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Autore: Lola1991    17/11/2017    2 recensioni
-    SEQUEL DI “From the beginning”
Thorin e Laswynn sono diventati re e regina di Erebor; gli anni del loro regno trascorrono pacifici sotto la montagna e i loro figli sono oramai grandi e pronti ad assecondare la volontà della stirpe di Durin.
La prima figlia femmina, Eriu, viene promessa in sposa al figlio di Dáin, Thorin, sui Colli Ferrosi. Dopo aver accettato questa difficile decisione, alla giovane Eriu non resta altro che iniziare una nuova vita lontana da Erebor e imparare ad essere una buona compagna e una buona moglie.
Ma accanto alla comunità dei Colli Ferrosi sorgono le terre selvagge e i villaggi di Rhûn, abitate dagli Esterling e da uomini creduti malvagi e corrotti. 
Vran, giovane cacciatore, incontrerà per caso Eriu, salvandola da una morte certa. La guerra per l’anello incombe, e il male si diffonde sulla Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Ma Vran e Eriu non hanno nessuna intenzione di seguire un destino imposto da altri…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dain II Piediferro, Nuovo personaggio, Thorin III Elminpietra, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XVII
 

Correvo a perdifiato nella foresta, inciampando in radici e arbusti, incurante di graffi e tagli alla pelle.
Era buio, e una leggera nebbiolina rendeva il bosco ancora più sinistro di quanto non mi fosse sembrato a prima vista. Indugiai qualche istante sui grossi alberi intorno a me, alzando lo sguardo al cielo: la luna piena era magnifica e si rifletteva tra le fronde della natura, rendendo l’atmosfera quasi surreale.
Sussultai, riprendendo la mia folle corsa. Non potevo fermarmi: sentivo il mio bambino piangere sempre più vicino.
Svoltai in una radura. La luce della luna si rifletteva sulla superficie di un piccolo rigagnolo poco distante, e notai un uomo che mi dava le spalle. Quando si accorse dei rumori della mia presenza, si voltò.
Era diverso dall’ultima volta che l’avevo visto… quasi del tutto irriconoscibile. Il suo bel viso era trasfigurato dal terrore e tracce di sangue gli coprivano il volto e le mani, che teneva distese davanti a sé, come in cerca di aiuto.
Lo guardai confusa, il respiro erratico. « Vran, cos’è successo? ».
Lui mi fissò sconvolto. « Perché l’hai fatto, Eriu? Perché hai abbandonato nostro figlio? ».
Farneticava, buttandosi in ginocchio, nascondendo il volto tra le mani. Cercai di costringerlo a rispondermi, tirando le sue braccia con forza, disperata tanto quanto lo era lui, ma ancora disposta a lottare, ancora piena di speranza.
« Dov’è il bambino, Vran? », gli urlai dietro.
Gli occhi di Vran si spalancarono, e smise improvvisamente di dimenarsi.
« L’ha preso lui ».
Lasciai Vran dove l’avevo trovato. Non c’era più tempo.
Ripresi a correre più veloce di prima; da qualche parte, nel folto del bosco, il bambino aveva ripreso a piangere.
Ma improvvisamente notai che il bosco stava cambiando: il sentiero che percorrevo saliva su una piccola collinetta, ed i lamenti del bambino sembravano provenire da lassù. Salii a tentoni, tirandomi la gonna del vestito fino alle cosce, affinché non mi intralciasse. Ed infine lo vidi: un altro uomo, voltato di spalle, ma più basso e tarchiato di Vran. Stava in piedi, al limite di un dirupo, lo sguardo perso nel vuoto.
Lo riconobbi ancora prima che si voltasse.
« THORIN! ». La mia voce terrorizzata risuonò per tutta la foresta.
Sorrideva, ma era una sorriso strano, perso, maligno. Tra le braccia, avvolto in una coperta candida, teneva il mio bambino. Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
« Io ti ho dato tutto, Eriu. Tutto », ripeteva a bassa voce, fissandomi. Tentai di fare un passo verso di lui, tendendo le mani per afferrare il piccolo. Lui si ritrasse ancora di più.
« Dammi il bambino. Dammi mio figlio! ».
Lui scosse il capo, sorridendo. Guardò il bambino, accarezzandogli il visetto. Poi mi guardò un’ultima volta.
« No. Lui appartiene a me ».
Lo vidi saltare nel vuoto, con il piccolo Vran in braccio che piangeva disperato.
« NOOOOO! ».
 
