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Autore: KeepLookingHoney    17/11/2017    7 recensioni
Aveva passato l’intera vita a fare di lui il centro della sua ira, e l’ira era tutto ciò intorno alla quale la sua vita ruotasse.
Era con quella che affrontava ogni cosa, dalla più insignificante a quella più grossa. Cosa avrebbe fatto, allora, se avesse perso il centro del suo mondo? Se nulla avesse più avuto un’origine scatenante?
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KatsuDeku || Angst || Inspired by Shape of my heart - 2Cellos and Legends never die - ATC
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A.N: Come specificato in descrizione, la storia nasce principalmente da due canzoni: 
Shape of my heart dei 2Cellos e Legends never die degli Against the current (cliccate sui titoli per sentirle!)
Ma in particolar modo, la prima è quella su cui tutto si basa, quindi se volete, potete usarla come base durante la lettura, tanto si tratta solo di base musicale!
Detto ciò vi lascio alla lettura, ci si becca nelle note finali!



 


Fuoco.
 
Non si riusciva a percepire più nient’altro in quel campo di battaglia.
Odori, suoni, sentimenti. Era tutto andato. Finito dal fuoco, incenerito dalle fiamme.
 
Non aveva fatto in tempo a proteggerlo.
 
O a fermarlo prima che quell’idiota di Deku potesse muoversi -avrebbe detto Katsuki- in modo da essere lui l’eroe da acclamare per aver messo al tappeto quel mostro.
Sarebbe stata senza alcun dubbio la scusa perfetta, quella che avrebbe utilizzato nei giorni a venire e che avrebbe ripetuto ad oltranza, ma questa volta aveva la brutta, bruttissima sensazione che quel pretesto non sarebbe nemmeno servito.
La cenere e l’odore acre delle fiamme e che impregnavano l’aria gli riempivano i polmoni fino a farlo soffocare, ma men che mai, Bakugou, sentiva che quello fosse il motivo per cui non riusciva più a respirare, in quel momento.



Non sentiva più nulla.
Le sue orecchie avevano preso a fischiare come impazzite, ma non per i boati che risuonavano tutt’intorno.
 

Il suo corpo si muoveva da solo, senza vedere dove stesse mettendo i piedi, non sapendo nemmeno da che parte andare. La sua gola era arsa e gli occhi bruciavano tanto, troppo, come mai gli era capitato di sperimentare nella sua intera vita
 

Un urlo straziato e stanco abbandonò la sua gola nella disperazione dell’aver perso tutto.
Tutto.
 

In cuor suo continuava a sperare che quella piccola merda fosse sopravvissuta e lo stesse aspettando da qualche parte per sbattergli innocentemente in faccia di avergli fattoil culo per l’ennesima volta, ma più si muoveva, e più aveva la sensazione di essere in trappola, anche perché quel suo ragionamento non aveva nemmeno senso. Si sentiva come un cane che si morde la coda o un topo da laboratorio costretto nella sua gabbietta. Sentiva che qualcosa non andava in quel loop in cui continuava a ricadere, ma sperava vivamente di non sapere cosa fosse quel qualcosa.
C’era troppo silenzio in quel fracasso di edifici che esplodevano a catena ed urla di aiuto, ed a lui, quel silenzio proprio non piaceva.
 
Continuò a ripetersi che sarebbe arrivato, che quel codardo si stava nascondendo da qualche parte a tremare di paura, ma in fondo non ci credeva nemmeno lui, perché Katsuki sapeva meglio di chiunque altro che Deku non avrebbe esitato a fare un’altra mossa ancora, fino a dare la propria vita pur di salvare quella di qualcun altro.
Trattenne un braccio dolorante con una mano e strascicò la gamba rimasta infortunata nello scontro, urlando per il dolore. Urlò forte, più che poté per far sì che Midoriya lo sentisse.
 
Probabilmente, se si fossero trovati in condizioni ordinarie, Katsuki avrebbe preferito farsi decapitare in pubblica piazza piuttosto che attirare la sua attenzione in modo così patetico, ma in quel momento nemmeno la propria dignità aveva più un valore, di fronte a quello scempio. Avrebbe recuperato nei giorni a venire, quando si sarebbero entrambi rimessi ed avrebbe potuto tirargli l’ennesimo pugno in faccia per averlo fatto cadere ancora così in basso, come al solito.
 
Esattamente come era successo dopo l’esame pratico tenuto con All Might. Quella volta, in assenza di paramedici e supervisori, si era risvegliato sul lettino dell’infermeria ritrovandosi il volto del ragazzo dai capelli verdi fin troppo vicino al proprio. Aveva dovuto mollargli un gancio destro dritto sulla guancia per allontanarlo, lo aveva obbligato. Perché non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva - e probabilmente nemmeno a se stesso - ma quella vicinanza gli faceva ribollire le viscere, e non in senso cattivo come aveva sempre fatto credere. Era un sentimento a lui ancora sconosciuto, acerbo, che non aveva mai avuto occasione di sbocciare e prendere piede nel suo animo, perché era sempre stato troppo impegnato a sopprimerlo ed opprimerlo a favore del suo orgoglio e della sua megalomania; eppure non se ne era mai fatto un problema.
 
