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Autore: Yumeji    18/11/2017    2 recensioni
Episodio ipotetico dell'infanzia di Chuuya e Dazai.
Era l'estate dei suoi nove anni, e un caldo umido surreale percuoteva tutto il Giappone, aggredendo l'aria con una tale violenza ingiustificata da rendeva invivibile qualunque edificio costruito sull'asfalto e sul cemento. Persino la città portuale di Yokohama, pur essendo affacciata sul mare, era divenuta un inferno in cui non era possibile sopravvivere. Incidenti ed incendi si erano susseguiti in rapida successione, caricando l'ambiente di una tensione pronta ad esplodere. Con una tale calura bastava un non nulla per accendere la miccia e far piombare ogni cosa nel caos. "Il caldo fa' impazzire gli adulti" aveva pensato Chuuya mentre origliava di nascosto la discussione di alcuni sottoposti della sorellona. Dicevano che vi era stata un'altra serie di esplosioni nelle parti del porto e un certo numero di mezzi e persone erano rimasti coinvolti. Nessuno era sopravvissuto e Chuuya temeva di sentire il nome della sorellona fra quelli.
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[NB: Nonostante il tema, può essere considerata fluff]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ougai Mori, Ougai Mori
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chuuya camminava con la familiarità tipica di chi conosceva un luogo come le proprie tasche attraverso il piccolo boschetto situato sul retro dell'abitazione del dottore. Il cinguettio degli uccelli lo accompagnava mentre si addentrava dove le fronde degli alberi erano più folte e i raggi solari quasi faticavano ad arrivare al terreno, lì dove l'ombra era più fresca e il frinire delle cicale meno assordante.
Era l'estate dei suoi nove anni, e un caldo umido surreale percuoteva tutto il Giappone, aggredendo l'aria con una tale violenza ingiustificata da rendeva invivibile qualunque edificio costruito sull'asfalto e sul cemento. Persino la città portuale di Yokohama, pur essendo affacciata sul mare, era divenuta un inferno in cui non era possibile sopravvivere. Incidenti ed incendi si erano susseguiti in rapida successione, caricando l'ambiente di una tensione pronta ad esplodere. Con una tale calura bastava un non nulla per accendere la miccia e far piombare ogni cosa nel caos. "Il caldo fa' impazzire gli adulti" aveva pensato Chuuya mentre origliava di nascosto la discussione di alcuni sottoposti della sorellona. Dicevano che vi era stata un'altra serie di esplosioni nelle parti del porto e un certo numero di mezzi e persone erano rimasti coinvolti. Nessuno era sopravvissuto e Chuuya temeva di sentire il nome della sorellona fra quelli.
- Ohi, imbecille! - chiamò arrampicandosi sopra una radice, portandosi le mani a conchetta sulla bocca per far propagare meglio il suono per poi attendere qualche secondo. Non ricevendo risposta tentò di nuovo cambiando insulto, ma ancora nulla. Mettendosi in punta di piedi, in equilibrio precario, Chuuya aguzzò la vista, cercando un qualche movimento od indizio che potesse dargli una direzione.
Dopo quell'ennesimo incidente la sorellona aveva voluto allontanarlo.
Sfruttando la scusa del caldo eccessivo lo aveva spedito sulla cima di quell'altura, un luogo sperduto in mezzo ai monti, perché trovasse un po' di refrigerio. Ovviamente Chuuya, pur essendo ancora un bambino, aveva subito compreso il reale motivo di quel trasferimento, o fuga. La sorellona riteneva che Yokohama non fosse più un luogo sicuro, anzi, si stava sempre più velocemente tramutando in un luogo di scontri insensati e violenti. Le strade si erano fatte pericolose e Chuuya non era ancora pronto per il suo battesimo del fuoco. Ritenendolo ancora un bambino, un peso fastidioso da portarsi a presso, Koyo lo aveva spedito in un luogo quanto più lontano gli fosse possibile da quelle battaglie. Al momento di salutarla la sorellona gli aveva detto di non preoccuparsi, poiché sarebbe stato al sicuro, ma la propria incolumità non era mai stata il primo pensiero di Chuuya. Da quando era arrivato in quel luogo non aveva potuto che chiedersi costantemente cosa stesse accadendo a Yokohama e se tutti stessero bene. Non riusciva ad accettare l'idea che, ancora una volta, avesse finito per essere protetto dalla sorellona. Lui era un uomo, era il suo dovere difenderla, non il contrario.
- E piantala! - gridò a pieni polmoni, rivolgendosi al vuoto del boschetto, avvertendo poi il suono di uno stormo di uccelli alzarsi in volo. Doveva averli spaventati. - Non avevamo detto che avremo giocato a nascondino! Quindi salta fuori, scemo! - continuò ad imprecare e ad urlare. Alla sorellona non piaceva quando usava quelle brutte parole e parlava in maniera sgraziata, ma vista la sua assenza, ed essendo lontano dall'orecchio di un qualunque adulto, poteva contravvenirne tranquillamente alle regole.
Quando era arrivato in quel luogo Chuuya si era stupito nello scoprire chi vi abitasse, non comprendeva il motivo per cui quel uomo, tanto interessato al destino di Yokohama e alla PortMafia, avesse deciso di vivere in un luogo isolato da chiunque e da qualunque cosa. Per lui era impossibile anche solo pensarlo, la città era molto meglio: c'erano un infinità d'auto e di persone, la metropolitana, palazzi giganteschi che parevano toccare il cielo, poi negozi, ristoranti strepitosi e tanto altro ancora. La sua mente da bambino non riusciva a concepire motivazioni abbastanza plausibili da giustificare la propria permanenza lì. D'altronde però, per quanto sembrasse andare d'accordo con la sorellona, a Chuuya il dottor Mori era parso sempre come un personaggio un po' strampalato e distratto. Lo aveva conosciuto due anni prima, quando era arrivato a Yokohama per la prima delle successivamente innumerevoli visite al boss. Da quello che Koyo gli aveva raccontato, Mori era il medico personale del capo e si trattava di una persona fidata. Affiliato da tempo alla PortMafia, di cui era un membro effettivo, nell'ultimo periodo si era un poco distaccato dall'associazione per un qualche motivo che Chuuya non aveva compreso, e i suoi incarichi erano stati limitati nell'ambito della sua professione.
- E dai, brutto sgombro, vieni fuori! - la sua voce prese una nota petulante e lamentosa mentre si teneva appoggiato al tronco di un albero quasi temesse che, appena lo avesse lasciato, qualcosa potesse afferrarlo da sotto i piedi e trascinarlo in basso. Avrebbe potuto usare la sua abilità per sollevarsi dal terreno e cercarlo dall'alto, sarebbe stato molto più semplice che girando alla rinfusa come stava facendo. Il dolore alla spalla destra però rendeva ancora troppo vividi e tormentati i ricordi dell'ultima volta in cui l'aveva fatto. Quel bastardo di Dazai lo aveva quasi ucciso facendolo precipitare di proposito, e non importava che Mori gli avesse detto di aver riportato solo qualche livido e di non rischiava la vita; Chuuya era certo che l'altro lo avesse fatto con l'intento di ammazzarlo! Lo detestava quel moccioso bendato ed era una cosa reciproca, o almeno lo credeva visti i dispetti da cui finiva tormentato. In realtà, per quanto si conoscessero da tempo, Dazai rimaneva un mistero per lui. Non un'espressione, non un sorriso, aveva quell'aria vuota e assente permanentemente stampata in faccia. Avvolte Chuuya si era chiesto se provasse una qualche emozione. Persino Elise, la quale era una semplice manifestazione del potere del dottore, sembrava avere più carattere di lui. In più, ogni volta che si incontravano dopo un periodo medio-lungo, Dazai aveva sempre una nuova ferita da mostrare, che fosse un braccio od un gamba rotti, le bende sul suo corpo aumentavano in maniera esponenziale. Chuuya, nella sua fantasia da bambino, si era chiesto se in realtà l'altro non fosse stato un semplice bambolotto costruito da Mori con una qualche abilità o arte. Si era immaginato il dottore impegnato, ossessionato all'idea di farlo sembrare vivo, ma trovandosi a dover combattere e perdere contro la fragilità di un corpo destinato a rompersi e decomporsi sempre più velocemente. Quella fantasia l'aveva raccontata a Dazai stesso, il quale non lo aveva degnato di risposta, ma si era limitato a fissarlo per un lungo momento, e nonostante la sua espressione non fosse cambiata di una virgola, a Chuuya parve che lo stesse guardando come se lo avesse ritenuto un povero imbecille.
