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Autore: Roby_chan_    18/11/2017    2 recensioni
Ohayo minna!
Eccomi qui con una nuova Zervis AU. Pareti bianche, odore di disinfettante... la classica descrizione, e voi già sapete di cosa, no?
Ma cosa ci fanno Mavis e Zeref in ospedale? Si conoscono o si conosceranno?
Dal testo:
Pazzo, pazzo, pazzo. Era così che lo consideravano da ormai tanto tempo. Così tanto che se n'era stancato, così come si era stancato della vita.
Spero di avervi incuriosito. Buona lettura ^.^
Roby-chan
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mavis, Zeref, Zeref/Mavis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Pazzo, pazzo, pazzo. Era così che lo consideravano da ormai tanto tempo. Così tanto che se n'era stancato, così come si era stancato della vita.
Vivere. E perché mai doveva importargli? Ormai era stata proprio la vita a portargli via anche la sua ultima speranza. Il suo fratellino. Il suo dolce e allegro fratellino era morto. La sua fiammella di vita si era spenta a causa di una grave malattia. E lui era rimasto solo.
Lo avevano trovato mezzo morto sul ciglio di una strada e lo avevano ricoverato, anche se avrebbe preferito restare lì dov'era. La vita continuava a farsi beffe di lui. Si era presa la sua famiglia senza fare troppi complimenti, ma lui no. Non lo voleva proprio mollare.
-Si sforzi, deve mangiare- a quelle parole pronunciate ogni santo giorno dalle infermiere, lui voltava il capo dal lato opposto. Non voleva mangiare. Quello che desiderava era solo morire. Chiedeva troppo forse?
Alla fine erano stati costretti a sedarlo ed intubarlo per costringerlo ad assumere quelle maledette proteine e carboidrati di cui il suo corpo aveva bisogno. Aveva provato a ribellarsi all'inizio, ma alla fine aveva capito che era tutto inutile. Forse uno di quei giorni sarebbe stata la volta buona che l'avrebbero portato in manicomio. Lui voleva suicidarsi e forse, in fondo... era meglio per tutti.
 
In quel giorno che sembrava essere come tutti gli altri, però entrò dalla porta una nuova infermiera, una specializzanda a giudicare dall'evidente giovane età. Forse erano anche coetanei.
-Ehy, ciao!- lo salutò allegramente lei nella sua veste bianca e i lunghi capelli dorati raccolti in una treccia ordinata.
Il moro non si soffermò oltre ad osservarla e voltò la testa dall'altro lato, come faceva ogni qual volta gli rivolgevano la parola.
-Ho saputo che non mangi- cercò lei di continuare la conversazione, ma senza alcun successo. Il moro se ne stette immobile ad osservare i piccoli movimenti della tenda, causati dalla finestra socchiusa. Tuttavia sul volto della ragazza il sorriso non scomparve, né scemò.
Il moro la osservò con la coda dell'occhio. C'era qualcosa in quella ragazzina che attirava il suo sguardo su di lei.
-Zeref?- chiese la bionda dopo aver dato una veloce occhiata alla sua cartella clinica. Aveva sentito dalle altre infermiere che il ragazzo non aveva nulla che non andasse, solo che si rifiutava di mangiare. All'inizio avevano anche cercato di capire il perché non volesse parlare, ma non erano mai riusciti ad ottenere alcun risultato, così alla fine si erano arresi.
-Sì - si costrinse a rispondere il moro, più per educazione che altro. Almeno quello poteva farlo. La sua voce uscì roca e debole come un sussurro. Quand'era l'ultima volta che aveva aperto bocca?
La ragazza sorrise raggiante a quel piccolo segno di conversazione.
-Il mio nome è Mavis- si presentò lei, sedendosi sulla sedia posta al fianco del letto.
-Come mai non vuoi toccare cibo?- gli chiese curiosa, ma il moro si voltò ancora una volta dalla parte opposta. Sempre la stessa domanda. Non era diversa dalle altre, e presto avrebbe rinunciato.
La ragazzina però non si scoraggiò. -Che ne dici se ti racconto prima la mia storia?- chiese allegramente. Lui rimase zitto ed immobile nella stessa posizione, ma la bionda iniziò a parlare lo stesso.
Seppe che anche lei aveva perso i genitori, ma si era data da fare per entrare nel campo medico perché voleva aiutare le persone. Gli raccontò delle sue esperienze, dei suoi incontri... e anche dei suoi errori e della sua sbadataggine.
E prima che se ne rendesse conto, il ragazzo iniziò realmente a prestare attenzione.
-Oh, scusa, ma adesso devo proprio andare!- esclamò d'improvviso, guardando l'orologio appeso alla parete. Erano passate solo un paio d'ore, ma sembravano stranamente volate.
-Sono contenta di aver parlato con te, Zeref- lo salutò con un sorriso radioso prima di andare via.
Parlato... in realtà solo lei aveva aperto bocca. E così il moro si ritrovò a pensare che sicuramente fosse una ragazza davvero strana.
 
