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Autore: Vegethia    17/11/2017    3 recensioni
La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo: soprattutto di venerdì 17.
Con questa filosofia il superstizioso Jabura rifiuta di partire insieme ai colleghi del CP9 per la missione di massima urgenza indetta dal direttore Spandam, un massacro ai danni di pirati e filibustieri su un'isola poco distante da Enies Lobby.
Scoprirà però che anche restando chiusi in casa nel giorno maledetto, dalla Sfortuna non si è mai davvero al sicuro...
Genere: Comico, Commedia, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Rob Lucci, Spandam
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Missioni curriculari del CP9: 
Mai prendere impegni per venerdì 17!

 

 

«Ti sto dicendo... che ci saranno almeno cinquecento luridi pirati tra la costa e l’entroterra dell’isola, secondo le stime dei marines... E che vi si chiede espressamente di non fare prigionieri...!»
«Ho capito, capo, dannazione! Rinuncio lo stesso!»
Un’ondata di occhiate attonite investirono Jabura al suo secondo e categorico rifiuto della missione organizzata da Spandam, direttore in carica della più giovane generazione del CP9 che la sala grande del Palazzo di Giustizia avesse mai visto radunata attorno al suo tavolo.
I sette agenti convivevano nella splendente Enies Lobby, una delle sedi principali del Governo Mondiale situata lungo la Rotta Maggiore, da meno di un paio d’anni, ma avevano condiviso insieme l’intera infanzia —anni passati all’insegna di rigidi addestramenti fisici e mentali— e conoscevano abbastanza bene il collega da non poter prendere seriamente le sue parole. Punto primo, perché Jabura cacciava balle di ogni sorta da quando aveva l’età minima per parlare; punto secondo, perché nel menù dei servizi esclusivi offerti dal Cipher Pol 9, i massacri legalizzati erano da sempre il suo piatto preferito, la sua vera vocazione: Jabura non era uno che uccideva per lavoro, lavorava per il gusto di uccidere.
Eppure il tono con cui aveva esplicitato il suo dissenso non lasciava spazio a dubbi o a equivoci: non voleva davvero partire.
Jabura stava davvero rinunciando ad una carneficina di pirati sull’isola di Duma, piccolo paradiso tropicale solo un paio di miglia più a sud di Water Seven, invasa da un’alleanza composta da ben tre ciurme, per... restarsene ad Enies Lobby. Completamente da solo. A girarsi i pollici.
«Ti senti male?» chiese serio Blueno, che per stazza, flemma e timbro di voce dimostrava almeno dieci anni in più dei suoi diciassette e mezzo.
«Ha la febbre, chapapa!» insinuò Fukuro —lui di anni ne aveva sedici, li dimostrava, e non ne avrebbe mai dimostrati molti di più, mentalmente parlando.
Kumadori, coetaneo di Jabura, scosse il capo a destra e sinistra facendo vibrare la lunga e vaporosa chioma rosa, prima di esplodere in un melodrammatico: «Mmm... un vero guerriero deve temprare il proprio corpo e il proprio spirito per resistere ad ogni malattia! YO-YOI!!»
«A me sembra che stia bene» osservò Califa, riassettandosi la montatura degli occhiali sul naso minuto. Era da poco entrata in quella fase delicata —pericolosa, secondo Spandam e Jabura— che era l’adolescenza femminile e cominciava ad avere le sembianze di una signorina nonostante la bassa statura e il visino da bambola.
«Ci sta di nuovo prendendo in giro...» Kaku parlò calcandosi il berretto sulla fronte e guardando il collega più grande con una certa diffidenza, come se non ci tenesse a incontrare il suo sguardo. Lui, la pubertà, non la vedeva nemmeno da lontano e Jabura diceva spesso che se non fosse stato per la forma stramba del naso e per l’immancabile cappellino sportivo a sporgere dal suo profilo, nemmeno si sarebbe notato, smilzo com’era.