"- Tieni questo - " gli aveva detto poco più tardi, quello stesso giorno, porgendogli un libro che probabilmente aveva sgraffignato dalla libreria di Mori, visto quanto la copertina pareva vecchia ed usurata. L'accaduto risaliva e alla sera prima, quando ormai Chuuya si trovava in quella casa da circa una settimana.
"- Che roba è? -" aveva replicato il rosso fissando con sguardo scettico il volume che gli porgeva, a Dazai poteva anche piacere stare tutto il tempo sui libri, ma lui preferiva di gran lunga andare fuori a giocare, divertirsi, fare casino. Cose normali da bambino insomma, e il fatto che l'altro lo considerasse solo "rumoroso" e non volesse in alcun modo partecipare ai suoi giochi, era uno dei tanti motivi per cui non andavano d'accordo.
"- Frankenstein -" si era limitato a rispondergli Dazai, come se quella parola avesse potuto spiegargli ogni cosa. La totale mancanza di reazioni da parte del rosso, il quale si limitò a tenere un'aria scazzata ed interrogativa, doveva però avergli fatto intuire che non avesse idea di cosa gli stesse parlando. "- Uno scienziato costruisce un uomo artificiale ma finisce per perderne il controllo e...-" aveva iniziato a spiegargli, per poi interrompersi di colpo, sbuffando leggermente, "- Leggilo e basta -" gli aveva intimato rifilandogli il libro in mano, ignorandone le esitazioni.
"- Ma è scritto difficile. Ha troppi kanji! -" si era trovato a sfogliarne di malavoglia le pagine Chuuya, aveva già intuito fosse un libro per adulti, scritto in maniera troppo complicata perché lui potesse comprenderlo. Nel momento in cui lo ebbe tra le mani però gli parve di aver appena scoperto idiomi sconosciuti ed intraducibili.
"- Io l'ho letto senza difficoltà, se tu non ci riesci è perché probabilmente sei un ignorante analfabeta -" aveva alzato con aria indifferente le spalle Dazai, proclamando in maniera non curante quel commento acido,
"- Tu brut-..! -" era stato già pronto a farci a pugni Chuuya, fregandosene se l'altro era ricoperto di bende dalla testa ai piedi, non era il tipo da lasciarsi dare dello stupido da nessuno. Dazai però, furbescamente, consapevole di non possedere la forza fisica per contenerne l'animo violento, aveva già voltato i tacchi e se ne era andato, lasciandolo lì da solo. Non sapendo cosa farci del libro, Chuuya l'aveva poi restituito a Mori, non aveva certo alcuna voglia di stare al gioco di quel antipatico. Temeva di poter finire per spaventarsi se si fosse trattata di una storia di fantasmi. Non che potesse intimorirsi per una simile baggianata, però era certo che Dazai avrebbe provato a fargli un qualche scherzo suggestionandolo sull'argomento, d'altronde l'aveva già fatto più e più volte. Come quando gli aveva raccontato che un demone viveva dentro al suo occhio coperto e perciò doveva tenerlo bendato perché non uscisse. Un demone affamato di bambini rumorosi dai capelli rossi.
A ripensarci a Chuuya tornavano i brividi, aveva passato notti colme di incubi per colpa dei suoi racconti inquietanti e di quello stupido occhio.
Il rosso avvertì un senso di stupore mentre provava a ricordare il viso di Dazai privo di bendaggi, rendendosi conto di non averne mai visto completamente il volto. Né era mai riuscito a affrontare del tutto il suo sguardo, la mancanza di due punti di riferimento lo confondeva e finiva per rimanerne in soggezione. Forse però era dovuta alla strana sensazione  che quel unico occhio visibile gli suscitava la sua incapacità a sostenerlo. Non c'erano emozioni in quell'iride, la pupilla non pareva neppure reagire alla luce. Se fosse stato di vetro Chuuya non se ne sarebbe stupito più di tanto, ma poiché non lo era, ciò gli instillava in corpo un sottile senso di ripugnanza ed inquietudine, quello era lo sguardo di un morto. Era ancora piccolo ma, essendo un membro della PortMafia, ciò non gli aveva impedito di vedere già ben troppi cadaveri per la sua breve esistenza. Il pensiero di dover passare l'intera estate in sua compagnia non gli piaceva proprio, sopratutto perché l'altro per la maggior parte del tempo lo ignorava, rimanendosene chiuso in casa sui suoi libri. Volumi giganteschi e pesanti, dei quali spesso Chuuya aveva difficoltà a leggerne i titoli. Aveva però intuito essere per la maggior parte testi di medicina e simili, avevano delle foto ed immagini ben dettagliate di vari sezioni del corpo umano. Ad intravvederle le aveva trovate disgustose, ma Dazai invece le studiava senza alcuna espressione sul viso, non si capiva se ciò l'artgomento lo interessasse o lo trovasse estremamente noioso. Chuuya si era spesso chiesto se non stesse solo facendo finta di leggerli per fargli un dispetto e non dover giocare con lui.
- DAZAI!! - lo chiamò, sta volta per nome, trovandosi ad addentrarsi ancor di più nel piccolo boschetto. Era vero che, in quei giorni, aveva avuto tutto il tempo d'esplorarlo e ora poteva dire di conoscerlo a mena dito, però aveva sempre un po' di timore ad inoltrarsi sino al punto di perdere di vista la casa alle proprie spalle. Temeva di finire come Hansel e Gretel, della versione della storia raccotatagli da Dazai però, dove alla fine Gretel dopo aver ucciso la strega la divora. Ne rubava così i poteri malefici e ne ereditava la casa. In quella versione Gretel ed Hansel non tornavano mai più a casa del padre che li aveva abbandonati, Hansel finiva nel forno poiché alla sorella, dopo aver già mangiato la strega, era tornata fame.
"- Tu chi preferiresti fare Chuuya: Hansel o Gretel? -" gli aveva chiesto Dazai a fine racconto, sul viso nulla che potesse sembrare un qualche tipo d'emozione,
"- N-nessuno dei due!! -" aveva strillato lui coprendosi le orecchie con le mani, agitando forte la testa, per non ascoltarlo, "- Non andava davvero così la storia -" aveva biascicato con voce rotta dal panico. I racconti di Dazai erano in grado di terrorizzarlo con facilità, e per quanto lui cercasse di fare il coraggioso e negarlo, alla fine cedeva sempre.
- Dazai! Andiamo, salta fuori sgombro! - una volta aveva notato quanta somiglianza vi fosse tra lo sguardo dell'altro e gli occhi di un pesce morto, e da quella associazine di idee ne era nato il soprannome.
Chuuya avanzò, seppur titubante, temendo che Dazai gli stesse organizzando l'ennesimo dei suoi dispetti. Per un momento gli venne persino il dubbio che in realtà fosse in casa, ma aveva cercato da per tutto senza trovarne traccia, e persino Mori gli aveva confermato che era uscito. A sentirlo Chuuya se ne era stupito, a l'altro non piaceva andare a giocare all'aperto, solitamente passava la gran parte del giorno a studiare su quei libroni enormi mentre Chuuya finiva con l'annoiarsi a morte. Dopo un po' persino catturare insetti diventava noioso e aveva già conquistato la lega su pokemon rosso fuoco.
Se era uscito doveva esserci un motivo, Chuuya di questo ne era convito, l'altro non faceva mai niente per niente, doveva esserci qualcosa che l'aveva attirato all'esterno. Forse cercava un'erba super velenosa che aveva visto in qualche erbario da aggiungere al suo piatto. Oppure gli serviva qualche altra rana morta da nascondergli nel capello. Chuuya aveva fatto l'errore di mostrarsene schifato, per non dire terrorizzato, dall'anfibio morto quando Dazai ne aveva ripescata uno dalla pozza d'acqua lì vicino tenendolo sollevato per un gamba. Chuuya aveva urlato nel momento in cui glielo aveva avvicinato al viso per mostrarglielo meglio, spiegandogli che quella polla d'acqua conteneva alti livelli di una qualche sostanza, non aveva prestato attenzione, che alla lunga uccideva gli animali che vi si assetavano o vi vivevano. Probabilmente, per un volta le intenzioni dell'altro non erano state malvagie e aveva solo voluto metterlo in guardia, di fare attenzione perché quell'acqua era nociva, peccato che da quel punto in poi Dazai avesse preso a raccogliere quelle povere rane morte e Chuuya la mattina se le trovasse sempre almeno un paio nel capello.
