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Autore: The Custodian ofthe Doors    18/11/2017    3 recensioni
[ AU!Police| Detective!Alec| Doctor!Simon| Criminal!Magnus]
Alexander Lightwood è un detective della Omicidi di New York City famoso per la sua pazienza e la sua calma imperturbabile.
Non trova strano, quindi, che il Capo Bureau Blackthorn chiami proprio lui per risolvere il caso di un contrabbandiere di merci rare ed opere d'arte che è stato trovato morto nella sua villa, completamente a soqquadro. Così come non lo sorprende la sfortuna che pare inseguirlo per tutte le indagini.
Un caso di omicidio che lentamente prende contorni più definiti e si colora di cupe tinte, storie vecchie quasi trent'anni che tornano alla ribalta, una scia di morti che culminano proprio sull'intreccio di fili che si tende nel tempo, personaggi scomparsi dalla scena e altri che mai l'hanno lasciata, cambiando solo ruolo. Sullo sfondo dell'estate più torrida che New York City ricordi nell'ultimo secolo la legge dovrà convincere il crimine a collaborare per riuscire ad arrivare alla conclusione e mettere definitivamente il punto ad una storia che è in replica sulla scena da fin troppo.
Genere: Azione, Commedia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IV


 

Hai un nuovo messaggio in segreteria:

<< Magnus, sono Ragnor. E' da un po' di tempo che non ci sentiamo e non avrei mai voluto che fosse in queste condizioni. Ho bisogno di vederti, il prima possibile. Non sto scherzando Mags, ho un affare in ballo ma c'è qualcosa che non quadra, che non mi convince per niente, sia nel compratore che nella merce. Il nome non è il suo, lui- è qualcosa di vecchio, dei nostri tempi, capisci? Mi da quella sensazione. E anche l'articolo che mi hanno richiesto mi puzza, non si paga così per un affare del genere, quella c- Senti, non voglio parlarne per telefono, ma ho davvero bisogno di te, sono finito in una partita di cui non conosco le regole. Rispondimi il prima possibile, è questione di vita o di morte Magnus. Richiamami. >>

La cassetta finì con un suono secco, riavvolgendosi in automatico mentre i due uomini rimanevano in perfetto silenzio, persi nei loro pensieri.
Alec tenne lo sguardo fisso nel vuoto, davanti a lui un tappeto dall'aria costosa ed un tavolino completamente di cristallo, su cui dava bella mostra di se un statuina greca di marmo rosa. Le mura dell'ufficio erano di un viola scuro ma cosparso di brillantini, scie di glitter che riflettevano la luce del lampadario dallo stile elegante, in acciaio, che capeggiava al centro della stanza. Eppure tutti quei colori Alec non li vedeva, non davvero, la sua mente era tutta protesa nell'analisi del messaggio che avevano appeno ascoltato per la… quanto? Decima? Dodicesima volta?
Fell era chiaramente spaventato, lo si sentiva dalla voce, tesa e vibrante, aveva parlato a scatti, interrompendosi proprio quando stava per dare delle spiegazioni più corpose. Ma lo capiva, neanche lui in una simile situazione avrebbe raccontato per telefono tutti i dettagli del caso. Cosa gli rimaneva ora?
Aveva capito che anche Fell indagando sul suo compratore aveva scoperto la truffa del nome, magari aveva anche indagato e a differenza sua forse aveva capito qualcosa. Ma cosa?
Come gli aveva detto Catarina Loss, invece, Fell era convinto che il prezzo che gli veniva pagato per quella merce era troppo alto, ma mentre lui aveva pensato ad un neofita, la vittima che era del giro molto più di quanto non lo sarebbe mai stato lui, aveva sentito puzza di bruciato.
E' qualcosa di vecchio, dei nostri tempi.”

<< A cosa si riferisce quando parla di qualcosa dei vostri tempi?>> chiese rompendo il silenzio, << Non mi sembrate così vecchi da poter parlare di epoche passate.>>
Bane gli dava le spalle, poggiato al muro vicino alla grande finestra chiusa dai tendaggi da cui spiava il mondo esterno. Se solo non fosse stato nascosto, Alec avrebbe visto il sorriso per nulla divertito che si era aperto sul suo volto.
<< Non siamo così vecchi, no… ma a volte, ripensandoci, paiono passati millenni.>>
Poggiò la testa contro il panno spesso sino a sentire la consistenza dura del vetro.
<< Cosa sa- cosa le ha detto Catarina su Rag? Mi ha detto che le ha raccontato chi era, com'è entrato nel giro, cosa ha fatto i primi tempi…>>
<< Mi ha detto che eravate amici d'infanzia, che lui voleva entrare all'accademia d'arte ma non poteva permetterselo e che entrò in quei giri quasi per caso. Prima erano solo consulenze, poi cominciarono a pagarlo e a comprargli i biglietti per le mostre, lo mandavano in ava scoperta. Mi ha anche detto che fu suo padre ad assumerlo.>> rispose prontamente Alec mantenendo però un tono di voce basso.
Bane sorrise di nuovo senza gioia, lasciandosi scappare un verso quasi di scherno.
<< Papà… già. >> Si voltò verso di lui e con falcate decise si portò davanti alla scrivania su cui si poggiò, << Parliamoci chiaro Detective, potete anche non avermi mai incastrato perché so fare il mio lavoro, ma sappiamo entrambi in cosa consista questo.>> gli diede solo un attimo per annuire e capire dove volesse andare a parare, poi continuò, << Di noi tre, che lei ha conosciuto, solo Cat è scampata “al giro”. Io e Rag, e anche un altro nostro amico, non ci siamo riusciti. Ragnor c'è entrato per caso, aveva bisogno di soldi per realizzare il suo sogno e studiare le mostre d'arte per poi comunicare quali fossero i pezzi più costosi non gli impediva di dormire la notte. Ci sono stati altri che sono finiti a fare questa vita perché non avevano altra scelta; alcuni si ripetevano che era solo per quel momento e poi è stato per tutta la vita. C'è chi c'è entrato per tirar fuori i fratelli o gli amici ma ha capita che questo mondo non ti lascia mai a meno che non sia lui a volerlo e sono dovuti rimanere dentro se non volevano dimenticarsi la faccia di chi amavano.>> incrociò le braccia al petto e puntò lo sguardo un un quadro alle spalle di Alec, posto proprio sopra al divano.
<< E lei?>> chiese quasi in un sussurro il moro.
<< Io sono figlio d'arte.>> una smorfia impertinente fece quasi venir voglia ad Alec di sorridere, ma si trattenne.
<< Ha ereditato il lavoro da suo padre?>>
<< Più o meno, non è lo stesso buisness, ma siamo lì con i giri di conoscenza. E' da molto che ha lasciato questo posto, si era stancato della vita nel nuovo mondo e ha deciso di tornarsene in quello vecchio, per vivere come un normale pensionato straricco farebbe.
Mh, bastardo fortunato.
Quando Rag ha parlato di qualcosa di vecchio credo si riferisse al periodo in cui papà era qui, quando noi non eravamo ancora nel giro. Ecco, così di divide la nostra vita Detective Lightwood, tra ciò che c'è stato prima di varcare la soglia di questo mondo, e ciò che c'è stato dopo.>>
Alec annuì.
Si, Ragnor Fell aveva ragione, si era ritrovato a giocare una partita di cui non conosceva le regole e purtroppo per Alec, alla dipartita dell'uomo, era toccato a lui prendere il suo posto.

