Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    16/11/2017    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Destino

"Simpatico tuo padre" disse Joyce a Rafi mentre cavalcavano.
Erano usciti da un cancello secondario della città, evitando l'esercito di Dume che si stava radunando davanti alle mura.
"Faremo un giro largo" disse Rafi. Aveva preso lui il comando della missione e Joyce ne era grata. Sembrava a suo agio nel ruolo di comandante. "Così eviteremo le macchine."
"Se vi capita" disse Joyce. "Colpite la pietra colorata. È quella che le alimenta."
"Grazie per l'informazione" disse Rafi.
Darran era silenzioso e si guardava spesso indietro.
"A cosa pensi?" gli domandò Joyce. Aveva bisogno di parlare per allentare la tensione. Non era mai stata in una vera missione. Avrebbe rischiato la vita come una vera strega, combattendo contro orde di mostri meccanici e chissà cos'altro. Quelle cose capitavano solo alle protagoniste dei romanzi d'avventure e adesso stava capitando a lei.
"A Chare" rispose Darran.
"Tu la ami?" le chiese lei.
Il principe sospirò. "Sì, ma non ha importanza. Lei è sposata con Obasi e io devo seguire il mio destino."
"Il tuo destino..."
"La profezia di quell'indovina" spiegò Darran. "Quella che ha previsto il tuo arrivo."
"Che cosa?" chiese Rafi. "Di che parli?"
"Ti dissi di quella donna, ricordi?"
"Io credevo che te ne fossi dimenticato."
"Come potrei?" chiese il principe con tono indignato. "La profezia si è avverata totalmente. Nata dalla roccia e dal fuoco, proveniente da terre lontane. Sarebbe stata la donna della mia vita."
Rafi si coprì il viso con la mano.
"Capisci, Rafi? La strega rossa è il mio destino. Ora non ho alcun dubbio."
Joyce non sapeva se essere lusingata o terrorizzata. Darran era simpatico e piacevole, ma più ci rifletteva, meno si sentiva attratta da lui. "Darran..."
"Fiore del deserto?"
"C'è una cosa che devo dirti. Il fatto è che sarei già impegnata."
"Oh. Ami un altro uomo?"
Potrebbero essere due. "Sì" disse.
"È quello col quale ti sei quasi sposata?"
Joyce si strine nelle spalle. "Sì e no."
Lui la guardò perplesso.
"È una situazione complicata."
Darran annuì. "Il tuo cuore è diviso a metà?"
Joyce annuì.
"E la cosa ti fa soffrire?"
Annuì di nuovo.
"Eppure quell'indovina ha predetto il nostro incontro" disse Darran.
"Non c'è nessuna indovina" disse Rafi esasperato.
"Ma io l'ho incontrata" disse Darran.
"Perché io le ho detto dove e quando ti avrebbe incontrato" disse Rafi.
"Tu?"
Rafi annuì. "Le ho detto io che cosa dirti. Ho inventato io stesso quella profezia."
Darran scosse la testa incredulo. "Perché lo hai fatto?"
"Per farti dimenticare Chare" disse lui. "Eri così disperato quando ha sposato Obasi e temevo che non ti saresti ripreso mai più. Così pagai una donna per dirti quella profezia."
"Mi hai mentito?"
"Volevo darti una speranza" disse Rafi.
Darran arrestò la corsa del cavallo. "Dovrei ucciderti qui e adesso."
"Non puoi rimandare a dopo?" Rafi indicò la montagna a poche miglia di distanza.
"Sì ma ne riparleremo" disse Darran.
Ripresero a cavalcare.
Dopo qualche minuto di silenzio, Darran si rivolse a Joyce: "Perdonami per il mio comportamento. Ho fatto la figura dello stupido."
"È acqua passata."
"Scusa?"
"Non importa. È nel passato" spiegò lei.
Darran annuì.
Joyce però doveva togliersi una curiosità. "Quindi io ti piacevo solo per via della profezia?"
"Non offenderti Sibyl di Valonde, quando ti dico che sei una splendida ragazza."
"Non mi offendo."
"Ma io amo Chare."
"Capisco."
