te. –La voce era delicata, melodiosa. Sembrava un cinguettio di un canarino.
-Chi sei? –Mormorai, ma non ebbi il tempo e mi ritrovai con gli occhi semichiusi e con un ombra davanti.
 
-Finalmente ti sei svegliata! –Esclamò una voce abbracciandomi forte. Mi facevo stringere senza capire dove mi trovassi.
-Jessica. Ehi, stai bene? –Domandò, allontanandosi un poco da me e sollevandomi il viso. Non vedevo il suo viso, la vista era offuscata.
-Dannazione, Jessica che ti prende? Mi devi far ancora preoccupare? –Affermò con durezza, per poi portarmi di nuovo sul suo petto. Sentivo la sua ansia invadermi, che cosa mi era successo? E perché non ricordavo nulla?
-Perché sei così allarmato? Ho solo dormito poche ore. –Borbottai, la gola mi bruciava.
Perché ero in quelle condizioni? Non credevo che dormire provocasse tutti quei problemi.
-Poche ore? Per tutti i Kami, piccola, hai dormito più di quanto tu immagini, è due giorni che te ne stai con gli occhi chiusi e non mi rispondi. –Parlò.
Cosa? Stava scherzando? Non era possibile. Non parlai e cercai una risposta nella mia mente, che cosa mi era successo? Ma più tentavo di impegnarmi per avere informazioni e più quei buchi mi braccavano con dei mal di testa allucinanti. Appoggiai una mano sulla tempia sinistra e Kaname mi fissò attentamente.
-Ti fa male la testa? Dimmi qualcosa. –Disse tenendomi la mano come se avesse paura che svanissi.
-Non ricordo …-sussurrai spaventata.
 
-Che cosa non ti ricordi? –Domandò cercando di tenersi calmo.
-Che giorno è? –
-Domenica. –
Non era possibile, il mio ultimo istante eravamo di venerdì e adesso mi trovavo a domenica?
Mi alzai di scatto e lo feci allarmare, ma dovevo fare una cosa. Lui mi urlava di stare calma, ma in quel momento non ero lucida. Scesi le scale con fretta e mi diressi verso il giardino. Arrivai con il fiatone di fronte alla statua e notai un luccichio negli occhi del volatile.
-Jessica mi stai facendo allarmare, che cosa ci fai qui? – Afferrandomi la spalla e tirarmi indietro.
-Tutto e iniziato da qui, io…-un nuovo capogiro mi travolse, -di nuovo, ti prego aiutami, -lui mi sorresse, la testa mi doleva, che cosa voleva da me? –Kaname. – Sussurrai prima di perdere i sensi.
 
 
∞Ω∞
 
Me la ritrovai tra le braccia. Il suo respiro era irregolare, ero spaventato dalle sue parole. Non sapevo che cosa fare. La mia razionalità mi diceva di portarla al pronto soccorso e il mio sesto senso di chiamare una persona in particolare. Non potevo non far niente, così presi la decisione di ascoltare me stesso. L’adagia sul divano coprendola e sperai con tutto il cuore che mia nonna rispondesse.
L’ansia mi stava mangiando vivo, più la guardavo e più i dubbi mi salivano. Che cosa stava succedendo? Perché quella statua era la fonte del suo malessere? A me non mi aveva mai causato nulla, ma questa cosa doveva essere risolta una volta per tutte. Ricordai anche la prima volta che successe un fatto simile, non avevo dato peso alle sue parole, perché era ancora immersa nei suoi problemi, ma adesso no.
-Tesoro, buona sera. –Rispose la voce cordiale mia nonna. Come facesse sempre a sapere che ora fosse era un mistero.
-Nonna, non ho tempo… ho bisogno del tuo aiuto. –Dissi lapidario.
-Che cosa succede? –Cambiando timbro di voce. In breve gli raccontai tutto, lei non mi fermò nemmeno un momento.
-Una cosa insolita. L’unico rimedio è quello…-disse fermandosi.
-Cosa, nonna? –La richiamai.
Non mi dava risposta, ma che diavolo stava accadendo? C’era la mia ragazza che stava male, mia nonna che non mi rispondeva, mi sentivo in una gabbia di pazzi!
-Nella stanza che io e tuo nonno occupiamo, nel comò, nell’ultimo cassetto c’è una scatola dove ci sono diverse pietre, prendi la gemma di luna e posala sulla sua fronte, semmai non vedi miglioramenti, fai scorrere qualche goccia del tuo sangue sulla pietra. –Mi sembrava una barzelletta per quello che stavo sentendo, ma la nonna era seria, e così come mi aveva detto salii di sopra, frugai nelle loro cose e la posizionai sulla fronte di Jessica; lei si smuoveva come se avesse un diavolo alle calcagna.
-Ti prego fa che funzioni. –La posizionai dove mi aveva detto, ma non vedevo nessun miglioramento, così preso dall’ansia mi ferii a una mano e feci scorrere alcune gocce del mio sangue su essa. Com’era possibile che credessi a una cosa del genere? La mano non l’avevo spostata dalla sua fronte, lei si era calmata, ma i suoi occhi erano ancora chiusi. Pregai come non mai per il suo risveglio.
 
