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Autore: SherlokidAddicted    18/11/2017    3 recensioni
- John, tu chi sei per me? – Si asciuga le lacrime con il palmo della mano. Mi sembra di guardare un bambino indifeso e impaurito. E quel bambino indifeso ha bisogno di qualcuno che lo aiuti e che lo sostenga, ed anche se non mi riconosce voglio essere io quel qualcuno che lo prende per mano e lo guida. Accenno un sorriso ed abbasso lo sguardo sulla punta delle mie scarpe.
- Vuoi davvero saperlo? – Lui annuisce. Il velo di paura nei suoi occhi sta pian piano svanendo, sembra ricominciare a fidarsi di me. – Ci arriverai da solo, con calma. -
Cosa mi passa per la testa, dite?
Perché non ho semplicemente detto “Sherlock, io sono tuo marito”?
Non lo so. Ho come l’impressione che questo sia il modo giusto per affrontare la cosa. In fondo non sa chi sono, credo che avrebbe reagito male se avesse saputo già da subito la verità. E questo non è mentire! Semplicemente lascerò che sia lui a capirlo… o spero a ricordarlo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Solo un medico e un detective
 

- Definisci imbarazzante. - Sherlock si rigira il biglietto rosa fra le dita mentre guarda le proprie lunghe falangi compiere quel gesto meccanico. Io sono ancora seduto nello studio di Mycroft, fingendo di avere mio marito proprio di fronte, seduto dall'altra parte della scrivania. Per un attimo ho l'impulso di togliere il microfono e correre da lui in macchina ma non fa parte del piano. Ciò che devo fare è restare fermo e parlare con lui.
- Beh, Sherlock c'è un modo per definire la parola imbarazzante? - Lui accenna una risata e il suono della sua voce mentre ride mi fa rabbrividire di eccitazione. - Abbiamo iniziato un discorso e tu hai frainteso le mie intenzioni. Per questo dico che è imbarazzante. - Lui si morde le labbra e vorrei tanto che la smettesse di rigirarsi quel foglietto tra le dita e che alzasse gli occhi sulla telecamera ma non lo fa.
- Io non ricordo. -
- Lo so per questo siamo qui. - Lui annuisce e si schiarisce la voce prima di parlare.
- Che discorso? - Emetto un leggero sospiro e distolgo lo sguardo dallo schermo per poggiarlo su un punto indefinito della stanza, arrivando con la memoria fino a quel giorno, fino a quelle parole imbarazzate dette ad un uomo che allora conoscevo appena.
- Stavamo aspettando una mossa dell'assassino e dovevamo ammazzare il tempo in qualche modo, così ti ho chiesto se avessi una fidanzata. - Sto sorridendo al pensiero, e quando fisso lo schermo noto che anche lui ha sollevato l'angolo delle labbra, ma continua a non guardare la telecamera.

Sbaglio o sembra imbarazzato?

Timido?

Lusingato?

Innamorato?