Passarono un paio di giorni da allora, e la ragazzina ritornò puntualmente nella sua stanza per prendersi cura di lui e parlare, o forse solo per sfogarsi un po'. Con sua sorpresa si ritrovò a stare bene in sua compagnia, e, anche se il desiderio di morte non era affatto diminuito, si ritrovò ad attendere il suo ritorno e a godersi quei pochi attimi di vita che la ragazza gli donava.
-Allora adesso vuoi dirmi il perché di questo estenuante digiuno?- gli chiese dopo più di una settimana. A quelle parole il moro si rabbuiò ancora una volta, e, come aveva fatto in tutti quei giorni, rimase zitto.
La ragazzina sospirò di rassegnazione. -Domani tornerò- gli disse infine prima di lasciare la stanza.
Il moro a quelle parole si girò ad osservare la porta che intanto si era chiusa, e per svariati minuti si interrogò su cosa intendesse dire la bionda. Era stata proprio lei a raccontargli che il venerdì aveva il giorno libero, quindi, perchè doveva tornare? Che si trattasse di qualche straordinario?
Alla fine il ragazzo si ritrovò a scuotere la testa, mettendo a tacere sia i propri pensieri che quella fastidiosa sensazione che gli faceva sperare che le parole di lei celassero qualcosa di più.  
 
Il giorno dopo arrivò più lentamente di quanto potesse immaginare, ma, come promesso, Mavis ritornò. Il moro tuttavia si sorprese del modo in cui fosse vestita. Non indossava l'uniforme, bensì vestiti comodi e i capelli non erano raccolti in qualche particolare acconciatura, ma lasciati liberi, tenuti a bada solo da un paio di strani fermacapelli di piume.
La bionda parlò come al solito di sè, finché l'orario delle visite non terminò.
-Perché? - pronunciò per la prima volta il ragazzo in quella giornata, facendo voltare l'altra, già con la mano sulla maniglia della porta. Lei lo guardò sorpresa e interrogativa.
-Perché sei venuta anche se era il tuo giorno di riposo?- specificò lui con voce ancora roca, fissandola duro.
Dopo un primo attimo di stupore, la ragazza sorrise come suo solito. -Ci dev'essere per forza un motivo?- chiese di rimando lei.
-Sì- rispose secco l'altro, scrutandola con i suoi occhi neri come la pece, ma ancora privi della scintilla di vita.
-Mmm...- la bionda si portò una mano al mento con fare pensieroso -...allora diciamo che mi faceva piacere rivederti- pronunciò infine con un sorriso enigmatico, per poi lasciare definitivamente la stanza.
Quella sera Zeref pensò e ripensò alle sue parole, e l'unica spiegazione che trovò era che avesse pietà di lui. Patetico. Patetico era restare ancora in questo mondo, e ancora più patetico era che qualcuno provasse pietà per la sua situazione. L'indomani le avrebbe parlato e l'avrebbe cacciata via, così da poter finalmente ritornare solo.
 