"Dovrai fartene una ragione" disse lui sicuro.
"Certo" fece Joyce perplessa. "Posso chiederti un'altra cosa?"
"Tutto ciò che vuoi, fiore del deserto."
"Secondo te le mie labbra sono storte o brutte?"
Lui le scoccò un'occhiata maliziosa. "Ti ho appena detto che amo Chare..."
"Basta che rispondi con un sì o un no" disse Joyce imbarazzata.
"Le tue labbra sono perfette e le immagino dolci e morbide come i petali di un fiore delicato."
Joyce sorrise.
"Ovviamente dovrei prima baciarti per darti un giudizio più sincero."
Lei gli rivolse un'occhiataccia.
"Che cosa ho detto di male, Sibyl di Valonde? Gli uomini non fanno la fila per baciarti nel posto da cui vieni?" le chiese lui con tono malizioso.
Sì, ma lo fanno nei posti più impensabili, pensò Joyce.
"Hai appena detto di amare Chare" esclamò lei indignata.
"Lo so, ma questo non mi impedisce di..."
"Smettetela di amoreggiare voi due" disse Rafi. "Succede qualcosa."
"Noi non stavamo..." iniziò a protestare Joyce. Si arrestò di botto quando vide la figura metallica che si stagliava al centro della pianura desertica.
Era simile al mostro che l'aveva attaccata nel santuario: un corpo tozzoe sgraziato, con gambe altrettanto tozze e due braccia che terminavano con tre artigli di metallo ciascuna. E stava avanzando verso di loro.
Rafi smontò al volo e atterrò nella sabbia. "Mi occupo io di lui. Voi proseguite verso l'ingresso del santuario."
Darran e Joyce affrettarono il passo mentre dietro di loro Rafi evocava una raffica di fulmini e li scagliava contro il mostro meccanico.
Galopparono fino allo spiazzo che aveva ospitato il campo di Darran. Le tende erano ancora al loro posto ma non sembrava esserci anima viva.
Invece una figura umana emerse da una delle tende.
Joyce la riconobbe subito. Era Mosi.
Il guerriero aveva le braccia e una gamba fasciate, ma era in piedi. Imbracciava la lancia e lo scudo.
Insieme a lui c'erano altro dieci guerrieri.
Nessuno di loro era andato via come aveva ordinato Kwame.
"Che vi dicevo?" disse Mosi agli altri. "Il principe è tornato."
"E c'è anche la strega rossa" disse un altro guerriero indicando Joyce.
"Mosi" disse Darran. "Sono contento di vedere che sei ancora vivo, amico mio."
Mosi si inchinò. "Sono ai tuoi ordini."
"Andate all'ingresso principale della miniera e fate uscire quanti più lavoratori potete. Se incontrate uno dei quei mostri meccanici colpite la pietra colorata che li alimenta" disse Joyce
Il guerriero guardò Darran. "Fai come ti dice la strega rossa" disse il principe.
Mosi e i guerrieri rimasti si misero subito in marcia verso l'altro lato della montagna.
Joyce e Darran proseguirono al galoppo, fermandosi solo in vista dello spiazzo davanti all'entrata nascosta per il santuario.
Ad attenderli c'era un'albina. "Mi chiamo Adebanke" disse ad alta voce. "E ho l'ordine di sorvegliare l'entrata. Siete ancora in tempo per tornare indietro."
Joyce e Darran smontarono da cavallo e si avvicinarono a piedi.
"Dume è nel santuario?" chiese Joyce.
Le mani di Adebanke brillarono.
"Non credo che voglia parlare" disse Darran.
"Tu che suggerisci di fare?" chiese Joyce.
"Mi occupo io di lei. Tu cerca Dume e fermalo."
"Hai mai combattuto?"
Darran scrollò le spalle. "Mi sono allenato spesso con Rafi. È stato lui il mio maestro, in un certo senso. Non preoccuparti per me, fiore del deserto. Tu hai il tuo destino da compiere e io il mio."
Perché deve essere così affascinante?, si chiese Joyce. "Non farti colpire da lei."
Darran annuì e preparò i dardi magici.