 
 
-Kaname. –Una voce mi risvegliò da quel sonno. Cercai di muovermi, ma il corpo non voleva proprio funzionare, mi facevano male le spalle e il collo. Alzai piano la testa che sembrava che pesasse tonnellate e mi scontrai con i suoi occhi.
-Buongiorno. –Le sussurrai, sentivo qualcosa di metallico in bocca e non capivo il motivo. M’issai e mi appoggiai sul divano poiché ero sul pavimento e mi guardai in giro, era giorno, di sicuro mi ero addormentato.
-Perché sei sporco di sangue? –Domandò, posando l’indice sul labbro.
La sfiorai anch’io e solo allora mi ricordai che cosa era successo. L’abbracciai d’impeto e lei ne fu sorpresa.
-Che cosa…? –
-Grazie a Dio. –Non badai al dolore del corpo o alle posizioni, ma la bacia e mi accorsi che anche lei aveva quel sapore. Che l’avessi baciata con il mio sangue? Non ricordavo quell’avvenimento.
-Mi sento stordita, penso che andrò a farmi una doccia. –Disse lei come se non fosse successo nulla.
-Vengo anch’io. –Mormorai, aiutandola ad alzarsi.
-Cosa? –Urlò quasi lei, facendomi chiudere le orecchie.
-Tu nel tuo bagno e io nel mio, non osare, sennò ti uccido! –Minacciò, socchiudendo gli occhi a due fessure.
-Certo. –Parlai, ridendo.
-Non ti permettere a prendermi in giro! –
-No, piccola. – La baciai.
-E mi darò una pulita a questi denti, ma che cosa abbiamo fatto? –
-Te la racconterò un’altra volta, dai su, vai…prima che ci ripenso. – Dissi, vedendola allontanarsi.
Dopo che le non ci fosse più, mi voltai verso la finestra scorrevole ed era aperta. Allora era successo davvero, mi sedetti sul divano e trovai la pietra di luna totalmente ripulita, la nonna mi doveva dare delle spiegazioni.
 