- Finalmente, stupido sgombro! Non hai sentito che ti chiamavo? - Chuuya lo trovò proprio vicino a quella pozza. Gli dava le spalle, chino con le ginocchia contro al petto, sembrava intento a fare qualche cosa, ma il rosso, da quella posizione, non riusciva a capire esattamente cosa. - Se stai di nuovo prendendo delle stupide rane morte per uno dei tuoi scherzi giuro che ti affogo in quest'acqua putrida! - gli annunciò avvertendo l'irritazione aumentare, aveva urlato sino a sgolarsi per chiamarlo, perché non gli aveva risposto? Impossibile che non lo avesse sentito, in quel punto, per quanto la casa fosse nascosta dagli alberi, si udivano senza difficoltà i richiami che provenivano da essa. Infatti Mori non aveva mai dovuto faticare troppo a chiamarlo per pranzo. - Ohi! Non ignorarmi!! - si infuriò quando Dazai continuò a non rivolgergli parola, intento a fissare qualcosa ai suoi piedi, - Cosa stai combinando - furente Chuuya lo afferrò con forza ad una spalla, obbligandolo a spostarsi e facendolo cadere con il sedere per terra, sbilanciandolo.
- Ma cosa..- Chuuya si stupì nel vedere a cosa l'altro fosse tanto interessato, al punto da non sentirne i ripetuti richiami, - Hai ammazzato un gatto? - sbottò avvertendo le mani sudare e la mascella serrarsi. La povera bestiola doveva aver avuto uno o massimo due anni, il suo pelo era grigio tigrato, con le zampe bianche come se avesse indossato dei calzini. Era di costituzione gracile ma non pareva denutrito, strano per un gatto randagio, pensò Chuuya. Il corpo non presentava ferite di alcun tipo, però il suo pelo era bagnato, probabilmente era stato affogato. - Cos'è volevi infilare anche questo nel mio cappello? - l'accusò voltandosi verso l'altro, il quale era ancora con il sedere per terra, in una mano stringeva un bastoncino sottile con cui probabilmente aveva punzecchiato il cadavere della bestiola, forse per controllare se fosse davvero morta, oppure con il quale l'aveva spinta sott'acqua finché non era affogata. Per qualche motivo Chuuya se ne sentiva alterato, un conto era raccogliere rane già morte, un'altra era ammazzare un animale. Certo, venivano cresciuti da un branco di mafiosi spesso violenti e senza scrupoli, primo fra tutti il loro boss, ma essendo dei bambini gli doveva essere insegnato cosa fosse l'umanità. La PortMafia non aveva bisogno di altri uomini capaci solo di ammazzare come macchine assassine, privi di alcuna logica, loro dovevano essere l'inizio di una nuova generazione. O per lo meno ciò era il piano di qualcuno, ma al momento Chuuya e Dazai erano troppo piccoli per comprendere i progetti che, qualcuno dall'alto, aveva per loro.
- E piantala di stare zitto!! - avvertendo un scarica di adrenalina percuotergli il corpo e la rabbia offuscargli il cervello, Chuuya si gettò contro Dazai, furioso nella sua assenza di reazioni e da quella sua perenne espressione assente, quasi gli facesse schifo vivere. - Di qualcosa! - gli ordinò sovrastandolo, mettendosi cavalcioni su di lui afferrandogli il collo della camicia bianca che portava e già pronto a caricare il pugno con cui l'avrebbe colpito in faccia.
- Deve aver bevuto troppa acqua...- fu il commento di Dazai, lo sguardo che superava Chuuya e rimaneva fisso sul gatto morto alle loro spalle. Solo a quel punto, essendoci seduto sopra, il rosso notò che la parte inferiore dei vestiti dell'altro era zuppa d'acqua, così come i calzini e le scarpe. Anche le bende che gli coprivano parte del corpo erano bagnate e gocciolavano.
- Ma tu cos'..- non ebbe modo di chiederlo che finalmente Dazai portò il suo unico occhio visibile su di lui e per un momento Chuuya ne fu spiazzato, al punto che le parole gli morirono in gola.
- Volevo recuperarlo, pensavo... non lo so - quel volto che per molto tempo aveva creduto paralizzato, vista la sua mancanza di alterazioni, per la prima volta Chuuya lo vide attraversato da un'ombra di confusione, che si formò come una leggera ruga fra le sue sopracciglia. - Però non riuscivo a raggiungerlo, quindi sono entrato in acqua - gli spiegò tornando poi a fissare il gatto,
- Non l'hai ammazzato tu? - Chuuya se ne sentì spiazzato, avvertendo la rabbia violenta con cui lo aveva atterrato scemare di colpo così com'era venuta. In risposta Dazai negò piano con la testa, - Bhé... allora potevi dirmelo subito! - sbottò lasciando la presa su di lui per rialzarsi in piedi, sul viso un visibile disagio misto ad imbarazzo. Alla fine lo aveva accusato senza alcuna prova, era andato dritto alle conclusioni senza rifletterci due volte. Era stato un comportamento da idiota, Chuuya se ne rendeva conto, la sorellona gli rimproverava sempre di essere una testa calda, e perciò se ne vergognava.
- Era tuo quel gatto? - gli domandò incrociando le braccia la petto, mantenendo un tono stizzito nel parlargli. Aveva pur sempre passato tutta la mattinata a cercarlo senza ricevere risposta.
- No, era solo un randagio - negò di nuovo Dazai mentre si alzava in piedi, cercando di ripulirsi alla bene e meglio i vestiti bagnati su cui l'erba si era appiccicata. Aveva smesso di fissare il gatto, la sua espressione era tornata quella solita di sempre, imperturbabile ed indecifrabile neppure fosse stato una statua di ghiaccio. - Mi stavi cercando? - cambiò discorso, rivolgendo tutta la sua attenzione verso Chuuya, quasi avesse cancellato del tutto la presenza dell'animale lì affianco.
- Sì, ti ho chiamato un sacco di volte, non mi hai sentito? - ammise, trovandone però il comportamento strano anche per i canoni di Dazai. Si era gettato in acqua per recupera un gatto che era "solo" un randagio? Non pareva proprio un atteggiamento da lui.
Dazai si limitò ad alzare le spalle, come se la ritenesse una questione di poca importanza,
- Bhé... ora mi hai trovato - disse stringendosi poi le braccia al petto, - I vestiti cominciano a darmi fastidio, vado dentro a cambiarmi - gli annunciò cominciando a dirigersi verso casa.
- Ehi, aspetta! - lo bloccò però Chuuya, avvertendo come qualcosa di distorto provenire da lui, - E il gatto? Non vorrai lasciarlo lì, no? Con la fatica che hai fatto a riprenderlo -
- E' morto, cosa dovrei farci? - le labbra gli si piegarono in una smorfia di fastidio di cui però l'altro non ebbe tempo di stupirsi.
- Di certo non lasciarlo così! - sbottò il rosso, afferrandolo per un polso così che non potesse andarsene, - Se hai voluto tirarlo fuori dall'acqua, ci sarà stato un motivo, no? - insistente pressante.
- Non lo so perché l'ho tirato fuori da lì. L'ho fatto e basta, okay? - rimbeccò a sua volta Dazai, strattonando il braccio per liberarlo, irritandosi quando non vi riuscì. - E lasciami! - gli intimò spingendolo via e facendolo cadere a terra da quanta forza vi mise, fu la prima volta che Chuuya lo vide reagire in maniera aggressiva contro qualcuno. - Ho detto che voglio andare a cambiarmi - ripete con foga, - Piantala di infastidirmi! - il viso gli si era arrossato e vi si era dipinta sopra un'espressione furente. I denti erano serrati con forza e le mani si stringevano a pugno, sembrava che il suo corpo fosse percorso da una scossa elettrica, perché un leggero tremito gli percuoteva le braccia e le spalle sottili.
- Ma che ti prende? - gridò a sua volta Chuuya, adattandosi al suo volume di voce. Non capiva cosa gli fosse preso, il Dazai che aveva conosciuto fino a quel punto non si comportava mai a quel modo. Non si faceva prendere dalla rabbia, non spintonava, non faceva i capricci. Piuttosto pareva privo di emozioni, del tutto insensibile ad ogni cosa.
Dazai però non gli rispose, ignorandone la domanda, per un qualche motivo il suo respiro si era fatto pesante, quasi il dover gestire quelle emozioni inedite, costituisse per lui un enorme sforzo. Si voltò lasciandosi Chuuya alle spalle, iniziando a ripercorrere i propri passi per tornarsene a casa.