Solo che io non so neanche a che gioco stiamo giocando, tu almeno ne ignoravi solo le regole.

<< Ha qualcosa in mente Detective?>> Magnus si diede una leggera spinta contro il piano di legno e si avvicinò lento ed elegante all'agente che se ne stava pensieroso sul divano di pelle scura.
Era davvero un bell'uomo, considerò di sfuggita osservando il moro strofinarsi il palmo di una mano con il pollice della gemella, perso in chissà quale ragionamento.
<< Detective?>> provò ancora, fermo davanti al tavolinetto di cristallo.
Studiò quel volto tanto pallido da sembrar un morto, un bellissimo morto, e cercò di immaginarselo come glielo aveva descritto Catarina, concentrato nell'aiutare uno sconosciuto, preoccupato per quello e poi a parlar con gentilezza e tranquillità con lo stesso. Non gli ci volle molto, ad occhio e croce quel giovane doveva essere il classico bravo ragazzo che fa sempre la cosa giusta, anche quando non gli conviene, quando potrebbe ferirlo o andare contro i suoi interessi.
Ed il semplice fatto che dopo un mese stesse ancora indagando sul caso di Ragnor gli confermava solo la sua teoria.
<< Alexander?>> Chiamò con più dolcezza, lasciando che il primo sorriso vero dell'ultima ora gli piegasse le labbra. Aggirò il tavolinetto e vi si sedette sopra, esattamente davanti all'agente che sussultò sorpreso, drizzando la schiena ed arrossendo ad averlo così vicino.

Una cosa abbastanza tenera, ammettiamolo.

<< Scusa?>> chiese colto alla sprovvista ed il sorriso di Magnus s'allargò.
<< A quanto pare bisogna sorprenderti per far si che dimentichi le buone maniere ed i toni ufficiali.>> Gli fece l'occhiolino, << Mi domandavo se sapessi dirmi qualcosa, se avessi qualche idea a riguardo. Di tutta questa storia, s'intende.>>
Alec spostò di nuovo lo sguardo nel vuoto ma annuì piano.
<< Pensavo… cosa potrebbe essere cambiato da oggi al passato? Magari si è reso conto che il cliente era stato in contatto con tuo padre, o se lo avesse visto a qualche mostra. O forse è stato il pezzo a fargli ripensare a quegli anni.>> sospirò chiudendo gli occhi e passando pollice ed indice a distendere le sopracciglia aggrottate. << Potrebbero esserci mille motivazioni valide, ma se fosse passato troppo tempo e quell'uomo fosse scappato?>>
A quella domanda Magnus si irrigidì: si, era passato un mese da quando Ragnor era morto, ma non poteva arrendersi così, non poteva lasciare il caso perché l'assassino aveva avuto l'opportunità di allontanarsi dallo Stato. Lui doveva indagare, doveva trovarlo, doveva incastrare quel-
<< Da che parte lo cerco? Non ho la minima idea di chi possa essere, mi toccherà battere a tappeto tutti gli Stati circostanti e poi gli altri.>> fece un verso lamentoso, << Già l'ambasciata in Francia non mi richiama, figuriamoci se vola dove non c'è estradizione.>>
Bane alzò un sopracciglio mentre il moro continuava a borbottare da solo di burocrazia e gente che scappa invece di rimanere ferma per farsi arrestare. Gli venne naturale ridacchiare e poi scuotere la testa per scacciare quella sensazione d'ilarità di cui però non riuscì a liberarsi.
<< Agente? Agente!>> lo chiamò con voce allegra schioccandogli una mano davanti al volto.
Alec saltò sull'attenti e lo guardò curioso, senza parlare.
<< Perché non prende un respiro profondo? Lo vuole un drink?>> Si alzò con un movimento fluido e si avvicinò al lucido bar privato che si trovava sul lato opposto della stanza.
<< Non bevo in servizio.>>
<< Vuole farmi credere che è corso da me nel suo orario di lavoro? Oh, Detective, sono così emozionato! L'ha fatto solo per vedermi? No, perché se sentiva la mia mancanza sappia che la prossima volta può anche arrestarmi, mi piacciono così tanto le manette!>> gli lanciò uno sguardo malizioso e gli fece l'occhiolino, mentre il moro arrossiva miseramente e cercava di rispondere in modo arguto.
Certo, ormai la sua battuta l'aveva fatta, sia mai che il suo cervelletto si degnasse i produrre qualche altra bell'affermazione per rispondere a tono a quell'uomo.
Si alzò stirandosi pieghe immaginarie del suo completo scuro e fece per andare a riprendersi la cassetta, prima di bloccarsi, far marcia indietro e dirigersi verso la porta.
<< Sono venuto qui perché lo reputavo il posto più sicuro per ascoltare la registrazione e perché ero certo sarebbe stato in grado di rispondere alle mie domande. >>
<< Uhg, non bello come l'ho descritto io, ma posso accontentarmi anche di questo per il momento. Dopotutto si è fidato di me.>>
Alec si bloccò con la mano sulla maniglia e osservò accigliato Bane, << Certo che mi fido di lei. Gliel'ho detto durante il nostro primo incontro: lei non è un assassino.>>
<< Vero.>> l'uomo si portò un bicchiere fregiato alle labbra, << Ma sono pur sempre un criminale.>> bevve un sorso e lo studiò, in attesa di cosa avrebbe controbattuto l'altro.
<< Non è il criminale della mia di indagine. Per me lei è l'amico della vittima che può aiutarmi a fare giustizia per un uomo innocente.>>
<< Oh, Alexander! Ragnor era tutto tranne innocente.>> Buttò giù tutto il contenuto del bicchiere e lo poggiò sul ripiano, << Ciò non toglie >> s'avvicinò << che ti sono molto riconoscente per le tue parole. E per quello che stai facendo per Ragnor. Grazie.>>
Erano a circa un metro di distanza ed Alec si ritrovò a deglutire un paio di volte più del dovuto sotto lo sguardo attento di quegli occhi verdi e dorati come quelli di un gatto.
<< Faccio solo il mio dovere.>>
L'altro scosse la testa, << No, stai facendo molto di più, stai facendo giustizia.>>
Imbarazzato il detective si strinse nelle spalle minimizzando la cosa, << Il mio dovere per l'appunto.>>
<< Magnifico, sei una di quelle persone incapaci di accettare un complimento, vero? Lo trovo assurdo visto il tuo aspetto, chissà in quanti ti fanno una corte spietata, dubito che tu arrossisca così per ogni sconosciuto che ti parla. Mi sentirei profondamente geloso Alexander, te lo dico, quel rossore è solo a mio appannaggio.>> il sorrisetto divertito che gli piegò le labbra fece alzare gli occhi al cielo al suo interlocutore che borbottò qualcosa a mezza bocca prima di schiarirsi la voce,
<< Tecnicamente tu sei un sconosciuto.>>
Magnus si illuminò, non sapeva bene se perché il detective si fosse deciso ad abbandonare il -lei- o per altro, << Lo ero, volevi dire! Adesso potresti almeno darmi il titolo di conoscente, ti aiuto con le domande scomode sul mondo del crimine.>>
<< E- ehm… quindi, consulente?>>
L'uomo quasi saltò sul posto, in una comica replica di un bambino a cui viene concesso di prendere un altro dolce dal buffet, allungò le mani e prese quella destra di Alec, stringendola e scuotendola con entusiasmo.
<< Esatto! Sono il tuo Consulente Criminale! Quindi tu sei il mio agente di collegamento, giusto?>>
<< Così sarebbe m- >>
<< Perfetto fiorellino! Allora non mi manderai più Jade, vero? Mi sta antipatico, sei tu il mio preferito.>>
<< Grazie?>>
<< Oh, no, grazie a te.>> fece con tono mellifluo, << La prossima volta che ci vedremo però ti lascerai offrire quel drink.>>
<< Te l'ho detto, non bevo in servizio. A dir la verità non bevo molto in generale.>>
<< Ma io non ho detto che il nostro prossimo incontro dovrà essere ufficiale, dolcezza.>>
Alec sospirò sconsolato anche se le sue guance dovevano essere chiazzate di rosso e non era proprio l'ideale per dare l'immagine di una persona infastidita dagli eventi.
<< Potresti smetterla di chiamarmi così?>> chiese piano.
<< In effetti per quando sei in servizio non è molto adatto, >> Alec tirò un sospiro di sollievo, << ma visto che i nostri incontri sono clandestini ed improvvisi, così brevi ed intensi, credo non ci sia problema di sorta.>> gli sorrise e lasciò la sua mano per portare la mancina su quella che l'agente aveva ancora sulla maniglia, spingendola verso il basso ed aprendo la porta.
<< Quindi ci rivedremo presto, Alexander?>>
Il moro lo guardò per un minuto senza parlare, immerso in chissà quali ragionamenti.
<< Non appena avrò qualcosa di concreto mi farò sentire. Magnus.>>