°°°°°
 
Era ritornato tutto alla normalità, Jessica viveva la sua vita e andavamo d’accordo. Quel fine settimana era successo qualcosa, anche se non mi davo una spiegazione logica. Avevo intrapreso una lunga riflessione e l’unica cosa che riuscivo ad immaginare era che il segreto della casata fosse la causa di tutti quei cambiamenti. Quella statua era il simbolo di famiglia e ogni volta che la mia piccola ne veniva a contatto le succedeva qualcosa, ne capivo poco di quelle cose, ma era tutto collegato, me lo sentivo.
-Ehi, sembri pensieroso. –Jessica era comparsa dietro di me, e mi porgeva una coppa di gelato. –Ne vuoi un boccone? –Chiese sorridendo.
-Preferirei qualcos’altro, ma mi dovrò accontentare. –Le dissi, prendendola e facendola appoggiare sopra le mie gambe.
-Ehi! – Si dimenò tra le mie gambe, ma le chiusi e la intrappolai. –Non è giusto. Non capisco perché riesci sempre a prendermi di sorpresa. Dimmi, qual è il tuo segreto Kaname Washi? –Domandò, posando la coppa del gelato sul tavolino e girandosi, posò le mani sulle mie spalle e s’issò.
-Sai dovresti vestirti di più così. –Le dissi, sfiorando la sua pancia nuda. Lei rabbrividì e chiuse gli occhi.
-Fa caldo e se vuoi la posso toglierla. –Borbottò, per poi alzarla un poco.
-Mi stai istigando? –
-Chi lo sa. –Sussurrò dolcemente, mentre si toglieva la maglietta e rimanendo con il solo reggiseno. –Adesso? – Mi chiesi che cosa avesse in mente, ma la lasciai fare era talmente bella.
-Abbassati le spalline. –Le dissi calmo, anche se il sangue stava ribollendo nelle vene. I suoi occhi era limpidi, maliziosi, ma seri. Ne era consapevole di ciò che stava inscenando, e questo mi dava la prova che lei fosse pronta per il passo successivo. Non le volevo mettere fretta, doveva essere voluto quel gesto. Lei con calma esasperante abbassò prima una e poi l’altra, guardandomi dentro gli occhi, come se avessi un tesoro all’interno.
-Baciami. –Mi ordinò e risi a quell’affermazione. La strinsi dolcemente i fianchi per poi far risalire una mano e abbassare il reggiseno, trovandola nuda sotto i miei occhi. Passai quei confini privati per poi trovarmi sulle labbra. Appena la sfiorai un fuoco divampò su di noi. Percepii una marea di sensazioni in quel solo tocco, che non capii neppure come eravamo arrivati stesi sul divano, avevo perso la camicia e quasi i pantaloni, la mia mano le sfiorava le cosce, lei era ansimante e vogliosa. Com’era possibile che ogni volta che la toccavo non capivo più nulla era un segreto, i nostri corpi si muovevano senza un comando dalle nostre menti. Lei mi stringeva i capelli, prima con dolcezza e poi con più vigore, la sua pelle era bollente, lava infuocata che mi stava scottando l’anima. Eravamo giunti a un buon punto, quasi entrambi nudi. I suoi occhi che brillavano di euforia, io pronto per averla.
-Kaname siamo noi. –Due nuove voci si fecero spazio nel salotto. Alzai la testa per vedere chi aveva osato interromperci e trovai le ultime persone che volevo in quel momento.
Fissai prima loro e poi Jessy che era tutta rossa.
-Tesoro tutto bene? –Chiese mia nonna, avanzando.
-Fermati. –Le gridai.
-Perché? –Disse lei come se non si fosse accorta.
-Mia cara che ne dici se andiamo a prendere i bagagli? –Mio nonno salvò tutta la situazione, lasciandomi un occhiata fugace e un sorriso ironico.
Sospirai di sollievo. Cercai di dirglielo con più calma possibile, ma Jessica stava già acchiappando i suoi vestiti e scappando in più fretta possibile.
-Li aspettavi? –Domandò a forma di rimprovero.
-No. Visita a sorpresa? –Le risposi, mettendomi i vestiti.
-Che figura! –
-Su, mica ti hanno visto. –La rassicurai.
-Dimmi come farò a guardarli? Bah si vedrà, vado a farmi una doccia fredda. –Iniziando a camminare.
La fermai. –Fredda? –Si voleva ammalarsi, lo sapevo che eravamo a Luglio.
-Si. –Disse diventando tutta rossa –sono troppo ecc…oh Dio, lasciamo stare. –Mormorò tutta emozionata.
-Se vuoi ti do una mano per raffreddarti, -le proposi e mi sorrise.
-Magari. –
-Kaname…-
-Credo che tua nonna voglia te, sarà per una prossima volta. –Detto questo sparì dalla mia visuale e sbuffai, perché non poteva andare una cosa bene? Ero proprio sfigato!
Accidenti al karma!
 
 
 
