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Autore: Sameko    17/11/2017    2 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 24: Se vorrai ancora ascoltarmi
 





Perché, tra tutti gli abitanti di quella sconfinata caverna sotto una stramaledetta montagna, il peggio doveva sempre e solo capitare a loro? Perché ogni volta lei, o Frisk, o entrambe, e non qualcun altro? Il fatto di provenire dalla superficie le rendeva delle calamite attira-guai per caso?!
Gettò via con disgusto l’ennesimo cumulo di inutile spazzatura e di nuovo a ravanare con le mani in mezzo agli scarti provenienti dal mondo di sopra, alla ricerca di qualcosa di utile che potesse aggiungere ad un arsenale di armi ancora in costruzione.
Ma perché anche solo porsi quelle domande, se tanto la risposta era ovvia? Certo che non potevano essere lasciate in pace neanche per un mese, certo che dovevano avere continuamente grattacapi, certo che dovevano far fronte ad una minaccia sconosciuta a chiunque tranne che loro. E, chissà per quale assurdo motivo, tutto si riconduceva sempre a quello scheletro, buono a nulla, mentecatto, idiota, ed altri tremila insulti che ormai da una ventina di minuti continuavano a ripetersi nella sua testa, unica distrazione dall’odore dei rifiuti e dall’umido dell’acqua che le aveva inzuppato gli stivali.
Aveva scelto di venire alla discarica da sola, declinando irremovibilmente tutte le offerte di Frisk di accompagnarla nella sua spedizione in quel mare maleodorante di pattume. Non era sicuro per la sua migliore amica venire lì con lei, nel bel mezzo di Waterfall, col rischio di incappare in quella creatura una seconda volta e non essere tanto fortunate da riuscire a tornare indietro entrambe.
Gettò via altre scatole di spazzatura, riuscendo così a scovare la presenza di un taglierino ben nascosto tra tutte le cianfrusaglie senza valore che si trovavano laggiù. Non esattamente ciò che sperava di trovare, ma avrebbe potuto far comodo se infilato in uno stivale, o in qualsiasi altro punto del corpo ben nascosto dai vestiti e facilmente raggiungibile.
Scese cautamente dalla pila di rifiuti sopra cui si era arrampicata e raggiunse la borsa a tracolla che si era portata dietro, appoggiata su un altro cumulo nelle vicinanze. Infilò dentro il taglierino, per poi richiuderne la cinghia con uno sbuffo.
Cosa non avrebbe dato per trovare un qualcosa come una mazza da baseball, quella che sarebbe stata utile, sia come arma, sia da tirare in testa a qualcuno di sua sfortunata conoscenza. Magari così avrebbe ben riassestato il cranio sulle spalle a quel verme spara-boiate, altro che paroline dolci e comprensione.
“ E guarda un po’ tu cosa mi tocca fare a causa tua, signor asino demente… ” Pensò, stirando le labbra in una smorfia innervosita, mentre si strofinava le mani sporche di fango.
Se in precedenza non era riuscita né a comprendere, né tantomeno condividere i metodi di Frisk con lui, ora era quasi tentata di dirle in faccia di mandarlo a quel paese e lasciar perdere. E Chara era consapevole che, se lo avesse fatto, una vocina nella sua testa le avrebbe ricordato che lei stessa sarebbe stata lasciata al suo destino senza l’enorme bontà d’animo che caratterizzava la sua migliore amica e che lei stava adesso indirettamente criticando. Ma – ed era un ‘ma’ colossale – c’era una differenza sostanziale tra la sua passata situazione e quella dello scheletro: lei non aveva mai tentato di giustificare le azioni imperdonabili che aveva compiuto, non aveva mai inscenato la parte della povera vittima che veniva presa di mira ingiustamente, non si era mai, mai permessa di sottovalutare la portata dei suoi peccati, e il fatto che qualcuno là fuori osava prendersi tutti questi lussi la faceva semplicemente imbestialire… ma non la faceva imbestialire abbastanza, non con lo stesso accanimento del giorno prima, perché l’immagine di fiammelle e volute dorate che si consumavano silenziose nella penombra si faceva avanti per distrarla ed ammansire la sua rabbia.
Quando gli si era scagliata contro a parole, vomitando addosso a quello scheletro tutta l’indignazione che lei covava nei suoi confronti, era stata quella l’unica emozione dominante… e, invece, ora… sentiva come uno strano senso di… empatia… di somiglianza… non aveva idea di come definirlo altrimenti. Certamente, non aveva mai pensato di provare sensazioni simili verso di lui, figuriamoci se lo avrebbe voluto in questo momento, quando la sua antipatia e il suo disprezzo per tutto ciò che lo riguardava erano ancora fin troppo elevati. Nonostante non comprendesse i motivi dietro alle sue azioni, nonostante non li comprendesse tutt’ora, quando aveva visto il suo stesso oro espandersi dal corpo che era la fonte originaria della sua magia… lì c’era stata una sorta di comprensione profonda, che la aveva come rasserenata, che le aveva assicurato che nulla di male sarebbe accaduto a Frisk se lo avesse fatto avvicinare.
Un riverbero di magia scoppiettò sul fondo del suo occhio destro, come a volersi manifestare imitando gli eventi di quei ricordi. Una sensazione di scomodità le irrigidì il petto fin dentro l’anima… conflitto, ecco cos’era… si sentiva in conflitto, per un buono a nulla del genere… perché…?
. . .
Non poteva rispondere a questa domanda.
Sospirò, sperando che il gesto avrebbe alleviato il ricordo di quelle sensazioni, ma servì purtroppo a ben poco. Riprese comunque il suo precedente lavoro di ricerca, perché a breve si sarebbe dovuta ricongiungere a Frisk all’anfratto con la panchina e il Fiore dell’Eco; avevano convenuto che quello sarebbe stato il posto ideale per ridurre lo sforzo fisico richiestole dal teletrasporto ed evitare, al contempo, che Frisk si inoltrasse troppo dentro Waterfall. Il passo successivo sarebbe stato, ovviamente, darsi una ripulita prima che qualcuno a parte la sua amica la vedesse in questo stato pietoso ( buttandosi direttamente nel fiume, perché i suoi vestiti avevano un aspetto rivoltante ).
