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Autore: FairyCleo    17/11/2017    6 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 43

La Pietà

 
“Ma dove è andato a finire? Com’è possibile che nessuno di noi si sia accorto che non era più qui? Come?”.
Chichi sembrava impazzita. E non era la sola. Ma nessuno meglio di lei era stato in grado di esprimere lo sdegno e l’agitazione che la scoperta appena fatta avevano provocato.
Vegeta era sparito sotto il loro naso come se niente fosse. Se non avesse avuto la certezza che non era in grado di eseguire la tecnica del teletrasporto, avrebbe pensato che fosse sparito grazie a essa.
Dove si era diretto? E come aveva fatto anche solo a mettersi in piedi, considerando le condizioni pessime in cui versava?
Le ustioni alla schiena gli procuravano dolori lancinanti e la sofferenza emotiva lo aveva distrutto.
Per non parlare, poi, della misteriosa sparizione di Bulma! Possibile che le persone sparissero da lì quasi come se venissero risucchiate da qualche strano vortice invisibile ai loro occhi?
“Che diamine succede, qui dentro?”.
Lo aveva chiesto più a se stessa che agli altri. Del resto, esisteva davvero qualcuno in grado di fornire loro delle spiegazioni concrete?
Forse sì. Forse, Junior conosceva le risposte a ogni loro quesito. Ma perché, allora, se ne stava lì, in silenzio, tenendoli sulle spine, con il volto contratto in una smorfia indecifrabile e i pugni serrati sino a schiarirgli le nocche?
“Per l’amor del cielo, qualcuno vada a cercare quei due!” – stava per avere un’altra crisi isterica. Ma questa volta non sarebbe svenuta. Questa volta, avrebbe stretto i denti e si sarebbe fatta valere! Questa volta, sarebbe diventata una tigre rabbiosa. Non potevano perdere altri compagni di viaggio, altri amici. Se nessuno di loro aveva il coraggio di andare fuori a cercarli bastava dirlo: sarebbe andata da sola.
“Chichi, tesoro, cerca di calmarti…”.
“Calmarmi?” – non credeva alle sue orecchie. Goku le aveva veramente detto che doveva cercare di calmarsi? Ma era serio? Come poteva stare calma davanti a una situazione del genere? Aveva capito quello che era successo? Aveva visto in che stato pietoso era Vegeta? Aveva visto quanto stanco fosse il loro Gohan? – “Non starai dicendo davvero, immagino?”.
“Mammina…”.
“Non interrompere gli adulti mentre stanno parlando, Goten!”.
Il suo tono era stato molto più duro di quello che avrebbe voluto, ma il suo piccolino doveva capire che non c’era tempo da perdere. Dovevano trovare Bulma e Vegeta e dovevano farlo subito.
I presenti erano rimasti immobili e in silenzio. Quella non era la solita sfuriata di Chichi. Nel suo tono di voce c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non sarebbero stati in grado di spiegarsi. Non si trattava solo dell’ansia generata dalla sparizione di Bulma e di Vegeta. Per niente. Era come se la mora avesse dato voce alle loro paure più recondite, ai loro timori più radicati. Come avrebbero fatto a sconfiggere il nemico se non erano stati neanche in grado di accorgersi che i loro amici non si trovavano più lì con loro?
“Dobbiamo andare a cercarli, adesso”.
“Lo faremo” – la voce di Junior aveva avuto la giusta carica di decisione e tenerezza che serviva in situazioni come quelle. Era ancora strano pensare che un essere come Junior potesse conoscere sentimenti come tenerezza e affetto, ma più trascorrevano il tempo in sua presenza, più questa sensazione si diradava. La verità era che Junior, proprio come Vegeta, era molto più umano di quanto potesse sembrare. La verità era che Junior, suo malgrado, sapeva amare proprio come ogni altro essere vivente al mondo.
Era per questa ragione se, tra tanti namecciani, proprio lui era stato scelto per essere inviato in loro soccorso. Perché lui li amava, uno per uno. Anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.