- Mi hai detto che le ragazze non erano il tuo campo, così ti ho chiesto se avessi un fidanzato e mi hai risposto di no. -
- Davvero? -
- Ovviamente hai frainteso. - Lo sento ridere di nuovo ed io mi poggio comodamente alla sedia, osservando il suo viso rilassato attraverso quel televisore che ogni tanto fa saltare l'immagine. - Hai detto che eri lusingato del mio interessamento ma che purtroppo ti consideravi sposato con il tuo lavoro. -
- Credevo che stessi flirtando? - Io rido e mi ritrovo ad annuire, consapevole che né lui né nessun altro mi avrebbe visto compiere quel movimento, quindi mi affretto a dire un sì.
- Ho subito cercato di rassicurarti, ma il punto non è questo - Adesso anche io, come lui, ho lo sguardo basso, e per un attimo sono felice che lui non possa vedermi perché so che capirebbe subito che c'è qualcosa che non va, ed è anche uno dei tanti motivi per cui ho deciso di non essere presente per questa sorta di esperimento a parte ovviamente il fatto che tutto ciò che ho escogitato si sta rivelando abbastanza divertente. Dall'altra parte c'è il silenzio per un momento che mi sembra infinito, non so proprio cosa dire per confessare ciò che non gli ho mai svelato, nemmeno quando tutti i suoi ricordi erano a posto nella sua testa. Non lo ha mai saputo, ma adesso niente bugie, giusto?
- Qual è il punto, allora? - Gli sono grato per aver spezzato il silenzio, perché mi ha spronato a buttarmi.
- Non sei qui solo per rivivere i nostri momenti, ma anche per sapere cose che non ti ho mai fatto sapere forse per vergogna, forse per orgoglio. Ma c'è stata una cosa che non ti ho mai detto, Sherlock. - Adesso il foglietto rosa è immobile fra le sue dita, non ci gioca più, si limita solo a fissarlo in attesa della mia confessione ed io deglutisco. - Ecco, io stavo davvero flirtando con te. - Finalmente il suo sguardo sta fissando l'obiettivo, ed ora che incrocio i suoi occhi sullo schermo sembra quasi che ci stiamo guardando davvero. - Ti avevo detto che era solo per conversare ma la verità è che ti ho trovato quasi subito attraente. Ci ho voluto provare, volevo vedere se anche a te sarebbe interessato qualcosa di me, ma tu sembravi totalmente distratto dalla tua solita vita e dal tuo lavoro che quando mi hai fatto capire che non avresti perso tempo con me, ho preferito farti credere che avessi frainteso le mie intenzioni. - I suoi occhi sorpresi continuano a fissare la telecamera ed io deglutisco rumorosamente mentre inizio a giocherellare con uno dei documenti che si trovano sulla scrivania.
- John -
- Non riuscivo a smettere di guardarti, eri così bello. I tuoi occhi, le tue labbra, i tuoi maledetti zigomi appuntiti e il tuo portamento principesco. Nessun uomo aveva mai suscitato un tale interesse per me. Sei sempre stato l'unico Sherlock, l'unico. Ed io questo non te l'ho mai detto. - Dico tutto ad un fiato mentre sento scorrere sulle mie guance quelle che sembrano silenziose lacrime, segno di un senso di colpa che mi porto dentro da quel preciso giorno.
Ancora silenzio, riesco solo a sentire il rumore della sedia di Sherlock che viene spostata più in avanti. Lui si siede più comodo e diritto sulla schiena mentre tossisce fintamente contro il palmo della mano.
- Non so ecco, non so se lo avessi già capito da solo quel giorno tramite le tue deduzioni infallibili, ma mi sento di dirtelo adesso, perché ho preso l'impegno di farti stare bene e di non nascondermi più. -
- John, non c'è bisogno che tu dica altro. - Dice lui mordicchiandosi subito dopo e nervosamente il labbro inferiore. - Anche se non ricordo conoscendomi l'avevo sicuramente capito, ma non ti ho detto nulla. Probabilmente anche io mi sono sentito attratto da te quel giorno e non ti ho mai detto nulla. Chi lo sa, è possibile. Ma so come sono e come ero fatto, quindi lo avevo capito, ergo non hai motivo di sentirti in colpa per questo, perché so che ti stai sentendo in colpa adesso. - Le sue parole mi spiazzano quasi, ed ho l'istinto di abbandonarmi sulla poltrona e piangere per non so quale apparente motivo, ma non lo faccio. L'unica cosa che mi permetto di fare è un minuscolo sorriso che serve a cacciare via ogni mia preoccupazione, perché sentire le sue parole mi ha sicuramente fatto sentire meglio. - Quindi mi trovavi un bell'uomo? - dice dopo un po, cercando invano di nascondere un sorrisetto compiaciuto.
- Oh, ma ti sei visto allo specchio? Sei uno spettacolo della natura. -
- Quindi ti reputi fortunato ad avermi? -
- Fortunato? Mi sembra di vincere alla lotteria tutti i giorni con te. - Lui ride, di cuore, portandosi una mano sulla bocca e inarcando il collo all'indietro e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che ho voglia di toccare quella parte di pelle, di mordere e torturare quella meravigliosa parte anatomica di cui lo schermo mi dà piena visione libera.