 

Quando giorni prima Alec aveva detto a Simon che tra le mille cose che lo turbavano rientravano i suoi genitori che lo invitavano a pranzo a casa loro o che volevano parlare con lui seriamente, non scherzava.
Alec aveva sempre vissuto nell'ansia degli incontri e dei discorsi con loro, fin da quando era piccolo e non si sentiva mai all'altezza dei suoi fratelli, sino a quando quel senso d'inferiorità non si era trasformato in disagio alla scoperta del suo orientamento sessuale. Vedere i suoi fratelli vivere con tanta naturalezza le proprie vite, vederli alzare gli occhi al cielo e protestare, battere i piedi e fare i bambini lo aveva costantemente fatto sentire diverso da loro, in una posizione più sfavorevole, in piedi sull'orlo di un cornicione che divideva ciò che era e ciò che i suoi si aspettavano sarebbe diventato. Per anni la frase “parliamo un po' Alexander” lo aveva fatto cadere in tali stati di panico da farlo sudare freddo e balbettare preda dei tremori. Sua madre pensava soffrisse di qualche malattia particolare e per quanto ne sapeva Alec solo il suo psicologo era riuscito a far passare quell'assurda idea dalla mente della donna e farle capire che no: suo figlio è solo timido e terribilmente spaventato da lei. Ad onor del vero infatti, chi lo spaventava più di tutti era sua madre, Robert Lightwood aveva paura di deluderlo, ma Maryse Trueblood in Lightwood, Procuratore Generale di New York City, aveva spesso popolato i suoi incubi infantili con le sue arringhe fatali e le sue occhiate di ghiaccio.
Le cose si erano protratte in un climx senza possibilità di ritorno fino ai suoi diciotto anni, periodo in cui, preso il coraggio a due mani, aveva prima confessato a Jace di essere gay e poi ne aveva parlato con i suoi, in particolar modo quando sua madre se ne era uscita con l'ennesima domanda su perché lui non le presentasse mai le sue fidanzate. In un primo momento, Max si divertiva a ricordare la faccia confusa di suo padre e quelle per nulla convinta della madre, Alec gli aveva risposto che, semplicemente, non ne aveva mai avuta una. Quando poi la donna aveva insistito su questo fronte, cominciando a parlargli di questa o quella figlia dei suoi colleghi, il moro era forse sbottato per la prima volta in vita sua dicendogli che nessuna di quelle ragazze gli piaceva.
Maryse aveva obbiettato che aveva dei gusti difficili.
Robert si era strozzato con il pollo e Jace non era potuto scoppiare a ridere solo perché era dovuto correre a battergli una mano sulla schiena.
Certo, l'apoteosi l'avevano raggiunta a Natale quando Alec aveva detto chiaro e tondo alla madre che “nessuna ragazza mi piace” e Robert si era nuovamente strozzato, con il vino stavolta, per poi borbottare alla moglie tra un colpo di tosse e un altro, che magari doveva presentargli qualche figlio dei suoi colleghi. Suggerimento andato a vuoto o ignorato dalla donna che aveva intavolato una discussione epica sul fatto che avesse diciotto anni e dovesse cominciare a guardarsi attorno e poi Alec si era alzato da tavola, fronteggiando la madre, e le aveva urlato con quanto fiato avesse in corpo “Sono Gay!”.
E li era finito il loro Natale.
Se ci pensava ancora aveva i brividi.
Gli stessi brividi che gli passarono lungo la schiena, con 30 gradi di temperatura ed un sole che spaccava le pietre ora che era davanti alla porta di casa sua.
In difesa di Maryse Alec doveva ammettere che dopo un iniziale guerra più o meno fredda, circa sei-sette mesi escluso il giorno del diploma, l'aveva presa piuttosto bene. Anche perché aveva smesso di tormentarlo sul piano sentimentale per buttarsi sul molto più proficuo piano lavorativo.