Adebanke si allontanò dall'entrata per fronteggiarlo e Joyce ne approfittò per sgusciare oltre e introdursi nella galleria.
 
Arrivò alla sala rettangolare con i dardi pronti a colpire. Nessun mostro meccanico l'assalì. Le nicchie scavate nella roccia erano tutte vuote. Sul pavimento c'erano ancora i pezzi dei mostri che lei aveva distrutto, ma le pietre d'attivazione erano sparite.
Proseguì fino alla sala più ampia, dove aveva trovato il compendio. Tutto era silenzioso e immobile.
Un'altra ampia sezione di muro era stata abbattuta in corrispondenza di una nicchia gigantesca e da lì si apriva un nuovo condotto che non aveva mai visto.
Era stato scavato nella roccia a giudicare dalle pareti lisce e levigate.
Joyce entrò nel passaggio e lo percorse per un centinaio di passi, prima di ritrovarsi in una stanza circolare dalle pareti decorate con bassorilievi che raffiguravano animali e mostri meccanici.
Qualcosa si mosse nell'ombra e lei scattò di lato, i dardi pronti a colpire.
L'ombra però rimase immobile, come se fosse accucciata.
Vincendo la diffidenza Joyce si avvicinò. La luce del globo luminoso illuminò il viso di Chare.
L'albina era stata legata con una spessa catena assicurata alla roccia e imbavagliata con uno straccio.
Joyce le si avvicinò e le tolse il bavaglio.
"Sibyl" disse Chare riconoscendola.
"Perché hai dato il compendio a Dume?"
"È stato il mio maestro, mi fidavo di lui. Non pensavo che..."
"Ha evocato un esercito di mostri meccanici e sta attaccando la città."
Chare tossì. "Sono stata una sciocca" disse con voce roca. "Dovevo fidarmi di te, strega rossa."
"Non ha importanza" disse Joyce saggiando la catena. Puntò un dardo magico verso il pesate chiodo infisso nel terreno e lo lasciò partire. L'impatto col metallo generò delle scintille e piccole schegge, ma il chiodo resse l'urto.
"Te ne serviranno molti di più" disse Chare. "E non abbiamo molto tempo."
"Non ti lascio qui."
"Ma devi. Ascolta. Dume è sceso nelle profondità della montagna. La strega che gli ha tradotto il compendio gli ha anche mostrato la strada per accedere al magazzino dove Zanihf custodiva i suoi mostri più forti."
"I titani?"
Chare annuì. "Ce ne sono due, ma Dume può attivarne solo uno, credo."
"Come lo sai?"
"Non lo so, lo spero. Adesso vai."
Joyce esitò.
"Vai" esclamò Chare.
"Tornerò a prenderti" disse Joyce rimettendosi in marcia.
Il condotto riprendeva a scendere nelle viscere della montagna. Mano a mano che scendeva sentiva il calore aumentare.
A un certo punto dovette fermarsi per riprendere fiato e asciugarsi la fronte madida di sudore. Proseguì la discesa per quasi mezz'ora, prima di raggiungere una piattaforma di roccia. Da quel punto iniziavano delle scale che si addentravano nel buio.
Fu allora che sentì le voci. Erano due, una maschile e una femminile. Anche se distorte dall'eco, le riconobbe subito.
Erano di Dume e Lindisa.
"Hai ottenuto ciò che volevi" stava dicendo la donna. "Ora dammi quello che mi spetta."
"Ancora non ho ottenuto ciò che volevo davvero" rispose Dume.
"Avevamo un accordo."
"Ce l'abbiamo ancora. L'ho solo leggermente modificato. Se non ti piace, puoi andartene."
Lindisa rimase in silenzio.
Joyce sentì le voci allontanarsi e capì che avevano ripreso a muoversi.
Si appiattì contro la parete di roccia e annullò il globo luminoso. Avanzando con cautela iniziò una lenta discesa.
Il rumore dei passi di Lindisa e Dume la guidava e le impediva di pensare a quali pericoli stava andando incontro.
Quel posto era il santuario di un antico arcimago rimasto inviolato per millenni. Si stava avventurando nell'antro di un mago, come capitava agli eroi nei romanzi d'avventura. Solo che loro sapevano cosa fare ed erano convinti di poter prevalere nonostante tutto.