Tieni a freno gli ormoni, John. Non sei qui per questo.

- Ma se credi che quel giorno avevi intuito tutto, allora secondo te perché non me lo hai detto? - Lui pare pensarci per un po, ma la sua risposta arriva prima di quanto me l'aspetti.
- Forse volevo salvarti da quello che ero. - Deglutisco rumorosamente.
- Perché dici questo? -
- Dai vostri racconti so che non era molto gradita la mia compagnia, e forse non trovavo il mio comportamento insensibile adeguato ad una persona magnifica come te, ecco. -

Smettila, smettila o giuro che mi precipito lì e ti spiaccico contro la prima parete per baciarti come se ne dipendesse la mia insulsa vita.

- Forse ti stavo proteggendo. -
- Sei un idiota. - Lui accenna ancora un sorriso ed il mio cuore fa fatica a battere regolarmente quando vedo gli angoli delle sue labbra sollevarsi in quell'espressione intenerita.
L'atmosfera viene interrotta bruscamente da Angelo. Per un momento ho l'istinto di strozzarlo attraverso lo schermo, ma poi mi ricordo che sono stato io a dargli quelle istruzioni e cerco di darmi un contegno nel momento preciso in cui poggia davanti a Sherlock un piatto, dentro al quale avevo fatto mettere una busta da lettere.
- Immagino questo sia un altro indizio. - Dice lasciando scorrere lo sguardo sulla carta bianca. - Posso? - Chiede indicandola, forse per sapere se effettivamente può aprirla, quindi io annuisco e porto le mani in grembo in attesa della sua reazione. - Quante altre tappe ci sono? - Mi chiede mentre si cimenta a tirare fuori il bigliettino dalla busta.
- Altre tre. Ho deciso di farti rivivere le cose più importanti. - Dico mentre inizio a giocherellare con una penna che ho trovato poggiata in modo perfettamente allineato sulla scrivania. Sollevo lo sguardo su di lui e noto che è intento a leggere la frase sul cartoncino bianco. È confuso.

La guardiana della notte risplendeva.
Il rumore assordante, il fischio a squarciare il silenzio, la terra che trema.
Nessuno intorno.
Solo un medico e un detective.

- Mi stai mettendo in assurda difficoltà, ne sei a conoscenza? - Dice lui emettendo un sospiro pesante. - Bene, allora visto che sono tappe più o meno importanti della nostra vita insieme, presumo siano tappe che anche qualunque altra coppia possa passare, quindi se abbiamo fatto il primo incontro, la prima cena insieme, questa cos'è? Il primo bacio, presumo. - Tutte quelle parole le dice come un tornado, di fila. Se non avessi imparato nel tempo a seguire i suoi discordi a raffica, probabilmente oggi non avrei capito nulla.
- Ti lascerò nel dubbio. - Dico, accennando una risata divertita.
- Sei un pezzo di merda. - E la mia risata aumenta, seguita dalla sua.
- Immagino che per sapere il posto devo leggere fra le righe. - Mormora concentrandosi sulle parole. - La guardiana della notte è la luna, ovviamente, avrebbe potuto essere una stella, ma hai parlato al singolare, quindi è molto improbabile. Non ho dubbi. -
- Bene, poi? - Chiedo, ritrovandomi senza quasi accorgermene a giocherellare anche con il tappo della penna facendolo rimbalzare sul ripiano in legno.
- Rumore assordante, il fischio, la terra che trema - è pensieroso mentre solleva lo sguardo verso un punto indefinito, intento a trovare l'ispirazione adatta per una risposta adeguata al mio indovinello. - I treni fischiano, fanno rumore quando passano e la terra trema se sei vicino ai binari una stazione? -

Va bene, la prossima volta mi cimenterò in indovinelli più difficili, anche se dubito che lui non li capisca al volo.