La porta si aprì prima ancora che potesse premere il pulsante d'ottone del campanello. Suo padre, una versione più bassa e più vecchia di sé, con l'espressione perennemente seria ed un velo di barba spruzzata di grigio a coprirgli mascella e guance, lo fissò da sotto le folte ciglia nere, gli occhi azzurri più chiari di quelli del figlio ma estremamente simili.
<< Ti ho visto dalla finestra.>> gli disse come a giustificazione, impacciato quasi come se dovesse spiegare perché aveva aperto al figlio senza che questo suonasse.
<< Grazie papà, tutto bene?>> continuò Alec con lo stesso tono impacciato entrando in casa e pulendosi i piedi sul tappeto.
L'uomo annuì, << Come sempre, molto lavoro da fare e molti incompetenti che non ne sono in grado.>> Si fermò ad osservarlo mentre si toglieva la giacca e l'appendeva al chiodo, << Almeno non ti ha aperto tua madre.>>
Quella frase buttata lì così, quasi a caso, gli fece di nuovo scendere i brividi lungo la schiena: quello era un chiaro segnale d'avvertimento, gli diceva “tua madre è sul piede di guerra per un motivo x preparati”. Gli regalò un sorriso tirato ed uscì dall'anticamera, << Cucina?>>
All'assenso del padre si diresse verso la camera da pranzo e poi oltre l'arcata che portava alla cucina.
<< Buon giorno.>> provò titubante fermandosi sulla soglia della stanza.
Maryse era in piedi davanti ai fornelli, con un grembiule color tortora a coprire la gonna a tubino crema e la camicia bianca. I capelli neri e lunghi erano legati in una crocchia severa e Alec si domandava come facessero lei e sua sorella a vivere perennemente affidando la loro stabilità ad un tacchetto delle dimensioni di cinque millimetri per cinque.
Concentrata su una padella la donna neanche si girò, << Buon giorno a te Alexander.>> continuò a cucinare finché non parve soddisfatta, poi si sciacquò le mani e si voltò verso il figlio, avanzando di qualche passo per poterlo stringere in un abbraccio leggero e dargli due baci sulle guance.
Il giovane abbozzò un sorriso chiedendole se volesse una mano ma lei scosse la testa e lo invitò a sedersi in salotto, in attesa che il pranzo finisse di cuocere.

<< Allora, ci sono progressi nel caso Fell?>>
Alec mandò giù il groppo che gli si era stretto in gola fino a quel momento: la stava aspettando al varco.
<< Si >> si costrinse a sputar fuori, << Finalmente l'ambasciata mi ha risposto e credo di aver capito dove indirizzare l'indagine.>>
Maryse fece un secco gesto del capo, << Sarebbe anche ora Alec, un'indagine d'omicidio che si protrae per così tanto tempo è solitamente destinata a rimanere irrisolta.>>
Robert, seduto sulla sua poltrona, alzò gli occhi al cielo come faceva spesso sua figlia, beccandosi un alzata di sopracciglio da parte della moglie.
<< Sei un avvocato Maryse, ne abbiamo già parlato, non sai come sia svolgere un'indagine sul campo, non puoi criticare.>>
<< Non sto criticando, sto esponendo un dato di fatto. Senza contare che anche noi avvocati indaghiamo.>>
<< Sulle prove che noi poliziotti vi diamo. Non è sempre lampante la soluzione di un caso.>>
L'epica lotta tra l'ordine e la giustizia sembrava star per rinascere dalle sue ceneri e Alec si domandò perché quel giorno ci fosse solo lui a pranzo alla vecchia base e non tutti gli altri. Max aveva diciassette anni, si era da poco diplomato, perché non era a casa a ciondolare come faceva sempre?
<< Un trafficante di merci rare ucciso alla vigilia della conclusione di un affare. Mi pare piuttosto ovvio in effetti chi sia il colpevole.>> continuò sua madre sul piede di guerra.
<< Magnifico, sai dirci anche nome e cognome?>> le rispose sarcastico il marito.
<< Sicuramente quel Fell teneva un registro contabile.>> si voltò verso Alexander come se avesse appena messo a segno un punto da metà campo, il moro sospirò.
<< Nome falso, già controllato.>>
Robert sogghignò soddisfatto.

Scusa mamma, non era neanche un tiro da due questo.

<< Hai controllato i sistemi d'allarme vero?>>
La voce di suo padre lo fece trasalire in un modo ben diverso da come aveva il potere di fare quella situazione ogni santissima volta.
Certo che aveva controllato i sistemi d'allarme e certo che aveva analizzato tutte le entrate e le uscite.

Forse dormirei il sonno dei giusti se non l'avessi fatto.

<< E cosa ne è risultato?>> lo richiamò la donna.
Alec si rimise dritto con la schiena, sollevandosi dai cuscini morbidi del sofà e schiarendosi la voce, l'espressione seria e pensierosa tipica degli uomini Lightwood che gli calava sul volto come una maschera:
<< Mi spiace mamma ma non posso parlare dei dettagli del caso.>> lo disse con una tale professionalità che si sentì soddisfatto di se stesso. Ma probabilmente tutta la professionalità del mondo non avrebbe fregato i suoi che lo guardarono improvvisamente attenti.
Maryse fece per dire altro, soppesando ogni minima ruga d'espressione sul volto del figlio, prima di essere stroncata sul nascere dal marito.
<< Maryse, non avevi lasciato qualcosa sul fuoco? Credo sia ora di sedersi in tavola.>>
Per il momento si era salvato.

 

Avrebbe dovuto sapere ormai che la sua fortuna era tanto altalenante quando fasulla.
Finito il pranzo suo padre lo aveva invitato nel suo studio per fare due chiacchiere, o così aveva detto, ma Alec lo sentiva lontano un miglio quando l'uomo voleva parlargli di cose serie.
Si ritrovò così seduto sulla poltrona che per tutta la sua vita era stata sinonimo di giudizio e spiegazioni, dove stava ogni volta che riportava un voto a casa o doveva scegliere che sport, che laboratorio, che lavoro scegliere.
Quella volta però c'era qualcosa di diverso, Robert pareva più intenzionato ad ottenere informazioni piuttosto che darne, ma se alla fine lo scambio sarebbe stato reciproco, Alexander decise che poteva starci.

<< C'è qualcosa che ti turba a proposito del caso.>> diretto come solo un Lightwood poteva essere. Persino i suoi fratelli, sempre così sfacciati e dritti in ogni loro parola, non avevano ereditato la stessa precisione ad azzeccare il bersaglio e la stessa disarmante sincerità che era propria di quell'uomo.

Ma dopotutto noi siamo cecchini.