- Perché sei strano? Hai detto che non hai ucciso tu quel gatto! - il rosso si alzò in fretta in piedi per non rimanere in dietro, cominciando a tampinarlo, prendendo a spintonarlo da dietro le spalle. Non accettava di essere stato buttato a terra da lui.
- Smettila! - gli intimò Dazai senza fermarsi, ostinato per la propria strada,
- No! - continuava a spingerlo Chuuya, - Almeno finché non mi dici cos'hai -
- Non ho nulla, quindi smettila - il suo tono era cambiato e ora era ben udibile una nota aggressiva, simile ad un ringhio.
- Nessuno si comporta così solo perché un gatto randagio è morto - replicò, senza smettere di dargli delle leggere ma fastidiose spinte.
- Io non mi sto comportando in nessun modo! - portato all'esasperazione dall'altro Dazai si fermò, in maniera tanto improvvisa che Chuuya gli finì addosso, - Non ti sopporto, lasciami in pace! - si voltò rifilandogli un'altra spinta, sta volta con più forza. Chuuya non fu in grado di evitarla e finì con cadere con violenza contro il tronco di un albero, cui corteccia ruvida gli scorticò la pelle sotto alla maglietta sottile.
- Stu-stupido! Mi hai fatto male! - se ne lamentò subito, toccandosi la parte della schiena dolorante, lo sguardo già lucido dalle lacrime,
- Ti aveva detto di piantarla! - rimbeccò Dazai rabbioso, - Scemo, scemo, scemo! - rincarò la dose facendogli una boccaccia. A quella serie di insulti Chuuya non ci vide più e, senza controllo, scattò in avanti, rifilandogli un pugno dritto in faccia.
Un dolore bruciante attraversò la guancia dell'altro, il quale serrò i denti sentendo la rabbia offuscargli ogni ragione, a sua volta si avventò sul rosso, afferrandolo per i capelli e cominciando a tirarli con forza. Chuuya cominciò a lamentarsi per il dolore intimandogli di smetterla, afferrandogli poi il braccio con cui lo tirava e piantandoci in profondità le unghie per graffiarlo. Con gli occhi a lacrimare dal male, Dazai usò la mano libera per afferrarsi all'orecchio del rosso, cominciando a strattonare pure quello.
- Smettila! Smettila!! - gridava Chuuya,
- Hai cominciato tu! - replicava Dazai, entrambi con la voce rotta, ad un passo dal pianto.
Trovandosi in una situazione di stallo e non essendo in grado di uscirne tirando, Chuuya provò a spingersi contro Dazai, il quale si trovò spiazzato dalla sua reazione e finì per ricevere una testa del rosso dritta in faccia. Entrambi finirono per cadere a terra, perdendo l'equilibrio, in un garbuglio confuso di arti. Dazai ne approfittò per mordere il braccio a Chuuya e il rosso gli rifilò un altro pugno in faccia. Continuarono per un po' a rotolare nell'erba e tra le radici lottando come potevano fare solo dei bambini capricciosi, dandosi schiaffi, morsi e graffi l'un l'altro.
Alla fine entrambi si trovarono privi di forze, distesi a pancia a l'aria senza fiato.
- Ho... ho vinto io - proclamò Chuuya alzando il pugno in segno di vittoria, coperto da segno di morsi, graffi e lividi, facendolo poi ricadere pesantemente a terra con un tonfo. No, non aveva abbastanza energie per esultare.
- Da che punto era diventata una gara..?- domandò Dazai ansimando affaticato,
- Non importa, ho vinto io - insistette il rosso, non avvertendo replica dall'altro, il quale si limitò ad alzare gli occhi al cielo, troppo stanco per contraddirlo.
- E cosa avresti vinto, sentiamo? - sbuffò avvertendo come se quella sensazione opprimente che gli aveva riempito il petto sino a quel punto, e che gli prudeva simile ad un'orticaria, avesse smorzato la presa che aveva su di lui.
- Ho vinto che devi rispondere alle mie domande! - decise alzandosi a sedere, sul viso oltre lo sporco della terra e della polvere su sui si erano rotolati, aveva un vivido graffio rosso, appena sotto all'occhio destro. - Perché ti sei buttato in quella pozza puzzolente per recuperare quel gatto? Hai detto che non era tuo, no? - alla sua domanda Dazai sbuffò, mettendosi seduto seguendone l'esempio, non gli piaceva essere guardato dall'alto in basso da lui. I suoi capelli avevano preso una piega assurda, ingarbugliati e confusi come in un nido di rondine, la guancia gli si era fatta gonfia a causa di tutti i pugni che aveva ricevuto.
- E'... è una cosa stupida - brontolò Dazai stringendosi le ginocchia al petto, non sembrava per nulla intenzionato a parlare, ma alla fine lo fece. - Io sapevo che era morto... però volevo esserne sicuro - ammise, - Eppure era chiaro che era morto, insomma, capivo benissimo che lo era. Però, quando l'ho visto... ero in acqua prima di rendermene conto -
- Ah..- fu il commento di Chuuya, il quale si stese sulla pancia, cominciando ad ascoltarlo tenendo la testa appoggiata ad un braccio, - Quindi non era "solo" un gatto randagio - sentenziò come se ciò gli avesse fatto capire tutto.
- Sì, che lo era - proclamò invece Dazai, - Da qualche mese girava qui intorno, e almeno una volta al giorno veniva alla finestra della mia stanza a chiedere da mangiare - gli confidò, le dita a stringersi con forza la presa sulle gambe, - Il suo miagolio era insopportabile, non riuscivo a concentrarmi con quel suono, per questo finivo sempre per dargli qualcosa... ma solo perché la smettesse! - volle puntualizzare. - Poi ho iniziato a preparargli una ciotola con del cibo di nascosto, così che non cominciasse a miagolare mentre non c'ero... non volevo che Mori lo scoprisse -
- Perché? Non te lo avrebbe lasciato tenere? - gli domandò Chuuya curioso, non credeva il medico potesse rivelarsi tanto severo,
- Era un randagio, quindi non potevo tenerlo, non era mio...- specificò un'altra volta, alzando poi le spalle, - Non so se mi avrebbe lasciato tenerlo, ma comunque non volevo correre rischi - si morse l'interno guancia, l'espressione frustrata di qualcuno che comprende di essersi lasciato scappare qualcosa di importante. - E poi il bello era proprio quello di avere un segreto che nessun altro conosceva – sospirò piano arruffandosi ancor di più quel disastro di capelli, - Ieri sera aveva notato che la sua ciotola non era stata toccata, ho cominciato a preoccuparmi, ma non potevo uscire a cercarlo, era tardi e Mori mi avrebbe scoperto. Quindi questa mattina mi sono svegliato presto e... e l'ho trovato in quella pozza - gli spiegò senza che il rosso dovesse insistere per tirargli fuori quelle parole, pronunciandole spontaneamente. - Deve aver bevuto troppo di quell'acqua ed è finito come le rane - sentenziò passandosi una mano sul viso sporco di terra, aveva sul volto l'espressione incerta di chi non sapeva cosa fare, probabilmente non comprendeva come dovesse sentirsi e ciò lo confondeva.
- Bhé... se ti dispiace che il tuo gatto sia morto, allora c'è solo una cosa da fare - sentenziò Chuuya mettendosi in piedi di scatto, nuovamente pimpante d'energia,
- Non era il mio gatto...- precisò Dazai ostinato, - E cosa ci sarebbe da fare? Tanto è morto - lo fissava confuso,
- Appunto perché è morto gli faremo una tomba! –

Dopo aver deciso cosa fare, Chuuya era corso in casa di nascosto, andando a recuperare una paletta da giardinaggio e una scatola abbastanza capiente da contenere l'animale. Avrebbe anche potuto prendere una pala vera e propria dal giardino, ma sarebbe stato difficile girare con quella senza farsi scoprire da Mori. Avevano deciso di tenere ogni cosa nascosta al dottore, l'esistenza di quel gatto sarebbe stato un segreto solo fra lui e Dazai, nessun altro avrebbe dovuto saperlo, o così avevano giurato. Chuuya non capiva perché il castano insistette tanto su quel punto ma, alla fine, l'idea di avere qualcosa che nessun adulto avrebbe mai scoperto lo stuzzicava abbastanza da fargli accettare quel accordo.