 
*
 
Era strano osservarlo così da vicino.
Fino a poco prima, aveva avuto modo di studiare i suoi movimenti solo da lontano, in silenzio, e doveva ammettere che vivere le cose fosse mille volte meglio che osservarle. Dopo tutto quel tempo, aveva rischiato di dimenticare quanto entusiasmante fosse sentirsi vivi.
Purtroppo, non era stata una sua scelta. Condizioni superiori alla sua volontà gli avevano imposto di agire in quel modo un po’ vigliacco, forse, di stare al sicuro, in disparte, nella sua splendida torre, assistito e guidato da un essere rivelatosi tutto fuorché leale.
Aveva vissuto in una menzogna.
Questa constatazione, era stata molto più dolorosa della prigionia.
Eppure, avrebbe dovuto ringraziare il fato: adesso, sapeva che non poteva fidarsi di nessuno.
Abituarsi a quel corpo non era stato per niente difficile. Giovane anzi, giovanissimo, il suo ospite era stato un’autentica manna dal cielo. Quell’involucro era troppo perfetto affinché potesse permettersi di sprecarlo.
Alla fine, le cose erano andate esattamente come aveva voluto.
Quanto accaduto era la prova più tangibile che niente sarebbe stato mai in grado di fermarlo.
Non ce l’aveva fatta quel verme strisciante di Vickas con i suoi piani subdoli e non ce l’avrebbe di certo fatta quell’altra larva umana che stringeva tra le braccia il corpo esanime della donna che amava.
Già, l’amore.
Un sentimento sciocco e vile che rende gli uomini burattini e i guerrieri inutili fantocci di carne.
Quell’essere in lacrime, quello che egli stesso aveva incoronato re, non sarebbe mai stato in grado di fermarlo. Aveva perso troppo. Anzi, aveva perso tutto. E lui, immobile, si divertiva a osservarlo da lontano, con un’espressione indecifrabile in volto e il pugno che ancora stringeva il cuore ormai freddo di quella che un tempo era stata la madre del suo ospite.
Una donna bellissima, quella Bulma, ma incapace di arrendersi a lui. Era incredibile quanta resistenza avesse dimostrato di avere quello scricciolo vivente. Un’altra, al suo posto, avrebbe ceduto immediatamente. Ma lei no. Lei non aveva obbedito alla sua volontà e non aveva portato a termine la missione che egli le aveva affidato. O meglio, non lo aveva fatto come egli aveva creduto. Perché, alla fine, il suo nemico era stato ugualmente spezzato, sconfitto, distrutto, ridotto a niente.
E la cosa più divertente era che era poteva ancora vederlo soffrire, perché in quella circostanza, essere ancora in vita era molto peggio che non esistere più.
Senza rendersene conto, aveva cominciato ad accarezzare con il pollice il vischioso organo che stringeva con una forza non necessaria. Sentiva il sangue grondare e cadere al suolo goccia dopo goccia, sempre più lentamente.
Come avrebbe reagito se si fosse presentato lì, adesso, e glielo avesse donato? Del resto, l’atmosfera era perfetta per elargire doni di quella festività che i terrestri chiamavano Natale. Sarebbe stato come quell’essere panciuto che aveva visto nei ricordi del suo ospite. Santa Claus, era il suo nome, se non sbagliava. Sì, sarebbe stato a dir poco perfetto.
E si sarebbe palesato realmente davanti a quell’uomo dal cuore infranto se non fosse avvenuta una cosa che lo aveva reso ancora più curioso ed eccitato: l’arrivo improvviso di alcune persone che avrebbero fatto meglio a stare nel loro nascondiglio, convinte di essere finalmente al sicuro.

 
*
 
Avevano usato il teletrasporto.
Su insistenza di Chichi, Goku aveva dovuto usare la sua tecnica speciale e condurre lei e Junior nel luogo esatto in cui si trovava Vegeta.
Trovarlo non era stato semplice. La sua aura era ridotta al minimo, e solo grazie alla perseveranza del Son e all’aiuto del giovane Gohan erano riusciti a raggiungerlo. Ma non senza un avvertimento da parte di quest’ultimo.
“Abbiate pietà di lui”.
Non era stati in grado di comprendere quelle parole sino a quando non avevano visto con i loro occhi quanto era avvenuto. E lì, avevano davvero dovuto raccogliere anche le briciole del coraggio che era loro rimasto, perché niente al mondo avrebbe mai potuto prepararli a una scena così straziante.