Il giorno dopo arrivò in fretta.
Mavis entrò con il suo solito camice a controllare la situazione, per poi sedersi tranquillamente. Stava già per iniziare a parlare, quando il moro la fermò.
-Non la voglio- pronunciò atono, guardandola in volto. La bionda rimase confusa e sorpresa da quelle parole.
-Non la voglio la tua pietà - specificò, facendole aggrottare lievemente le sopracciglia.
-Penso che tu abbia frainteso...- iniziò la ragazza, ma fu interrotta.
-No, invece io ho capito benissimo- la bloccò l'altro -Solo perché sei diventata un'infermiera, adesso pretendi di capire tutti i pazienti e provi pena per le loro condizioni- sputò acido il moro. -Non mi serve la pietà di nessuno, men che meno la tua, perché questa è una mia scelta. Io voglio morire!- alzò leggermente il tono di voce, portandosi una mano al petto. Il respiro si era fatto accelerato, segno di quanto non fosse più abituato anche solo a muoversi o agitarsi più di tanto. Eppure era strano... perché sentiva quel senso di inquietudine, come se avesse pronunciato le parole sbagliate?
Ci fu qualche secondo di silenzio, durante il quale lui riprese il regolare respiro e lei abbassò la testa.
E Zeref si pentì di ciò che aveva detto e di come lo aveva detto. Forse aveva esagerato. Non voleva ferirla, perché alla fine lei era una brava persona...
Stava già pensando a cosa dirle per rimediare, quando un lieve sussurro gli arrivò alle orecchie.
-Sai, anche io lo desideravo una volta- quelle parole erano state pronunciate da Mavis, che se ne stava immobile con il volto basso. Il ragazzo rimase per un attimo sorpreso. Cosa intendeva?
-Non ti ho raccontato una cosa del mio passato- riprese la parola lei, alzando di poco il capo,  ma non riuscendo lo stesso a guardarlo in viso -Sai, dopo la morte dei miei genitori, la mia migliore amica mi rimase vicino per aiutarmi a superare la cosa...- iniziò a spiegare, stringendo convulsamente le mani tra loro -... ormai avevo iniziato a fare affidamento su di lei in tutto e per tutto. Lei era diventata la mia ancora di salvezza...- si interruppe per un momento, deglutendo piano -...ma qualche mese più tardi fu coinvolta in un incidente d'auto e persi anche lei- si prese un'altra piccola pausa, mentre il moro restava in silenzio ad ascoltarla.
-La mia vita sembrava non avere più senso- continuò poi, rilassandosi leggermente. -Sai, ho cercato anche di buttarmi giù da un balcone, ma miracolosamente mi sono salvata- e un sorriso amaro le comparve sulle labbra, mentre finalmente tornava a guardarlo in volto.
-Mi sono chiesta: cosa avrei dovuto fare della mia vita? E mi sono ricordata di Zera e delle sue parole- prese un piccolo respiro, ma il sorriso triste non abbandonò  il suo viso -"Non mi piace vederti soffrire: diventerò un medico per aiutare te e gli altri"- continuò in quella che doveva essere una strana imitazione -Così decisi qual era la mia strada: avrei realizzato il sogno della mia migliore amica, per lei, e per me stessa.- concluse, ormai con il volto sereno.
-E a te invece? Che è successo?- chiese poi la bionda, guardandolo con curiosità negli occhi. Quegli occhi verde smeraldo privi di impurità che sembravano scrutarti l'anima, a tal punto che il moro non si sarebbe sorpreso di scoprire che lei conoscesse già la risposta alla propria domanda.
-I-io... - si ritrovò così a balbettare. Non ne aveva ancora mai veramente parlato con nessuno, e questo lo rendeva estremamente complicato e doloroso. -Io... ho perso i miei genitori, il mio fratellino... tutto- pronunciò in un soffio, ma fu abbastanza perché Mavis lo sentisse. E improvvisamente avvertì il proprio corpo rilassarsi, come se avesse finalmente smesso di portare un enorme peso sulle spalle di cui non si era minimamente accorto.
-Sembra che non siamo poi tanto diversi- riprese la ragazza, mostrandogli un lieve sorriso malinconico. E Zeref si chiese come potesse riuscire a sorridere in quel modo dopo aver raccontato una cosa simile.
Sul volto della bionda apparve poi un'espressione leggermente stupita. Il moro invece iniziò ad avvertire qualcosa che gli scendeva lungo le guance e gli occhi che iniziavano a pizzicargli. Si portò una mano al viso per capire. Era bagnato. Ma quelle potevano essere davvero lacrime?
Dopo aver guardato per un attimo il suo palmo, adesso pieno di gocce d'acqua, rivolse di nuovo lo sguardo verso la ragazza di fronte a sè. Lo stava guardando comprensiva. Gli si avvicinò e si sedette sul suo letto, prendendogli la testa tra le braccia e portando delicatamente il suo capo al proprio petto mentre lo abbracciava. E istintivamente Zeref chiuse gli occhi e l'abbracciò a sua volta, mentre lacrime sempre più copiose gli rigavano la pelle nivea.
Non seppe quanto tempo rimasero così in quella posizione, immobili, con solo i singhiozzi e i battiti dei loro cuori a riempire il silenzio di quella stanza.
Solo quando il sole era ormai tramontato da molto, i due si staccarono. Non dissero nulla, ma i loro occhi parlavano da sè. Un nuovo sentimento stava nascendo nel profondo, ma nessuno osò proferir parola. Semplicemente Mavis si alzò, prendendo le proprie cose. Ormai il suo turno era finito da un bel pezzo e doveva andarsene, ma Zeref sapeva che sarebbe tornata.
Sulla soglia della porta Mavis si girò solo un'ultima volta -Adesso spetta a te decidere cosa fare- pronunciò infine, lasciandolo solo.
E Zeref in quel momento capì una cosa: la vita gli aveva tolto tanto, ma adesso spettava a lui decidere se riprendersi da solo la propria felicità o abbandonarsi a quell'inutile tristezza. E lui, finalmente, aveva deciso cosa fare.
 


 
Nda:
e... grazie a tutti coloro che sono arrivati alla fine di questa storia un po’ malinconica, e dopo averla riletta io stessa per l’ennesima volta, mi sorge spontaneo un interrogativo... e voi, cosa volete fare della vostra vita?
Avete piani per il futuro? Cosa volete o vorreste fare?
Ovviamente non siete obbligati a rispondermi XD
Spero solo che la storia vi sia piaciuta e come sempre fatemi sapere cosa ne pensate ^.^
Alla prossima, Roby-chan
 
   
 
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