<< Si.>> rispose secco e vide il padre annuire soddisfatto. Non gli piacevano i giri di parole, non piacevano a nessuno dei due, erano solo fiato sprecato, il tentativo di indorare la pillola o allontanarsi dal discorso principale.
<< Cosa.>>
Quello era il momento in cui Alec rispondeva alle sue curiosità, se fosse stato abbastanza esaustivo avrebbe ricevuto in cambio la stessa moneta.
<< Settimane fa chiesi a Lewis di mostrarmi i dati dell'allarme della casa. Ha un sistema particolare di riconoscimento facciale basato sul nome inserito nel database, ma questa volta il nome era fasullo e l'unica informazione che il computer ha ricevuto è stata la segnalazione di un accesso previsto per una data ora. Effettuato. Fell bloccò subito dopo tutti gli accessi della casa, ma un computer da remoto li disattivò e fece entrare altri sei individui.>> rimase in silenzio attendendo che suo padre metabolizzasse prima della batosta finale, un cenno con la mano e continuò. << Abbiamo rintracciato l'indirizzo IP e la sua fonte è un computer dei nostri.>>
Per qualche strano motivo la reazione di suo padre non lo stupì minimamente.
Robert rimase fermo con gli occhi puntati nei suoi, come se non gli avesse appena detto che c'era una probabile talpa nel dipartimento e aspettasse che continuasse a raccontare.
Poi realizzò che se un mese fa la Signora aveva chiama il suo capo, di certo doveva aver parlato anche con chi era sopra di lui, ergo suo padre.
Quindi, o la va o la spacca.
<< Ho sentito il Capo Blackthorn parlare con la Signora, c'è un indagine degli Affari Interni in corso? Devo far rapporto a lei?>> Lo chiese con sincera curiosità, aspettandosi una risposta dal Capo del Dipartimento e non da suo padre, ma questi si limitò ad annuire.
<< C'è altro?>>
Alec lo guardò in cerca di qualcosa nel suo volto ma non vi trovò niente.
<< Solo che la vittima aveva paura del compratore e sospettava della merce. Ha lasciato un messaggio in segreteria ad un amico e gli ha detto che tutto l'affare gli ricordava i suoi vecchi tempi, che mi è stato detto furono quelli in cui il padre di questo amico lavorava ancora nel giro.>>
Non seppe perché ma non riuscì a pronunciare il nome di Bane, inconsciamente si disse che se non l'avesse nominato sarebbe stato ancora al sicuro.
Al sicuro da cosa poi?
<< Chi è il suo amico e chi era suo padre?>> chiese comunque l'uomo.
<< Non conosco il nome del padre, ma l'amico di Fell è Magnus Bane.>>
Al solo sentir quel nome suo padre si espresse in quella reazione stupita che avrebbe dovuto sfoggiare prima. Lo vide sgranare gli occhi e aggrottare le sopracciglia, come se avesse rievocato un fantasma ormai scomparso da anni.
<< Bane è fuori dai giochi da molto tempo.>>
<< Lo so, mi è stato detto anche questo. Ho solo- >> tentennò e combatté inutilmente contro l'istinto di mordersi il labbro che aveva fin da bambino quando non era sicuro di qualcosa, << penso che l'assassino potrebbe essere un vecchio collega di Bane, magari qualcuno di così potente da poter minacciare un membro del dipartimento o addirittura comprarlo.>>
Robert chiuse gli occhi e si lasciò andare contro la spalliere dalla poltrona. Un gesto così stanco e sconfitto che Alexander non aveva mai visto fare a suo padre.
Si passò le mani sul volto in una sbiadita imitazione di ciò che faceva anche lui quando era preoccupato o aveva troppi pensieri per la testa, cose da non credere. Poi diede due colpi di tosse, reclinò la testa contro il cuscino e lo guardò di sottecchi.
<< Da sempre il dipartimento ha contatti nei giri criminali. Le soffiate arrivano in ogni momento, anonime o fatte da persone che conosci perfettamente ma devi far finta di non aver mai visto in vita tua. E' da qualche tempo che quelle che ci arrivano paiono… fiacche. Veniamo informati di piccoli traffici, di spostamenti di qualche chilo di coca o di qualche casa chiusa, ma non è mai nulla di troppo sostanzioso. E mentre noi corriamo dietro ai pesci gli squali continuano con i loro affari.
I dubbi sono cominciati a sorgere quando un nostro uomo sotto copertura in una gang è riuscito a mettere una cimice nell'ufficio del suo capo. Ha scoperto che stava per esser effettuata la vendita di una grossa partita di pasticche, ma lui, che è uno dei più fidati del boss, non ne sapeva niente.>>
Una morsa allo stomaco lo fece sbiancare, << Lo hanno scoperto?>>
Suo padre scosse la testa, << No, non lo hanno scoperto, non è compromesso. Siamo riusciti a intercettare la merce e ha mettere dentro un paio dei loro, ma l'agente è ancora operativo. Il problema principale è che quella cimice non doveva esser piazzata.>>
Alec aggrottò le sopracciglia, in che senso? << Come?>>
<< Questo senso. Nessuno aveva dato l'autorizzazione all'agente a posizionare una cimice nell'ufficio di quell'uomo, troppo rischioso, troppe conseguenze, è fortunato ad essere anche riuscito a recuperarla in tempo. Ma il fatto rimane: ogni spia che è stata piazzata in quel palazzo, nelle loro sedi, non veniva mai trovata ma non registrava neanche nulla di utile. L'unica che invece ha fatto centro… >>
<< E' stata una cimice piazzata per iniziativa dell'agente senza informare i suoi superiori della decisione presa.>>
Robert fece un cenno con il capo ed allargò la mani, come a dirgli “esattamente, hai colpito il punto”.
<< Ad Imogen questo non è passato inosservato, soprattutto visti i precedenti. Ha così deciso di aprire un indagine interna.
Ora tu mi vieni a dire che il sistema d'allarme della tua vittima è stato disabilitato dagli uffici del dipartimento. Non me ne stupisco, segue un filo logico di cui abbiamo già preso coscienza e di cui dovremmo sicuramente indagare di più. A chi hai riferito le tue scoperte?>>
<< Inizialmente solo Lewis lo sapeva. Gli ho detto di cancellare le sue ricerche e di mettermi tutti i dati su pennetta, l'ho chiusa in cassaforte. >> suo padre annuì d'accordo con le sue azioni, << Poi però mi sono ritrovato costretto a dirlo anche al Capo Blackthorn, c'erano troppi indizi che mi portavano a sospettare di un membro interno e lui ha concordato con me.>>
<< Hai fatto bene, Andrew è informato delle indagini degli Affari Interni, è stato uno dei primi che Imogen ha chiamato. E' una persona fidata, lo dimostra ogni giorno sul posto di lavoro e lo ha dimostrato ampiamente in passato. Hai detto a Lewis di tenere la bocca chiusa vero? Quel ragazzo è peggio di un pappagallo.>>
Alec condivise la smorfia di suo padre ma gli assicurò che nulla era trapelato.
<< Va bene.>> fece con fare definitivo l'uomo, << Riferirò quanto mi hai detto ad Imogen Herondale e a lei soltanto, se dovesse esserci una fuga di notizie sapremo a chi far capo.>>
<< Papà… >> continuò però Alec, << Ho chiesto a Simon di controllare se ci fossero trasmittenti nascoste per il dipartimento… se ci sarà una fuga di notizie non potrebbe essere stata registrata la mia conversazione con il Capo? O la tua con la Signora Herondale?>>
Robert scosse il capo, << I nostri uffici sono sicuri, li ha esaminati uno specialista dell'FBI.>>
Alec alzò le sopracciglia stupito e l'uomo invece una mano, come a bloccare qualunque parola.
<< Si, è necessario e si, ci fidiamo del Dottor Branwell.>>

Annuì e si alzò, pronto a congedarsi da quella stanza e da quel discorso quando suo padre lo sorprese con una domanda del tutto inaspettata,
<< Hai conosciuto Magnus Bane?>>
Tentennò, << Certo, l'ho anche interrogato.>>
L'uomo strinse le labbra pensieroso, << Mh.>>
<< Perché?>>
<< Che ti sembra? Ci vai d'accordo? Collabora?>>
<< Direi che è un personaggio particolare e molto scaltro ma no, per nulla collaborativo inizialmente.>>
<< Mh, e ora?>>
Alec espirò forte dal naso, crucciato, << Perché mi chiedi queste cose?>>
L'altro si strinse nelle spalle, << Curiosità. Sai, qualche settimana fa tuo fratello è andato a trovarlo nel suo locale e quando l'ho incontrato mi ha raccontato di quanto fosse arrabbiato Bane perché non c'era “il suo bel detective Occhi Blu”, ha detto che gli ha addirittura strappato il telefono di mano quando gli ha detto di avere il tuo numero. Oh, e che ti ha chiamato e finita la conversazione sembrava… come ha detto? Oh, si, “un bambino a cui viene negato il suo giocattolo preferito”, detto alla Jace, puoi immaginare, ma il senso è quello.>>
Il ragazzo fissava stupito suo padre: da quanto si sprecava per tutte quelle parole per- per cosa poi? Gli stava seriamente chiedendo che tipo fosse Bane per…

Dio no, ti prego. Lui no, no.

