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Autore: Onyxandopal    18/11/2017    0 recensioni
[Luke Hemmings+Chrissy Costanza]
Ognuno di noi ha diritti e doveri. Luke ha il dovere di portare a termine una missione: trasformare quanti più mutanti possibili. Chrissy ha il dovere di vincere i campionati di atletica per riscattare se stessa e la scuola dal precedente fallimento e dimostrare a tutti di che pasta sia fatta. entrambi hanno il diritto di amare ed essere felici. Avranno il coraggio di venir meno ai propri doveri, per riscuotere il diritto ad essere amati? Dovranno essere giocatori pronti, perché la vita ha intenzione di rimescolare le carte.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiuse il libro con un movimento repentino. Nella sua mente riecheggiarono le parole che aveva appena letto. Il benessere di un neurone dipende dalla sua capacità di comunicare con altri neuroni. Gli studi dimostrano che la stimolazione elettrica e chimica in entrata e in uscita sviluppa processi vitali per la cellula. I neuroni incapaci di comunicare efficacemente con altri neuroni si atrofizzano. Ormai inutile, un neurone abbandonato muore. Seduto da solo al tavolo di quella caffetteria sempre movimentata dal via vai di clienti, era così che Luke si sentiva. Aveva smesso di dar peso alla sensazione di abbandono da tempo, ma non riusciva ad abituarsi al sapore amaro e persistente di atrofia. Si sentiva comese gli elementi della sua personalità che gli consentivano di rapportarsi con altri stessero lentamente diminuendo di volume fino a sparire, uno dopo l'altro. Era abbastanza convinto che di quel passo sarebbe arrivato ad avere nient'altro che la sua tazza di caffè amaro fumante e la spossante attesa di cui si faceva carico da anni. Come se gli avesse letto nel pensiero, il suo cellulare si illuminò mostrando l'anteprima di un messaggio.
FM c13
L'attesa era finita. Bevve un ultimo sorso di caffè e si alzò con un sospiro. Una giovane cameriera gli riservò un sorriso di arrivederci mentre attraversava l'uscita della caffetteria.
*
C'era l'odore della pioggia nell'aria, il vento sibilava tra le fronde degli alberi spogliate dall'autunno inoltrato. Si sistemò la sciarpa bianca attorno al collo e sorrise. Era calda, proprio come l'atmosfera che regnava in casa di sua nonna. Chinata a liberare la propria bici dalla catena che la legava a un lampione si lasciò sfuggire un piccolo starnuto. Le tornò in mente il giorno in cui ricevette la sciarpa l'anno prima. Si era presa l'influenza e la nonna le aveva rimproverato di non coprirsi mai a sufficienza quando usciva e il giorno dopo si era presentata alla porta della sua stanza con un sacchetto di carta opaca blu navy e un sorriso smagliante. Chrissy si alzò dopo aver attorcigliato la catena attorno alla base del manubrio e rivolse un sorriso alla nonna, che vegliava su di lei dalla finestra. Le fece ciao con la mano e salì in sella, pronta per tornare a casa. Le era sempre piaciuto l'autunno, ci trovava qualcosa di poetico nel modo in cui la natura cominciava a spogliarsi in vista della stagione più fredda dell'anno, con la speranza di rivestirsi di colori in primavera. Metaforicamente paragonava l'alternarsi delle stagioni alle persone che commettono un errore e che si svestono del proprio orgoglio per chiedere scusa, pronte a ricevere una risposta fredda o della diffidenza da parte dell'altro, ma che in fondo al cuore sperano di poter accogliere il perdono e la seconda opportunità che chi è stato ferito potrebbe offrire loro. E la primavera delle persone per lei era quel momento in cui l'essere umano redime se stesso da una colpa passata e impara dal proprio errore, rivestendosi di una nuova esperienza e sfruttandola per essere migliore. Pensando a ciò si rattristò un po', non aveva mai avuto l'occasione di aprirsi realmente con qualcuno -ad eccezione del suo migliore amico- e quindi di poter condividere con qualcun altro le sue idee romanzate sulla natura e sul mondo. Certo era giovane e sapeva che da qualche parte, in un punto imprecisato della strada che il futuro l'aveva destinata a percorrere, ci doveva essere una persona in grado di comprenderla. Ci credeva e sapeva che sarebbe arrivata, prima o poi. Non era mai stata frettolosa, anzi molto cauta e riflessiva. Forse era proprio quell'essere riflessiva che l'aveva in qualche modo isolata dalle altre persone, ma come Sophie in Anesthesia, non sisentiva in grado di comunicare efficacemente con gli altri. Non che avesse problemi a socializzare, solo... non si sentiva mai abbastanzaa suo agio da poter parlare apertamente di quello che le passava per la testa. Era più forte di lei, oltre che essere la sua seconda insicurezza più grande.