- Cavolo, ci sono tante stazioni a Londra. - Dice disperato mentre si porta le mani sulla fronte e fra i capelli. La sua improvvisa reazione mi preoccupa, non voglio che abbia un attacco di panico, non è lo scopo principale del mio gioco.
- Ehi, non è molto difficile se ci pensi, Sherlock. - Lo vedo abbassare la testa e stringere gli occhi, poi lascia cadere il biglietto sul tavolo e in quel momento temo il peggio, perché non ricevo alcun movimento dalla telecamera, e per un attimo ho paura che si sia bloccata l'immagine, e non lui. Devo ricredermi quando lo vedo sollevare la testa lentamente, lasciando che scopra la sua faccia smarrita. - Sherlock stai bene? -
- Un flashback. - Non lo capisco all'inizio, lo dice a voce così bassa che non riesco a capire del tutto la sua voce.
- Come? -
- Ho visto qualcosa, un flashback. -
- Davvero? -
- Sì so dove andare. - Non mi dà il tempo di replicare, si alza come sospinto da una molla e abbandona il locale in un batter d'occhio. Sento il rumore della portiera del taxi e poi la sua voce che dice all'autista il nome della stazione, quella in cui accadde tutto.
Certo, non aveva bisogno di dirlo. L'autista era già stato informato su tutte le tappe da percorrere. Ma forse Sherlock voleva solo sorprendermi. E ci è riuscito con successo, perché adesso non riesco a smettere di sorridere.
In stazione non ho potuto mettere delle telecamere, Mycroft, seppur fosse immischiato in queste agenzie di spionaggio, non avrebbe fornito tutto il suo materiale ad un semplice ex soldato. Ho dovuto quindi rinunciare a qualche location. La mia unica chance di parlare con lui sarebbe stata solo il microfono.
Capisco che è arrivato quando sento la portiera e i suoi passi veloci. Un treno è appena passato fischiando rumorosamente. Sono costretto ad allontanare l'auricolare per non stordirmi.
- Ho visto questo binario. Avrei potuto sbagliarmi con qualche altra stazione ma ho immaginato fosse quella più vicina a casa. - Dice ad un certo punto. Non sta più camminando, il venticello sbatte sul piccolo microfono e si mischia alla sua voce pensierosa.
- Hai visto altro? -
- Solo che tu avevi una ferita al fianco. Cioè non ho visto la ferita, era decisamente coperta dal tuo improbabile maglione grigio a fantasie orripilanti. Però ho capito che eri ferito da come ti muovevi. - Mi sfugge una risata e scuoto appena la testa.
- Solo questo? -
- Ricordo la sensazione di agitazione e paura che provavo. E sì, solo questo. - Ripensare a quel giorno mi fa provare una stranissima malinconia inspiegabile. Sherlock era davvero agitato e spaventato. - Me ne parli, John? - Chiede, quando si rende conto del mio silenzio.
- Era un caso pericoloso. L'assassino voleva fermarci, mi ha ferito. - Dico a voce bassa mentre il mio sguardo finisce a scrutare un punto indefinito dell'ufficio di Mycroft. Sherlock non parla. Si limita ad ascoltarmi, ma non sapere a cosa stia pensando adesso mi fa sentire un leggero senso di ansia. - Mi ha sparato. Mi ha preso di striscio ma faceva comunque male. Sei riuscito a fermarlo. Gli hai preso la pistola dalle sue mani, sei stato così veloce che lui non ha avuto il tempo di reagire. Due proiettili piantati ai polpacci e l'hai messo fuori gioco. Non so come avessi fatto né quando ma avevi già chiamato Lestrade. - La sua leggera risata mi fa smettere per un attimo di raccontare e mi ritrovo a mordermi il labbro nel tentativo di mascherare la risata che sfugge anche a me. Anche se avessi voluto non avrei comunque ingannato l'orecchio vigile di mio marito. - Non hai badato ad altro e sei corso ad aiutarmi. Volevi picchiarmi quando ti ho detto che non volevo andare in ospedale, e siamo tornati a casa. I sobbalzi dei binari mi facevano contorcere dal dolore e tu eri preoccupato. -