Udì in lontananza degli spruzzi d’acqua e i suoi sensi si misero immediatamente in allerta: qualcuno aveva disceso gli scalini che portavano alla discarica e aveva appena affondato i piedi nel liquame.
Chara si sporse leggermente per controllare il nuovo quanto inatteso arrivato e si stupì di scoprire che era Undyne. Ignorava il motivo per cui la guerriera si trovasse lì, ma ben sapeva che sarebbe stato inutile tentare di recuperare la borsa da dove la aveva lasciata senza farsi scoprire. Per ora, sarebbe dovuta uscire per forza allo scoperto, scambiare poche parole con lei e lasciare la discarica come da programma. Per la borsa sarebbe dovuta tornare in un secondo momento.
Come se stesse casualmente passando di lì, Chara lasciò il suo momentaneo nascondiglio e finse di star ancora cercando qualcosa nella spazzatura.
Non alzò lo sguardo finché, tempo un secondo più tardi, Undyne la salutò.
« Ehi, pesciolina, che sorpresa trovarti qui! »
Finse di accorgersi della presenza dell’altra senza sembrare troppo allarmata e mise su un appena percettibile sorriso quando incontrò lo sguardo della guerriera.
« Oh… ciao, Undyne. » Salutò, come a far intendere che fosse stupita dal suo arrivo, ma che non lo avesse trovato sgradito. Sperava che un atteggiamento del genere non avrebbe fatto sorgere nella donna-pesce il sospetto che stesse facendo qualcosa di… losco, in un certo senso. « La… sorpresa è reciproca. »
« E come mai? Sai benissimo che questo posto è fantastico per incontrare ragazze carine! » Replicò Undyne, ridendo alla grossa con un lieve rossore a colorarle le guance scagliose.
« Devi incontrare Alphys? » Domandò lei, alzando leggermente un sopracciglio. « Non un luogo ideale per un appuntamento questo. »
Undyne ridacchiò leggermente, i denti affilati che si intravedevano appena.
« Non hai tutti i torti, pesciolina. Ma, in fin dei conti, se si sta bene assieme il luogo conta ben poco! » Replicò la guerriera, poggiando le mani sui fianchi. « Ma, ehi, che ci fai tu qui senza la girina? »
Chara resistette all’impulso di sospirare. Sapeva che una domanda del genere sarebbe presto o tardi arrivata. Beh, fortuna che aveva pensato ad una scusa nel frattempo.
« Ho perso una cosa stamattina… Mi è scivolata nel lavandino e sono qui per cercarla. »
Vago, certo, ma non abbastanza da risultare sospetto, perché rispondere che aveva perso uno spazzolino o qualunque altra bazzecola sarebbe risultato ancora più sospetto.
« Mi spiace informarti che hai cercato invano. Queste sono solo le ‘fogne degli umani’, per così dire. Le nostre sono da tutt’altra parte. » Le rispose Undyne con un sorriso desolato, avvicinandosi per tirarle una pacca sulla spalla. « E non ti consiglio di andarci a ravanare, non sai mai cosa potresti trovare là sotto! »
Chara annuì, cercando di contenere la smorfia sul suo viso a causa dell’eccessiva forza impressa da Undyne in quella sua dimostrazione d’affetto. Se doveva essere onesta, non aveva mai saputo fino ad ora che ci fosse una differenza tra le due fogne, ma aveva senso da un certo punto di vista. Se in questa discarica si fossero ammucchiati sia i rifiuti dei mostri, sia degli umani, dubitava ci sarebbe stato anche il più piccolo spazio per camminare.
« Non te l’ha gettato ‘per sbaglio’ il bradipo qualunque cosa fosse, vero? » Le chiese dunque la guerriera, con un sopracciglio alzato in segno di intesa.
Chara cercò di astenersi dal mostrare una qualsiasi reazione fisica alla menzione di Sans.
« No, direi di no. » Rispose, scostandosi dalla donna-pesce, ora più desiderosa di prima di andarsene. « Ho solo sprecato il mio tempo qui. »
Possibile che Undyne volesse trattenerla lì fino all’arrivo di Alphys? Voleva solo tornare da Frisk dove sapeva che quell’accidenti di mostro non sarebbe stato nominato neanche per sbaglio, e che diamine!
« Chara, va tutto bene? »
Chara allargò gli occhi e ringraziò mentalmente di star dando le spalle ad Undyne, o alla sua insegnante non sarebbe sicuramente sfuggito il suo cambio repentino di espressione.
« Perché me lo chiedi? » Domandò, invece di rispondere in modo veritiero. No, non c’era niente che andava bene, ma per qualche assurdo motivo non sentiva di poterlo confessare apertamente ad Undyne ( come invece avrebbe voluto fare ).
Decise di voltarsi lentamente, cercando di mantenere uno sguardo più vuoto possibile di qualunque emozione. Evitare di guardarla in volto, d’altronde, sarebbe stato un segno fin troppo palese di disagio.
Undyne la stava guardando con la testa inclinata da un lato, le sopracciglia lievemente aggrottate dalla preoccupazione.
« Beh… magari è solo una mia sensazione, ma non mi sembra che le cose stiano andando bene dalle tue parti… » Provò a spiegare la donna-pesce, alzando gli occhi come se stesse cercando le parole adatte per esprimersi, le braccia incrociate al petto. « Voglio dire, mi sembrate un po’ tutti giù di morale all’improvviso… ho ragione, o no? »
Chara distolse brevemente lo sguardo. Immaginava che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che qualcuno notasse l’atmosfera un po’ tesa e sconsolante che si respirava da Snowdin in giù e che qualcuno che era particolarmente vicino a loro cominciasse a farsi due lecite domande… qualcuno come Undyne.