Mi svegliai di soprassalto, respirando a fatica. Mi ci volle qualche istante per rendermi conto che non era stato altro che l’ennesimo incubo, e che in realtà stavo bene e mi trovavo al sicuro nella mia stanza. Thorin non aveva dormito con me, e forse era meglio così: se avessi visto il suo volto, dopo quel sogno, avrei avuto più difficoltà a riprendermi.
Mi alzai per cambiarmi. La fascia che avevo attorno al seno era ancora bagnata di latte, che – nonostante i miei ripetuti tentativi e le cure esperte di Bronnen – non aveva ancora deciso di andarsene. Pazientemente, mi cambiai la pezzuola e indossai l’abito scuro da cerimonia previsto per il giorno.
Dáin era morto due notti prima, dopo più di dieci giorni, dilaniato da una febbre altissima che lo aveva consumato davanti ai nostri occhi... lui, incapace di riconoscerci e noi, atterriti dal suo volto sofferente. 
Rimasi affacciata alla finestra che dava sul cortile, la pira funebre al centro del villaggio, in attesa del corpo che di lì a breve sarebbe stato deposto. I miei occhi indugiarono per qualche istante sulle costruzione attorno a noi, e come sempre mi domandai dove si trovasse mio figlio in quel momento. Non l’avevo più visto da quando Bronnen l’aveva affidato alle cure di sua sorella, mai lei stessa mi aveva assicurato che il piccolo stava bene e godeva di ottima salute.

Scesi lentamente le scale, recandomi nel salone principale. Thorin stava seduto accanto a sua madre, irriconoscibile e trasfigurata dal dolore, la bocca corrucciata in una smorfia che le trasfigurava il viso pallido. Sfiorai con dita tremanti il gomito di mio marito, mentre lui si voltava per indirizzarmi un breve cenno. Vidi poco lontano Aimil, seguita dalle gemelle attaccate alle gonne della nutrice. Eara e Lair erano ancora troppo piccole per capire cosa fosse successo davvero al nonno, ma per Aimil, che aveva potuto godere più tempo della sua compagnia, e a cui Dáin si era aperto come mai mi sarei attesa, la giornata sarebbe stata dura quanto lo era per noi. Le andai incontro, stringendo la sua manina nella mia in un gesto protettivo; lei vi appoggiò la guancia, il bel visino rigato dalle lacrime.
 
La cerimonia fu lunga, dolorosa e molto meno affollata di quanto sarebbe stata in condizioni di pace: la guerra, che continuava a dilaniare le nostre terre, non aveva permesso ad amici, famigliari e membri della corte di assistere al funerale del signore dei Colli Ferrosi, che per moltissimi anni aveva guidato il suo popolo con saggezza e coraggio.
I pochi presenti si adunarono intorno al corpo di Dáin, sfiorando la spada che giaceva scintillante tra le sue mani fredde, o guardandolo semplicemente in volto un’ultima volta. Thorin rivolgeva cenni del capo a chiunque gli si avvicinasse per mostrargli cordoglio, la madre seduta accanto a lui, incapace perfino di alzare lo sguardo.
Ora sarebbe toccato a mio marito, il giovane erede dei Colli Ferrosi, di assumersi il ruolo che suo padre aveva preparato per lui negli ultimi anni di vita. Condussi Aimil all’interno della grande casa: non volevo che assistesse all’accensione della pira funebre. Lei si lasciò condurre senza fiatare, stringendo la manina calda un po’ più forte della mia. La cullai dolcemente tra le braccia come non facevo da molto tempo, da quando ancora così minuta era stata messa tra le mie braccia per la prima volta. Da addormentata, circondata da una zazzera di capelli scintillante come il sole, aveva la stessa espressione di mia madre, e ripensare alla mia famiglia mi provocò una nuova, intensissima ondata di dolore.
Aimil era addormentata da una decina di minuti, ed io ero seduta accanto a lei quando vidi Bronnen entrare silenziosamente nella stanza delle bambine. Aveva al collo Eara, anche lei profondamente addormentata. Intuii subito dal suo sguardo che qualcosa non andava, ma non dissi nulla: dietro Bronnen entrò subito la nutrice, tenendo l’altra gemella tra le braccia. Rimasi in silenzio mentre entrambe deponevano le bambine nel loro lettino, coprendole con cura; feci cenno alla nutrice di lasciarci, e attraversai rapida la stanza per trovarmi di fronte a Bronnen.
« Cos’è successo? », chiesi immediatamente.
« Ho trovato il tuo Vran. Ho meglio… lui ha trovato me ».



PERDONOOOO!
Lo so, lo so, è quasi da più di tre mesi che non aggiorno... che dire, complice il trasferimento, un nuovo paese, una nuova lingua (e pochissima ispirazione!), non mi decidevo mai a continuare la storia!
Questo capitolo è ovviamente solo di transizione, ma spero di far passare meno tempo per i prossimi :)
Bacio!

 
   
 
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