«Alla buon'ora, raggio di sole» Il ragazzo si alzò dalla gradinata con un sorriso bonario. Chrissy fu felice di trovare il volto familiare di Michael ad aspettarla. Era così da anni, lui la aspettava tutti i pomeriggi seduto sulla gradinata davanti alla sua porta. Be', era così da quando quel ragazzone aveva finito le superiori e aveva deciso che l'università non era per lui.
«Mi sono persa in chiacchiere con la nonna» Chrissy scese dalla bici e gli diede un bacio sulla guancia. «Se ti do metà dei biscotti che mi ha regalato mi perdoni?» Gli rivolse lo sguardo da bambina pentita che le riusciva tanto bene. Era facile, aveva gli occhi grandi, evidenziati dal mascara, e un viso fanciullesco contornato dalla treccia laterale e qualche ciocca ribelle che le era ricaduta sulle tempie.
«Ti perdonerei una stilettata quando mi guardi in quel modo» Michael sbuffò, cercando di fingersi infastidito da quella brutta abitudine di lasciarle passare sempre tutto.
«Micio, dubito che dovrai mai porti il problema di perdonarmi una stilettata» Sfregò il pollice sulla guancia del giovane per rimuovere il lucidalabbra. «Anche se a volte ti infilzerei volentieri come uno spiedino»
«È un modo elegante per darmi del maiale o una metafora per dirmi che sono così buono che mi mangeresti?» Alzò le sopracciglia in quel suo modo buffo e Chrissy fece fatica a trattenere una risata. L'espressività facciale di Michael non falliva mai nel strapparle un sorriso. Era fatto così, non riusciva mai a rimanere serio per più di cinque minuti quando era con lei e faceva le smorfie più impensabili, solo per sentirla ridere. Le aveva sempre voluto un bene dell'anima, come se fosse la sua sorellina, e per lui era importante che lei fosse allegra.
«Quanto sei idiota» Gli rifilò un pizzicotto sul fianco e lui le fece la linguaccia.
«Come siamo offensive oggi... posso entrare e prendermi i miei biscotti o rischio la vita?»
«Adesso vuoi anche i miei biscotti?»
«Mi accontento di coccole e divano se preferisci»
«Punto primo, non guardarmi come un cucciolo, ho finito la cioccolata. Punto secondo, non lamentarti se poi ti chiamo micio» Michael roteò gli occhi e la spinse con la spalla.
«Guarda che non ti aiuto più a mettere le cose sulle mensole quando decididi ripulire quel porcile che chiami camera»
«Non minacciarmi e non chiamare la mia camera porcile, non sono così disordinata» Mise il broncio gonfiando le guance e aggrottando le sopracciglia, con tanto di braccia incrociate al petto. Era piuttosto buffa, nel suo cappotto e la sua sciarpa enorme che le copriva il mento.
«Basta crederci» Fece un passo indietro appena in tempo per evitare una gomitata. Era fin troppo facile indispettirla, forse perché la conosceva da sempre e sapeva quali tasti toccare per darle fastidio.
«Continuo a chiedermi com'è che non ci siamo ancora fatti fuori in tutti questi anni» Michael cambiò espressione e ringraziò il cielo che lei gli stesse dando le spalle mentre sistemava il cappotto sull'appendi abiti. Chrissy stava scherzando, ma per lui anche solo l'idea di sfiorarla per farle del male era off limits.
