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Autore: Rivaille_02    17/11/2017    0 recensioni
Quando ero piccolo mi piaceva un ragazzo. Esatto, un ragazzo. La consideravo una cosa... strana. Mio nonno mi aveva insegnato ad amare le femmine, non i maschi. E allora perché? Non sapevo nemmeno il suo nome...
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Il prossimo autobus passa fra sette minuti...» si lamentò Gilbert guardando gli orari attaccati a un palo. Avevamo perso il bus.
«Che si fa? Ci mettiamo a sedere e aspettiamo?» proposi.
«Sul marciapiede? Sicuro?».
«Non penso che tu voglia stare fermo in piedi per sette minuti...». Accettò e si mise a sedere. Mentre mi stavo abbassando, Gilbert mi prese per la manica e mi tirò a sé. Mi ritrovai sulle sue gambe e con la testa appoggiata al suo petto. Lo guardai confuso.
«Non voglio che ti sporchi» mi disse sorridendo. Mi sentii improvvisamente rosso in viso. Perché? Dovrei arrossire solamente con lui, con Ludwig... dovrei stare in questo modo solo con lui, perché era lui il ragazzo che amavo, non Gilbert. E allora perché? Per l’appunto arrivò suo fratello. Ero così imbarazzato e mi sentivo anche in colpa...
«Ehi, Gilbert» lo chiamò venendo nella nostra direzione. «Che ci fai seduto sul marciapiede?» gli chiese. Non mi aveva visto?
«Cosa vuoi che faccia seduto davanti al palo con gli orari del bus, Ludwig?» domandò retorico con tono ironico. Il biondo guardò verso di me, quindi mi sporsi verso di lui cercando di rialzarmi.
«Ludwig! Finalmente posso rivederti... sono Feli, ci siamo incontrati qualche anno fa in Austria!» corsi da lui entusiasta. Avevo una voglia tremenda di abbracciarlo, di stare solo con lui... però Gilbert aveva detto che forse non si ricordava di me. Non volevo crederci... di sicuro l’avrà detto per spaventarmi!
«Feli...?» mi guardò confuso.
«Esatto, Feli Vargas! Non ti ricordi? Avevamo speso così tanto tempo insieme quando eravamo in Austria! Sono così felice di rive...» mi fermai. Aveva ancora il solito sguardo. Sentii Gilbert afferrarmi la manica.
«Non mi hai confuso con qualcun altro?». Quelle parole mi spezzarono il cuore. Quindi aveva ragione... si era davvero dimenticato di me. Non riuscivo a reggermi in piedi dallo shock.
«Tranquillo Lud, sono passati sette anni, è normale che non ricordi...» gli disse Gilbert reggendomi. Perché si era dimenticato di me...? «Eravate buoni amici quando eravamo in Austria! Tranquillo, pian piano ricorderai tutto!». “Buoni amici”? Ci amavamo...
Dopo che mi ripresi dallo shock, decidemmo di andare tutti e tre in centro, anche se a Gilbert l’idea non piaceva molto. Perché? Per caso non voleva che si ricordasse di me? Mi stava sempre appiccicato e avevo paura che Ludwig si sentisse il terzo incomodo...
Dopo aver fatto un giro nei negozi, andammo in un bar a rilassarci e a mangiare qualcosa. Gilbert era seduto accanto a me mentre suo fratello era davanti a noi. Restammo per un po’ in silenzio. Eravamo nel sottopassaggio della stazione di Firenze e c’era un bel po’ di gente. La vedevo passare dalla finestra del bar. Chi aveva le valigie e chi no. Chissà da dove provenivano quelli con i vestiti bizzarri. I giapponesi li riconoscevo subito perché facevano sempre le foto ovunque! Eccone uno davanti alla vetrina di un negozio. Magari ci sarà stato qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
«Ma voi due...» iniziò Ludwig. Io e Gilbert ci voltammo verso di lui. «Niente, lasciate perdere».
«Dai Lud! Ora sono curioso! Che vuoi chiederci?» domandai curioso. Quando qualcuno iniziava una frase volevo sapere come finiva!
