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Autore: bluecoffee    17/11/2017    0 recensioni
Batteva le unghie ordinatamente smaltate di bianco sul foglio della verifica di storia, incerta e concentrata sulla risposta che aveva appena finito di dare all’ultima delle quattro domande che doveva compilare per la professoressa e per mantenere la sua media alta.
Era fin troppo annoiata dalle lezioni per essere solamente Novembre.

♦♦♦♦
Avere quindici anni e avere una routine che non sembra rompersi con nulla.
Niente che smuova niente. E, tra quel niente, Rosalie Washington.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(II)
 
 
 
 
Sbadigliò rumorosamente, Henry, sistemandosi più comodo sul divanetto in ecopelle blu notte, per poi allargare maggiormente le gambe e posare la testa sulla spalla coperta da una semplice camicetta di Tammie. Avevano deciso di cenare in un diner che sembrava di quelli americani, incastrato sotto un palazzo di una decina di appartamenti, poco fuori il centro di Londra. C’erano i tavoli contro il muro, i divanetti ai due lati, il bancone con dietro una ragazza annoiata e con la chewing-gum che emanava un fastidioso odore di fragola ed il pavimento con gli scacchettoni bianchi e neri. Avevano ordinato sette hamburger con insalata e pomodoro, uno solamente non prevedeva il ketchup che aveva imbrattato le dita di Tammie per tutta la durata del panino tra le sue mani magre.
Erano usciti tutti i componenti del loro gruppo, stranamente. Blake si era liberata del suo ragazzo con modi poco delicati e Calvin aveva disdetto all’ultimo un appuntamento con una ragazza che aveva conosciuto in discoteca la settimana prima. Persino Fran era riuscita ad alzare la testa dai libri dell’università per stare con loro e far tornare il sorriso a Bruce, ancora afflitto per l’ennesimo rifiuto da parte di una piccola quindicenne, sempre la solita, che gli aveva fatto perdere la testa.
Miles lo stava ancora prendendo in giro per le sue doti da seduttore – «non posso crederci che perfino una quindicenne ti abbia detto di no! Una quindicenne, Bruce!».
Blake, invece, sembrava l’unica a credere alle descrizioni che le erano state fatte dalla parte della comitiva che conosceva la famosa Rosalie, anche se dal nome non le ispirava per nulla tutta la simpatia decantata da Tammie. La ammirava per la fermezza con cui si ostinava ad accantonare gli inviti di Bruce, mai brusca o maleducata, per le parole tenere che riuscivano a calmare i dubbi di Henry e per quel maglioncino bellissimo che aveva portato a Tammie dall’Italia e che entrava anche a lei. E per il coraggio di abbandonare l’Inghilterra per partecipare all’anno di vuoto di suo padre, accettando di venir scarrozzata in piccoli paradisi in alcuni angoli di mondo.
«Suo padre è il preside di mio fratello ed un vecchio amico di mia madre. Sicuramente è di buona famiglia», Fran si strinse nelle spalle e bevve un sorso della Coca Cola che le era rimasta nel bicchiere in vetro.
Calvin finì la birra che Tammie gli aveva lasciato e scosse la testa. «Ha pur sempre quindici anni, non capisco perché continuare a fissarsi su una bambina». Ne aveva sentiti tanti di racconti su Rosalie Washington e sui suoi capelli biondi, eppure non era mai riuscito a capire dove stesse quel qualcosa che Bruce si ostinava a vedere solo in lei. Henry aveva sempre insistito su molti aspetti della ragazzina, aspetti del carattere che sì, è vero, Calvin aveva faticato ad associare a ragazze della sua età, ma era pur sempre una ragazzina, porca troia!
«E se cambiassimo argomento?» propose Miles, stanco di doversi concentrare su un discorso che non gli interessava. E che non voleva interessargli.