- Sei stato testardo. -
- È vero ma volevo dimostrarmi forte. -
- Conoscendomi non ho abboccato. - Scuoto la testa con decisione e ridacchio, portando una mano alla mia guancia, le dita a grattare velocemente una striscia di pelle.
- No, e mi hai espresso tutta la tua preoccupazione. E sembravi così umano e mi hai fermato nel bel mezzo della stazione. - Resto un attimo in silenzio con la speranza che lui si ricordi, che continui da solo il racconto, ma non succede. La sua mente è ancora confusa. Gli stralci dei suoi ricordi, quei momenti che può tranquillamente raccontare non comprendono la scena che si è svolta in quella stazione. Quel momento così importante e decisivo per uno come lui svanito nei remoti ed irraggiungibili meandri del suo cervello. - Hai detto che ti sei sentito perso e che per un attimo hai immaginato il tuo futuro senza di me. - Sento le palpitazioni accentuate e ho quasi paura possano essere udibili anche a lui attraverso il microfono. - Non hai pianto ma la tua voce tremava quando lo hai detto. Avevi le mani sporche del mio sangue perché avevi fatto pressione sulla mia ferita per aiutarmi, ma quando mi hai circondato il viso per baciarmi non mi è importato. - Guardo l'orologio al mio polso e decido che è il momento di andare. Afferro il telefono ed esco dall'ufficio semibuio di mio cognato.
- Sentimentale - Dice Sherlock, il suo tono non è di disprezzo però, sembra piuttosto intenerito o rassegnato al fatto di essere molto più umano di quanto vuole dimostrare.
- Sì, diciamo che lo sei stato. - Affermo con un leggero sorriso mentre raggiungo l'uscita. Fuori vedo che Mycroft è poggiato all'auto nera. Le mani elegantemente sistemate sul manico del suo ombrello, il mento sollevato con aria di superiorità. Quando mi vede apre semplicemente la portiera e si accomoda sui sedili posteriori, aspettando che io faccia lo stesso. Ha capito che sono pronto ad andare. - Riesci a ricordarlo? - Chiedo infine mentre mi accomodo in auto e faccio scattare la portiera. La macchina parte poco dopo, Mycroft sembra non preoccuparsi della mia presenza, ma le sue orecchie sono ben rizzate perché so che vuole sapere come sta suo fratello, che vuole capire se la mia sottospecie di terapia lo sta aiutando.
- Vorrei ricordarlo vorrei tanto. Ma per me il nostro primo bacio è stato quello che ti ho dato sul marciapiede a Baker Street. - Emetto un sospiro profondo e dalla parte opposta odo il silenzio, probabilmente non trova le parole e il suo biascicare mi conferma ogni cosa. - John io -
- Non dispiacerti, Sherlock, ti capisco. Non è detto che tu ricorderai ogni cosa, ma sono fiero dei tuoi progressi. - Mycroft mostra un cipiglio di interesse solo quando mi sente pronunciare queste parole, ma si limita a guardarmi e ad attendere qualche altra informazione interessante. - Sei pronto per proseguire? - Chiedo a Sherlock, che mi risponde con un sì deciso ed entusiasta. - Bene, torna in macchina. -
- In macchina? - Un treno passa lungo i binari e posso sentirne il rumore assordante e il vento che esso ha trascinato con sé, sbatte sul microfono e mi costringe ad indossare la mia peggior espressione infastidita da tanto frastuono. La sua voce torna subito dopo, quando sento il farfugliare della folla che è appena scesa dal treno.