∞Ω∞
 
La doccia era durata più del previsto, avevo troppa adrenalina in corpo. Cercai di non pensare più a quegli attimi, in cui io e Kaname stavamo andando a fondo. Mi sentivo pronta, né ero convinta.
Sbuffai quando uscii dalla doccia. Come avrei potuto presentarmi alla sua famiglia? Guardai a destra e a manca per controllare che nessuno venisse ed entrai in camera per vestirmi. Chissà che cosa stava facendo Kaname. Guardai i vestiti e cercai qualcosa di comodo e non troppo vistoso, trovai un vestitino di un verde acqua e me lo misi, mi rigirai su me stessa e alla fine, optai per un paio di sandali senza tacco. Ero pronta per scendere e presentarmi, mica potevo rimanere per sempre chiusa. Appena arrivai sul pianerottolo, sentii alcune voci.
-Tesoro allora come stai? Ti vedo in perfetta forma. –Disse una voce da donna, si notava il tono maturo.
-Bene nonna. Anche se prima lo ero molto di più. –Detto questo diventai tutta rossa per quell’affermazione, ma perché aveva tirato in ballo quell’argomento? Baka!
-Davvero? Beh se mi avessi informato non saremo entrati di soppiatto e di sicuro non ti avremo disturbato. –Disse lei.
-E come facevo a sapere che sareste venuti? –Domandò il mio ragazzo un poco nervoso.
-Ah vero! Scusami tesoro. –Gli diede una pacca sulla spalla, per poi abbracciarlo. Mi nascosi per bene dietro il muro per non essere scoperta e diciamo mi sentivo una spiona a starmene lì, ma non riuscivo a farmi avanti.
-E come sta la ragazza? –Ritornò alla carica la signora, volendo sapere tutto.
-Bene. Comunque ha un nome e …-
-Ce l’ha presenterai stasera a cena. –Disse suo nonno. Non era valsa la pena di sistemarmi in fretta e furia, loro erano diversi da me. Mi sentivo così a disagio. Feci dietro front e ritornai su. Mi sedetti sul letto e cercai di non pensare. Mi ricordai la scenata di quella volta: la madre di Federico. Loro sarebbero stati peggio, volevano il meglio per il loro unico nipote ed io non ero alla sua altezza. Non possedevo nulla, ero sola.
 
Sentii chiaramente il rumore della porta che si apriva, ma non avevo dato il consenso. Mi ero sdraiata in posizione fetale e davo il viso verso la finestra. Avvertii distintamente un peso oltre il mio posarsi sul letto e una mano che mi sfiorava.
-Piccola. –Mi voltai con calma e gli diedi la mia attenzione, mi bruciavano gli occhi per quelle lacrime silenziose che mi avevano percorso per lo smarrimento provato poche ore prima. –Perché hai pianto? Stai tranquilla. –Mi calmò lui.
-Non gli piacerò. Io sono diversa da voi. –Gli dissi piano per non essere sentita.
-La diversità non ci dividerà, ci amiamo ed è questo l’importante. Dimostra il tuo valore sarai ricompensata. –Mi parlò, cancellando le scie di acqua salata sul mio volto.
-Grazie. –M’issai e lo abbracciai. Ce l’avrei fatta, non ero sola. Fu così che trovai la forza per presentarmi ai suoi nonni. Kaname non mi aveva lasciato la mano, mentre attendevo un responso da loro, mi fissavano con due occhi scuri che ebbi paura, ma volevo essere tenace, l’amavo e non mi sarei ritirata per il terrore.
-Che cosa fa nella vita? –Chiese suo nonno, non toglieva quegli occhi su di me, mi sembrava che mi stesse facendo la radiografia.
-In questo momento nulla, ma sto aprendo un’attività –dissi, cercando di togliermi quella brutta sensazione d’addosso.
-E la sua famiglia? –Aggiunse sua nonna.
Mi sentivo al tribunale, quando gli avvocati mi chiedevano e attendevano una risposta adeguata. –I miei genitori sono separati. –Non divulgai tanto. Ma le loro domande erano ben precise e sapevano dove colpirmi. Mi chiesero quanti fratelli avessi, se i miei lavorassero. Che scuola avessi frequentato e particolari che nemmeno Kaname sapeva, ma mi fidai di loro e del mio sesto senso.
-In breve signorina non ha nulla in mano, si sente meritevole di avere con se un uomo come mio nipote? –Pretese. Non sapevo che cosa risponderle, lo sapevo fin dall’inizio che lui era troppo per me, il mio lato pessimista uscii nuovamente e abbassai la testa.
-Credo basti così, nonna. –La rimproverò Kaname.
-Stai calmo, tua nonna ha ragione. Non ti meriterei, ma non riesco a starti lontana. Il punto che con te ho trovato la felicità che mai avevo provato, mi sento libera e orgogliosa di ciò che sono diventata e lo devo solo a te. Mi hai aiutato quando ne avevo più bisogno. –Gli rivolsi, ci guardammo negli occhi e lui era senza parole, poi indirizzai il mio sguardo ai suoi nonni, -forse non lo merito, forse non sono alla sua altezza, ma io amo vostro nipote. Credo in noi, cercherò in tutti i modi possibili per renderlo felice. Semmai non gradite la mia presenza basta dirlo, non mi offendo. Credo nel vostro giudizio. –Terminai. Tutto cessò, non sentii più nessuna sillaba, avevo detto quello che pensavo, avevo fatto rimanere in silenzio la mia mente e mi sembrava un sogno. Erano le mie sensazioni, il mio vero io.
La decisione era la loro. Mi abbassai come era di usanza nel loro paese e mi voltai, non gli avrei permesso di vedermi in lacrime, era più forte di me, avevo bisogno di andar via.
 