Recuperato il necessario, dopo aver cercato da per tutto un contenitore adatto a fare da bara e aver svuotato una serie di cassettoni e scatole nel farlo, era tornato indietro da Dazai, il quale aveva avuto il compito di decidere dove seppellire l'animale.
- E' una cosa stupida - lo accolse non appena lo vide, le braccia incrociate al petto con fare stizzito e le labbra tirare in una smorfia,
- No che non lo è - replicò Chuuya senza ascoltarlo, - Tenevi a quel gatto, no? Allora è giusto costruirgli una tomba - gli lanciò la scatola che l'altro, vedendosela arrivare in faccia, afferrò d'impulso al volo. - Hai deciso dove farla? -
- Un posto vale l'altro - sbuffò lui per nulla entusiasta all'idea, il rosso aveva deciso tutto da solo e lo stava obbligando a partecipare, come quando lo costringeva a giocare ad uno dei suoi stupidi giochi. Cosa ci fosse poi di tanto entusiasmante nel seppellire un gatto, Dazai non riusciva a capirlo.
- Era il tuo gatto! Sii più collaborativo - gli intimò Chuuya puntandolo con la paletta da giardinaggio, - Dai, ora mettilo lì dentro mentre io penso a trovare un punto adatto - sbuffò, aggiungendo in un borbottio contrariato "visto che tu non l'hai fatto".
Dazai alzò gli occhi al cielo, già esasperato da quella situazione, ma fece come il rosso gli aveva detto, riconoscendo nella "bara" che l'altro aveva recuperato la scatola che Mori solitamente usava per raccogliere certe cartelle e documenti. Probabilmente si sarebbe presto chiesto dove fosse finita, pensò mentre si trovava tra le mani la bestiola senza vita. Ora il suo pelo non era più così piacevole da accarezzare. Non gli faceva più le fusa e non gli pareva più morbido come prima. Dazai chiuse la scatola, sigillando con essa quelle stupide ed inutili impressioni, se era morto era ovvio che non potesse più apprezzare le attenzioni che gli riservava.
- Allora hai fatto? - la voce di Chuuya alle sue spalle lo colse di sorpresa, distogliendolo da quei pensieri,
- Sì...- si voltò verso di lui sollevando la scatola da terra, l'espressione cupa e pensosa, era pesante.
- Bene, io intanto ho trovato il posto adatto - lo informò il rosso, - Su muoviti! - ma perché doveva usare un volume di voce tanto alto? Si rendeva conto di star urlando? E di nuovo, perché sembrava così esaltato da quella situazione? Si domandava Dazai osservandolo, per poi seguirlo mogio-mogio mentre l'altro gli faceva strada.
- Quindi? Ti piace? - gli domandò Chuuya con fare insistente nel mostrargli l'appezzamento di terra dove gli alberi erano stati sradicati per lasciar spazio al perimetro della casa.
- Ma è davanti alla finestra della mia stanza..- commentò Dazai in tono piatto, non pareva felice né contrariato dalla scelta, faceva solo una semplice constatazione.
- Bhé.. normalmente quando muore qualcuno si tiene un piccolo tempietto dentro casa per fare le offerte e cose simili, no? - Chuuya non si era mai interessato troppo alla questione, ed essendo ancora un bambino, le sue conoscenze si basavano su informazioni ed intuizioni sommarie e non comprendeva quale fosse il vero significato dietro simili azioni e comportamenti. - Tu non puoi farlo, ma potrai salutarlo ogni giorno dalla finestra della tua stanza - si sentiva molto intelligente per aver pensato a quella soluzione, e ne pareva al quanto orgoglioso.
- Se lo dici tu...- non sembrava però eccitato come lui Dazai, - Ci sbrighiamo? Mori potrebbe scoprirci se ci vede qui - aggiunse, era tornato a quell'espressione indecifrabile e annoiata con cui il rosso aveva imparato a conoscerlo, ma ora Chuuya era certo che si muovesse qualcosa al di sotto di quel fare immutabile.
Il rosso cominciò a scavare una buca, trovandosi però presto privo di energie, poiché l'utensile che aveva recuperato non era poi molto adatto allo scopo, in più il terreno lì era duro, difficile da smuovere, e le radici sottostanti non lo aiutavano nel lavoro.
Quando ebbe finito era riuscito a fare una buca dalla forma strana che a malapena sarebbe riuscita a contenere la piccola bara,
- Non ti sembra troppo ovale? - ne commentò l'operato Dazai con lo sguardo scettico,
- E scavala tu allora! - sbottò lui, sudato e con un leggero fiatone, era più faticoso di quanto pensasse. - Dai, adagialo dentro - gli ordinò tanto per vederne le misure, constatando per sua fortuna che la scatola vi entrava, al millimetro, ma entrava.
- Forse dovremmo farla più fonda...- obbiettò però Dazai, smorzandone il senso di sollievo, - Non è che con la pioggia rischia di saltare fuori? -
- E' perfetta! - si rifiutò Chuuya, - Accontentati di come è, si tratta del tuo gatto e io ti sto dando una mano senza avere nulla in cambio -
- Primo: non era il mio gatto. Secondo: sei tu che hai insistito per farlo, io aveva detto che la trovavo un'idea stupida - gli dovette ricordare Dazai mentre si sfregava un braccio con la mano, avvertiva gli arti doloranti, come percorsi da un formicolio. Era stato davvero faticoso tenere quella scatola.
- E piantala! Gli davi da mangiare e ti preoccupavi per lui, quindi era come se fosse il tuo gatto - si era stancato dei suoi modi e di come volesse negare l'evidenza,
- Lo vuoi seppellire così la piantiamo con questa storia? E' insensata - si mostrava del tutto reticente Dazai, l'espressione annoiata di chi avrebbe preferito passare il tempo in ben altro modo.
- No che non lo è! - negò Chuuya urlandogli contro con rabbia, - Non si costruisse una tomba senza motivo, altrimenti adesso staremo seppellendo tutte quelle stupide rane morte che mi hai nascosto nel capello. Le lapidi sono per chi non si vuole dimenticare, per le persone a cui si è voluto bene, si fanno per gli amici insomma – gridò avvertendo un senso di frustrazione prendergli il petto, lo stava facendo solo per quel idiota ingrato. Lui non aveva mai conosciuto quel gatto, che cosa gli poteva importare? Dazai però non sembrava riuscire ad afferrare un concetto tanto semplice. - Se lo stiamo facendo è solo perché si trattava di un tuo amico, idiota -
- Era solo uno gatto randagio! - obbiettò Dazai, insistendo nel minimizzare la questione, - Cosa vuoi che mi importi di ricordarmi di lui, non aveva neppure un nome! - si era messo a parlare allo stesso volume del rosso, con il risultato che iniziarono ad urlare entrambi.
- E daglielo adesso! -
- Cosa?..- sembrò non coglierne la proposta Dazai, finendo per fissarlo confuso,
- Se non gli avevi ancora dato un nome, daglielo adesso - lo incitò il rosso, - Alla fine anche i morti ricevono un nome postumo, quindi non c'è nulla di strano - disse con l'ingenuità tipica di un bambino che non possedeva una chiara idea dell'argomento a cui si stava riferendo.
- Stai dicendo cose senza senso - fu difatti la giusta osservazione di Dazai,
- Tu ascoltami e fallo lo stesso. Se gli dai un nome sarà più facile ricordarlo in futuro, no? - insistette e, non sopportandolo più, Dazai cedette. Fissò i suoi occhi a terra, rimanendo per un lungo momento in silenzio, l'espressione da prima indecifrabile che prendeva un'ombra scura, ben distinguibile. Pareva pensieroso, quasi il rifletterci a riguardo gli causasse un enorme sforzo.
- Allora? - si stanco presto di aspettare Chuuya. Non era molto divertente fissare qualcuno perso nei propri pensieri.
- Nyanko..? - fece lui esitante, quasi invece di un nome stesse ponendo una domanda.
- E' orribile e banale - giudicò il rosso sbuffando e alzando le spalle, - ... ma in fondo si trattava del tuo gatto - disse inginocchiandosi di fianco alla buca e cominciando a ricoprire con la terra la piccola "bara". Era un procedimento più facile e veloce che scavare.
- Nyanko non era il mio gatto... - obbiettò un'altra volta Dazai, e stanco di sentirglielo ripetere Chuuya non sollevò neppure il viso da quello che stava facendo,
- E va bene, allora diciamo che era un tuo amico, okay? - gli propose, trovandosi ad appiattire il terreno come meglio poteva con la paletta da giardino che si ritrovava. - Cos'è ti sei offeso? - domandò quando l'altro non gli diede risposta, alzando finalmente lo sguardo per incrociare il suo.