<<Quindi, che tipo è? Ci vai d'accordo ora?>>
Alec boccheggiò arrossendo, << E' un testimone, ci vado d'accordo quanto basta per concludere il caso. M-mi ha mandato la cassetta con la registrazione del messaggio di segreteria che gli ha lasciato Fell e- >>
<< Quindi il regalo che hai ricevuto in ufficio te lo ha mandato lui? Con dentro una prova ?>>
<< Hai parlato con Luke.>> non era una domanda, era una semplice affermazione, non poteva essere altrimenti se no… << No. Ti prego dimmi che tu hai parlato con Luke e non è stata mamma a pararci.>> si schiaffò una mano in faccia stropicciandosi gli occhi e non vide suo padre stringersi nelle spalle,
<< Passavo da quelle parti e ho fatto un salto a salutarlo.>>
<< E parlate di me quando vi incontrate?>>
<< Ti era arrivato un regalo. Volevo chiederti chi te lo aveva mandato, ma me lo hai detto tu.>>
<< Ti rendi conto che Bane è un criminale?>>
<< Sherlock Holmes era un drogato ma non vuol dire che non fosse una persona interessante.>>
<< Papà...>>
<< Sto solo dicendo che se è una persona interessante, quando chiuderai il caso- >>
<< Ha ripresto da te, ecco da chi. Izzy ha ripreso tutto da te. Altro che mamma. Senti, io me ne vado, okay? T-tu… tu sei anche il Capo del Dipartimento, mi stai incoraggiando a stringere legami di sorta con un criminale i- io, io… io n-n-non ci posso credere ch… >>
<< Era solo una domanda. Sono pur sempre tuo padre.>> fece quello innocente.
<< No. Papà, davvero. Grazie, ma no, non farlo.>>
<< Jace dice che è un bel tipo e se lo dice lui...>>
<< Ciao papà, vado a salutare la mamma e poi scappo a lavoro.>> cercò di tagliar corto Alec, sentiva non solo le guance ma anche il collo in fiamme e non voleva immaginare le condizione pietose in cui si trovava.
Fare delle insinuazioni del genere… su un testimone che era stato indiziato… un criminale per giunta!
Incurvò la schiena ed incassò la testa nelle spalle mentre marciava verso il bagno per darsi una sciacquata alla faccia e cercare di calmarsi.

Lui poteva anche essere la copia sputata di suo padre nell'aspetto e in tanti atteggiamenti, ma dopo ben venticinque anni di vita Alec aveva appena capito che la vena pettegola di sua sorella non derivava da sua madre e dalla sua capacità di farsi gli affari altrui per lavoro, no, assolutamente no.
I suoi fratelli, il triunvirato del gossip di casa Lightwood era presieduto nientepopodimeno che da Robert Lightwood.


 


 

Malgrado l'imbarazzo cocente che ancora lo attanagliava al sol ripensare all'ultima parte del discorso con suo padre, questo gli aveva fatto venire in mente anche molte altre idee.
Aveva mandato un messaggio a Simon in cui gli chiedeva se fosse riuscito a fargli quel favore, a cui il ragazzo aveva risposto con un esaustivo “quale favore”. Inutile dire come Alec avrebbe voluto spaccargli la testa e come lo avrebbe chiamato per insultarlo se subito dopo non gli fosse arrivato un altro messaggio che recitava:


 

Oh, quel favore. Il favore che dovevo farti. Il tuo personalissimo favore. Tu e il tuo favore. Quel favore?”

 

Alec lo avrebbe davvero ucciso.

 

[cit.]”

Ringrazia il tuo Dio che mi devi fare un favore e non prepararmi un veleno Lewis se no avrei fatto in modo che ci rimanessi secco.”

OMFG! Hai capito la citazione! Alec! Sono così felice!”
“ Squich- squich- squich- squiken!”

E' solo un messaggio ma ti assicuro che posso ferirti irrimediabilmente anche a parole”

Tu mi devi la mia ghianda. Hai mangiato tu la mia ghianda?”
 

Sono abbastanza sicuro che l'ordine fosse inverso. Allora? Devo venire fino al laboratorio ad appenderti al muro per farmi dare una risposta o pensi di riuscire ad essere serio per due secondi?”

Sono sempre serio io! E poi quel cartone non è apprezzato abbastanza.”

Zitto e sputa il rospo Kronk”

Ehi! Perché io Kronk! E tu chi sei? Yzma?”

No, sono lo scoiattolo. Devo chiamarti?”

Fa molto relazione clandestina”

Fa molto mia madre che minaccia Jace per waths app.”

Lo ha fatto? Cioè, Maryse sa usare wapp? Serio?”

Lewis, ricordati la mia promessa di farti trovare nudo davanti ad Izzy.”

Si, lo so, lo so. Tavolo delle autopsie e niente non-morti.
Ma no mio fedele Padawan, sto ancora operando :\”

Al massimo sei un Clone random. Non chiamarmi Padawan.”

E tu saresti un perfetto Imperatore!”

Quanto ti manca?”

Tre e quattro e ottantacinque.”

Non voglio risponderti.”

Lo hai chiesto tu!”

Lewis.”

Mi spieghi come riesci ad essere intimidatorio dicendo solo il mio nome anche per messaggio?”

Sto aspettando.”

Anche io!”
“ Forza.”
“ Non mi rispondi più?”
“ AAAAAAALEEEEEEC”
“ Non cederò così facilmente!
La forza è grande in me!”
“ Okay, no, ho fatto due livelli ma sono ancora in alto mare. Te lo avevo detto.”

Grazie Lewi, torna a fare il tuo lavoro ora.”

Che la forza sia con te Padawan”

Sta zitto Clone.”
 

Chiuse la conversazione con il castano e fissò per un tempo indefinito la lista dei suoi contatti.
Qualche giorno prima, precisamente quando aveva riportato la cassetta Bane, gli era arrivato un messaggio con un numero, un cuore e una faccetta che faceva l'occhiolino.
Lo aveva salvato come Magnus Bane. Nome e cognome, distaccato e professionale.
Le domande di suo padre tornarono prepotenti alla ribalta e Alec si morse la lingua sbattendo la testa contro il volante della sua auto, rischiando di beccare il clacson e svegliare tutta la stradina deserta in cui si era fermato.
Prese un respiro profondo e decise che no, non avrebbe tenuto un'altra discussione telefonica con Bane, la prima gli era bastata. Si, gli avrebbe mandato un messaggio.

Dove sei?” No, troppo diretta e poi pareva che avessero un appuntamento e l'altro fosse in ritardo.