Fu una notte lunga, forse la più intensa della mia vita. Lì giocavo tutto. Il sentimento che era nato dentro di me si era evoluto pian piano, lo avevo coltivato all’insaputa e adesso lo vedevo rigoglioso e fiero. Non ritiravo le mie parole, in quel momento mi ero sentita importante e fiera di essere diventata quella donna. Mi chiusi a guscio ed aspettai l’alba che non si fece attendere troppo. Mi alzai frastornata, mi fissai le mani e li chiusi a pugno, forza! Dopo una breve doccia e vestita scesi di sotto, non c’era nessuno ancora e ne fui grata. Mi preparai la colazione e mi fermai. Il sole era sorto, il cielo era dipinto da bellissimi colori che mi facevano sentire libera.
-Buongiorno. –Una voce mi distrasse dal nulla, mi voltai e fissai quella donna.
Indossava abiti occidentali, anche se l’acconciatura assomigliava tanto a quella giapponese. Il viso aveva qualche ruga, gli occhi grandi e lucenti, pelle chiara. Una grande donna.
-Buongiorno anche a lei, signora. –Dissi educatamente, per poi riparlare –gradisce del the? –Domandai per rompere quel ghiaccio.
Non parlò, ma lo fecero i suoi occhi. Presi una tazza e gliela lasciai sul bancone, non cercai di fare altro. Dovevo stare attenta a quello che facevo o dicevo.
-Sei mattiniera. –Proferì.
-Ho degli impegni. –Affermai, bevendo un altro sorso del liquido caldo, anche se eravamo a Luglio, stavo gelando.
-Allora non ci sarai a casa? –Domandò, rimanendo impassibile di fronte a me.
-No, ritornerò questa sera. –
-E mio nipote …-
Non la lasciai finire –suo nipote non morirà se non ci sono, è abbastanza capace di peparsi un pasto anche senza il mio aiuto. –Dissi.
-Molto diretta. Ma vedremo che cosa saprai fare. –Dichiarò per poi uscire dalla cucina. Mi sentivo così pesante come se avessi un macigno sulle spalle.
Rimasi giusto qualche minuto ferma a fissare la tazza vuota, per poi afferrare la borsa e uscire.
 
Il traffico dell’ora di punta era snervante e quel giorno mi cadeva a fagiolo. Non solo dovevo contenere la mia frustrazione per ciò che era accaduto il giorno prima, ma anche nuovi problemi per il centro. Chiusi un secondo gli occhi, e ripartii. Non riuscivo a non pensare alla reazioni di quelle persone che per me erano estranei, mi chiedevo come avrei fatto a superare quell’ostacolo. Crystal mi aspettava nel parcheggio, uscii dalla macchina e m’incamminai verso la porta insieme a lei.
-Allora dove sta il problema? –Chiesi all’operatore.
Lei spiegai in breve cosa li aveva fermati e tutto il resto, stava andando troppo bene. Perché ero così pessimista? La mia amica se ne accorse che c’era qualcosa che non andava e così, dopo che ci liquidammo andammo a casa sua.
-Allora che cosa ti preoccupa? Di solito sei rumorosa, ma oggi era fin troppo silenziosa. –Ammiccò, sedendosi sul divano e guardandomi. Odiavo essere sotto interrogatorio, ma per quella volta avrei fatto uno strappo, non potevo continuare in quella maniera. Avvertivo un senso di pesantezza sullo stomaco che non mi aveva permesso di mangiare o di ingerire qualcosa.
-Sono arrivati i nonni di Kaname e loro non mi accettano. – Sputai fuori.
Lei non disse nulla per qualche minuto, per poi afferrarmi le mani e fissandomi negli occhi. –Sapevi che sarebbe successo. Purtroppo ciò che amiamo non lo vorremmo mai lasciare e per questo che ci accaniamo per difenderlo in tutti i modi possibili. Non vedere i loro atteggiamenti nel senso sbagliato, cerca di comprenderli. –Disse calma, con quella voce pacata, matura che da tempo non sentivo, forse non lo avevo mai avvertita. La mia amica con il matrimonio era cambiata, forse un po’ tutti mutavano a quel passo.
-Non lo voglio prenderlo, forse sì, ma non in quel senso. Mah che vado a sprecare questo fiato, se sarei nelle loro condizioni, farei la medesima cosa. –Affermai, buttandomi sul cuscino.
-Esatto. Saranno persone educate e rispettabili. Hanno solo bisogno di tempo. –Mi strinse.
-Grazie. –Le sussurrai, facendo uno sbadiglio. –Ti posso prendere quella stanza per un po’? –Chiesi. Volevo riflettere su quelle parole, ma soprattutto riposare.
-Certo, ma poi la sistemi tu. –Rise. Le feci una pernacchia e mi avviai verso la mia direzione, ormai la sapevo a memoria quella casa.
 
