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Autore: Clitemnestra    16/11/2017    0 recensioni
Cassandra tiene, appuntati sul petto, i resti di un sogno infranto.
Si trascina sul Lungo Tevere, con le calze bucate e le dita torturate dai geloni.
Il suo volto è una maschera di pallida rabbia, serrata tra le labbra, coperte di rossetto.
Un dio le ha promesso il disco argentato della luna ma le sono stati regalati i cerchi dei fanali delle
macchine, che, nella notte, assassinano la strada
Quando ripensa a quel dio, il ricordo le impregna le guance di lacrime nere di trucco.
Genere: Drammatico, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma perché contro il destino d'Odisseo scaglio i miei dardi? 
 A uno sposo nell'Averno devo unirmi: or non si tardi
.
 -Euripide, Le Troiane-


Cassandra tiene, appuntati sul petto, i resti di un sogno infranto.
Si trascina sul Lungo Tevere, con le calze bucate e le dita torturate dai geloni.
Il suo volto è una maschera di pallida rabbia, serrata tra le labbra, coperte di rossetto.
Un dio le ha promesso il disco argentato della luna ma le sono stati regalati i cerchi dei fanali delle 
macchine, che, nella notte, assassinano la strada
Quando ripensa a quel dio, il ricordo le impregna le guance di lacrime nere di trucco.

Veniva da lontano e profumava di vita.
Le sue labbra, nella penombra della barba bionda, dicevano parole nuove, diverse da quelle di suo 
padre, che, con la pala, le stava seppellendo la felicità.
“Appassirai qua. Vieni con me” ripeteva e le sue parole facevano fremere la sua pelle.
Aveva detto di sì e la speranza aveva preso a brillare in quegli occhi spenti. 
Ma l’aveva presa e caricata dentro un furgone che puzzava di grasso e di sudore, insieme ad altre 
foglie cadute, strappate allo stesso sogno.
Da quel giorno, il dio non l’aveva più visto: era scomparso tra le nuvole.
Già se ne era andato, quando si era accorta che non c’era più e aveva stretto tra le dita il suo nome 
per impedire anche a quello di sfuggirle via.
Al suo posto era venuto un re, che sbraitava dal suo trono di soldi e sangue, reggendo in mano uno 
scettro di violenza e in testa una corona di odio.
L’aveva venduta alla strada e la notte era diventata la sua compagna. 
All’alba, però, veniva sempre a riprenderla con il suo carro che odorava di speranze morte.
E mentre la macchina partiva e le parole ruvide del re prendevano sopravvento sui desideri, la 
donna si accasciava sul sedile, spegnendo anche l’ultima luce che le brillava negli occhi.
Col tempo ha imparato a capire; la consapevolezza ha divorato i petali dell’illusione, facendoli 
appassire.

Una macchina si ferma, davanti a lei.
Cassandra si avvicina, ancheggiando.
Il suono metallico di un finestrino che si abbassa.
-Quanto vuoi?- le chiede.
Ha una voce da uomo maturo; il volto che porta qualche traccia di una giovinezza ormai decaduta.
Cassandra fa un gesto veloce con le dita.
-Dai, sali-

Tra le nuvole di lenzuola le mani dell’uomo ghermiscono la sua gola e il respiro di Cassandra inizia 
a sfumare in un rantolo strozzato.
Una parola di troppo, un’offesa: l’uomo è tornato bestia e quel corpo di donna è dilaniato dalla sua 
malvagità.
La stringe più forte; le dita disegnano cerchi scuri sulla pelle lattea.
Cassandra rovescia indietro la testa, gli occhi sbarrati vedono solo il bianco delle pareti.
E’ ferma, non si ribella; la morte le è accanto e la lascia passare.
Sorride.
“Meglio morire così, pesa, che appassire”
E le mani della bestia sono di ghiaccio e il respiro della donna polvere.

  
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