«A me sembra solo più stupido di ieri!»
Jabura grugnì e si voltò in direzione di quell’odiosa, boriosa, detestabile voce.
Rob Lucci, 15 anni all’anagrafe e “NATO STRONZO” sul certificato di nascita mai pervenuto, nel pieno dei suoi ormoni adolescenziali nascosti dietro a un’irritante espressione da uomo di mondo che non si scompone davanti a nulla, lo guardava annoiato, quasi gli stesse facendo un favore ad accorgersi della sua presenza in sala.
«Non ti è bastata la lezione di una settimana fa, stronzetto?»
«Piantatela» li zittì per l’ennesima volta Spandam, alzandosi e piantando i palmi aperti sul lucido piano in legno massello. Non era ancora esasperato, ma poco ci mancava. I componenti della sua squadra erano stati cresciuti e addestrati così severamente dai tutori del Governo —Jabura era un’eccezione per cui l’ex educatrice non si dava pace e aveva finito per andare in pensione in anticipo, con l’esaurimento nervoso— che spesso si dimenticava trattarsi solo di ragazzini.
«Ha iniziato lu...»
«Non mi interessa chi ha iniziato!» Si rivolse di nuovo a Jabura, che dall’alto dei suoi ventidue anni e forte dell’esperienza già decennale maturata sul campo, era uno dei suoi agenti più affidabili, oltre che l’unico a possedere gli straordinari poteri di un frutto del diavolo, uno Zoo Zoo: Dog Dog modello Lupo.
«La situazione a Duma è critica» gli fece presente, scandendo le parole come se l’altro non avesse finora afferrato l’importanza della questione, «Quei bifolchi hanno svaligiato le botteghe, depredato le case nobiliari, seminato il panico e insudiciato ogni bene pubblico; tutto a meno di una settimana dalla visita dei Draghi Celesti! A meno di tre giorni dal mio incontro con gli Astri di Saggezza!! Dobbiamo ripulire l’intera isola da quella feccia umana entro due giorni al massimo, e tu...» Digrignò i denti minacciosamente, facendo stridere il cuoio che gli bardava il mento e parte della mascella. «Tu rifiuti l’incarico. Eppure questo genere di operazioni è nelle tue corde! Dunque... perché rifiuti, Jabura?!»
Il Lupo incrociò le braccia sul petto perennemente in bella mostra sotto il tangzhuang sbottonato. L’espressione in volto era cupa, serissima.
«Sul serio non lo sa?»
Il tono greve, così distante dal suo sguaiato modo d’esprimersi, suscitò un misto di curiosità e lieve inquietudine in Kumadori, Fukuro e Kaku, che si voltarono a studiarlo con la fronte appena segnata dalla tensione. Persino Lucci, Califa e Blueno, di norma più criptici e indecifrabili nelle loro reazioni, non poterono fare a meno di rivolgere al collega occhiate interrogative.
«Perché questo venerdì...» svelò Jabura, rabbuiandosi «è venerdì 17!»
Silenzio in sala.
Grandi e piccoli agenti del CP9, neo-agenti e boss in carica, nessuno escluso, batterono un paio di volte le palpebre, ammutoliti.
Califa si tirò su con la punta dell’indice gli occhiali scesi fino alla metà del naso. Blueno si grattò la testa alla base di un lungo corno di capelli scuri. Kumadori e Fukuro aprirono bocca per parlare ma restarono miracolosamente muti, titubanti sul da dirsi —o forse a Fukuro si era solo inceppata la cerniera. Lucci e Kaku continuarono a fissare Jabura circospetti, aspettandosi che si sganasciasse in una risata da un momento all’altro e dicesse loro quant’erano stupidi e infantili a cadere nel suo bluff, che però non arrivò.
Dopo secondi di stolido silenzio, Spandam, ignaro di aver assunto una perfetta espressione da pesce lesso, azzardò a domandare: «E allora...?»