- N-non starai mica piangendo!? - si trovo a boccheggiare simile ad un pesce in carenza d'aria, lo sguardo spalancato dallo stupore e l'espressione sconvolta. No, non era possibile! Dazai non piangeva mai! Poteva rompersi tutte le ossa, cadere dalle scale e altre cose simili, ma non avrebbe mai pianto. Mai. Lui non piangeva. Era una cosa inconcepibile. Le bambole prive di sentimenti e di anima non potevano farlo. "L'ho rotto..." pensò in un panico crescente, la mente in subbuglio nell'affrontare qualcosa che giudicava inconcepibile. Insomma, piangere era una prerogativa degli essere umani, no? Dazai non essendo umano non sarebbe stato in grado di farlo. "H-ho... ho rotto Dazai" continuava a pensare incapace di comprendere la situazione mentre il castano si sfregava il viso sporco di polvere e terra con mani altrettanto luride, nel tentativo di arginare quelle lacrime che gli bagnavano le guance, stringendo le labbra per soffocare i singhiozzi che lo percuotevano, scuotendogli le spalle in leggeri tremiti.
- Nyanko è morto.. - si lasciò sfuggire in un gemito rauco, - Volevo ancora accarezzargli il pelo e portargli di nascosto da mangiare, non è giusto... Era il mio unico amico! - prese a piangere a gran voce Dazai, senza più trattenersi e lasciando che la voce gli uscisse in singhiozzi disperati. Era triste. Non era logico, si trattava solo di un gatto, ma era triste. Era stupido che lo volesse vivo quando sapeva benissimo che non era possibile, eppure voleva ancora giocare con lui. Avvertiva un senso di ingiustizia e frustrazione serrargli il petto in una presa soffocante, eppure era consapevole che cose simili accadevano e non poteva farci nulla. Doveva rassegnarsi. Eppure ora si trovava a piangere con forza tale da farsi male alla gola, pestava i piedi e stringeva i pugni come un qualsiasi bambino capriccioso.
Chuuya cercò di rincuorarlo in qualche modo, girandogli attorno senza però sapere cosa fare,
- F-forse è meglio andare da Mori...- decise sentendosi al quanto a disagio, incapace di fare alcunché e senza comprenderne appieno i sentimenti. Si era convinto non ne avesse e la sua reazione tanto umana era stata spiazzante. Non sapeva come gestirla. - Su vieni...- lo afferrò per un polso e lo condusse dentro casa, mentre Dazai si lasciava condurre docilmente, ancora intento ad asciugarsi le lacrime con la mano libera. Si era frugato tanto il viso che le bende da cui era coperto avevano cominciato a mollarsi, rivelando pian piano quell'occhio che Chuuya non aveva mai visto, il quale era altrettanto colmo di pianto come il gemello.
 
- Ti ringrazio per aver lasciato venire qui Chuuya, Koyo - disse Mori rivolto all'apparecchio telefonico di casa, fissato vicino all'ingesso, sopra ad un tavolino posto di fianco alle scale che portavano al piano di sopra. Lui e la donna si erano accordati per una chiamata alla settimana, in modo da non istigare nessuno a spiarne le conversazioni o risalire all'indirizzo di Mori.
- Cambiare aria gli farà bene visto quello che sta succedendo qui - commentò la donna senza alcuna nota particolare nella voce ma sorridendo tra se e se al pensiero del bambino. - Ma piuttosto di inutili ringraziamenti, dovresti dirmi come procede il tuo esperimento - cambiò rapidamente espressione facendosi seria e, seppur non potendola vedere in volto attraverso il ricevitore, Mori ne avverti il cambiamento.
- E' ancora presto per dirlo...- rimase sul vago il dottore, facendo un'espressione nervosa la quale si riflesse nel suo tono di voce,
- Non prendermi in giro - sbottò Koyo rivelando da chi avesse preso il proprio temperamento il piccolo Chuuya, - Già pensi che sia tutto inutile, vero? Ma non ti sembra di esagerare?.. Infondo è passata solo una settimana -
- Una settimane, un mese, non importa. Dubito che riceverò i risultati sperati... - sbuffò Mori ravvivandosi i capelli dietro la nuca, sul volto l'espressione gelida e spietata di quando qualcosa si faceva troppo serio per i suoi gusti. - E' un caso perso -
- Tu non hai proprio pazienza con i bambini, eh? - toccò a Koyo sospirare, quel uomo era impossibile, capriccioso ed esageratamente esigente, lui stesso si comportava come un bambino e non se ne accorgeva neppure, era impensabile che potesse adempiere adeguatamente al ruolo di tutore. - Dagli ancora un po' di tempo, vedrai che con la compagnia del mio Chuuya qualcosa si sbloccherà - cercò di farlo ricredere,
- Se ne sei convinta - si lasciò blandire Mori solo perché non voleva contraddirla, nella sua voce era ben udibile l'affetto che provava per quel bambino, non voleva rischiare di attirarsene la furia rivelandogli come in realtà Chuuya, abilità a parte, non fosse poi nulla di eccezionale. Il rosso aveva la mentalità e capacità cognitive del tutto nella norma per un bambino della sua età, non aveva quindi nulla di speciale, soprattutto se messo a confronto con Osamu. Lui sì che era eccezionale, d'altronde con gli incentivi e i metodi di studio che gli aveva impartito non poteva non esserlo. Fin da quando l'aveva preso con se, anni prima, gli aveva fatto comprendere che, o si mostrava utile arricchendo la sua mente, o presto sarebbe stato morto. D'altronde, con una capacità non offensiva come la sua, era impensabile poterlo sfruttare in battaglia. Se fosse stato per il boss, Osamu sarebbe stato eliminato da un pezzo, non essendo "qualcosa" di cui potessero usufruire. Mori forse l'aveva raccolto solo per capriccio, e di questo si rendeva conto, ma non aveva potuto resistere al desiderio di crescerlo e renderlo un membro importante della PortMafia. Voleva a tutti i costi dimostrare al boss quanto ottuso ed arretrato fosse il suo pensiero e lo avrebbe fatto creando una nuova generazione di mafiosi più capaci, svelti, intelligenti e carichi di giudizio. Sì, sarebbe stato grandioso.
- Dottor Mori! - Koyo dovette urlargli attraverso la cornetta per strapparlo alle sue fantasia e constatazioni,
- Uhm... hai detto qualcosa? -  cadde dalle nuvole non sapendo cosa si fosse perso delle sue parole,
- Ti ho chiesto cosa farai nel caso nulla cambiasse, hai ancora intenzione di portare avanti il tuo assurdo piano sulla "nuova generazione"? - si dovette ripetere, vagamente irritata che l'uomo si perdesse a fantasticare mentre discutevano.
- Bhé... in realtà non so se potrebbe più rientrare nel progetto se dovesse rimanere come è adesso - riflette appoggiandosi contro al tavolino, - Non voglio fare tanto lavoro per poi non ottenere nulla...- emise un verso frustrato.
- Allora saresti capace di eliminarlo? - la reazione dell'altro parve suscitare la sua ilarità perché scoppio in una breve risata, Mori però sapeva che quel suono era colmo del disprezzo che la donna provava per il loro capo. - Siete tutti uguali - la sua voce si fece sottile e velenosa, simile al sibilo di un serpente, - Ti avverto, se Chuuya dovesse uscirne in qualche modo ferito da questa storia vedrò di fartela pagare con gli interessi - gli promise e Mori fu certo che non si sarebbe scordata di mantenere un simile giuramento.
- Non ha sentimenti umani, è completamente indifferente a tutto e non ha un briciolo di empatia verso il prossimo. Vuoi davvero un altro elemento simile tra le nostre fila? Non ti basta il boss? L'avrai notato anche tu che più il tempo passa più la sua follia peggiora, vorresti che questo si ripeta con Osamu? - cercò di farla ragionare, ben consapevole di aver perso in partenza,
- Io non so cosa accadrà in futuro. Tu non sai cosa accadrà in futuro. Nessuno lo sa, quindi perché ti dovresti già arrendere? Dagli una possibilità, qui il problema non è Osamu, sei tu -
- Io?..- ne rimase interdetto Mori, eppure non gli si poteva rimproverare nulla, l'istruzione che gli stava dando era eccellente. No, non poteva essere colpa sua.