***
Guardai per l’ennesima volta orologio. Perché non mi aveva chiamato? Di solito ci sentivamo più volte nella giornata, forse aveva bisogno di starsene sola e non pensare. Era tutta colpa mia, dovevo intervenire prima. Accidenti!
Svoltai per dirigermi verso casa fino a che il telefono squillò, lo presi subito e azionai il vivavoce.
-J…-
-No, Kaname. Sono Crystal. –Sentii uscire dall’apparecchio. Mille pensieri si formarono in testa, perché mi stava chiamando?
-Stai tranquillo non l’è successo nulla. Ma perché pensate sempre che ci sia qualcosa storto? Siete uguali. Comunque ti volevo avvertire che rimarrà a casa mia, non ho voglia di svegliarla. –
-Dorme? –Chiesi più calmo.
-Si, ne aveva bisogno. Domani la riavrai. –Rise.
-Sta bene? –
-Forse sì e forse no. Credo che tu l’abbia capita com’è fatta. Sembra che non se la prende, ma la sua mente inizia a farneticare fino a che la fa diventare pazza. Tocca a lei prendere le decisione e penso che la farà presto, ti consiglio di starle vicino e di supportarla. –Dichiarò.
-Grazie per esserle stata accanto in questo momento, non le permettere di venire a casa se si sveglia prima. –
-Non ti preoccupare che non ne uscirebbe viva. – Chiuse la chiamata e mi fermai. Lei stava bene, ma la volevo con me. Pazienza.
 