«Volevi chiederci se siamo fidanzati? Beh, per ora no» disse il prussiano appoggiando la schiena alla sedia. Il fratello lo guardò confuso.
«Che intendi con “per ora”?».
«Niente, lascia perdere» imitò il biondo. «Hai paura che te lo rubo?» chiese come per provocarlo. Ludwig sembrava piuttosto irritato da quella domanda. Io stetti zitto. Non sapevo proprio cosa dire... mi sentivo in imbarazzo. Guardai l’orologio appeso al muro: erano di già le tre.
«Scusate ma devo proprio andare... mio fratello mi starà aspettando alla tramvia» avvisai alzandomi. Lasciai due euro sul tavolo. «Sono i soldi per la brioche, ci vediamo domani!» salutai avviandomi alla porta. Appena uscito, mandai un messaggio a Gilbert chiedendogli il perché di quelle sue risposte. Mi rispose poco dopo con un “Stavo solo scherzando!”. Sapevo che non era vero. Una volta arrivato davanti alla tramvia, sentii il telefono squillare: era Gilbert. Perché avrebbe dovuto chiamarmi? L’avevo lasciato con suo fratello... decisi comunque di rispondere.
«Non sei con Ludwig?» gli chiesi appena messo il telefono all’orecchio.
«Sono nel bagno del bar, ho lasciato mio fratello al tavolo di prima».
«Non è una cosa gentile...».
«Volevo solo chiederti una cosa Feli». Quando aveva qualcosa di importante da dire o da chiedere, arrivava subito al punto senza giri di parole. Era un ragazzo diretto. «Non hai paura della reazione di mio fratello se scoprisse che la ragazza che amava è in realtà un ragazzo?». Rimasi scioccato da quella domanda.
«Mi odierà...» risposi con tono basso.
«Lo pensi davvero?».
«Non ho intenzione di dirglielo...».
«Gliel’hai detto prima di andare in centro, Feli». Me n’ero completamente scordato... stare con Ludwig mi aveva fatto dimenticare tutto quel che era successo prima. Andai in panico. Gliel’avevo detto... e ora? «Ne stavamo discutendo giusto ora» mi disse.
«E... che ha detto?» chiesi ansioso.
«È solo confuso. Tranquillo, quando avrà ricordato tutto verrà da te a chiederti scusa per non essere venuto prima» mi rassicurò Gilbert. Tirai un sospiro di sollievo.
«Quindi prima stavi solo cercando di farlo ingelosire?». Mi sentii sollevato quando udii il suo “Sì”. A quel punto ci salutammo e chiusi la chiamata mettendo il telefono in tasca. Feci segno di vittoria. Questo voleva dire che dopo qualche giorno Ludwig si sarebbe ricordato di me, del tempo trascorso insieme, del nostro amore... volevo che quel giorno fosse arrivato subito. Lo volevo con tutto il cuore.
Intravidi mio fratello in mezzo a tutta quella gente. Corsi da lui entusiasta e, una volta davanti a lui, mi accorsi che c’era anche il nostro professore di ginnastica. Pensai subito ad un appuntamento.
«Ciao fratellone!» lo salutai sorridendo. «Ciao anche a lei prof!».
«Dov’è quel tuo amico?» mi chiese Lovino incrociando le braccia.
«È rimasto al bar con suo fratello Ludwig».
«Ludwig? Parli del nuovo studente? Non avrei mai immaginato che fossero fratelli...» disse sorpreso il professore. Mio fratello lo guardò male.
«Non t’intromettere nei discorsi fra me e mio fratello, Antonio» lo rimproverò Lovino. Lo aveva appena chiamato per nome? E il professore stava ridendo? Qui gatta ci cova...
«Per caso uscite insieme voi due?». Feci arrossire entrambi. Mio fratello, come suo solito, iniziò a negare tutto nonostante gli si leggesse la verità negli occhi; il prof, al contrario, confermò tutto facendo irritare Lovino.