 
*
 
“Gohan…”.
“Fratellone… Ci sei?”.
Videl e Goten erano preoccupati proprio come gli altri, ma erano stati i soli ad aver avuto il coraggio di chiamarlo per nome e di chiedere con lo sguardo quello che la loro voce non sarebbe mai riuscita a domandare.
Gohan non aveva risposto immediatamente a quelle mute domande. Aveva chiuso gli occhi, aveva chinato leggermente il capo in avanti e aveva preso un bel respiro, deciso a non abbandonarsi al dolore che quelle visioni gli causavano.
Quando si era trattato di Trunks aveva solo visto. Ma ora… Ora, aveva sentito. Aveva sentito il suo stesso dolore aveva sentito la vita scivolare via dal suo corpo, esattamente come era avvenuto per lei.
Così, lo aveva saputo. Così, aveva saputo che Bulma, la loro geniale amica, non faceva più parte di quel mondo così triste e malandato.
Sì, lui c’era. Ma era anche da un’altra parte. Solo che spiegarlo a Goten e a tutti gli altri non sarebbe stato semplice.
Perché lui era lì fisicamente, era vero, ma la sua mente era con suo padre, sua madre e con Junior e ora, era anche con quel povero disgraziato che rispondeva al nome di Vegeta.
Dove avrebbe trovato il coraggio di rivelare a tutti quanto aveva visto? Quali parole avrebbe dovuto usare per spiegare il dolore, il senso di smarrimento e di vuoto che provenivano dalla pallida ombra del guerriero che aveva cercato di ucciderli in un passato neanche troppo remoto?
Stava soffrendo sin dentro l’anima, Gohan. E avrebbe voluto risparmiare quella sofferenza a chi amava.
Ma non poteva.
Quei visi familiari, quegli occhi innocenti, volevano che lui li rendesse partecipi degli eventi, per quanto tristi e sconvolgenti potessero rivelarsi.
“Lo hanno trovato” – aveva esordito, ingoiando il groppone che gli si era formato in gola – “Lo hanno trovato…”.
“Che sollievo…”.
“Già, figliola! Ma che vi avevo detto? Ha la pellaccia dura quel Vegeta! Avrà solo avuto bisogno di schiarirsi le idee e… E…”.
Ma Mr. Satan non aveva terminato la frase dopo aver osservato con più attenzione gli occhi del fidanzatino di sua figlia. Non aveva mai visto quell’espressione sul viso di Gohan. Il sangue gli si era raggelato nelle vene e si era costretto a ricacciare indietro ogni singolo pensiero negativo, seppur con scarsi risultati. Ormai, era evidente: qualcosa non era andato come previsto.
“Ti prego, Gohan, continua…” – la voce di maestro Muten era calma, pacata, era la voce di un saggio nonnino che cercava di infondere coraggio ai nipotini spaventati. Perché, nonostante l’anagrafe dicesse il contrario, gli abitanti di quella caverna non erano altro che bambini alla disperata ricerca di conforto.
Crilin aveva il cuore in gola. Temeva di sapere quello che Gohan avrebbe detto loro. Non sapeva perché, ma era come se ogni singola fibra del giovane Son stesse comunicando loro la verità. Una verità che non riguardava Vegeta, o almeno, non soltanto.
E poi, lo aveva fatto.
Gohan aveva preso coraggio e aveva aperto gli occhi, stringendo i pugni e trattenendo a stento le lacrime.
“Bulma è… Lei…”.
E, nello stesso istante in cui stava per dirlo, il resto dei componenti di quel gruppo di disperati era tornato alla base, mostrando ai loro occhi quanto avevano semplicemente potuto immaginare.

 
*
 
“No… No… NO!”.
Yamcha era stato il primo a cedere. Sconvolto da quanto si era palesato davanti ai suoi occhi, si era accasciato sulle ginocchia, tremante, incapace di reagire al dolore che lo aveva improvvisamente dilaniato.
“Oh no! Mammina no!”.
“Non guardare tesoro, non guardare” – C18 aveva costretto sua figlia a distogliere lo sguardo, affondandole il visino nel suo petto affinché non fosse partecipe dell’orrore che stavano vivendo.
“Dio mio… Non è vero. Non può essere… NO!” – Crilin non aveva potuto trattenersi. Sconvolto, era scoppiato in lacrime, dando sfogo a tutto il dolore e alla frustrazione che sentiva.
Mr Satan aveva portato entrambe le mani alla bocca, mentre il maestro Muten aveva distolto lo sguardo, avvilito.
Gohan aveva abbracciato Videl e Goten… Goten aveva urlato, incredulo, correndo a grandi passi verso la sua mamma, quella mamma che si rifiutava di lasciar andare la mano di Vegeta.
Se uno scultore fosse stato lì presente, avrebbe dato un titolo alla composizione umana che si stagliava sul fondo di una parete rocciosa che ben si prestava a quella rappresentazione.
Perché Goku, in piedi, con gli occhi pieni di lacrime amare, reggeva tra le braccia il corpo senza vita della bellissima Bulma, così bella che avrebbe potuto anche solo sembrare addormentata se quello squarcio sul suo petto non avesse detto il contrario. Perché Junior, con quell’ampio mantello tinto di rosso che morbidamente cadeva sulle sue spalle, reggeva con una mano il petto di quello che un tempo era stato un principe, un guerriero e poi un re, mentre Chichi, in lacrime, teneva stretta tra le sue una di quelle forti mani ormai inerti. Perché in quel tripudio di lacrime, in quell’immagine di dolore, c’era una cosa che spiccava più delle altre: lo sguardo assente dell’indiscusso protagonista di quello che sarebbe di certo stato il gruppo scultoreo più sofferto e sentito di tutta la storia dell’arte mondiale. Perché le parole di Gohan avevano finalmente un senso, e la pietà aveva assunto la sua forma più completa.

Continua…


Eccomi qui, anche se con un pochino di ritardo!
Ma giovedì ho fatto un esame e non ho potuto aggiornare prima!
Capitolo di passaggio – più o meno.
Povero Geta (era da tanto che non lo chiamavo così). Povero tesoro mio.
Non mi odiate, vero?
Spero proprio di no!
A presto!
Bacini
Cleo
   
 
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