**
Mi risvegliai frastornata. Tastai con la mano e capii che non ero a casa. Mi alzai con lentezza e mi guardai in giro, sicuramente quella stanza era quella di Crystal riconoscevo la carta da pareti. Mi issai e fissai il comodino il quale era riposto una piccola sveglia a batteria, segnavano le nove del mattino.
Mi sgranchii e scesi di sotto.
La mia amica non c’era, sicuramente ancora era a letto, ma notai che suo marito non c’era. Così per non rimanere con le mani in mano, iniziai a preparare la colazione, dovevo pur sdebitarmi dell’ospitalità. Intanto che apparecchiavo la tavola per noi due, trafficai sulla mia borsa che avevo lasciato il giorno prima all’angolo del corridoio. Mi erano arrivate diverse opzioni di come volevo arredare il centro, tuttavia non mi piacevano. Troppo sobri, volevo qualcosa che colpisse. Intanto che ero impegnata a guardare i documenti una testa sbucò dalle scale per abbracciarmi forte. –Buongiorno, mi dici dove la trovi tutta questa forza di prima mattina? –Mi domandò. La guardai attentamente ed era quasi nuda, ma non sentiva freddo?
-Su, non fare quella faccia. Sono a casa mia e faccio ciò che voglio. Allora cosa mi hai preparato? –Si azzardò a dire, perché sapeva che avrei fucilata.
-Vedi tu. Ma prima vatti a mettere qualcosa addosso, quando sei con il tuo amore puoi startene anche in questo modo, ma non davanti a me. –La rimproverai.
-Sempre la solita. Povero Kaname, dov’è la seduzione? –Blaterò.
-Questa non è seduzione, ma indecenza. –
-Smettila, sennò la prossima volta non ti ospito più. –
-Potevi anche cacciarmi se volevi. Comunque…-non finii di parlare poiché se n’era andata.
La mattina trascorse velocemente, dopo la colazione ci fermammo a discutere sull’arredamento e diverse cose, nel pomeriggio mi chiese di aiutarla a fare dei biscotti e infine me ne andai. Non era giusto restare ancora lì. Dovevo ritornare a casa, ma temevo un giudizio negativo dai nonni di Kaname.
Guardai la casa da sopra la macchina, un nodo allo stomaco mi si era formato per il troppo nervosismo. Alla fine decisi di affrontarli, non potevo evitarli per sempre. Entrai piano, non c’era nessuno in giro, quatta quatta posai la mia parte di biscotti sul bancone della cucina e salii al piano superiore per prendere un cambio e dirigermi verso il bagno.
Quando scesi di sotto mi trovai Kaname davanti, forse stava salendo a cambiarsi.
-Ciao. –Mi disse, guardandomi.
Gli sorrisi come risposta e lui allungò la mano per sfiorarmi il viso.
-Mi fa piacere che sei ritornata, senza di te è vuota. –Parlò.
-Scusami se ti ho lasciato solo, ma io…-iniziai a dire, ma lui mi fermò.
-A tutti serve un attimo di tranquillità. Non ti sto accusando, ma la prossima volta avvisami. –Dichiarò, prendendomi di soppiatto e abbracciandomi.
Restammo attimi interi intrecciati in quell’abbraccio. Tutti i dubbi erano scemati quando il suo corpo aveva incontrato il mio. Assaporai quel momento nostro e mi dissi che tutto si poteva andare in rovina, ma se lui rimaneva con me ero felice.
-Buoni sono! –Esclamò una voce, ci sciogliemmo e guardammo suo nonno mangiare uno dietro l’altro i biscotti che avevo portato.
-Hitoshi smettila di comportarti come un bambino! –Lo rimproverò la moglie, guardandolo male. Kaname rise a quel battibecco, erano così buffi.
-Nonno lasciali alcuni anche per noi. –S’intromise Kaname, lasciandomi, ma tenendomi per mano.
-Non sono sicuro di poterli lasciare a voi. Sono troppo buoni. –Disse con la bocca piena, mentre la signora lo fucilava.
-Anni di educazioni buttati al vento. Che figura fai davanti la ragazza di tuo nipote? –
Mi avevano accettato? oh avevo solo sentito male?
-Teneteli prima che se li mangia tutti. –Affermò, prendendo la scatola dalle sue mani e porgendola a Kaname per metterla al sicuro.
-No, i miei biscotti. Dove li hai comprati? –Mi chiese.
-Veramente li ho fatti io. –Dissi. In un attimo avevo tutti gli occhi addosso. Divenni tutta rossa per l’imbarazzo, ma a togliermi da quella situazione, fu Kaname che rise con piacere.
-Nonna te lo avevo detto che era piena di risorse. Dovresti assaggiare la sua cucina. –Baciandomi la mano.
La donna mi fissò ancora per un altro minuto per poi chiude gli occhi e fissare suo marito. Che cosa significava? Lo prese da un braccio e lo trascinò fuori dalla cucina, restammo solo io e Kaname.
-Non ti preoccupare andrà tutto bene. –
Avevo superato la seconda fase?
Peggio degli esami della patente mi sembrava. Stavo vaneggiando.
 
La cena fu molto silenziosa. Nessuno osava proferire parola, la signora più delle volte mi fissava, osservando il mio comportamento. Era palese che non piacesse il mio modo di sedermi o qualcos’altro, ma purtroppo non ero una nobile e ciò che sapevo era stato emesso da una famiglia normale. Ma l’educazione era sempre educazione. Risi a dei flash che mi apparvero in mente, quando all’età di otto anni mi sedevo sulla sedia come un maschiaccio e mia nonna mi rimproverava, dicendo che una signorina chiudeva le gambe e stava con le spalle dritte e non curva. Come tenere in mano le posate e come bere da un bicchiere, soprattutto non far rumore con l’acqua.
-Complimenti signorina, i suoi biscotti sono squisiti. Mi dovrà dare la sua ricetta così quando ritorno ad Osaka me li farò preparare dai cuochi. –Disse con calma l’uomo. I suoi occhi erano puntati su di me, la schiena dritta, le mani appoggiati sul tavolo. La barba liscia che incorniciava il viso aggrinzito dall’età. La cosa che mi stupirono furono quegli occhi simili a quelli del nipote, ma erano più chiari, non come quelli di Kaname che ogni volta che accadeva qualcosa cambiavano tonalità.
-Volentieri. –Risposi cortese, stringendo il tovagliolo appoggiato sulle gambe per poi allentarlo.
-Dovete assaggiare le sue torte sono squisite, ma credo che ci sarà il tempo anche per quello. –Affermò Kaname, guardando prima i suoi nonni e poi me, -capirete perché lei è speciale per i mie occhi. –Terminò.
Mi sentivo troppo a disagio. Non ero abituata ai complimenti, e quando li ricevevo mormoravo un timido “grazie” o rimanevo in silenzio sentendo il calore sulle guance. Fu così in quel momento. i loro sguardi mi fissavano con …non sapevo neppure io come definirli, l’unica cosa che avevo voglia era di diventare invisibile e sparire. Purtroppo la paura di non essere accettata non me lo permetteva, così ero rimasta a fissare la porcellana sul tavolo.
Quando poi avevamo terminato, pulito tutto mi diressi verso la mia camera, non riuscivo a rimanere un attimo in più in quel luogo; m’isolai e mi abbandonai sul piccolo balcone che avevo in camera.
Rimasi a fissare il cielo di notte per un tempo immemore, fino a che mi addormentai esausta.
 