«Micio» Lo richiamò, lo stava fissando dal basso con i suoi occhioni scuri e gli si strinse lo stomaco. Senza pensarci l'abbracciò stretta, esisteva la possibilità che la perdesse e non riusciva a immaginare una vita senza quella ragazza minuta a colorare il suo mondo. Spesso lei non se ne rendeva nemmeno conto, ma con il suo umorismo e il suo modo di essere lo faceva sentire speciale senza neanche guardarlo.
«Ti voglio tanto bene, raggio di sole» Mormorò baciandole la testa.
«Ti sei meritato tutti i biscotti e le coccole che vuoi» Rispose. Non era abituata a dire quello che provava per le persone, era rarissimo che riuscisse ad aprirsi sui propri sentimenti. Michael però la capiva, sapeva che quella risposta voleva dire ''anche io''.

Le porte dell'ascensore si aprirono davanti a lui e Luke venne investito dall'odore del laboratorio. Non gli piaceva quel posto per diverse ragioni. Prima su tutte quelle dannate luci al neon così bianche da dargli il mal di testa. Non c'era volta in cui mettesse piede là sotto senza beccarsi un'emicrania degna del post sbronza. Per un secondo fu tentato di fare dietro front, determinato ad evitare almeno per quel giorno di sentire le tempie pulsargli e gli occhi dolere come se gli fossero schizzati fuori dalle orbite. Invece si costrinse a proseguire godendosi, si fa per dire, l'odore insistente del disinfettante. Il classico tanfo da ospedale che in un modo o nell'altro gli restava impregnato addosso finché non si fosse fatto una doccia. Odiava avere un olfatto così sensibile. Passò il proprio badge nel lettore elettromagnetico, aspettò che la lucina si accendesse di verde e aprì la porta di vetro. Dietro di essa lo aspettava la solita faccia, con il solito camice e il solito sorriso.
«Buongiorno Luke, accomodati» Se c'era una cosa che apprezzava più delle altre in Nora era la sua naturale capacità di comprendere se era un giorno sì o uno no. Durante quest'ultimi evitava di conversare e svolgeva il proprio dovere a bocca chiusa.
«Buongiorno Nora. Hai cambiato occhiali?»
«Sì, anche se per e cause di forza maggiore» Cause di forza maggiore era un'esclamazione da prendere con le pinze lì dentro.
«Cause di forza maggiore tipo mi ci sono coricata sopra o tipo un paziente ha dato di matto?» Luke sbatté le palpebre e si concentrò sul viso della dottoressa. Era molto raro che parlassero degli episodi di ribellione da parte di unassistito, ma lui era bravo a capirlo dal modo in cui le espressioni si dipingevano sul volto del suo medico.
«Cause di forza maggiore tipo il mio compagno è un armadio. Erano caduti dal comodino e mentre si preparava per il lavoro li ha schiacciati senza volerlo» Ridacchiò e i suoi occhi si illuminarono quando nominò il suo compagno. Stavano insieme da tanto di quel tempo che Luke faticava a tenere conto degli anni, ma il modo in cui ne parlava Nora non era mai cambiato.
«Tu invece? Che mi racconti di nuovo?»
«Domanda di riserva?»
«Ce l'hai la ragazza?»
«Ho scoperto che mi piace il sushi» Nora gli infilò l'ago nel braccio e iniziò il prelievo del sangue.
«Ti facevo più tipo da McDonald's» Luke scrollò le spalle guadagnandosi un'occhiataccia dalla dottoressa, che teneva ancora l'ago nella sua vena. Lo rimosse senza perdere l'aria severa.
«Scusa»
«Apri questi begli occhietti blu, tesoro» Ordinò puntandogli una piccola torcia in faccia. Come da routine guardò in alto, in basso e poi in giro per la stanza. Aprì la bocca e tirò fuori la lingua, la richiuse una volta che la dottoressa ebbe prelevato il tampone.