Lei non aveva quella convinzione ed era terrorizzata. Solo il pensiero di ciò che Dume avrebbe potuto fare con il compendio di Zanihf nelle sue mani la spingeva a continuare.
I passi si arrestarono all'improvviso. "Ecco" disse Dume. "Proprio come dicevano le leggende. Oltre questa porta vi è il magazzino dell'arcimago Zanihf."
"È roccia solida" disse Lindisa. "Come pensi di entrare?"
"Con questo" disse Dume. "Traduci per me l'incantesimo che schiude le porte del magazzino."
"Sarà l'ultimo favore che ti farò, albino."
Seguirono alcuni minuti di silenzio nei quali Joyce si chiese che cosa stesse succedendo. Era tentata di avvicinarsi e sporgersi per guardare, ma temeva di essere vista. Non aveva idea di quali poteri avessero i due stregoni ed era certa di non poterli fronteggiare entrambi.
"Jos Trenuktu Netaknut Vek Dosli" disse Lindisa dopo qualche minuto.
Dume ripeté la filastrocca. "Devi aver sbagliato qualcosa, strega" disse con tono perplesso.
"Ti ho già spiegato prima" rispose Lindisa spazientita. "Che non devi limitarti a ripetere le parole, ma le devi pronunciare con la giusta intonazione.
"Magia impura" disse Dume. "Dovrai farti uccidere solo per questo."
"Tu verresti con me, albino. Ormai ci siamo dentro insieme."
Lindisa era riuscita a tradurre il compendio di Zanihf?, si chiese Joyce. Come c'era riuscita? Lei aveva letto qualche pagina e non era scritto in antico valondiano come quello di Arran Lacey. Possibile che ogni mago usasse un codice diverso per proteggere i propri incantesimi?
Dume ripeté la filastrocca.
Joyce udì il rumore di qualcosa di pesante che si spostava. Il pavimento tremò per qualche istante mentre la montagna si riassestava. Dovevano essere secoli, se non millenni, che nessuno pronunciava quelle parole.
"Il magazzino" esclamò Dume entusiasta. "Proprio come dicevano le leggende."
"Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto" disse Lindisa. "Ora dammi il compendio e lasciami andare."
"Ecco, prendilo. È tuo. Io non saprei cosa farmene visto che non lo so tradurre. Ho già tutto quello che mi serve qui."
Joyce udì il rumore di passi che si avvicinavano. D'istinto fu tentata di andarsene via di corsa, ma Lindisa avrebbe potuto udirla.
Invece mormorò la formula dell'invisibilità e si accucciò in un angolo buio della caverna.
Lindisa arrivò con passo veloce, stringendo tra le mani il compendio di Zanihf.
Joyce pensò di attaccarla subito sfruttando la sorpresa, ma era certa che avrebbe dovuto uccidere la strega per strapparle il compendio e non lo voleva.
Era pur sempre la fidanzata di Galef.
Inoltre non aveva idea dei suoi poteri. Essendo una guerriera che aveva partecipato a delle battaglie, doveva essere parecchio esperta.
Tanisha per esempio era riuscita a neutralizzare la sua invisibilità aumentando il suo senso dell'udito.
Nessuno le assicurava che Lindisa non conoscesse un incantesimo simile. Decise di lasciar perdere e concentrarsi su Dume e quello che stava combinando nel magazzino di Zanihf.
Lindisa la superò senza degnarla di uno sguardo e proseguì verso l'alto.
Quando fu sicura che non potesse più udirla, Joyce scese le rimanenti scale.
Queste terminavano su di una piattaforma. Oltre di essa vi era un grande arco sormontato da una croce inscritta in un triangolo scolpita nella roccia.
Il simbolo di Zanihf, si chiese Joyce. Non aveva mai visto quel glifo.
Oltre l'arco scorgeva un'ampia sala, ma di Dume nessuna traccia.
Joyce sapeva che superata quella soglia avrebbe dovuto fronteggiare dei pericoli mortali. Si fece coraggio e proseguì.

Prossimo Capitolo Sabato 18 Novembre
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor