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Autore: sakichan24    16/11/2017    0 recensioni
[Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia]
La storia dell'arciere Leon da quando si è arruolato nell'esercito dell'impero Rigeliano a quando ha sconfitto il pirata Barth. Una storia fatta di amore, disperazione e vendetta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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LOSS AND VENGEANCE



- Vai con loro, vecchio amico? Farebbero bene a fare spazio, perché io vado dove tu vai! Non c’è problema, vero? Tutti quanti della stessa idea? Fantastico!
Anche se avessero detto di no, che non c’era spazio per te, ti saresti impuntato e saresti andato. L’unico tuo desiderio era combattere con Valbar e nessuno te l’avrebbe impedito.
Una volta già avevi provato l’amara disperazione di venire separato per sempre dal tuo amore su di un campo di battaglia. Ricordavi quei giorni come se fossero appena passati.
Ti eri arruolato nelle fila dell’esercito rigeliano solo per seguire lui, che per te era la perfezione assoluta. Era muscoloso, alto, bello, forte in combattimento, fiero, coraggioso e aveva moltissime altre qualità, ma era troppo sicuro di sé. E questo unico difetto gli costò la vita.
- Ti prego, non fare l’eroe come al solito... Non che non apprezzi quando lo fai, ma sarebbe meglio se restassi indietro. Ce la caveremo, vedrai!
- Smettila, Leon. Io non sono come voi arcieri che ve ne restate nelle retrovie a mirare sui nemici, io sono parte della cavalleria e devo buttarmi tra di loro. Pensi che dei pirati possano sconfiggere un fantino rigeliano?
E così dicendo era sparito nella mischia. Le sue parole non ti ferirono, le diceva spesso. E dopo ogni battaglia tornava a scusarsi per essere stato così insensibile. Era strano per un membro dell’esercito rigeliano, ma a Leon non importava. Gli importava solo di averlo accanto a sé, al sicuro.
Ti concentrasti e riprendesti a tirare le tue micidiali frecce sui nemici che osavano avvicinarsi troppo.
Dopo quella battaglia, tuttavia, il tuo amato non poté più scusarsi. Ti fu detto che era morto da vero eroe, in mezzo ai nemici che avevano osato sfidare la potenza dell’impero rigeliano, come lui avrebbe sempre voluto.
Ma a te non importava niente di tutto questo, non ti interessava come e perché fosse morto. Non accettavi l’idea che lui se ne fosse andato senza di te, ma il peggior rimorso era non averlo potuto salutare un’ultima volta.
Piangesti, urlasti tutte le notti le tue pene alla luna, che sola ti ascoltava, maledicesti i pirati, maledicesti lui che si era fatto portare via.
Odiavi ogni persona che tornava viva da una battaglia, odiavi perfino te stesso per non esserti fatto uccidere.
Infine te ne andasti.
Non potevi più sopportare le battaglie, il sangue, i feriti.
Tutto ti ricordava lui.
Passasti del tempo girovagando lontano dagli altri, lontano dalla guerra che minacciava di cominciare in Valentia. Finché non facesti un incontro che avrebbe cambiato la tua vita per sempre.
Passando per la Zofia, ti trovasti a dover dividere un tavolo con un cavaliere in un’osteria.
Quando lo vedesti, rimanesti folgorato: ti ricordava tantissimo il tuo amato, che da troppo tempo non vedevi. Per un solo momento la speranza di riabbracciarlo divenne viva e gli chiedesti il nome.
Valbar.
Disse di essere un soldato zofiano, ma di essersi allontanato dall’esercito.
Ne rimanesti deluso. Era stupido pensare che lui fosse vivo, avevi visto il suo cadavere coi tuoi occhi, l’avevi pulito e ricomposto tu, eppure avevi sperato.
Valbar si mise a parlare del più e del meno, normali argomenti da osteria.
Rispondevi senza voglia.
Poi notasti che i suoi occhi si erano posati sul tuo arco e l’espressione del suo volto, prima ilare e gioconda, era diventata seria e pensosa.
Poi abbassò la voce e parlò ancora.
- Se non hai nulla da fare, puoi venire nella piazza stasera? Ho bisogno di chiederti qualcosa.
Riflettesti a lungo su quell’invito. Ti aveva appena conosciuto: cosa voleva da te? Perché mai avrebbe dovuto chiederti qualcosa?
Alla fine andasti. Avresti voluto tornare alla tua vita eremitica, ma la curiosità era troppa.
Lo trovasti accanto alla locanda dove l’avevi conosciuto. Ti avvicinasti in fretta.
- Bene, sei venuto.
Era titubante a parlare: lo incoraggiasti con lo sguardo.
- Ho visto che hai un arco, quindi immagino tu sappia combattere. Io... ho bisogno di un aiuto. Vorrei uccidere Barth. Ne hai sentito parlare?
Barth.
Certo che ne avevi sentito parlare.
Il gruppo di quei bastardi che avevi affrontato solo pochi mesi prima faceva capo a lui. Quanto avresti dato per vederlo morire come avevi visto morire il tuo amato.