« Hai ragione. » Replicò, optando per la sincerità per due principali ragioni: primo, non voleva mentire ad Undyne più di quanto fosse necessario; secondo, la sua bugia sarebbe risultata fin troppo palese.
« E… posso conoscerne il motivo? » Proseguì la guerriera, con una cautela percepibile nella voce.
Chara si ritrovò a stringere impercettibilmente le labbra. Avrebbe dovuto sapere che la domanda successiva di Undyne non avrebbe potuto essere altro che quella. Certo che poteva conoscerne il motivo, doveva conoscerne il motivo, perché ne andava della sicurezza di tutti loro e Undyne era la più adatta e valente ed esperta per questo genere di emergenze tra coloro che conosceva… ma… si scoprì incapace di confessarlo… perché Frisk e le sue parole le ritornavano alla mente, cucendole le labbra ogni qualvolta tentava di aprirle.
« Ognuno di noi merita di avere più di una sola possibilità, una terza o una quarta persino, se è disposto a cambiare in meglio. »
Tante possibilità per una sola vita… era davvero possibile una cosa del genere? Poteva davvero quel mucchio d’ossa testardo capire che aveva sbagliato, che avevano un disperato bisogno di sapere, e che senza il suo aiuto cavarsela da sole sarebbe stato tremendamente complicato?
Lei non ci credeva… faticava a crederci… ma la sua migliore amica restava ancora di tutt’altro avviso. E lei, in quella ragazzina dal sorriso sempre tanto buono, credeva più fermamente che in qualunque altra cosa.
“ Spero tu abbia ragione, Frisk. ” Pensò, con una speranza tenue, ma vera pur nella sua non eccessiva intensità. “ Non sbagliare proprio questa volta… ”
Rilassò la mano destra che aveva inconsapevolmente stretto in un pugno e si accinse a rispondere ad Undyne.
« Sì… ma… non ora… mi dispiace… »
Avrebbe aspettato solo fino alla fine di quella giornata, per un cambiamento, per un segno, per una prova, che fino ad allora tutto ciò in cui aveva creduto era sempre stato frutto del dolore e della disillusione che il mondo le aveva offerto invece del calore e dell’affetto prima di incontrare Asriel… prima di incontrare Frisk.
Attendere oltre sarebbe stato un azzardo enorme ed era certa che persino Frisk era fin troppo consapevole della cosa. O Sans avrebbe parlato oggi, evitando loro di far presente ad Undyne la sua mancata collaborazione, o mai più. Lo sperava con tutto il cuore, lo sperava per Frisk e per… per Papyrus, anche. Perché lei ed Asriel avevano sempre cercato di dirsi tutto, di avere un rapporto aperto e di fiducia reciproca, anche nei casi in cui erano i suoi pensieri di odio a costituire una rabbiosa confessione.
“ Dimostrami che tutte le persone possono cambiare… imparare… sfruttare il buono che c’è dentro di loro. Dimostramelo, Frisk… ti prego. ”
Appena quel pensiero sfumò lontano nella sua mente, sentì la mano squamosa di Undyne posarsi di nuovo su una delle sue spalle.
« Non preoccuparti, pesciolina. Potrai correre da me in ogni momento quando ti sentirai pronta, va bene? »
Chara assentì piano con la testa.
« Lo so… » E frenò un altro sospiro, l’ennesimo quel giorno. « Lo farò. »
Lo avrebbe fatto, sia che Sans avesse messo la testa a posto oppure no.
 
 
Sin da quando aveva pochi anni, non le era mai piaciuta la solitudine. Aveva sempre preferito la compagnia, la sensazione di condividere un ambiente con qualcuno, il sentire un’altra voce riempire il silenzio, o persino il rumore di un respiro al di sopra del suo… qualsiasi cosa, pur di non sentire il vuoto disagioso che la solitudine – triste sinonimo di emarginazione nella sua testa – le aveva sempre portato. E questa sua… antipatia, se così poteva essere definita, non aveva potuto che intensificarsi con gli anni, perché a suo discapito era stata costretta ad imparare a sopportare la solitudine, a conviverci, perché non aveva potuto fare altrimenti. Alla fine, non era riuscita a fare nessuna delle due cose – e i risultati si erano ben visti. Aveva scalato una montagna considerata maledetta, era caduta in una voragine nel terreno e aveva stretto amicizia con un'intera razza, diversa dalla sua certo, ma a primo impatto così stranamente familiare e... accogliente; ritrovare dopo tanto tempo un qualcuno che aveva ormai dato per perduto, era questa la sensazione che la aveva accompagnata durante la sua primissima linea temporale, in cui si era fatta tanti cari amici in un tempo sorprendentemente ridotto. E una persona che aveva stretto un numero spropositato di amicizie non avrebbe mai potuto avere occasioni per starsene un po’ da sola, giusto?
Eppure, eccola lì, in quell’anfratto così tanto solitario di Waterfall, sola come non lo era stata in settimane, incapace di riflettere su sé stessa – non voleva riflettere su sé stessa –, troppo giù di morale per riflettere sui suoi amici, che aveva deluso in un modo o nell’altro, che aveva ferito in un modo o nell’altro.
Per quanta delusione, amarezza, rabbia avesse sentito il giorno prima, non avrebbe dovuto andarsene quando Toriel ed Asgore si erano rivolti a lei per una spiegazione, per un aiuto… non avrebbe dovuto evitare almeno di accennare a Papyrus che la faida creatasi nella sua stessa casa aveva un’origine precisa… non avrebbe dovuto coinvolgere Chara in un qualcosa in cui lei non voleva essere coinvolta e per cui si era adirata come mai Frisk la aveva vista adirarsi… ed in cima a tutto questo… non avrebbe dovuto gridare contro Sans, urlargli contro assolutamente alterata e priva di freno. Nessuno vorrebbe sentirsi dire cose simili in generale, senza contare che Sans era certamente più grande di lei – per quanto giovane potesse essere e sembrare, lui era comunque un adulto… e lei si era permessa di mancargli di rispetto. E cosa era accaduto proprio a causa di ciò? Sans stava quasi per farsi uccidere da quella creatura, quell’essere senza forma e senza essenza, che poteva entrare dentro di lui così come poteva farlo lei tramite la Sintonia. L’ansia e la paura le avevano inondato e stretto l’animo quando aveva percepito la vita dello scheletro affievolirsi sempre di più, come una candela esposta ai venti, ed era stato quasi troppo tardi per salvarlo. Stava per perderlo, faticava ad accettare tutt’ora che quel pensiero corrispondeva a realtà, e non poteva non sentirsi almeno in parte responsabile… perché non era riuscita a rendersi affidabile abbastanza agli occhi di Sans quando ancora ne aveva avuto il tempo, perché il suo amico non aveva visto in lei qualcuno in grado di aiutare… era stato un pensiero sciocco, perché mai avrebbe dovuto in fondo, lei era più piccola di lui, lei aveva commesso un errore madornale ed imperdonabile una volta
Si costrinse a trarre un sospiro, cercando di impedire ai suoi pensieri di portarla , dove non aveva voluto andare sin da quando si era unita a Sans con la Sintonia, per la prima di molte occasioni successive. E ricordò ciò che Chara le aveva detto, che non poteva sempre addossarsi la colpa per ogni fattaccio o guaio che accadeva… ma come poteva non sentirsi responsabile in questo particolare caso, con quello che aveva rischiato di perdere per un altro errore, per altra impulsività?
A volte, si domandava se la sua caduta nell’Underground avesse portato più fastidi che gioie ai suoi abitanti… era un pensiero fugace, certo, ma le stava ormai pungolando insistentemente la testa da un po’ e non aveva ancora trovato una risposta che potesse metterlo a tacere.
Ed era stanca adesso di riflettere, di trascorrere del tempo da sola con sé stessa, perché questo tipo di pensieri insorgevano in modo particolare in simili momenti di solitudine, la solitudine che disprezzava con tutta sé stessa.
Si alzò con un movimento un poco stizzito dalla panchina vicino al Fiore dell’Eco – quel fiore di cui non era ancora riuscita a riconoscere la voce intrappolata nei suoi petali – e si avvicinò al fiume, sperando che la vista dell’acqua potesse rasserenarla. Era limpida come un innaturale specchio quel giorno, scorreva senza quasi emettere un rumore, i sassolini immobili sul fondo non producevano scricchiolio alcuno.
Vedendo quella distesa così indisturbata e liscia, invece, desiderò solo interromperne il pacifico fluire, magari gettando via il pugnale di Chara, grave fonte di turbamento per lei, e lasciare che quelle acque lo ingoiassero. Avrebbe potuto farlo, il pugnale sedeva silenzioso sulla panchina alle sue spalle, l'altra ragazzina non sarebbe stata capace di recuperarlo, perché Chara non sapeva nuotare esattamente come lei… ma non doveva. Aveva detto a Chara che se lo sarebbe portato sempre con sé, e per questo lo avrebbe fatto, seppur a volte il leggero tintinnare dell’arma nella sua solita borsa la facesse trasalire impercettibilmente.
Espirando attraverso il naso, si sedette vicino al bordo del fiumiciattolo, ad osservare il fondale e le ombre dei piccoli pesci che si proiettavano sui sassolini del fondo. Se la vita fosse stata semplice e priva di increspature come quell’acqua, non metteva in dubbio che molti dei suoi problemi avrebbero già trovato una loro soluzione, o non sarebbero esistiti sin dal principio. Ma una vita del genere, senza scosse, senza increspature, sarebbe stata priva non solo di problemi, ma anche della complessità di sentimenti, relazioni, pensieri, emozioni, dei significati nascosti dietro ad uno sguardo o un sorriso, della ragione per cui le anime sono tanto preziose per ogni essere vivente. Una vita del genere non valeva la pena di essere vissuta, in fondo... il suo era stato solo un pensiero davvero infantile. Ma poteva permettersi di avere pensieri infantili ogni tanto, perché non era adulta, era ancora nell’età di mezzo tra l’infanzia e la maturità… ed era facile scordarselo, quando per lei erano passate ben più di quelle tre settimane adesso, quei quattro giorni la prima volta, una settimana lì, un mese là, per chissà quanto tempo… e quando il potere di cui era custode la faceva sentire come ‘in carica’ di tutte le cose che succedevano intorno a lei e responsabile di farle funzionare al meglio.
Toc. Toc.
Frisk sbatté sorpresa le palpebre ed alzò la testa.
Fu un po’ stupita di vedere uno scheletro di sua conoscenza sostare sul ponticello in legno, il dorso della mano ancora poggiato contro la roccia della parete. Non si era resa conto di non essere più sola.
« Toc, toc. » Ripeté a voce lui, con un sorriso appena accennato, velato da un raro cenno di timidezza.
L’espressione sorpresa della ragazzina si sciolse in un altrettanto leggero sorriso.
« Accomodati pure. » Replicò, senza pensarci.
« Uh… ah… mi hai rovinato la battuta, piccola. » Disse imbarazzato Sans, strofinandosi una mano dietro al cranio.
Frisk ridacchiò piano, accorgendosi solo adesso dell’errore.
« Scusa. Non ero pronta. » Mormorò, coprendosi leggermente le labbra curvate verso l’alto. Non era stata pronta in tutti i sensi in verità, non solo riguardo a quella battuta. Non si era aspettata di essere raggiunta lì da nessun altro che non fosse Chara, figuriamoci da Sans. Era seguendo la profonda amarezza lasciata dalla scia dei suoi recenti pensieri che lui era stato in grado di trovarla? Non poteva affermarlo con certezza, e il silenzio che era sceso su di loro si era fatto velocemente scomodo, troppo velocemente per essere interrotto da una domanda simile.
« Posso… restare? » Le chiese con evidente esitazione Sans, un’esitazione che le fece strano sentire per una volta nella voce dell’altro.
« Certo… non devi chiedermi il permesso. » Rispose, distogliendo lo sguardo nel mentre.
Il fatto che Sans lo avesse invece ritenuto necessario la aveva messa un poco a disagio, ma ammetterlo ad alta voce non sarebbe stata una buona cosa.
Lo sentì sederle accanto dopo qualche secondo e Frisk si trovò in difficoltà nell’intavolare una conversazione che avrebbe tenuto lontano quel silenzio tanto disagioso. Non aveva idea di cosa dire… e le venne il dubbio che, forse, non era l’unica ad avere questo problema.
« È da molto che hai scoperto questo posto? » Le domandò Sans, con una confidenza che le parve solo un’apparenza – che era solo un’apparenza. Non ricordava il momento esatto in cui aveva iniziato a cogliere quelle piccole sfumature che, se notate, potevano suggerire i veri stati d’animo del suo amico; si era semplicemente resa conto un giorno di questo cambiamento e, da allora, era stato sempre così. E non poteva non pensare con amarezza che, se magari avesse notato prima queste piccolezze, ora le cose sarebbero state diverse. Non era davvero una buona osservatrice come Sans stesso le aveva detto una volta.
« Direi di no… vieni qui spesso, per caso? » Replicò, con l’unica domanda di cui le interessasse conoscere la risposta. O, aggiunse tra sé e sé, Sans la aveva davvero trovata grazie alla Sintonia e la aveva raggiunta per un motivo specifico?
« Abbastanza… » Confermò lui – e non era tutta la verità. « È tranquillo… e i pensieri scivolano via velocemente. »
Non era tutta la verità, c’era altro nella sua voce che la spingeva a credere che la sua supposizione non espressa fosse corretta, ma Frisk scelse di restare in silenzio sulla questione.
« Già… è vero. » Bisbigliò, in mancanza di altro che potesse dirgli. Quando mai era stato così difficile parlare con Sans? Non si sentiva offesa o delusa dal suo comportamento, lo era stata, certo, ma questo era nel passato ormai.
Forse, il problema non era la presenza di Sans in sé, ma quel suo senso di colpa che le aleggiava dentro l’anima da quando si erano parlati la sera precedente. Chara le aveva detto di smetterla di sentirsi sempre responsabile per ogni cosa che accadeva, si ricordò di nuovo, ma chiedere a lei di fare questo sarebbe stato come chiedere ad un uccellino di spostarsi zampettando invece che volare. Non impossibile, ma neanche così semplice da modificare come comportamento.
Percepì allora lo sguardo di Sans su di sé, quasi insistente nel cercare un contatto visivo con lei, e poteva quasi vedere nella sua testa il brillare speranzoso delle luci nelle sue orbite.
Alzò il capo, scostandosi nel frattempo la frangia dagli occhi, non capace di negarglieli come aveva fatto durante quella discussione, in cui lo aveva visto così perso, smarrito, addolorato, che il solo ripensarci le faceva annodare leggermente lo stomaco.
L’unica parola che ritenne adatta a descrivere l’emozione nello sguardo di Sans fu ‘affranto’, tanto affranto.
« Piccola… scusami… sono tanto dispiaciuto per ciò che è successo. Credimi, per... p-per favore. »
Frisk si dovette trattenere dal farsi venire gli occhi lucidi davanti a lui. La aveva pregata, come se fosse convinto che da lei non avrebbe più ricevuto un solo grammo di fiducia, ma lei glielo aveva già concesso la sera prima e lui lo aveva sentito, era certa che lui lo aveva sentito, eppure… eppure era stata comunque p-pregata
Sospirò, un sospiro che si sforzò di non buttare fuori del tutto, perché si sarebbe spezzato a metà strada se lo avesse fatto. Sperò di riuscire a mantenere una voce abbastanza ferma nel momento in cui aprì bocca – e già era stato difficile persino schiudere le labbra.
« Hai prima perdonato te stesso? »
Sans abbassò brevemente lo sguardo, passandosi una mano sul capo. Nervoso… lui era nervoso.
« Suppongo di sì… all’incirca… u-uhm... »
Non si accorse di aver preso a fissarlo finché non vide quel poco di sicurezza che lo scheletro aveva cadere di fronte ai suoi occhi.
« Non proprio... » Confessò lui, e Frisk si pentì di averlo inconsapevolmente costretto a fare quell’ammissione. Non aveva potuto impedirselo e tanto meno accorgersene in tempo, perché le era stato evidente sin dal primo secondo che non c’era sincerità in quella risposta e lo aveva… aveva messo su quello sguardo severo senza proprio rendersene conto. Per sua fortuna, Sans proseguì, forse perché lui sapeva leggere gli altri meglio di lei e doveva aver intuito che non era stata sua intenzione guardarlo in quel modo. « Ma ho impiegato comunque troppo tempo per arrivare a… a chiederti scusa… avrei dovuto farlo subito. »
Frisk allargò un poco gli occhi a quel punto.
« Chiedermi… scusa? » Ripeté, inclinando in confusione la testa. « Io… io non pensavo… io ti ho urlato contro, me ne sono andata nonostante tu volessi che restassi… e mi dispiace… ero arrabbiata, ma non avrei dovuto fare così… » Si bloccò e fu davvero complicato per lei riprendere. « Dovrei essere la prima a scusarmi e... e non l'ho fatto, non lo sto facendo… »
E non gli aveva chiesto ancora scusa nemmeno per non essere stata abbastanza di conforto per lui, per non aver reso la sua presenza un qualcosa che lui poteva solo associare con rassicurazione, gentilezza ed accettazione
« Io ti ho fatto un torto per primo, Frisk… » La contraddisse Sans e la ragazzina lo guardò attonita per quell’interruzione inattesa. « E il tuo… il tuo non è stato nemmeno un torto, è stata una reazione normale e giustificata. »
E Sans, con sua sorpresa, continuò.
« L’unico che si deve scusare qui sono io, perché… perché hai sempre cercato di aiutarmi, di consigliarmi la cosa più giusta e sicura da fare, non solo per me, ma anche per… per Papyrus. Ma, durante tutto questo tempo, è come se mi fossi approfittato di te, come se ti avessi sfruttato. Non ti ho dato la fiducia che meritavi di ricevere, ti avevo assicurato cose che non avevo mai avuto intenzione di darti… nonostante sapessi, dentro di me, che quello che stavo facendo era sbagliato… e ti ho messo in pericolo, e ho messo in pericolo molti altri perché ero sicuro di quello che stavo facendo, perché non ho mai pensato per un solo secondo di mettermi in discussione… e mi dispiace tanto, piccola, sono davvero dispiaciuto, ero così spaventato dall’idea di parlare con te, non volevo che mi facessi domande a cui non p-potevo rispondere, non volevo che ti facessi domande pericolose su di me… mi d-dispiace… »
Più le parole di Sans le arrivavano dentro intrise di forte amarezza e rimpianto, più Frisk si stava ritrovando impossibilitata a mantenere la distanza che, seppur infima, la stava separando da lui – non riusciva ad ascoltarlo senza sentire la propria anima creparsi.
Gli si avvicinò, poggiò discretamente la testa contro la sua spalla, e lo abbracciò più forte che poté, cercando di fargli capire che non era più arrabbiata con lui, che non lo riteneva indegno della sua fiducia, che gli voleva bene a dispetto di tutto.
Sans era trasalito un poco sotto le sue dita.
« P-piccola… cosa…? »
« Ti avevo già perdonato quello stesso pomeriggio. Sai che non riesco a restare arrabbiata a lungo con gli altri… non importa quanto grande sia il torto nei miei confronti… » E aveva sussurrato l’ultima frase a bassa voce, al punto da farla suonare come una constatazione diretta a sé stessa più che a lui. « Ieri sera volevo solamente farti capire che… non doveva essere la fine di tutto, solo perché credevi di aver commesso troppi errori per meritarti il perdono… stavi penalizzando te stesso in un modo orribile e non volevo che tu arrivassi ad odiare chi sei, l’amico che mi ha sempre fatta ridere, che nonostante tutto non ha mai smesso di volere la felicità degli altri, che è capace di lottare e di fare la differenza, anche se non pensa di esserne in grado… »
Sentì Sans sempre più immobile, sempre più congelato fra le sue braccia, come se volesse fare qualcosa, ma si stesse obbligando a restare fermo. Frisk cercò di incoraggiarlo a ricambiare il suo abbraccio, e l’unico risultato che ottenne fu il poggiarsi esitante della mano dello scheletro sui suoi capelli, timorosa anche solo di sfiorarli. Alzò allora la testa per incontrare il suo palmo, avendo ormai più che compreso la natura di quell’esitazione. Non era una bambola di porcellana, non si sarebbe rotta per un tocco, Sans doveva capirlo.
« Pensi queste cose di me… persino ora…? » Lo udì sussurrare dopo qualche secondo, con un’incredulità stanca, sospirata. « Perché? »
Frisk si dispiacque nell’udire così tanto ma esausto stupore nella voce dell’altro. Gli passò la propria mano dietro la schiena con un movimento rotatorio, lento, cercando di appianare la tensione della sua postura mentre gli rispondeva. 
« I tuoi lati negativi sono solo una parte di te, una delle tante, non sono tutto ciò che sei… e non sono scolpiti nella pietra, puoi correggerli, puoi farlo davvero se lo vuoi… non sei una cattiva persona, Sans… non devi pensarlo, perché non lo sei… »
Si strinse ancora di più contro di lui, cercando di incoraggiarlo ad avere un contatto, di fargli comprendere quanto liberatorio avrebbe potuto essere se solo lo avesse fatto. Non doveva vergognarsi di abbracciarla, lei non desiderava nient’altro che quello in questo momento, un abbraccio da lui, ma il suo amico era così insicuro
Lo sentì sobbalzare impercettibilmente in risposta al suo gesto e temette di aver sbagliato ad essere così insistente… per fortuna, fu solo una reazione momentanea. Passata l’incertezza iniziale, Sans accolse il suo abbraccio con un sospiro così pesante, così tremante, che Frisk sentì la sua cassa toracica abbassarsi improvvisamente sotto la guancia che vi aveva posato sopra. E venne stretta forte, tanto forte a lui, come se Sans non volesse lasciarla mai più, come se avesse paura di lasciarla andare.
Cercò subito la sua mano dopo aver letto in quell’azione un altro chiaro segno di insicurezza. La strinse nella propria quando la trovò e la Sintonia venne stabilita nell’istante stesso in cui le loro dita si intrecciarono.
Mi dispiace così tanto, questo Sans le stava comunicando con profonda tristezza, vergogna, la quale seppur attenuata non accennava ancora a sparire.
Lo so, gli rispose lei, con l’affetto infrangibile che nutriva nei suoi confronti, ti ho perdonato, ti voglio bene, non è cambiato nulla. Percepì l’anima di Sans rasserenarsi pian piano a contatto con i sentimenti positivi che lei stava cercando di trasmettergli, per ridare nuova sicurezza alla loro amicizia, ristabilire un equilibrio nelle emozioni di entrambi.
Non seppe quanto tempo rimasero così, un’ora, un minuto, un secondo avrebbero potuto avere la stessa durata – e non avrebbe avuto, comunque, nessuna importanza. Nel momento in cui aveva sentito i suoi capelli venire accarezzati con un affetto e una sicurezza che le era mancata, il legame della Sintonia aveva cominciato ad affievolirsi poco a poco, fino a scomparire silenziosamente. Nessuno dei due fece ancora un movimento per separarsi dall’altro, né sembrava intenzionato a farlo tanto presto.
« Grazie, piccola. » Udì Sans mormorare. « Ti ringraziodal… profondo della mia anima. »
Frisk sollevò la testa e il sorriso in parte restaurato dello scheletro, naturale nell’inclinazione delle sue estremità, contagiò anche lei.
« Sono contenta che ti senti meglio. »
E, cosa ancora più evidente, era che anche le luci bianche dei suoi occhi parevano sorriderle, finalmente non più escluse dal mostrarle una serenità che, per una volta, non era finzione.
« Eh… starò persino meglio quando terrò fede a ciò che ti avevo detto. » Affermò lui. « Voglio farti sapere come stanno le cose… e voglio partire dall’inizio. »
 « Davvero? » Esclamò Frisk a bassa voce, strabuzzando un poco gli occhi. Lei… non poteva credere, si era finalmente deciso a…?
Sans annuì, distendendo ulteriormente il suo sorriso.
« Sì… davvero. » Confermò, abbassando brevemente gli occhi. « Sempre se vorrai ancora ascoltarmi… »
Lei gli sorrise gentilmente, parecchio sollevata che avesse cambiato idea e fosse ora disposto a metterla al corrente di ciò che stava accadendo, di ciò che era già accaduto, forse anche a costo di dover raccontare avvenimenti della propria vita non esattamente piacevoli.
« Certo che voglio ascoltarti. Lo vorrò sempre. » Lo rassicurò, inclinando un poco il capo, non potendo fare a meno di tenere a freno tutta la curiosità che malgrado sentiva.
Sans inclinò a sua volta la propria, dedicandole un’ultima carezza affettuosa sui capelli e scompigliandole leggermente le ciocche castane nel processo.
« Cosa mai ho fatto per meritarti, piccola? »
« Non sapevo fosse necessario aver fatto qualcosa di memorabile per conquistarsi la mia compagnia. » Rispose lei, a metà tra lo stupore ma la voglia di scherzare e così ravvivare un po’ l’atmosfera. La sua risposta ebbe l’effetto desiderato, perché un ridacchiare tranquillo provenne dallo scheletro.
« O, semplicemente, ti sottovaluti troppo. » Le disse, strizzandole un occhio mentre ridacchiava, e lei con lui, seppur con un cenno di imbarazzo – tutt’altro che sgradito, ovviamente.
« Forse, e-eh. »
E, forse, era perché Sans aveva bisogno di essere un po’ giocoso che era stata al gioco, perché vi era una tensione distinguibile per lei nel resto del corpo dell’altro. Lui aveva davvero temuto tanto e stavo ancora temendo questo momento, e non si sarebbe rifiutata di accomodarlo nemmeno tra un milione di anni. Aveva percepito la sua paura ieri, era stata una paura intensa e vecchia, che lui doveva essersi trascinato dietro a lungo… e quella paura la aveva avvertita e la stava avvertendo, avvertendo che le ragioni dietro all’evasività del suo amico erano assolutamente fondate. E lui… lui doveva aver paura di perderla come amica, se aveva cercato di celare quante più cose possibili su di sé.
Sentì la propria mano venire stretta con una leggera decisione ed intuì che quella di Sans non sarebbe stata una spiegazione a parole, bensì una condivisione di ricordi, come la avevano già avuta in precedenza.
Nonostante quello stringere così sicuro, l’espressione sul volto del suo amico non poteva vantare il medesimo grado di sicurezza.
« Piccola, adesso… qualunque cosa vedrai, voglio che tu sappia… non ti potrei mai fare del m-m… male, ok? So che l’ho fatto in passato anche se non lo ricordo personalmente, il reset me lo ha fatto dimenticare, ma ora… non oserei alzare un dito su di te, non potrei, n-non ci riuscirei… e se cambierai opinione su di me, se non vorrai più avere un rapporto con me… sappi che capirò… e ti lascerò andare… »
La mano di Sans tremò fra le sue dita e fu istintivo per lei poggiare la propria sul dorso di quella dello scheletro, cercando di placare quei desolanti e probabilmente giustificati tremori. E quella fu la conferma, perché lui aveva davvero paura di essere allontanato, di essere temuto… e Frisk non capiva perché lei avrebbe dovuto temerlo, quando Sans non le aveva mai dato motivo per avere simili ansie. C’era stato solo un caso, in cui Sans aveva usato la violenza su di lei… e lo aveva fatto perché era stato inevitabile e necessario.
« Sono stata io a costringerti a farmi del male quella volta, non potevi fare altrimenti… e, se tu non lo avessi fatto, nessun altro avrebbe potuto salvare me e salvare tutti quanti… » Fu il suo turno, ora, di cercare gli occhi dello scheletro, per assicurarsi che vedesse la verità nelle sue parole e che la assorbisse, sperando che col tempo la avrebbe poi accettata. « È grazie a te che posso abbracciare ogni giorno la mia migliore amica, che posso ancora vedere i miei altri amici, che sono ancora qui… ancora prima che io credessi in te, sei stato tu a credere per primo in me e io… io me ne sono dimenticata. »
Scosse brevemente la testa, cercando di mettere da parte quei ricordi che stavano di nuovo riemergendo per torcerle l’anima. Era su Sans che doveva concentrarsi adesso, non su sé stessa.
« Ma non accadrà più, non dimenticherò la fiducia che mi desti in quell’occasione. » Proseguì, con un sorriso nuovamente traboccante di serenità. « Non devi temere il mio giudizio, non potrò mai aver paura di te. Qualunque cosa tu abbia fatto, per quanto grave fosse, so per certo che hai almeno provato a rimediare. Lo fai sempre, devi solo imparare a riconoscertene il merito. »
Sans la fissò per parecchi secondi, le luci nei suoi occhi tremolanti di un miscuglio di emozioni difficilmente scindibili. E poi… lui rise, rise tanto fragorosamente che Frisk si sentì quasi stranita da quell’alzarsi di tono nella voce di Sans, sempre bassa e profonda, ma che adesso aveva raggiunto come minimo un’ottava in più. Era surreale, particolare sentirlo ridere così immensamente di gusto, però… non era un suono per nulla spiacevole, anzi, tutto il contrario.
« Dovrai spiegarmi un giorno dove sta il trucco… dove trovate tu e Papyrus la forza e la convinzione per guardare laddove nessuno oserebbe, per… per credere, che c’è sempre del buono in ognuno. »
Frisk increspò le labbra in un sorriso quieto, disteso, una copia molto vicina all’originale tanto bello ma tuttavia inimitabile che le stava di fronte.