«Andiamo, ad esempio, all’appuntamento annullato di Berry», Blake gli diede mal forte, saltellando un paio di volte sul divanetto e sistemando la maglietta a manica lunga che indossava e che lasciava intravedere il reggiseno rosso dalla stoffa bianca e sottile. Teneva i capelli neri raccolti in una coda di cavallo ben ordinata che le lasciava in mostra la fronte alta e priva di acne o trucco.
Calvin sbuffò. «Credo che andrò a dormire, domani devo iniziare a lavorare alle otto». Si alzò in piedi, afferrando la giacca a vento blu notte che aveva pagato mezzo stipendio ed indossandola sul maglione nero che lo scaldava più del necessario dentro il locale, pieno di aria consumata e che sapeva di patatine fritte e birra di bassa categoria. Pagò la propria parte di consumazione alla cassa, assieme alla birra di Tammie che aveva finito ed uscì dal locale con il telefono tra le mani, la chiamata avviata sul nome di sua sorella Emma, alla quale non aveva risposto durante la cena. Aspettò una risposta ed inforcò la bicicletta con la quale era giunto al diner, salì e richiuse la chiamata senza risposta, prima di partire, diretto a casa propria, quella che condivideva ancora con la propria famiglia.
Ancora dentro il locale, Blake sbuffò contrariata, mentre Miles scoppiava a ridere per la reazione esagerata del loro amico, lamentandosi del suo essere troppo riservato per i propri fatti. Effettivamente, Calvin era quello del gruppo che parlava meno di tutti, nonostante stesse sempre attento anche ai più piccoli discorsi che venivano intavolati.
Bruce sentì il proprio cellulare vibrare dentro la tasca della felpa verde bosco che indossava, lo afferrò sicuro di trovare il messaggio di sua madre che gli chiedeva quando sarebbe tornato a casa e che gli raccomandava di non fare troppo tardi, perché il giorno successivo aveva scuola. Sorrise allo sguardo interrogativo di Tammie e sentì Fran iniziare a lamentarsi per gli esami che le mancavano, anche se l’anno era appena iniziato.
«Henry, il colloquio con il professore che dicevi oggi, come è andato?» chiese Fran, tornando a complicare la situazione del ragazzo, confuso come sempre – o forse di più – dopo aver parlato con il professore il pomeriggio stesso. Non sapeva più dove puntare, anche le più piccole certezze gli erano crollate addosso, sotto il peso di nuove possibilità che venivano aggiunte da lui stesso o da altre persone.
Tammie gli accarezzò la catasta di ricci rossicci e scomposti, le dita affusolate che giocavano con qualche ciocca in modo materno. «Siamo a Novembre, c’è tempo per decidere».
Henry sospirò, stanco, per poi annuire e chiudere gli occhi: era solamente Novembre ed era già stanco di quella situazione che doveva solo che peggiorare. Perché sapeva che sarebbe peggiorata, ne era sicuro, soprattutto all’avvicinarsi degli esami di fine anno, soprattutto all’avvicinarsi della decisione che avrebbe dovuto prendere a tutti i costi.
«È mezzanotte e mezzo» emerse Blake, sbadigliando ed evitando di stropicciarsi gli occhi per non andare a sbavare il trucco pesante che portava sempre. «Io direi di rimandare tutti i discorsi a mente più lucida, un altro giorno, magari a pranzo. Ora propongo solamente di andare a dormire».
Tammie si vide d’accordo, il sonno che le stava lentamente abbassando le palpebre ed il ripasso di economia che l’attendeva il giorno successivo, il più a lungo possibile, per superare il test che sarebbe dovuto essere a sorpresa. Si alzò, facendo borbottare Henry per il movimento brusco che fu obbligato a fare, raccolse i soldi di tutti i presenti ed andò alla cassa a pagare, il giubbetto in jeans sulla felpa pesante presa dentro l’armadio di suo fratello.