- Tu non sei in grado di crescere dei bambini, dottore - sentenzio Koyo, - Non è che Dazai non provi emozioni è che probabilmente nessuno gli ha insegnato la maniera giusta per esprimerle -
- E' proprio per questo che ti ho chiesto di affidarmi Chuuya, speravo che confrontandosi con qualcuno della sua stessa età, Osamu imparasse ad imitarlo - sembrava si volesse giustificare Mori, forse perché in realtà era consapevole che la donna aveva ragione. Dal punto di vista emotivo Chuuya aveva un comportamento ben più sano ed equilibrato di Osamu, segno che probabilmente Koyo era stata una maestra più abile di lui in quel ambito. - Però è passata una settimana e Dazai non dà segni di miglioramento...-
- Sei sicuro che semplicemente non sei riuscito a notarli questi "segni"? - sembrava fermamente convinta che il suo piccolo Chuuya potesse fare un miracolo.
- Dottor Mori! Dottor Mori! - la voce del rosso arrivò proprio in quel momento ad interromperne la conversazione,
- Ah, Chuuya sto parlando con Koyo, vuoi salutarla? - gli sorrise Mori quando il bambino entrò nella stanza correndo trafelato, porgendogli la cornetta del telefono prima che gli desse risposta.
- Ciao sorellona, scusa adesso non posso parlare c'è un emergenza. Richiama più tardi! - se la defilò velocemente il bimbo, riagganciando l'apparecchio prima che Koyo, dall'altra parte, potesse comprendere cosa stesse accadendo.
- Ma come ti sei ridotto?..- solo a quel punto il dottore notò lo stato penoso in cui versava, era lurido dalla testa ai piedi,
- Ah..- Chuuya sembrò farci caso solo nel momento in cui l'altro glielo fece notare, - Abbiamo lottato per terra e... ma non importa! - si interruppe d'improvviso, cercando d'essere più fermo e deciso possibile, - Dazai! L'ho rotto! - esclamò lasciando che il panico gli crepasse la voce.
- L'hai cosa?.. Ah, si è rotto qualche osso? Tranquillo gli capita spesso, lo sai. Un po' di gesso e sarà come nuovo - logicamente credette che Osamu si fosse fratturato qualcosa per qualche motivo e per ciò il rosso se ne sentisse in colpa, quindi tentò di rincuorarlo come poteva. Per quanto le sue parole non suonassero per nulla rassicuranti.
- No, no, no..- si affrettò a negare Chuuya, scuotendo con forza la testa per accentuare il concetto, - Non è come al solito! Qualcosa non va'! Penso di averlo rotto proprio! - insistette e Mori non riuscì più a comprendere cosa esattamente intendesse con "rotto". Se non stava parlando di ossa a cosa si riferiva?
- Aspetti un momento qui! - gli intimò il bimbo per poi correre verso la cucina, la quale aveva un'entrata sul retro che si affacciava sul boschetto dove ai due piaceva giocare e da cui erano probabilmente rientrati.
A Mori non rimase altro da fare che aspettare, e di lì a poco il rosso tornò con Dazai al seguito, anche lui come l'altro era ridotto in una maniera indecente, e solo a quel punto il dottore notò che entrambi gli stavano lasciando delle impronte di fango sul pavimento. Stava per riprenderli aspramente, ma si fermò quando vide ciò che aveva spaventato e confuso Chuuya tanto da fargli credere di aver "rotto" Dazai.
- Osamu, stai... stai piangendo? - se ne trovò spiazzato allo stesso modo del rosso Mori, avvertendo un senso di smarrimento poiché non ricordava l'ultima volta glielo aveva visto fare. O forse non l'aveva mai fatto? Non ne era sicuro, ma poco gli importava. Qualcosa di simile ad un senso di tenerezza gli riempi il petto nel vedere quelle lacrime scorrergli sul viso, l'espressione sofferente mentre con le mani si sfregava con forza gli occhi nel tentativo di cancellare il pianto, arrivando però ad irritarli facendoli divenire solo più rossi e gonfi.
- Basta così, Osamu - si chinò su di lui parlando con voce calma e gentile, afferrandogli entrambi i polsi glieli scostò dal viso perché smettesse di torturarsi. - Cos'è successo? - domandò ricevendo però in risposta solo dei singhiozzi indistinti, spostò così lo sguardo su Chuuya chiedendo a lui una spiegazione.
- Il suo gatto è morto e lo abbiamo seppellito, ma poi ha cominciato a fare così - alzò le mani come a dire che lui non gli aveva fatto nulla,
- Stupido! Avevamo detto che doveva rimanere un segreto!!! - replicò rabbioso Dazai, con una nota isterica mentre continuava a piangere. Non riusciva a fermarsi, sembrava una fontana rotta.
- Quale gatto? - si sentì ancora più confuso Mori.
 
In un modo o nell'altro Mori riuscì a farsi spiegare la situazione da i due bambini, o meglio da Chuuya, poiché Dazai non smise neppure per un momento di piangere e a parlare a singhiozzi in maniera incomprensibile. Mori cominciò a sentirsi in difficoltà, non era abituato che Osamu si comportasse in quel modo e non sapeva bene come gestirlo. Alla fine riuscì a tranquillizzarlo, su suggerimento di Chuuya che glielo aveva proposto sussurrandoglielo all'orecchio, proponendogli di fare merenda. Cosa del tutto illogica poiché mancava meno di un'ora al pranzo e, conoscendo Osamu, dubitava avrebbe mai potuto funzionare. Invece il bimbo ne accolse l'invito annuendo piano con la testa, calmandosi un poco nel asciugarsi quei lacrimoni che gli scorrevano sul viso.
Viste le loro condizioni Mori avrebbe dovuto pretendere per prima cosa che si facessero un bagno, ma Osamu non gli si era mai mostrato tanto piccolo ai suoi occhi. E li fece accomodare in cucina senza fare storie per come si erano ridotti. Pareva proprio un bambino, si trovò a constatare nel farlo sedere al tavolo, prima di rendersi conto che, effettivamente, lo era.
Forse in parte Koyo aveva ragione a dargli la colpa per come Osamu stesse crescendo, probabilmente era rimasto tanto accecato dalla prospettiva di quel futuro che stava costruendo, da dimenticare il bambino che aveva di fronte. Poteva essere stato lui, inconsciamente, ad averlo obbligato a quel atteggiamento all'apparenza insensibile e poco umano perché Osamu aveva creduto fosse quello che voleva? Alla fine i bambini di quell'età cercavano sempre l'approvazione degli adulti, che Osamu avesse fatto lo stesso?
Mori l'osservò mentre si sforzava di mangiare la propria merenda, ancora scosso dai singhiozzi del pianto isterico, il moccio a colargli dal naso. La trovava una scena incredibile e un poco comica, al punto che si sarebbe messo a ridere, se non si fosse ricordato che comunque Osamu si trovava ad affrontare la perdita del suo primo animale e, quindi, non aveva alcuna idea di come gestire il dolore da cui era pervaso. Già che avvertisse quel dispiacere per Mori era una scoperta inedita, così come per lui lo era stato sapere che il bimbo si era preso cura di un gatto per molto tempo senza fargli sospettare alcunché. "Credo di essermi preoccupato per nulla..." pensò fra se e se sentendosi un poco un allocco nel aver creduto che, semplicemente perché non ne rispettava i parametri, Dazai fosse una specie di sociopatico narcisista privo d'empatia. Se riusciva a star male per la perdita di un animale non c'erano ragioni per preoccuparsi.
- E pulisciti quel moccio! - fu Chuuya a ripulire la faccia di Dazai, usando il proprio tovagliolo, nelle voce una nota di rimprovero,
- Piantala - protestò Osamu, per nulla contento delle insistenze dell'altro, cercando di scostarvisi, - Avevi promesso che non gli avresti detto del gatto! - gli ricordò come se la questione centrasse con il muco che gli scendeva dal naso.
- Ma me l'ha chiesto - protestò ingenuamente Chuuya, - Cosa avrei dovuto dirgli? -
- Che ero caduto da un albero - replicò lui, pareva che fare una pausa merenda gli avesse fatto bene, si era notevolmente calmato, non piangeva più. - Hai confessato subito, sei vergognoso -
- Io sarei vergognoso? Hai pianto per tutto il tempo come una bambina - ne fu parecchio offeso il rosso, e rincarò la dose,
- N.. non è vero - un acceso imbarazzo colorò le guance del piccolo Dazai, punto nel vivo, - E poi parli proprio tu di comportamenti da femmina? Usi il profumo! - questo alle orecchie di Mori suonava nuova.