«Come sarebbe e allora!?» saltò su Jabura, infervorandosi, manco il capo avesse appena disconosciuto l’intera linea evolutiva dei lupi. «Il venerdì 17 porta una scalogna terribile! Qualunque cosa facciamo, per quanto bene la organizziamo, andrà tutto a puttane! È una legge universale, capo... lo sanno tutti: mai prendere impegni per venerdì 17!»
Lo sconcerto fu più intenso e prolungato di prima. I membri del CP9 si guardarono negli occhi e celarono a fatica l’ilarità, finché la vocina di Kaku, scettica e troppo divertita per riuscire a contenersi, espresse il pensiero comune:
«È così... ridicolo!»
Jabura lo fustigò con lo sguardo. Ignorò —solo per il momento, ovvio— le risatine di Fukuro; finse di non vedere quel coglione di Blueno che alzava gli occhi al soffitto e scuoteva la testa; e proruppe contro il collega più giovane: «Che vuoi saperne, tu, piscialletto?! Finora hai solo giocato a guardie e ladri, non hai idea di cosa sia una missione vera! Ti squarteranno vivo, là fuori. Dovresti rinunciare!
» Si voltò rabbioso verso gli altri che se la ridevano, più o meno manifestamente «...Dovreste rinunciare tutti
Fu in quell’istante, in quel brevissimo, ultimo istante di quiete scandita dalla smorfia offesa di Kaku e dalla zip di Fukuro che scorreva fino all’estremo margine della bocca, che Spandam sentì arrivare l’annunciata esasperazione.
Quindi scoppiò il pandemonio:
«So benissimo com’è in missione! E non chiamarmi in quel modo!!»; «Kaku e Califa non hanno mai ucciso un pirata. Chapapa! Che missione sfortunata! Chapapa! Sarà una notte tormentata! Chapapa!»; «Perché mi accoppi con lui? Questa è una vera molestia sessuale, Fukuro!»; «SCIAGUREEEEE... SCIAGURE TERRIBILI CI ATTENDONO NEL NEFASTO DICIASSETTESIMO GIORNO DELL’UNDICESIMO MESE DELL’ANNO!! OH, MISERANDI! SVENTURATI!! MADRE, PROTEGGICI DALL’OMBRA FUNESTA DELLA...»
«Smettetela...» tentò Spandam, sull’orlo di un’emicrania fulminante, unendo le mani sulla fronte e massaggiandosi ambo le tempie coi pollici. Tecnica di rilassamento, la chiamava suo padre, ma mai una volta che servisse quando si ritrovava a convocare l’intero Cipher Pol 9!
Quasi a dargliene conferma, Rob Lucci assottigliò lo sguardo e rivolse al superstizioso rivale il più sfottente dei suoi ghigni. Agli occhi di Spandam, sembrò un folle che nel bel mezzo di un incendio arrivava con una tanica di kerosene tra le mani: «Sei solo uno stupido cane codardo!»
Jabura sentì il sangue ribollirgli nelle vene e le mani cominciargli a prudere come assaltate dalle termiti. Dieci minuti nella stessa stanza con Lucci e già moriva dalla voglia di strangolarlo!
«Prova a ripeterlo, razza di bastar-»
«Stupido cane codardo.»
«TI AMMAZZO!»
«SMETTETELA!»
L’urlo del direttore rimbombò dalla sala grande fino al corridoio, seguito dal boato del pugno sbattuto con violenza sul tavolo.
Tutti i presenti si voltarono, finalmente in silenzio. Guardarono lui e poi le sue mani.
«Chapapa... Ehm... Capo...»
«ZITTI HO DETTO!!»
Fukuro richiuse in fretta e furia la zip, fece saettare gli occhietti in un punto a caso fuori dalla finestra e si tappò le orecchie con le dita.