Sei a lavoro?” Dio e questa? Pareva così intima, magari doveva dargli del lei?
“ Ciao, scusa se ti disturbo, avrei bisogno di parlarti. Sei al Pandemonium? No, no, no. Neanche questa.
Sospirò ancora e si grattò la nuca guardandosi attorno. Che doveva fare? Riprovò.

Buona sera-” Neanche questa. Non era più capace ad inviare un cavolo di messaggio?
Le sue maledizioni silenziose vennero interrotte dal sibilo della vibrazione che lo avvisava dell'arrivo di un messaggio. Da parte di Bane.

Salve mio bel detective, ho visto la tua iconcina segnalare in continuazione 'sta scrivendo' ma o mi stati dedicando un ode, cosa buona e giusta, o qualcuno qui è indeciso.”

Merda.

 

Cosa posso fare per te bocconcino?”

Non chiamarmi in quel modo”

 

Magnifico Alexander, magnifico, è proprio così che si risponde ad un messaggio, eccola la tanto decantata educazione di casa Lightwood.

 

Awwww! Ti ho mai detto quanto sei dolce quando metti il broncio? Scommetto che lo hai fatto!!”
“ Mi ti immagino anche a congratularti con te stesso per la rispostaccia. E mamma non dice niente?”

 

Certo, lo sfotteva pure lo stronzo.

 

Avrei delle domande da porti, stai lavorando? Posso rubarti qualche minuto?”

Puoi rubarmi anche le mutande se vuoi.”
“ Anche se no, quelle no. Non le porto ;)”


Alec deglutì: come c'erano arrivati lì?

 

E' una risposta affermativa? Posso passare in ufficio?”

Si, era una risposta affermativa signor detective. No, non puoi passare in ufficio.”
“ Non ci sono.”

Puoi dirmi l'orario in cui posso trovarti?”

Oh dolcezza! Ma tu mi hai già trovato! Sono libero e felice come una farfalla e solo soprattutto”
“ Ma non sono al Pandemonum, sono a casetta.”
“ Le mando la posizione detective, mi raggiunga qui. L'aspetto con ansia <3”


 

Il messaggio successivo lampeggiò nell'anteprima di un indirizzo di Brooklyn e Alec rimase a fissarlo per almeno cinque minuti.
Doveva davvero andare a casa sua?
Insomma, era già capitato che si recasse a casa di testimoni o sospettati per un controinterrogatorio o per chiedere delucidazioni. Era del tutto normale. Non c'era niente di strano.
Diede un'occhiata alla sua meta e lanciò il telefono sul sedile del passeggere imprecando a mezza voce. Questa era tutta colpa di suo padre e delle sue stupide insinuazioni. E di Jace che andava in giro dicendo che Magnus Bane era “un bel tipo” e di Lucian Garroway che diceva a suo padre che aveva ricevuto un regalo.

Fanculo tutti.

Ingranò la prima e si rinmerse nel traffico Newyorkese.

 

L'appartamento di Magnus Bane non lo sorprese per nulla. Si era immaginato un ambiente eclettico e sofisticato, elegante e anche tracotante lusso.
Certo, le numerose foto del proprietario di casa mezzo nudo a svariate feste non se le era proprio figurate, diciamo così, ma essere un buon poliziotto consiste anche nel non mostrarti troppo interessato a ciò che ti circonda o ti viene detto.
L'attico era però stranamente ospitale, come se fosse stato creato per accogliere molte persone o pochi e fidati eletti.
Alec si sedette rigidamente sul bordo del divano, deglutendo un poco a disagio mentre l'uomo, che gli dava le spalle intento a trafficare con le bottiglie dell'angolo bar, gli elencava una serie indefinita di nomi di bevande o cocktale di cui lui ignorava completamente l'esistenza.
Eppure gli pareva così brutto dirgli “Ma una birra non ce l'hai?”, sia perché sembrava davvero terribilmente maleducato, sia perché Alec non beveva in servizio.

<< Te l'ho già detto, sono in servizio.>> provò per l'ennesima volta ricevendo in risposta solo un movimento vago della mano.
Il detective sospirò e si diede un'altra occhiata intorno, soppesando quadri e statuine, ninnoli di vario genere e anche il grammofono che faceva bella mostra di sé vicino al camino. Dio santo, chi è che aveva un camino in un attico moderno di New York? Magnus Bane a quanto pare.
Stava cercando di sbirciare con quanta più discrezione possibile la libreria dell'altro quando una macchia bianca si piazzò proprio davanti all'ultimo scaffale in basso, esattamente quello che stava fissando Alec. Ma che diamine era quel coso?
Neanche avesse richiamato la sua attenzione a gran voce il coso si girò verso di lui, dando bella mostra di un piccolo triangolino rosa, dei baffi lunghissimi e degli attenti occhi gialli. Le orecchie erano minuscole, in scala al suo proprietario, ma quando si leccò le labbra la lingua gli parve sproporzionatamente grande.
Il gatto, perché quello era il coso bianco, annusò l'aria che lo circondava e poi cominciò ad incedere silenzioso verso di lui, ogni passo attutito dai cuscinetti morbidi e dallo strato di pelo di cui erano rivestite le zampe. Magnus intanto aveva preso delle bottiglie colorate e ne aveva versato in contenuto in uno shaker, cominciando a mescolare con grazia ed eleganza la bottiglia di metallo.
Okay, no, non è vero, cominciando ad agitarsi come se fosse lui stesso lo shaker.
Alec era abbastanza sicuro che per mescolare al meglio due liquidi non fosse necessario sculettare in quel modo e concentrarsi sul piccolo gomitolo di peli che gli si stava avvicinando e che continuava ad odorare l'aria come se tentasse di capire se fosse proprio lui la fonte dell'odore anomalo che sentiva, gli parve la soluzione migliore.
Sentiva la voce dell'uomo canticchiare a labbra chiude un motivetto un po' troppo incalzante e con la coda dell'occhio vide alzare le braccia in aria come se avesse in mano delle maracass. Magnifico.
Si riconcentrò sul gatto solo per vederselo saltare letteralmente sulle gambe e odorargli la giacca e la cravatta.
Titubante Alec provò ad allungare la mano, offrendo l'indice al naso microscopico del felino e sospirando di sollievo quando questo vi si sfregò contro. Aveva anche lui un gatto, sapeva che non doveva fare movimenti improvvisi o suoni sorpresi, a meno che non volesse una bella artigliata.
Peccato che forse non tutti lo ricordavano.

Bane si voltò finalmente verso il detective soddisfatto del suo spettacolino, aveva mescolato anche più del dovuto quel povero cocktale ma almeno si sarebbe goduto la faccia rossa ed imbarazzata del giovane uomo che sedeva sul suo divano. Faccia che non vide perché Lightwood pareva averlo ignorato per tutto il tempo per dedicare le sue attenzioni a… ?

<< PRESIDENTE!>>

Il gatto schizzò via dalle gambe di Alec alla velocità della luce, non prima di avergli piantato le unghie nelle cosce per aver una maggiore presa sul suo terreno di corsa.
Alec strinse le labbra ma non proferì parola, limitandosi a voltare la testa verso l'altro e fissarlo con un'espressione molto esplicativa.