- Sì, l’ho sentito nominare, ma non mi interessa. Ho chiuso con le battaglie.
Non ne avresti avuto la forza. A cosa sarebbe servito? Non l’avresti riportato indietro. Facesti per andartene, ma Valbar ti fermò.
- Ascoltami, ti prego.
Lo allontanasti. Ti fermò e ti implorò ancora.
- Ho detto che non combatterò più, Valbar. E smettila di chiedermelo. Ho già perso troppo in battaglia e non intendo perdere ancora.
Ti avviasti a passi decisi.
- Il tuo errore è pensre di essere l’unico, ragazzo.
Il soldato zofiano non ti aveva fisicamente fermato, ma le sue parole ti fecero voltare.
Cominciò a raccontare e tu ascoltasti.
Viveva con la sua famiglia in un villaggio sulla costa, disse. Erano felici, ma il denaro scarseggiava e decise di partire arruolandosi nell’esercito zofiano per guadagnarne e mandarne alla sua famiglia, disse.
E, nel momento in cui la sua famiglia aveva più bisogno di lui, non c’era.
Poi ti rivolse un grande sorriso.
- Sai, ogni tanto penso se quello che faccio ha uno scopo. La loro morte mi perseguita e non c’è giorno in cui mi lasci stare. Ma, se mi vendicherò, avrò onorato come posso la loro memoria e avrò fatto pace con me stesso. Che ne dici?
Ci pensasti. Avevi allontanato la guerra sperando di allontanare lui, ma non aveva mai funzionato. Lo sognavi tutte le notti e ti svegliavi in lacrime invocando il suo nome, oppure col fortissimo desiderio di lasciarti possedere come tante volte avevi fatto, oppure tutte due assieme.
- Hai talento nel convincere, Valbar. Verrò con te.
Durante il viaggio diventaste ottimi amici. Imparaste a conoscervi reciprocamente e raccontaste sempre di più delle vostre vite.
E iniziasti a provare per lui lo stesso che avevi provato per quel fantino rigeliano.
All’inizio credevi fosse solo desiderio fisico, poiché era da tempo che non godevi della compagnia di un uomo, ma poi riconoscesti tutti i segni dell’amore vero e proprio.
Ma spesso in lui rivedevi colui che ti aveva abbandonato tempo prima: rischiavi di chiamarlo col nome sbagliato, ogni tanto volevi abbandonarti a lui come facevi in Rigel.
Al contempo sapevi che non avrebbe potuto funzionare: Valbar pensava ancora troppo alla sua famiglia e ti vedeva solo come un amico – seppur intimo.
Eppure ciò non ti urtava più di tanto: ti bastava averlo accanto a te sul campo di battaglia, poter parlare con lui durante le lunghe nottate insonni, ridere insieme, scherzare. Nemmeno l’arrivo di Kamui nel gruppo compromise la vostra amicizia e i tuoi sentimenti.
Infine, trovaste Barth.
Si nascondeva in una fortezza e mandava i suoi scagnozzi a combattere, cane com’era.
Tutti e tre combatteste al massimo delle vostre capacità.
Infine, tu e Valbar vi trovaste accanto a Barth. Lui da un lato, tu dall’altro.
Il ladro vi guardava come a decidere chi colpire per primo. Potevi leggere nei suoi occhi la paura e la disperazione, la stessa che tu avevi provato anni prima.
- Sta’ indietro, Leon.
Il ricordo di quella battaglia si ripresentò ai tuoi occhi, più vivo che mai. Per un attimo Valbar diventò il tuo soldato che si lanciava nella mischia senza di te per non uscirne più.
Prendesti più saldamente l’arco.
- Nemmeno per sogno.
Non avresti permesso che anche al tuo nuovo amico toccasse la stessa sorte. Il pirata era alle strette, forse Valbar ce l’avrebbe fatta da solo, ma non intendevi rischiare.
Incoccasti la freccia, lui imbracciò la lancia.
- Insieme?
- Insieme.
Il cavaliere affondò e l’arciere scoccò.
Barth tutto si aspettava tranne che di essere colpito in quel modo.
Urlò e cercò di scappare, ma la tua freccia lo colpì con precisione in mezzo alle spalle, mentre la lancia di Valbar gli trapassava il cuore.
In quel momento ti sentisti vivo come non mai. Avevi onorato il tuo impegno, avevi vendicato il tuo antico amore. Dentro di te, sapevi che Valbar stava pensando la stessa cosa.
Cadesti in ginocchio e urlasti il suo nome, poi recitasti a bassa voce una preghiera.
Valbar aspettò in rispettoso silenzio che tu finisti, poi ti aiutò a tornare in piedi.
- Grazie mille, vecchio amico. Ora andrò a ringraziare quella sacerdotessa che ci ha aiutati. Se non ti va di venire, sei libero.
La sua voce era poco più che un sussurro.
Lo guardasti e notasti che ogni ombra del soldato rigeliano era sparita da lui: era semplicemente Valbar.
Ti sentisti pronto a ricominciare.
- Non dire sciocchezze, Valbar. Dove vai tu, vado anche io.
 
 
ANGOLINO AUTRICE
Sssssì, non ho seguito pedissequamente la storia che Leon racconta durante le conversazioni con Celica, ma mi sono ispirata e ho modificato qualche punto. Ho anche l'impressione che Leon sia uscito leggermente OOC, ma tant'è. Spero vi sia piaciuta!
   
 
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