Spandam ebbe giusto un paio di secondi per compiacersi dell’attenzione inaspettatamente conquistata; poi il caffè bollente, rovesciato sul tavolo dall’irruenza del suo colpo, si spanse fino a bagnargli mignolo e anulare destri e lo fece ululare di dolore, generando un baccano di molti decibel superiore allo standard degli agenti quando litigavano.
Mentre l’uomo veniva soccorso da un poco compassionevole Blueno e Kumadori si prontava a compiere un Seppuku per l’espiazione del peccato comune, Rob Lucci decise di prendere in mano la situazione, anticipando quella che sarebbe presto diventata la sua attitudine nel CP9:
«Finiamola qui, direttore. Andrò io a Duma al posto di Jabura, possiamo portare a termine la missione anche senza di lui...»
«Ti sei dimenticato che devi scortarmi a Marijoa, sabato?» gli ricordò Spandam, ancora dolorante, prima che il Lupo potesse di nuovo attaccar briga.
«No. Ma può sostituirmi lui
, a meno che non inventi un’altra scusa per tirarsi di nuovo indietro...»
La rabbia di Jabura tornò di nuovo alla carica, per mutare, stavolta, in qualcosa di leggermente diverso, come un risentimento che non sapeva bene come esprimere, o non poteva esprimere.
Perché da un lato, se lo stronzetto partiva per Duma risparmiandogli di esporsi alla iella nera del venerdì 17, gli faceva un favore (se si faceva anche sgozzare dai pirati, favore doppio); dall’altro, affibbiargli l’incontro di Spandam con gli Astri di Saggezza era... subdolo. Bastardo. Perfettamente da Rob Lucci.
«Quanta generosità!» sillabò a denti scoperti, in un sorriso che era più simile ad un ringhio.
Il sorriso che Lucci gli restituì fu quasi serafico, in confronto, ma negli occhi gli si leggeva tutta la tronfia, arrogante soddisfazione di averlo messo con le spalle al muro.
Scortare Spandam a Marijoa non era solo un lavoro noioso, equivaleva a scartavetrarsi le palle!
Se già era raro che i vascelli della Marina su cui viaggiavano anche i governativi subissero attacchi diretti, infatti, era praticamente impossibile che qualche manigoldo osasse anche solo pensare di avvicinarsi alla terra dei Draghi Celesti.
Lì, nel castello degli Astri, il momento più entusiasmante dell’intera missione consisteva nel banchetto, dove dovevi assicurarti che il capo non si rovesciasse la zuppa addosso, o cadesse dalle scale, o rovinasse sulla ricca tavola imbandita —tutte cose già successe ad Enies Lobby, singolarmente e in combo— e non potevi permetterti di rimpinzarti né di sporcarti né di bere alcolici, per una questione di decoro a cui Spandam teneva molto più che alla vita altrui.
Tutto questo Jabura lo sapeva, e lo sapeva benissimo anche Rob Lucci; il fatto che sopportasse meglio di tutti gli altri di accompagnare Spandam alle occasioni mondane, non lo rendeva immune alla noia.
Fanculo, borbottò il Lupo dentro di sé, fissando ora la faccia da sberle di Lucci, ora quella rattoppata di Spandam.
«Beh... se vai tu...» cominciò il direttore, appoggiando stancamente la guancia –l’unica intera che gli restava-  sulle nocche chiuse a pugno, il gomito puntato sul bracciolo della poltrona.
«Credo si possa fare.»
Certo, Rob Lucci, per Spandam, rimaneva il più adatto ad accompagnarlo a Marijoa: era composto, non urlava —non fiatava, per la verità: una qualità che talvolta lo rendeva inquietante—, non andava in giro mezzo nudo e non si lamentava quando c’era da abbottonarsi la camicia e stringersi il nodo della cravatta al collo; ma d’altro canto, Jabura aveva ventidue anni, non quindici. E stando al numero di Doriki, era superiore a Lucci, un dato da non trascurare in termini di sicurezza personale. «Mmm... d’accordo, puoi prendere il suo posto. Jabura verrà con me a Marijoa.»