- Sì, se vuoi arrivare alla prossima tappa. -
- Ma così? Senza nessun indizio? -
- Per questo non hai bisogno di indizi, e nemmeno di me. Dobbiamo chiudere il collegamento. -
- Cosa? John non possiamo, potrei non ricordare nulla non appena arriverò. - La macchina fa un sobbalzo, poco dopo si ferma e guardando fuori dal finestrino posso ritenermi soddisfatto.
- Ti fidi di me? -
- Ciecamente. -
- Allora credimi se ti dico che saprai cosa fare non appena arriverai. - Per un attimo sento solo il silenzio, poi un sospiro rassegnato e dei passi decisi. Si sta incamminando verso l'uscita ed istintivamente mi faccio sfuggire un sorriso.
- Non deludermi, Watson. - Non aggiungo altro, mi limito a togliere l'auricolare ed il microfono e consegno tutto nelle mani di Mycroft. Lo vedo più sollevato rispetto a come era poco prima, ma il suo volto è ancora serio e freddo. Quell'espressione non lo abbandonerà forse mai.
- Allora noi due ci vediamo domani, John. Spero che le cose vadano al meglio. - Io annuisco deciso. So che le cose andranno meglio, ma se così non fosse adesso ho la certezza di aver tentato tutto il possibile, e la soddisfazione di aver fatto rivivere momenti meravigliosi all'uomo che amo. Momenti che questa volta dubito che Sherlock dimenticherà tanto facilmente.
- Grazie dell'aiuto Mycroft. - Ovviamente non risponde al mio ringraziamento mentre io scendo dall'auto. Si limita ad un misero buona giornata che per me è abbastanza perché so cosa vuol dire se a dirlo è il Governo inglese. Mi è grato, ci scommetterei tutti i miei maglioni di lana, ma è fin troppo Holmes per ammetterlo.
Chiudo la portiera con un gesto deciso, poi guardo la macchina che si allontana e si inoltra nel tipico traffico londinese. Emetto un sospiro profondo prima di girarmi ed osservare l'edificio. Non esito oltre e decido di farmi strada all'interno. Apro la porta e cominciò a salire i gradini a due a due fino a raggiungere la stanza dove ho mandato Sherlock inconsciamente. Mi metto comodo ed accarezzo la stoffa del piumone blu, poi attendo in silenzio finché non sento la porta aprirsi al piano di sotto e i passi svelti di mio marito che corrono fino al piano in cui mi trovo. Non so se ha capito perché ho deciso di riportarlo al 221b, ma il cuore inizia a martellare incontrollato al mio petto.
Ha girato il salotto e la cucina fino a raggiungere la camera da letto. Si ferma sulla porta e mi guarda, piegando leggermente la testa da un lato ed inarcando le sopracciglia, un po' come fanno i cagnolini quando sono confusi.
- Non pensavo che mi avresti raggiunto. - Dice poco dopo, sfilandosi con un gesto fulmineo la sciarpa dal collo e lasciandola cadere sulla poltroncina accanto al letto. Io sono ancora seduto e lo guardo con un mezzo sorriso. - Avevi detto ci sarebbero state altre due tappe. -
- Lo so. Infatti questo fa parte del gioco. - Dico indicando con un gesto circolare del dito l'intera stanza e poi puntando alla fine l'indice su di me. - Questa è una tappa, Sherlock. - Mi guarda con un cipiglio confuso, ma io non dico nulla, voglio che capisca da solo e so che può farlo. Si guarda intorno un'ultima volta prima di schiudere la bocca, l'espressione sorpresa di uno che aveva compreso di che tappa si tratta.