Quando arrivò il tramvia, Antonio se ne andò dando un bacio sulla guancia a mio fratello. Una volta che le porte del mezzo furono aperte, entrammo e ci sedemmo nei primi due posti liberi che trovammo. Il tramvia, se preso in centro, era davvero pieno: a malapena potevi entrare.
«Siamo stati fortunati a trovare due posti liberi, eh Lovi?» sospirai sorridendo a mio fratello. Aveva l’aria seria. «Che hai, Lovi? Te la sei presa per prima?».
«Nient’affatto! Anzi, mi sono tolto anche un peso ora che lo sai» mi guardò sollevato. «Che hai fatto prima? Ti vedevo un po’ giù... ». Lovino si accorgeva sempre se qualcosa non andava, anche quando pensavo di non farlo notare. Dopotutto, era mio fratello.
«Ero solo triste per essere andato via così presto, tutto qui» feci il mio primo sorriso falso, e sicuramente se n’era accorto.
«Per caso è successo qualcosa che non vuoi dirmi?». Lo sapevo che me l’avrebbe chiesto, ma non avevo intenzione di dire niente. Mi limitai ad abbassare lo sguardo e continuare a sorridere. Lovino non aprì bocca fin quando non mettemmo piede in casa. Il nonno non era ancora tornato, quindi ci dirigemmo in camera nostra. Io appoggiai lo zaino accanto alla scrivania; mio fratello, al contrario, ce lo buttò, letteralmente. Eravamo diversi caratterialmente, ma di aspetto eravamo simili.
«Feli, ora dimmi che hai fatto» mi disse avvicinandosi a me.
«È lui che...».
«“Lui”, chi? Quel prussiano o suo fratello?». Voleva proprio farmi parlare... doveva averlo capito che non volevo.
«Perché vuoi saperlo?» gli chiesi abbassando la testa. Lo scatto in avanti che fece Lovino mi fece cascare sul letto.
«Per sapere con chi devo parlare domani, ecco perché». Era arrabbiato. Lo era sempre quando ero triste. Sapeva che lo ero per colpa di qualcuno, e quel qualcuno doveva per forza parlare con lui il giorno seguente faccia a faccia. Da un lato mi piaceva, perché sapevo che lo faceva per me. Ma dentro di me non tanto, perché pensavo che alla fine sarei rimasto solo.
Lovino continuava a ripetermi di dirgli chi era stato. Non avevo altra scelta che dirgli tutto. All’inizio non si ricordava nemmeno chi era il bambino tedesco che incontrai in Austria, quindi avevo dovuto rispiegargli tutto.
Ci avevo messo circa un quarto d’ora per dirgli tutto perché non si ricordava molte cose. Una volta appresa la situazione, mi avvertì che da quel momento in poi sarebbe stato più attento ai due fratelli, soprattutto a Gilbert. Ringraziai il cielo che non mi avesse preso per una femminuccia.
Il giorno seguente, come mi aveva promesso, mio fratello salutò il prussiano come sempre. La giornata scolastica passò in fretta e mi sentii stranamente felice. Forse perché avevo avuto l’occasione di parlare con Ludwig durante le ricreazioni. Mi aveva anche domandato se potevamo iniziare ad uscire insieme. Cosa gli aveva detto Gilbert per chiedermi questo? Ovviamente accettai, forse facendo vedere troppo il mio entusiasmo. Così, nei giorni seguenti, iniziammo ad uscire all’insaputa del fratello. Il tempo era bello per quasi tutto Settembre, poi l’autunno aveva cominciato a farsi sentire. Un po’ alla volta, uscita dopo uscita, sembrava che stesse iniziando a ricordare del tempo trascorso insieme e a sentirsi bene in mia presenza. Non ebbi mai avuto il coraggio di chiedere a nessuno dei due come mai di questa perdita di memoria, anche perché Ludwig di sicuro non se lo ricordava e Gilbert non me l’avrebbe mai detto. Lasciai perdere. Mi bastava solo stare con il ragazzo che amavo. Nient’altro che questo.
   
 
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