Si levò un fievole «Sì!» di esultanza da qualche parte all’altro capo del tavolo e Jabura si ripromise —anche se non l’aveva visto e non poteva averlo riconosciuto da un monosillabo— di pestare quel poppante di Kaku, di ritorno dalla missione.
«Partirete oggi pomeriggio stesso» Stabilì Spandam, riacquistando il buonumore «I Nobili Mondiali non arriveranno prima della prossima settimana, ma io intendo comunicare ai Cinque Astri che la situazione a Duma è già stata risolta — Una sciocchezzuola, per noi! avrebbe detto — L’incontro si terrà nel pomeriggio di sabato, perciò avrete tempo fino a... mezzogiorno» sogghignò, pregustandosi complimenti ed elogi dai massimi esponenti della Giustizia «Entro quell’ora, nessun pirata dovrà essere più in grado di muoversi. Anzi no! Di respirare. Sono stato chiaro?»
I membri del Cipher Pol 9 incaricati della missione annuirono all’unisono, finalmente seri e concentrati come il figlio di Spandine, eroe del Governo Mondiale, amava vederli.
Nutriva immense aspettative verso di loro e nessun dubbio sulla riuscita della missione. Fukuro e Kumadori potevano sembrare bizzarri, sì, ma quando c’era da andare al sodo in battaglia non fallivano mai. Rob Lucci, solo un paio di anni prima, aveva sterminato in solitario cinquecento soldati in una prigione, e, una volta fuori, aveva completato il lavoro trucidando anche i pirati che li avevano presi in ostaggio. E che dire di Blueno?  Era di recente venuto a capo di una delicata operazione di spionaggio, portando a casa, oltre ciò che gli era stato commissionato, uno scrigno contenente un notevole bottino, motivo per cui lo avrebbe presto ricompensato.
Califa e Kaku erano i più piccoli e inesperti ed in effetti, per loro, esisteva una piccola probabilità di rischio, ma... oh, beh, faceva parte del mestiere. Se non ce l’avessero fatta, la colpa non era certamente sua, ma di chi li aveva promossi agenti giudicandoli idonei alla carica!
Quasi potesse leggere nella mente del suo superiore, Jabura sbuffò sonoramente e storse il naso.
Non gli piaceva.
Non gli piaceva manco per il cazzo che quei mocciosi dei suoi colleghi sfidassero la Sfortuna nel giorno della sua festa e partecipassero ad una spedizione che, a dirla tutta, non era affar loro ma della Marina, solo per assecondare i capricci di quel bastardo egocentrico di Spandam.
D’accordo, Kumadori e lo Stronzo ci sapevano fare, nella mischia, Blueno e Fukuro sapevano pure il fatto loro, ma in battaglia ognuno badava per sé, e Kaku e Califa avevano imparato ad annodarsi i lacci delle scarpe praticamente l’altro ieri!
«Peggio per voi se le cose vanno storte» borbottò «Ve la state cercando!»
Ma gli agenti erano ormai assorti a memorizzare i dettagli dell’incarico e non lo sentirono neppure.
Così, ricevute le ultime disposizioni sul trattamento dei cadaveri (ci avrebbero pensato i marines a darli in pasto ai pesci), la riunione fu sciolta e la missione ufficialmente avviata.
I giovani membri del CP9 si alzarono lesti dalle poltroncine e si diressero verso il corridoio, la mente già proiettata alle poche cose da portare con sé per il viaggio: una nave li avrebbe prelevati tra un’ora al porto, non avevano molto tempo per i preparativi.
«Oh, Blueno, tu vieni un attimo con me» fece Spandam, gongolante e inebriato di entusiasmo, indicando all’agente il suo ufficio «Ho qualcosa che potrebbe tornarti utile per la missione!»


In meno di mezz’ora, tutti erano pronti, impettiti nei completi neri e schierati come soldati davanti al portone principale del Palazzo.