Ω∞Ω
 
 
La serata era terminata con la sua scomparsa. Me e stavo nel portico a fissare la canna di bambù rintoccare il suolo. Era stata una settimana strana, con i misteri, le sue emozioni e la sua tristezza che formavano un climax micidiale. Il cielo era coperto da alcune nuvole scure. Chiusi gli occhi e mi beai di quel silenzio rilassante. Quando era sparita mi ero sentito talmente solo che non riuscivo neppure a respirare. Mi sentivo spaesato, privo di un cuore. Appena era ritornata tutto era svanito.
-Non senti fresco? –Domandò una voce. Non mi girai neppure, la conoscevo, mi aveva cresciuto in tutti quegli anni.
-Quando sto con lei il freddo non mi fa paura. –Dichiarai deciso rivolgendomi a lei.
-L’ami così tanto? –
-Si. Credevo che fosse un sentimento che non avrei mai provato, avvertito. Invece appena l’ho incontrata la prima volta tutto avuto un ruolo. Sono rimasto affascinato da lei, dai suoi modi, atteggiamenti. L’ho amata nel primo istante che i nostri occhi si sono scontrati. Mi piacciono i suoi lunghi silenzi, quelli senza parole, non ha importanza se non parla, i suoi occhi e la sua anima rilevano tutto. Ormai la comprendo, anche se c’è molto di lei che non conosco. –Rilevai, mi sentivo esaltato a parlarne. Liberato. Lei mi faceva questo effetto. A quel tempo le ragazze servivano solo per i miei bisogni, ma con lei non ero riuscito a toccarla in quella maniera, era troppo fragile, speciale.
-In ogni modo non posso avanzarmi troppo. All’apparenza sembra una brava ragazza, ma c’è tanto da …-iniziò a dire mia nonna.
-Capirai che lei è quella giusta nel momento in cui il tuo cuore e la tua anima vibreranno, quando la disperazione ti offuscherà la mente, ma nel momento in cui l’avrai tra le tue braccia tutto scemerà come fumo. Sono le tue parole nonna, ed a me, mi è successo. Con lei ho trovato il mio porto. – Dissi alzandomi. –Lei sarà il mio futuro, mi renderà l’uomo che tu e il nonno volevate. –La lasciai con quelle parole e andai da lei. Quando giunsi alla sua porta, bussai, ma non mi diede nessuna risposta. Entrai piano, guardai nel letto ma non c’era, un’ombra mi fece avanzare e la trovai fuori con una coperta che l’avvolgeva e la proteggeva.
-Così ti ammalerai, piccola mia. –La prese, era così leggera e la depositai sul letto nel momento in cui lo feci lei mi strinse la camicia e mi chiamò nel sonno.
Il cuore fece le capriole. –Non ti lascerò, semmai sarai tu a farlo. - Le baciai la fronte e mi stesi assieme a lei, la notte ci avrebbe custoditi e protetti.
 
 
 
Note dell’autrice:
Non ci sono parole per il mio ritardo. Tuttavia sono felice di portarvi questo nuovo capitolo, che avevo pensato di farlo più lungo, ma poi mi sono fermata. Sarebbe risultato troppo lungo e noioso.
Abbiamo l’apparizione dei nonni di Kaname, la nostra Jessy dovrà usare tutto il suo autocontrollo per non esplodere, ma ci sarà il nostro principe ad aiutarla. So che ci saranno pochi lettori per questo, ma sono sempre ottimista per un successo.
Alla prossima.
Heart
  
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