- Quindi - Dice mentre prende posto accanto a me. - Mi stai dicendo che è successo in uno dei posti più scontati del mondo? - Lo guardo e noto il suo sorriso divertito, dal quale non posso fare altro che venire contagiato, poi inizio a ridacchiare e gli pianto una leggera gomitata sul fianco che lo fa mugolare infastidito. - Credevo fossimo più creativi io e te. - Roteo gli occhi, mantenendo quell'espressione. - Che so, la doccia il tavolo della cucina o al massimo, se proprio non volevamo trasgredire troppo andava bene il divano. -
- Oh, finiscila. - Dico ridendo, per poi osservare uno Sherlock sogghignare, ma poco dopo la sua mano raggiunge la mia sul piumone e mi ritrovo a rabbrividire per quel contatto. - Con la foga del momento non abbiamo preso qualche minuto di tempo per decidere dove farlo. È stato automatico venire qui. -
- La tipica scena da film? Quella dove inciampiamo sui nostri stessi piedi e ci spogliamo per le scale? -
- Già. -
- Mi sta venendo la carie. - Un'altra gomitata parte automaticamente e colpisce piano una sua costola, ma lui ride mentre poggia il mento sulla sua spalla. Cala il silenzio per qualche secondo, tempo adatto per permettere ad entrambi di smettere del tutto di ridere. - Questo è uno dei momenti che vorrei ricordare. - Le sue parole mi lasciano sfuggire un sorriso triste, poi giro la testa verso di lui e gli lascio un bacio sulla tempia, perché anche io vorrei ricordasse, lo vorrei con tutto il mio cuore. Lo vedo chiudere gli occhi e mordersi le labbra mentre le sue dita si intrecciano dolcemente alle mie. - Aiutami, John. Magari non riuscirò a riportare alla mente questo ricordo, ma ne creerò uno nuovo che non dimenticherò mai. - Ammetto che la sua affermazione mi lascia stupito e lo guardo, cercando di capire se veramente ha pensato quello che ho intuito. I miei dubbi svaniscono all'improvviso quando percepisco il contorno delle sue labbra sul mio collo a suggellare un lembo di pelle, facendomi venire la pelle d'oca. È bastato questo semplice gesto per accendermi come un fiammifero, ma allo stesso tempo sento un certo disagio che non riesco a cacciare via.
- Sherlock non credo tu sia ancora pronto per questo. -
- Non starei qui a provocarti se non lo fossi. - Mormora spostandosi a cavalcioni sulle mie gambe, poi porta una mano sul mio petto e mi costringe a stendermi sul morbido piumone blu. - Voglio ricordare e soprattutto voglio te. E sono pronto, John, fidati di me. - Le sue parole sono rassicuranti, carezzevoli come il velluto, mi fanno desiderare di rivivere quel momento ancora e ancora fino a sentirmi esausto. Non dico nulla, mi limito a sporgere la testa e a catturare le sue labbra in un bacio focoso, e seppur tenga gli occhi chiusi percepisco il sorriso di Sherlock sulla mia bocca.
Adesso esistiamo solo noi, nessun problema sembra ostruire le nostre azioni, niente ci circonda, solo amore, solo quel fuoco che ribolle dentro e che riscalda la stanza.
Solo un medico e un detective.





Note autrice:

Vi do il permesso di uccidermi, giustiziarmi e tutto il resto, perché da febbraio a novembre so che è proprio un sacco di tempo. Ma come alcuni di voi che conosco sanno, sono una persona abbastanza... in difficoltà ecco. Perciò non vi assicuro un prossimo capitolo pubblicato in un arco di tempo breve, ma lo farò, perché tengo a questa storia nonostante tutto. Sappiate però che non vi ho abbandonati, quindi ci vediamo SICURAMENTE al capitolo successivo.
Spero che questo vi piaccia.

  
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