Magnus gli sorrise un poco dispiaciuto, << Non dovevo urlare, eh?>>
Il moro scosse la testa sospirò, << Possiamo finalmente parlare? Hai il tuo drink ora.>>
<< Mh mh e se non fossi così ingessato ora lo avresti anche tu… il drink intendo.>> alzò un sopracciglio ammiccando e il detective strinse di nuovo le labbra, ignorando volutamente il sottinteso. Dopotutto quell'uomo riusciva a trovare doppi sensi e significati nascosti in ogni dannatissima frase.
<< Te l'ho già detto, non- >>
<< Quando sei in servizio, si, si, lo so.>> si lasciò cadere sulla poltrona, poggiando le gambe sul bracciolo e la schiena sull'altro, il bicchiere trasparente riempito di un liquido verde acido stretto tra le dita ingioiellate. << Cosa posso fare per il mio detective preferito?>>
Fu il turno di Alec di alzare un sopracciglio, << Perché, ne hai più di uno?>>
<< Oh! Non essere geloso tesoro, ho detto che sei il mio preferito, in assoluto. >> batté le ciglia in modo teatrale, << E poi l'altro è Luke- sono un grosso cane da tartufo- Garroway. Non c'è partita dolcezza, vinci a mani basse.>>
Alec annuì.
<< Soprattutto se sono abbassate verso certi lidi… >> continuò quello con tono casuale.
Il moro abbassò la testa sconsolato, << Ce la fai ad essere serio per due minuti?>>
Un gesto elegante della mano si sostituì alla risposta dell'uomo, ora intendo a sorseggiare piano il suo intruglio alcolico.
<< Mi servirebbe sapere se ci sono gang, gruppi, singoli o qualunque tipologia di associazione criminale che ultimamente riesce a scappare ai blitz della polizia o che riesca a nascondere gli affari più grandi. Anche se c'è qualcuno che si vanta di ciò nell'ambiente.>>

Magnus si tirò su di colpo sputacchiando il drink e tossendo, Alec ci mise poco ad alzarsi e dargli gentili colpi sulla schiena per aiutarlo a riprendersi, togliendogli anche il bicchiere di mano per evitare che se lo rovesciasse addosso.
<< Vai dritto al sodo tu eh? Non avresti tipo dovuto farmi un preambolo su come stesse andando il caso, su dove ti stessero portando le indagini e su quanto ti servirebbero determinate informazioni ma non sapessi dove prenderle? Tipo una cosa molto sottile in cui io, alla fine, mi sarei offerto di darti determinate notizie. E non solo ovviamente, se me lo chiedi posso darti anche il c- >>

<< Magnus!>> sbottò indignato il detective che era stato fermo a sentire quello sproloquio assolutamente non necessario. Tanto alla fine sarebbe stato quello il sunto del discorso, perché girarci attorno?

Parla quasi quanto Simon se parte.

<< Era solo una proposta la mia, un promemoria mettiamola così.>>
Alec tornò a sedersi sul divano, ora un po' più vicino all'imprenditore che si stava allungando verso il tavolinetto per riprendersi il bicchiere.
<< Puoi darmi queste informazioni o no?>>
Magnus sospirò scuotendo la testa, lo stesso atteggiamento di chi spiega per l'ennesima volta qualcosa ad un bambino,
<< Alexander, prima di chiedere certe cose si deve corteggiare il diretto interessato, fargli delle belle moine ed adularlo, offrirgli qualcosa in cambio. Mi stai chiedendo di dirti se i miei compagni, i miei amici, il mio mondo sta sfuggendo con più facilità al tuo. Mi stai chiedendo di tradire la loro fiducia, lo capisci vero? Potresti almeno spendere due paroline carine invece di sparare subito il fuoco più grande.>>
Il moro lo fissò per un secondo, rimuginando su quello che l'altro gli aveva appena detto e prima che Bane potesse continuare l'elenco delle cose che poteva fare per convincerlo, tra cui sarebbe sicuramente rientrato qualche favore sessuale, Alec lo batté sul tempo:

<< Magnus, ho bisogno di sapere se qualcuno sta scappando dalla polizia con più facilità del solito, perché potrebbe essere collegato al caso e ho bisogno di capire di chi posso fidarmi tra la gente del mio mondo. Sto chiedendo a te perché so che hai le capacità per trovare ciò che mi serve e dissipare i miei dubbi e perché mi fido di te e delle tue parole. Non potrei chiedere a nessun altro e non lo farei comunque. So che sei una persona corretta e che non sei solito tradire i tuoi compagni, ma ne ho davvero bisogno. Ho bisogno del tuo aiuto, puoi farlo?>>

Magnus osservò in silenzio il suo ospite, aveva detto tante belle parole ma ciò che gli rimbombava per la testa era solo una frase, come in un loop infinito: “Mi fido di te”. E subito al secondo posto: “Non potrei chiedere a nessun altro e non lo farei comunque.”
Dannazione se non lo aveva appena fregato con tutte le sue costosissime scarpe di Armani.

E non mi ha neanche dovuto adulare sul piano fisico, cazzo.

Alla fine chiuse gli occhi e prese un bel respiro.
<< Piaci a Presidente Miao.>>
Alec lo fissò senza capire, preso in contropiede.
<< Come scusa?>>
<< Piaci a Presidente Miao, il mio gatto. La palla di pelo che ti è saltata in braccio prima.>>
Il ragazzo annuì continuando a non capirci niente, << Beh, grazie? Ma questo co- >>

<< Al mio gatto non piace nessuno. Raph dice che non gli piaccio neanche io.>> Posò il drink ancora mezzo pieno di nuovo sul tavolo.
Io che non finisco un alcolico, come sta girando il mondo?
<< Ma tu gli piaci e a lui piacciono solo i migliori.>> lo guardò dritto in quegli occhi blu così grandi da parere infantili, così confusi da far tenerezza e al contempo così profondi da farlo rabbrividire. << E se uno dei migliori mi chiede un aiuto, se arriva a fidarsi di me più che dei suoi pari, allora io l'aiuterò.>>

Alec sembrò gonfiarsi di sollievo, un sorriso storto gli piegò le labbra e Magnus non riuscì a non ricambiare.

<< Grazie.>>

Dannazione Ragnor, guarda cosa mi tocca fare per te, fare la spia alla polizia. Stupido cornuto, non potevi morire d'infarto?

<< Non c'è di che fiorellino.>>


 

Magnus Bane era appena stato incastrato da due delle sei persone sulla faccia della terra che il suo piccolo ed infame gatto approvasse.

Una fitta dolorosa gli ricordò che il calcolo non era esatto: le persone erano cinque fino ad un mese fa, poi erano diventate quattro ed erano appena risalite al vecchio livello.
Un'altra fitta gli fece pensare che Ragnor sarebbe andato molto d'accordo con il detective.

Bastardo fortunato, sei riuscito a trovare l'unico angelo pronto a farti giustizia in mezzo a quest'inferno.

Magnus Bane non sapeva davvero quanto avesse ragione.

   
 
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