Tuttavia,  in quell’istante, si ritrovò a pensare di non essersene mai pentito tanto in vita sua.
Pentito di non aver mai sfruttato quel tempo che spontaneamente Izuku gli regalava di continuo, sin da quando erano due embrioni, due piccole creature adorabili, con gli occhi troppo grandi, troppe aspettative e nessuna unicità per le mani. Si era inconsciamente dato un’intera vita per tenerlo sotto tiro, per averlo accanto, seppur in quel modo insolito, ma era bastata poco più di mezzora per mandare letteralmente in fumo tutto.
 
Tutto quello che aveva, ora era disperso fra le fiamme, il fumo e le macerie.
 
Aveva visto il fragile castello delle sue certezze bruciare davanti ai propri occhi, finire in polvere nera ed intossicarlo fin nel profondo, imbottendolo di velenosi sensi di colpa, rimorsi e poi lasciandolo completamente vuoto.
 
Aveva passato l’intera vita a fare di lui il centro della sua ira, e l’ira era tutto ciò intorno alla quale la sua vita ruotasse.
Era con quella che affrontava ogni cosa, dalla più insignificante a quella più grossa. Cosa avrebbe fatto, allora, se avesse perso il centro del suo mondo? Se nulla avesse più avuto un’origine scatenante?
 
Un vortice di pensieri dolorosi, roventi più delle fiamme che aveva intorno, gli lacerava il cervello e lo faceva incazzare sempre e solo di più; con se stesso, con Deku, col mondo e con quella merda che aveva fatto saltare in aria tutto.
 
Ma ancora più merda sei tu, Deku, che hai parato quell’esplosione col tuo corpo.
L’ho sempre detto che sei un grandissimo idiota, ma non avrei mai immaginato che lo fossi a tal punto.
Dove cazzo sei, adesso, feccia umana?
Mi stai facendo morire lentamente perché non riesco a trovarti, vieni fuori, pezzo di merda!
 
Asciugò le lacrime che gli appannavano la vista sfregando il braccio sugli occhi gonfi e rossi, iniettati di sangue, segnati da vene tanto ramificate da sembrare radici di alberi dalla linfa carminia, urlando per il bruciore e per la frustrazione,  perché nessuno stava ancora rispondendo a quei suoi pensieri.
Perché nonostante non li avesse formulati in parole, sapeva che da soli sarebbero stati sufficienti.
Izuku non aveva mai fallito in quello: aveva sempre percepito ogni singola volta in cui Katsuki era in pericolo, senza che nessuno glielo dicesse. Perché stavolta sarebbe dovuto essere diverso?
 
Non poté fare a meno di ripensare a tutte le volte in cui Deku gli aveva teso la mano, sebbene non fosse realmente in grado di fare qualcosa di concreto. Ricordò come contro quel mostro di melma, lui fosse stato l’unico a correre in suo soccorso, nonostante tutto.
Tantissime volte lo aveva fatto sentire umiliato, terribilmente inutile, ma non avrebbe mai ammesso che in fondo gli fosse grato, e che sotto sotto, sperava di vederlo apparire ogni volta in cui si fosse trovato in seria difficoltà. Lo avrebbe riempito di parolacce e di pugni, poi, ma quello in fondo era il suo modo singolare di ringraziare, e Katsuki sentiva il bisogno di farlo ancora e ancora, fin quando non sarebbero diventati vecchi.
 
Specialmente in quel momento, poi, avrebbe pagato tutto l’oro del mondo pur di avere la possibilità di fargli piovere un’altra raffica di esplosioni addosso.
 
«DOV’È CHE SEI, DEKU DI MERDA? SE MI FAI GIRARE ANCORA A VUOTO, GIURO CHE SE NON SEI MORTO, TI UCCIDO CON LE MIE STESSE MANI.»
 
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, tentando di non dar peso alla parte più dolorosa di quelle parole, fingendo di averle pronunciate solo per dare enfasi alla minaccia e nient’altro.
 
Se non sei morto.
 
Se non sei morto, perché non rispondi?
 
Perché?
 
Non riuscì nemmeno a formulare un ulteriore domanda: si ritrovò a precipitare rovinosamente sul cemento appuntito, ridotto in brandelli, a causa di qualcosa. La gamba infortunata che si trascinava dietro si era inceppata su qualcosa di indefinito, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo accasciare al suolo, senza neanche la forza di opporre resistenza. Del sangue caldo sporcò la superficie sconnessa in piccoli rivoli ed un brivido scosse la spina dorsale del ragazzo, mentre un’ondata di calore gelido lo attraversava da capo a piedi. Un conato di vomito gli percorse l’esofago in risalita, premendo nella sua gola a causa dell’insostenibile dolore che lo affliggeva, nel fisico e nell’anima. Dovette piegarsi in due e reggersi su un solo braccio per rimettere i succhi gastrici lì, fra la polvere, rischiando di soffocare per l’aria rarefatta e satura di polveri nocive.

Sentiva i polmoni strizzati da una morsa, come se un involucro di lunghi chiodi appuntiti stesse avvolgendo con violenza la sua intera cassa toracica e per lo sforzo di fare qualunque cosa, gli facesse esplodere i capillari del petto e del viso. Si sentiva quasi come se la sua stessa unicità gli si stesse rivoltando contro, facendolo implodere in silenzio, lontano dagli sguardi di tutti, riducendolo con gli occhi fuori dalle orbite, il fiato corto e un’infinità di chiazze violacee sparse per il torso.
Ma avrebbe ringraziato ogni entità divina, conosciuta e sconosciuta, se quelle condizioni fossero state dettate dal solo dolore fisico.
 
La sua mano si strinse a piccoli scatti, tentennante, tastando intorno, e quando ebbe la conferma che quel qualcosa che stava stringendo non fosse cemento, si sentì morire poco a poco.
 
Tutto parve come al rallentatore.
 
Il cuore che rimbombava sordo nelle orecchie.
 
L’aria che non entrava più nel suo corpo.
 
Sentiva il sapore metallico del sangue impregnargli la gola per le grida troppo straziate, per il respiro mancante, per le polveri, le fiamme, le ustioni e per la morte che sentiva pervaderlo attimo dopo attimo.
 
Non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo, per vedere a cosa effettivamente quelle dita si stessero aggrappando in modo tanto spasmodico da rendergli le nocche bianche.
Sperava fosse solo un sacco di patate, o una borsa, qualunque cosa, anche la più assurda, fuorché un essere umano.
Voleva accertarsene al più presto, ma allo stesso tempo era così fottutamente spaventato da non riuscire a portare giù gli occhi, con la fottuta paura che potesse trattarsi di una persona. E avrebbe dato di tutto purché non si trattasse di quella persona.
 
Un altro conato di vomito minacciò di risalire, ma si sforzò con tutte le energie rimaste di trattenerlo e ricacciarlo giù, nello stomaco, insieme all’ultimo straccio di sfacciataggine che gli era rimasta fino a qualche attimo prima.
 
Aveva sempre pensato a come far fuori i cattivi, ma non aveva mai fatto i conti col rovescio della medaglia. Con quelle vittime che pian piano sentiva sempre più vicine, di cui sentiva sempre più di essere parte, in un modo o nell’altro.
Non se ne era mai preoccupato, ovviamente.
Era sempre stato troppo concentrato a distruggere tutto con la sua furia, eppure ora era lui a ritrovarsi più distrutto di quell’ammasso di detriti a cui si era ridotta quella città. Sentiva la voglia di vivere volare via nel vento torrido, perché seppur non avesse ancora la risposta certa, Katsuki aveva già avuto tutte le risposte di cui aveva bisogno.
 
Perché anche stavolta, se Katsuki era rimasto vivo, era solo per merito suo.
Se Izuku non avesse parato quel colpo, quella cannonata lo avrebbe di sicuro disintegrato in meno di qualche secondo.
Ma Izuku si era sacrificato per lui.
 
“È la strategia che ho scelto per vincere, Kacchan!” aveva avuto il tempo di dirgli con un sorriso sulle labbra, citando le parole che lo stesso Bakugou, durante l’esame, aveva detto ad All Might.
Poi lo aveva spinto via ed era saltato davanti a lui, proteggendolo come fosse il suo scudo.
 
Non aveva nemmeno fatto in tempo a dargli dell’idiota.
Non aveva fatto in tempo nemmeno a chiamarlo.
Era tutto finito.
In meno di un istante.
 
E sentì la vita abbandonare il suo corpo nell’esatto istante in cui la coltre di fumo lo costrinse ad abbassare la testa per pararsi. Una folata di vento, poi, spazzò via ogni detrito. Dalla sua vista. Dalla cruda verità. Da tutta la sua realtà.
 
Il volto distrutto del ragazzo dai capelli verdi apparve poco alla volta nel suo campo visivo, come un’apparizione, come l’epifania dell’inferno, come il più brutto degli incubi.
La vista annebbiata dalle lacrime non gli consentì di mettere a fuoco i dettagli, ma era più che sicuro che quello a cui la propria mano era aggrappata da un po’, fosse l’ultimo ed unico brandello di quella tuta verde a lui così familiare che non si fosse incenerito insieme al corpo del ragazzo.
 