« Credere che tutti noi abbiamo il potenziale per essere il nostro miglior noi stessi possibile... solo questo. » Gli rispose, con voce sofficemente ispirata. « È stato Papyrus ad insegnarmelo. »
Sans allargò momentaneamente gli occhi, prima di distogliere lo sguardo dal suo. Le luci nelle sue orbite erano un accenno sfocate, come se stesse riflettendo su qualcosa, qualcosa forse di sfuggevole, o forse tanto intenso da rubare la sua concentrazione per pochi ma sentiti secondi.
« Mi… riesce difficile crederlo, piccola. » Le confessò, un sospiro rassegnato largamente intuibile in quella sua ammissione, che aveva il retrogusto sofferto di una delusione a cui Frisk non seppe assegnare una chiara origine. Forse, lo avrebbe scoperto solo guardando nei ricordi di Sans, perché solo lui poteva spiegarle, lui soltanto.
« Neppure Chara ci riesce, Sans. » Gli disse, cercando di fargli capire che non era lui quello sbagliato, che anche se non era capace lui non poteva essere biasimato per ciò. « È… comprensibile se… se nessuno te ne ha mai dato prova. Non penso si possa conoscere e credere in qualcosa di cui hai ignorato per tanti anni l'esistenza. Non è colpa vostra. »
Si rattristava sempre pensando a quanto Chara doveva aver sofferto in passato per divenire l’anima sfregiata che era all’inizio, piena di un dolore tanto incolmabile e che aveva iniziato a consumarla, a sgranocchiare e strappare ogni pezzo di lei, fino a cancellare quasi del tutto ‘Chara’ e lasciare nient’altro che vuoto, paura, poi rabbia, poi odio… e, infine, profonda, dilaniante sofferenza. Non poteva immaginare una vita così tormentata che neppure Chara stessa era disposta a rivelarle più di quanto non avesse già fatto. Ciò di cui già era al corrente, tuttavia, le era stato più che sufficiente per intuire dove doveva procedere a tentoni con Chara, dove poteva inoltrarsi liberamente e dove, purtroppo, era costretta a fare un passo indietro.
E Sans? C’era stato qualcosa che lo aveva reso tanto sfiduciato, così duro ed implacabile con sé stesso… quel qualcosa che, dietro la maggior parte dei suoi sorrisi, Frisk aveva visto talvolta agitarsi con un’impetuosità vecchia, stanca, sciupata?
« Forse, non lo è… » Udì Sans mormorare e rilasciare il sospiro che la giovane aveva solo precedentemente intuito nel suo tono di voce. « Ma non puoi saperlo per adesso e… non ti mostrerò tutto, ci sono alcune cose che… che non posso farti vedere, per il tuo bene. Capisci, vero? »
Frisk schiuse un poco le labbra, prima di annuire prontamente in risposta.
« Sì, lo capisco... » Mormorò, stringendogli comunque la mano, perché lei era pronta e nessun avvertimento la avrebbe fatta desistere, non ora che era così vicina a conoscere la verità. « Farò del mio meglio, Sans. Cercherò di seguirti ovunque vorrai portarmi. »
Non aveva dubbi sul fatto che Sans avesse visto la determinazione nei suoi occhi. E Frisk seppe cogliere nel suo sguardo che anche lui, pur con tutte le sue insicurezze e paure, era pronto.
La Sintonia si stabilì e la portò indietro, indietro di molti anni, indietro ad un tempo in cui lei non era nemmeno ancora nata.
 

 
 
 
 

Sameko’s side
Ok, ok, per favore, non scannatemi per questo ritardo, vi giuro che l’intenzione era quella di pubblicare per la fine di Ottobre, o al massimo i primi giorni di Novembre, ma ho avuto ( e sto attraversando tutt’ora ) una piccola fase di blocco dello scrittore e non potete capire la fatica e il senso di colpa. ^^”
Parlando della storia in sé ( che sicuramente vi interessa di più ), faremo un salto indietro nel tempo a partire dal prossimo aggiornamento per un po’ di sana backstory so già che qualcuno di voi aspettava da tanto questo momento, non faccio nomi. ;) A proposito di questo, ho una buona notizia e due brutte notizie: la notizia buona è che stavo scrivendo già da tempo l’intera backstory di Sans, mi mancano ancora alcune scene, ma la prima stesura è quasi vicina al suo completamento. I prossimi due o tre capitoli ( vedrò come suddividere in base al conteggio finale delle parole ) saranno dedicati a questo e ad un breve ritorno al tempo presente per chiudere il tutto.
La prima cattiva notizia è che mi trovo davvero in difficoltà sulla decisione del tempo verbale da utilizzare in prevalenza. Sì, sembra una cosa da niente detta così, ma mi sono resa conto che leggere interi capitoli con il trapassato prossimo ( prendete ad esempio la prima metà del capitolo 11 ) potrebbe risultare davvero pesante per il lettore e distaccherebbe troppo da quelli che sono gli eventi che sto descrivendo. Ma, d’altra parte, sento che il passato remoto non renderebbe appieno la sensazione di flashback che vorrei trasmettere. La situazione a grandi linee è questa, e se proprio non riesco a prendere una decisione, sappiate che vi chiamerò a raccolta con un capitolo avviso per fare una votazione. ^^”
La seconda cattiva notizia è che mi riesce davvero tanto difficile buttare giù qualcosa di nuovo in questo periodo e sono qui a chiedervi timidamente un po’ di incoraggiamento in più. ^^" Fate come preferite ( e se avete piacere e tempo di farlo ovviamente ), l’importante è che mi sproniate a darmi una mossa, perché voglio davvero mandare avanti questa storia, ma se faccio fatica a scrivere capite che mi casca tutta la baracca. XD Spero comunque di ritrovare in tempi ragionevoli la giusta ispirazione, se ci sarà un'altra assenza prolungata da parte mia, almeno saprete a cosa è dovuta.
Per questo angolo autore ho finito, ci si sente per il prossimo capitolo!
Baci!
 
Sameko

 
   
 
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