Gli agenti dei Cipher Pol inferiori di grado che transitavano nel lussureggiante androne dallo stile barocco, arredato con cura e dovizia nei particolari dai migliori architetti e artigiani di Water Seven, Pucci e San Faldo, li salutavano con la solita e impacciata reverenza (era difficile accettare l’idea che una banda di ragazzini fosse la punta di diamante della propria Organizzazione). Tutti eccetto il buon Coogy: lui augurava sempre buona fortuna spendendosi in vigorose pacche sulle spalle di Kumadori e Fukuro, e in rispettosi inchini dinnanzi a Califa, figlia di Lusky —un agente della vecchia generazione del CP9, che Coogy definiva ossequiosamente “la vecchia guardia”.
Jabura rimase a fissare tutta quella patetica scenetta, per lui fin troppo usuale, con la schiena poggiata a un pilastro, il pessimo presentimento annodato sempre di più intorno alle viscere.
Rob Lucci lo notò, si voltò e gli sorrise beffardamente per l’ultima volta.
«Divertiti a Marijoa.»
«Divertiti tu ad essere sbudellato!»
Kaku scoccò a Jabura un’occhiataccia. Non lo dava a vedere, ma era sulle spine per ciò che lo aspettava a Duma, e il costante richiamo alla malasorte che in qualche modo avrebbe dovuto colpirli cominciava a dargli sui nervi. «Andiamo, Lucci.»
«Ce ne sarà anche per te, Kaku, non temere» lo canzonò il Lupo «Hai già la iella addosso!»
I due lo ignorarono. Varcarono la soglia del Palazzo di Giustizia, seguiti ordinatamente dagli altri quattro colleghi, e vennero subito sferzati dalla sottile pioggerella autunnale che prometteva a Enies Lobby d’intensificarsi nelle ore successive.
Jabura seguì con lo sguardo le piccole figure che si allontanavano sempre più giù per le scale, fino al cortile. Una folata di vento gelido —sinistro— lo fece rabbrividire e lo convinse che sì, lui faceva la cosa migliore a restarsene a casa.
Quanto a quei mocciosi...
«Ohi!» gridò «Non vi stancate troppo, abbiamo ancora un conto in sospeso!»

 




Note dell'autrice
note dell'autrice
...E voi avete preso impegni per venerdì 17?
Bentrovati ai fan, superstiziosi e non, del CP9!
La storia che avete sotto gli occhi è una mini-long di 3 capitoli, ambientata 13 anni prima della saga di Enies Lobby, quando gli agenti erano ancora degli assassini in erba. Ho colto l'occasione del venerdì 17 perché si prestava bene al racconto, focalizzato sulla superstizione di Jabura, uno dei personaggi più divertenti non solo del CP9 ma del panorama di One Piece in generale.
Il titolo, in realtà, è un doppio-titolo che inquadra piuttosto bene la fanfiction, perciò merita una piccola spiegazione:
- Missioni curriculari del CP9: è il titolo della serie di cui fa parte questa storia. È la controparte delle "Missioni extra-curriculari del CP9" apparse nelle Miniavventure del manga e si propone di raccontare le missioni di Lucci e dei suoi compagni durante la carriera nel CP9 (prima degli eventi di Water Seven-Enies Lobby che hanno portato al licenziamento del gruppo). La costante in tutte queste storie sarà il canon: niente coppie, dunque!
- Mai prendere impegni per venerdì 17: è un richiamo scherzoso al film"Shriek - Hai impegni per venerdì 17?". La storia non c'entra nulla con quel vecchio film-parodia, l'ho scelto perché richiama l'atmosfera un po' comica e un po' horror.
Spero di allietare i vostri venerdì! Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e, naturalmente, se siete un po' scaramantici anche voi verso questa giornata xD


Grazie per essere arrivati fin qui,

Vegethia
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