«Izuku..»
 
Sfiatò, senza voce, senza sangue nelle vene, senza forza.
Senza rabbia.
Senz’anima.
Senza più un senso.
 
Senza più niente.
 
Sentì la sua esistenza svuotarsi di colpo con un sonoro crack. Come una diga rotta, senza margine di recupero. Sentì tutto fluire via da sé in una possente esondazione, e per qualche momento, Katsuki, non sentì più nulla. Il dolore che lo circondava e lo riempiva era talmente forte da annullarlo del tutto.
 
Non sarebbe bastata recovery girl a rimetterlo in sesto. Non sarebbe bastata la soddisfazione di essere stato davvero l’eroe che era riuscito a mettere al tappeto quella bestia, approfittando dell’esatto momento in cui quella era troppo concentrata a far esplodere Midoriya. Sperava di aver smorzato il colpo, di averlo indebolito abbastanza da lasciare in vita il ragazzo, ma non ci era riuscito.
 
Non sarebbe bastato nulla, quella volta.
 
A quel pensiero, un moto di estrema rabbia lo pervase, e con le lacrime a scorrere sul suo viso arso riprese ad urlare come un dannato fra le fiamme dell’inferno.
 
«PERCHÉ? PERCHÉ CAZZO SEI COSI’ IDIOTA, DEKU DI MERDA? CHI TI HA DETTO CHE VOLEVO ESSERE SALVATO? VEDI CHE CAZZO HAI COMBINATO ADESSO? SEI CONTENTO ORA? SEI SODDISFATTO ORA CHE SEI MORTO? TI ODIO, DEKU, TI ODIO.»
 
Continuò ad urlare, strattonando il corpo esanime del ragazzo, completamente bruciato, con le ossa ridotte in polvere, e l’orgoglio stampato su ogni fibra del suo essere, per aver fatto ciò che era giusto.
 
Morire da eroe.
 
Bakugou urlò ancora e sferrò un pugno su quello che un tempo sarebbe stato il torace di un ragazzino qualunque, senza alcun potere, senza qualità, che da sempre era stato il suo migliore amico e a cui non aveva mai saputo dimostrare il proprio affetto come una persona normale.
 
«Ti odio, Deku. Ti odio così tanto..»
 
Mormorò, fra le lacrime e i singhiozzi, senza più fiato né voce, col petto dolente, schiacciato dal rimorso e stretto dall’aria irrespirabile.
 
«Così tanto, Izuku..»
 
Le fiamme continuavano a volteggiare intorno a loro, come da cornice al più triste dei dipinti.
Distanti, silenziose.
Ormai nulla aveva più il potere di scalfirlo, Katsuki.
 
Non sentiva più niente, non vedeva più niente.
 
«Così tanto..»
 
Il vento trasportò con sé quelle parole, bruciandole nella sua scia, lasciandole silenti alle orecchie degli altri.
Non avrebbe sollevato alcun ulteriore richiamo d’aiuto a gran voce. Non avrebbe avuto più alcun senso.
 
«Così..»
 
La sua voce si ridusse ad un sibilo inaudibile, prima di ricadere esausto sulle gambe distrutte, accovacciandosi sul corpo dell’eroe più coraggioso di sempre.
 
E poi il silenzio.

 
 
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20 Aprile 2017 – Okunikko
 
Città assediata rasa al suolo da attacco terroristico in pieno giorno.
Il criminale a capo dell’attacco è stato ritrovato senza vita.
L’identità dell’eroe responsabile della sua morte è ancora da accertare.
Ingenti danni al patrimonio culturale ed urbanistico.
 
Numero sopravvissuti: zero.


 



Writer's corner~

Salve gente! 
Dopo due anni di totale vuoto, ho partorito questa OS piena di angst e lacrime, dopo essermi letteralmente drogata di BNHA. 
Devo ringraziare troppo questo anime perché mi ha fatto ritornare l'ispirazione dopo che nulla ci era riuscito.
E nulla, l'ho revisionata circa cinque volte e non ne posso più, volevo pubblicarla, ero troppo impaziente, quindi se trovate incoerenze nella trama, ditemelo senza problemi!
Detto ciò, non so quando mi ricapiterà di scrivere qualcosa, data la mia situazione di vuoto totale ma questa è già un traguardo.
Se avete consigli, sono sempre bene accetti!
Scusate se queste note fanno schifo ma non sto nemmeno rileggendo ciò che ho scritto.
Un biscottino a chi leggerà fino in fondo e una tazza di latte omaggio per pucciarlo a chi la recensirà!
Grazie a tutti e a -si spera- presto!

 
   
 
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