- E' acqua di colonia! - protestò Chuuya finendo a sua volta per tingersi d'imbarazzo,
- Bhé... è comunque da femmina! -
- A te fanno schifo gli insetti, questo è ancora più da femmina - si alzò dalla sedia il rosso, additandolo con rabbia nell'urlargli contro, - E poi fai pure schifo ad arrampicarti sugli alberi -
- Gli insetti sono sporchi e viscidi - non negò di esserne disgustato Dazai, - ... che tu li tocchi e li catturi è una cosa riprovevole - Mori poteva notare come il vocabolario di Dazai fosse più ampio di quello di Chuuya, anche se non era certo che conoscesse davvero il significato di quella parola. - E poi non sono una scimmia, a che serve arrampicarmi sugli alberi?! - era un'ottima osservazione, li giudicava sempre il dottore, osservandoli prendendo a sorseggiare del caffè che si era preparato nel mentre delle loro discussione.
- Mammoletta! Stai sempre su quei libri stupidi, è per questo che quando fai qualcosa ti rompi sempre tutto! Dovresti stare di più fuori all'aria aperta - non sapendo come rispondergli Chuuya aveva rivoltato la frittata a proprio favore,
- I libri sono molto più interessanti dei tuoi stupidi insetti! - ribatté Dazai,
- Tu sei stupido! - non aveva più proiettili nella sua arma il rosso.
- No, tu! - e, come ogni battibecco fra bambini, stava visibilmente degenerando.
Mori osservò con un vago sesto senso il momento di silenzio in cui i due si affrontarono fissandosi negli occhi, ma agì un secondo troppo tardi, senza essere in grado di impedire che si aizzassero l'uno contro l'altro. Inavvertitamente finì coinvolto nella colluttazione mentre cercava di separarli, trovandosi a riceve un pugno nel pancreas da Chuuya e un morso sul braccio da parte di Dazai.
 
Voltati verso l'angolo della stanza a fissare la parete, Dazai e Chuuya affrontavano la loro punizione. Erano rimasti in silenzio per ben due minuti quando il rosso, pensieroso mentre si grattava esitante una guancia, decise di rompere il silenzio a cui erano obbligati.
- Mi dispiace per il tuo gatto...- non era pratico con simili questioni, quindi non aveva idea di come si facessero delle condoglianze,
- Si, va bene, non serve che me lo dici - sbuffò Dazai incrociando le braccia la petto con aria offesa, riteneva fosse unicamente colpa dell'altro se era finito in punizione. A lui di solito non succedeva.
- Ma te lo voglio dire lo stesso! - proruppe Chuuya,
- SILENZIO VOI DUE! - arrivò subito dall'altra stanza la voce di Mori a rimproverarli, - Se no, vi fate altri dieci minuti - li avvertì, e a quella minaccia il rosso si trovò a borbottare stizzito, mordendosi la lingua per reprimere una parolaccia.
- L'avevo capito che ti dispiaceva, altrimenti perché avresti voluto costruirgli una tomba... - gli rivelò Dazai dopo aver fatto trascorrere un altro minuto in silenzio, parlando a voce talmente bassa che l'altro gli si dovette avvicinare per sentirlo. - Quindi non serve che me lo dici - si ripeté per sottolineare il concetto. - E comunque... - ridusse ulteriormente il volume delle voce al punto che Chuuya non riuscì a cogliere l'ultima parola della frase o, meglio, gli parve di intuirla, ma si convinse di aver sentito male.
- Cosa hai detto? - dovette infatti chiedergli,
- Non te lo dirò un'altra volta - gli negò lui, un leggero broncio sul viso mentre le guance gli si imporporavano dall'imbarazzo. Vista la sua reazione Chuuya cominciò a chiedersi se in realtà non avesse capito bene,
- Allora mi hai davvero ringraziato?! - esclamò stupito, trovandosi quasi immediatamente le mano dell'altro a tappargli la bocca.
- Ma sei scemo? Non urlare!! - gli intimò aspettandosi di avvertire da un momento all'altro la voce di Mori che proclamava dieci minuti aggiuntivi alla loro pena. Fortunatamente non arrivo, e dopo che il rosso gli ebbe rifilato una gomitata nello stomaco, Dazai lo lasciò andare. - Sì, ti ho ringraziato, ma non farne una questione troppo grande, okay? Vedi di stare zitto o finiamo ancora di più nei guai - ammise e si portò l'indice sulle labbra per intimargli di fare silenzio. Uno dei tanti difetti del rosso era che pareva incapace di parlare senza iniziare ad urlare.
Trascorsero un altro minuto della loro punizione in silenzio. Chuuya era perso a rimuginare nei propri pensieri e vagamente confuso, mentre Dazai rimaneva immusonito, cercando a quel modo di nascondere il rossore della vergogna. Non era abituato a ringraziare, lo trovava imbarazzante, soprattutto perché si trattava del rosso, ma non sapeva spiegarsene il motivo.
- Ehi, Dazai...- dopo un lungo ragionamento di un minuto e mezzo, Chuuya si decise a parlare,
- Cosa? - sbuffò lui alzando gli occhi al cielo, esasperato, - E vedi di parlare a bassa voce, o ci farai beccare - gli intimò.
- Ecco...- esitò un momento, pensando con cura e un certo disagio alle parola che stava per dirgli, - Io, ecco... voglio che costruisci la mia tomba -
- Che?!.. Hai mica intenzione di morire? - squittì dallo spavento prima di ricordarsi di dover parlare a piano, un'espressione allarmata ed interdetta a disegnarsi sul volto.   
- Eh? No, no, non sto dicendo che voglio morire - si affrettò a negare Chuuya, - Sto parlando per... come si dice? Per esempio insomma, nel caso io dovessi morire prima di te -
- Ah - fu la laconica risposta dell'altro, cui occhi si assottigliarono in uno sguardo seccato, - Ma a me non interessa costruire la tua tomba - si rifiutò in maniera categorica, gli pareva una seccatura.
- Beh, tu fallo lo stesso - gli ordinò Chuuya voltandosi dalla parete verso di lui battendo i piedi come un bimbo capriccioso, - E io penserò a costruire la tua quando sarai tu a morire per primo - proclamò deciso, e di nuovo Dazai si chiese come mai si esaltasse tanto ogni volta che apriva bocca.
- Perché mi sembra che tu dia per scontato che io muoia prima di te? - osservò scettico, l'espressione guardinga,
- LASCIA PERDERE QUESTO! - si era dimenticato della punizione e si era messo ad urlare, - Chi morirà per ultimo dovrà costruire la tomba dell'altro, okay? - e per sancire l'accordo gli porse la mano come aveva sempre visto fare agli adulti, così da fargli capire quanto fosse serio.
In risposta Dazai continuò a fissarlo sospettoso per un lungo momento, studiandolo come a cercare un significato in quello che stava facendo, lasciando intanto che la sua mano rimanesse sospesa nel vuoto. -Eddai! Accetta! - gli ordinò con voce lamentosa e petulante il rosso, sentiva gli sarebbe venuto un crampo al braccio.
- Ah, vuoi dire che vuoi che diventiamo amici? - comprese infine il suo astruso ragionamento Dazai, ricordando cosa gli avesse detto sui motivo per cui si costruivano le tombe, a quanto sembrava non era il solo a provare imbarazzo per certe cose.
- Voglio dire che, quando non ci sarai più, non vorrò dimenticarmi di te - specificò Chuuya, l'espressione alterata mentre il viso gli diveniva dello stesso colore dei capelli, lo sguardo che non riusciva più a fissarsi su quello dell'altro. - E tu (nel improbabile nel caso fossi io il primo a morire), non dovrai farlo con me, chiaro? - stava usando un tono aggressivo ed era certo che Dazai si sarebbe rifiutato, infondo si trattava di una richiesta stupida e piuttosto macabra. Difatti si stupì quando avvertì una mano stringersi alla sua, ancora sospesa a mezz'aria.
- Che modo inutilmente complicato per chiedere a qualcuno di esserti amico...- obbiettò Dazai, sul volto lo stesso imbarazzato disagio che c'era sul viso del rosso.
- Beh, almeno il mio unico amico non era un gatto - si sentì subito urtato dal suo commento Chuuya, cercando anche un modo per svincolarsi da quell'atmosfera strana,
- Era molto più intelligente di te - replicò Dazai.
E presto Mori dovette intervenire per sedare un'altra rissa.



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