Bruce si strinse nelle spalle, la mattina successiva, le occhiaie scure sotto gli occhi, perché non aveva dormito molto, perché tornato a casa non aveva fatto altro che rigirarsi a letto, rassegnandosi a prendere in mano il libro di economia per finire il capitolo che aveva interrotto a pranzo. Sistemò la camicia sulle spalle larghe e sbadigliò di nuovo, Rosalie che lo guardò con un sorriso intenerito dalla situazione dell’amico e gli passò una mano tra i capelli rasati il pomeriggio precedente.
«Ore piccole, Bruce?».
Il ragazzo annuì con una sorta di grugnito, storse il naso e sbuffò. «Non ho nessuna voglia di andare a lezione, ho sonno e sono già stufo di tutto».
Rosalie scoppiò in una piccola risata e sistemò il colletto della camicia sotto il cardigan completamente allacciato che indossava. «Dovresti andare a lezione, la signora Willer non aspetta nessuno».
«E tu dovresti venire fuori con me, una sera di queste».
Rosalie scosse la testa e sbuffò infastidita, alzando gli occhi al cielo e sentendo quella frase, di nuovo, che non riusciva più a gestire, perché sentiva il peso di un diciottenne ancora infantile addosso, un peso che non voleva per i suoi quindici anni. «Dovresti smetterla, tu, invece. Mi dispiace che a te piaccio più di quanto credevamo tutti all’inizio, mi dispiace non poterti dire di sì, mi dispiace, okay? Però no, non voglio uscire con te. Buona lezione». Forse era stata troppo brusca, questa volta, ma non poté far altro che sentirsi più libera, dopo, il peso di non sentire più le braccia di Bruce che continuavano a farla sentire in gabbia, bloccata contro ogni sua aspettativa.
Chiuse l’anta del proprio armadietto, dentro lo zaino aveva incastrato i libri necessari per le prime due ore di scuola e quelli di letteratura, decisa ad iniziare a studiare gli argomenti dell’interrogazione che le sarebbe sicuramente capitata la settimana successiva. Camminò velocemente per il corridoio che aveva iniziato ad affollarsi di studenti ancora assonnati, il tessuto della gonna a pieghe che le carezzava il collant pesante ed aderente alle gambe. Sorrise fuggitiva a Tammie e le sue parigine sopra il velo del collant color carne, la gonna più corta di quanto sarebbe dovuta essere secondo il regolamento ed i capelli lunghi legati in due trecce che le ricadevano sul petto.
La ragazza più grande teneva tra le mani i libri di economia e trigonometria, un quaderno consumato agli angoli ed una penna incastrata tra le pagine. Quando individuò Bruce ancora appoggiato all’armadietto al fianco di quello di Rosalie sospirò e si avvicinò.
«Mi ha detto di no», sbuffò Bruce, passandosi una mano tra i capelli. «Mi dice sempre di no».
Tammie gli diede un buffetto sulla guancia, seguito da un bacio leggero stampato sulla pelle liscia della guancia sinistra. «Andiamo a prendere i tuoi libri ed evitiamo di fare tardi con la Willer?».
Bruce sorrise ed annuì: Tammie riusciva sempre a risollevarlo dopo i soliti rifiuti che gli venivano rifilati da Rosalie.






 
c'è l'ho fatta anche io!
​è tantissimo che avevo pronto questo capitolo, lo ammetto. volevo rivederlo ed allungarlo, ma va bene così com'è, per quanto corto e privo di occasioni sia. serve più che altro a presentare i nomi dei personaggi e piccoli dettagli che dovevano essere messi in chiaro fin da subito. il problema è che siamo a novembre, iniziano con le simulazioni di esame e le prime verifiche sono già state fatte ed io ho iniziato subito a sclerare. in questo sclero, rosalie ha il suo angoletto caldo, in cui si è addormentata un pochino, ma in cui sta progettando piccoli e futuri mali ahaha 
​se notate errori o l'impaginazione fatta male, sono di fretta - fanculo fisica - e provvederò quanto prima a sistemare tutti i disastri.
​mi defilo e ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite. (un seguito ci sarà, lo prometto!)
federica,

 
  
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