«Per l'esame del sangue dovrai aspettare un paio d'ore. Mordi questo» Gli passò il bastoncino e Luke lo addentò. Sapeva di qualcosa di disgustoso, tipo piedi sporchi. Quando era più piccolo Nora gli dava un lecca lecca alla fine della visita, ma aveva smesso di farlo quando lui aveva protestato dicendo di essere troppo grande per le caramelle. Quel giorno invece, Luke avrebbe volentieri preso a sberle quel se stesso tredicenne che credeva di sapere cosa fosse meglio per lui.
«Sono contento che tu abbia tolto la frangetta, ti faceva sembrare più vecchia» Nora rise.
«Me ne ero accorta. Il tuo sguardo era inequivocabile» Luke arrossì, spostando lo sguardo verso la parete. Non aveva mai voluto offenderla, si sentiva in colpa. Lei gli mise sotto il naso la fotografia di un bambino biondo e timidissimo.
«Ti conosco da che eri piccolo così, credi che non sappia capire cosa ti passa per questa testolina color grano?» Gli parlò onestamente e adorava Nora per questo. Era seduta davanti a lui sulla sedia girevole e lo guardava come una zia farebbe. Era la figura femminile più vicina a una zia che avesse mai avuto, perciò non era sicuro che sua zia lo avrebbe guardato così. Però voleva un gran bene a Nora, di questo era fermamente convinto.
«Te lo hanno mai detto che assomigli all'attrice, Kira... Kara...?»
«Keira Knightley? Sì, sono solo un po' più vecchia» Gli passò un pacchetto di gomme da masticare.
«Sembri più giovane della tua età»
«Fingerò di crederti» Si alzò dalla sedia e gli indicò di sdraiarsi, per poi attaccargli i cerotti sul petto e collegarli al macchinario.
«Luke, sai che puoi parlarmi di tutto, vero?» Luke sospirò guardando il soffitto. Il bianco cominciava a sporcarsi con la polvere e si domandò quanto tempo ci volesse a spostare e coprire tutti gli attrezzi e il mobilio.
«Non c'è nulla da dire, lo sai... stessa vecchia storia»
«Che ogni tanto vorresti cambiare»
«Non posso riscrivere il finale, né i capitoli nel mezzo o quelli prima»
«Però puoi decidere di prenderla con filosofia e goderti ciò che il libro ha da offrire, le piccole cose... sai, leggere tra le righe»
«Stai pensando a una laurea in psicologia?»
«Sto pensando che per darti consigli non ho bisogno di una laurea in psicologia. Ti conosco e so quanto la situazione per te sia delicata. Ti vedo entrare qui così spesso da tanti di quegli anni che mi domando come tu sia ancora sano di mente. E sai cosa mi rispondo ogni volta?»
«Che non lo sono mai stato?» La retorica e il sarcasmo non erano il suo forte, la sua voce suonò un tantino troppo rassegnata.
«Che sei più forte di quello che io, tu o l'Equipe possa pensare e immaginare. Non hai una vita semplice, eppure guardati. Hai la forza di ingoiare questo boccone tutte le volte, sono certa che tu possa averla anche per cambiare un po' le cose. Non dico stravolgerle, ma la felicità non è una cosa permanente come un tatuaggio. La felicità viaggia a intermittenza, hai giorni sì e giorni no, giorni in cui scoppi di gioia e giorni incui ti prenderesti a calci da solo per farti alzare il culo dal letto e smetterla di mangiare gelato come una ragazzina che ha appena rotto con il fidanzatino.» Luke rise. Nora aveva un umorismo tutto suo e riusciva sempre a far centro con lui.
«Nora?»
«Sì?»
«Ma chi te lo ha fatto fare disopportarmi per, quanti sono, nove anni?»
«Non sei così terribile. Ora però abbiamo finito, perciò sei libero. Ti faccio chiamare quando ho i risultati in mano e ne discuti con mr.Parker» Luke infilò la felpa rossa e salutò Nora, per poi salire le scale a due a due. 
Nota autrice: 
Primo capitolo della mia fanfiction su Luke Hemmings e Chrissy Costanza (cantante degli Against the current)
Se doveste riscontrare errori di battitura o problemi nel leggere la storia (es. i dialoghi troppo attaccati) fatemelo sapere
e provvederò a modificare il testo affinché sia più scorrevole per tutti.

 
   
 
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