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Autore: whitemushroom    18/11/2017    5 recensioni
"Testa o croce, la regola più elementare del mondo. E Edgar aveva scelto croce."
Storia partecipante al contest "Tredici storie per tredici fratelli" per festeggiare l'ottavo compleanno del mitico thexiiiorderforum.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edgar Roni Figaro, Sabin Rene Figaro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Testa o croce

 

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Personaggi: Edgar Roni Figaro (a sinistra), Sabin René Figaro (a destra)
Fandom: Final Fantasy VI
Rating: giallo
Avvertenze: nessuna. Se volete un consiglio, prima di leggere date un attimo un'occhiata a questo link, soprattutto se non conoscete il fandom. La storia può ovviamente essere compresa anche senza la visione di questa scena, ma credo che il dialogo e la musica di sottofondo siano molto utili per rendere più cariche e cariche le ultime righe, visto che su di esse viene incardinato il tema del contest.


La sabbia gli entra nelle narici, raschiandogli la gola. Con una mano Sabin si solleva il bavero, stringendosi nelle spalle per resistere al freddo della notte nel deserto; alle sue spalle le ultime luci del tramonto illuminano le torri di Figaro, e per un attimo il desiderio di tornare indietro si affaccia. È ancora in tempo per afferrare le briglie del chocobo e rientrare a palazzo, sgattaiolare nel cortile ed arrampicarsi su per le feritoie della torre ovest: può scivolare nel proprio letto senza che nessuno si accorga della sua fuga, tirare su le coperte ed attendere il giorno successivo, quando le campane suoneranno venti rintocchi per celebrare l’incoronazione dei principi gemelli.
“Dici che sono stato un egoista, amico mio?” dice alla sua cavalcatura, grattandogli le piume.
Testa o croce, la regola più elementare del mondo. E Edgar aveva scelto croce.
Il chocobo solleva la testa, quasi a fissarlo negli occhi ed a dargli una risposta, poi arruffa le penne e si ferma in attesa di un suo comando. La notte copre le dune più distanti e Sabin, per la prima volta, si accorge di quanto sia buio il mondo senza la luce delle case e delle candele; le prime stelle iniziano a brillare, ma purtroppo non ha la più pallida idea di come si leggano.
Sa solo che deve andare avanti, perché indietro lo aspettano Figaro e tutta la loro corte, quella massa di ipocriti che hanno seppellito loro padre senza una lacrima; gente senza spina dorsale, in attesa solo di un re dietro cui nascondersi e su cui scaricare tutte le colpe in caso di necessità. Lui e Edgar non hanno mai voluto averne a che fare.
Testa o croce, perché in fondo al piccolo Figaro non servono due re. Il vincitore sarebbe stato libero di scegliere il proprio destino.
Anche se le tenebre si infittiscono riesce ancora ad intravedere la propria meta. “Prima tappa, il monte Kolts. Sbrighiamoci”.
Il chocobo lo fissa una seconda volta, poi si lancia nella sabbia, saltando tra le dune. Sabin si fa forza e respira l’aria della sera a pieni polmoni, lasciando le briglie per abbracciare il vento. Un vento che fischia e copre le voci della corte e del popolo, che compone una grandiosa marcia mentre vola lontano da ogni cosa, senza più nessuno che gli dica come salutare o come vestirsi, che gli imponga di non andare nelle taverne a mescolarsi col volgo o di non ingoiare i cibi senza averli masticati dieci volte. La libertà ha una forma, ed è quella della tempesta di sabbia che si forma davanti a lui, pericolosa e indistruttibile; è la tormenta indomabile che ha sempre sognato e che è divenuta realtà quando, sulla superficie dorata della moneta, è emerso il profilo di una testa.
“Ho preso la mia decisione, Edgar” mormora, asciugandosi le lacrime col retro della mano. Dà un ultimo colpo di briglia al chocobo, ed insieme si tuffano nella tormenta, liberi come hanno sempre sognato. “Perdonami, se puoi”.


“… e se non credete alle mie parole, credete a ciò che potete vedere. Credete nella vostra, no … nella nostra forza. La stessa forza che l’impero Gestahl teme di affrontare a volto scoperto!”
Edgar riprende fiato. Le prossime parole saranno decisive.
“Mio padre è stato assassinato per non aver piegato il ginocchio davanti all’imperatore. E, fidatevi, io non sarò da meno. Mai consegnerò la nostra splendida Figaro a chiunque, specie a gente che conosce come unico valore l’inganno, e come sola moneta la slealtà. Questo … questo sarà il mio primo giuramento come nuovo re!”
Sì, il discorso suona bene. Ad essere sinceri meglio di quanto avesse prospettato.
Ripeterlo il giorno dopo davanti a migliaia di persone … ecco, Edgar è abbastanza certo che non sarà esattamente la stessa cosa.
Stanco di provare si accascia sul trono, immerso nel buio. Dalla finestra le stelle sembrano suggerirgli ancora un paio di frasi epiche da aggiungere al discorso, ma il principe è abbastanza sicuro che quando verrà l’alba e le campane suoneranno i venti rintocchi, la lingua gli si appiccicherà sul palato e rimarrà sul balcone a fissare il popolo con la stessa vivacità di un chocobo stecchito. Senza contare che dovrà spiegare a tutta la corte come mai dei due principi gemelli destinati all’incoronazione ne sia rimasto soltanto uno –per di più quello famoso per aver attentato al protocollo ed al decoro della famiglia reale più di una volta. Prega che, per quel momento, Sabin abbia varcato il confine e non sia stato così stupido da aver avuto qualche ripensamento.
Edgar chiude gli occhi, immaginandosi al fianco del fratello, al galoppo nella notte. Fuggire senza un soldo in tasca, al massimo una scatola degli attrezzi ed un po’ di cibo, magari diretti a Zozo per raddrizzare qualche torto oppure a scivolare tra le lenzuola di ogni bella fanciulla di Jidoor.
Testa o croce, abbastanza semplice. Avrebbe potuto scegliere testa, ed essere libero di lasciarsi quella palla di sabbia alle spalle una volta per tutte.
Si siede meglio, cercando di capire come si riesca a stare comodi su quel trono stretto e duro. Lo sguardo gli cade sull’altro trono, quello alla propria destra, quasi ad immaginarsi quell’anima in pena di Sabin rigirarvisi dentro durante la sua prima udienza: loro padre aveva sempre sognato di vederli regnare insieme, e quei due seggi di legno sono l’ultimo ricordo di quell’uomo dalla folta barba che aveva perso la voce nel farli camminare con la schiena dritta ed il mento in alto, riprendendoli ogni volta che scambiavano la sala delle udienze per il palcoscenico dei loro giochi immaginari. “Lo sai che non sarò mai come te, vero? Che non lo saremmo stati nessuno di noi due, anche regnando insieme …”
Nel buio può parlare a suo padre per l’ultima volta.
Nel buio può piangerlo davvero, perché da domani gli sarà vietato di versare anche la più piccola delle lacrime.
Porterà avanti Figaro da solo, sapendo che Sabin potrà realizzare i suoi sogni cavalcando tra la terra ed il cielo. Di lui terrà solo quel trono gemello, ma per il resto taglierà ogni catena che ha legato suo fratello a quel posto: farà fondere la sua corona, se necessario. Porterà via la statua che gli artisti di palazzo hanno già posizionato al centro del cortile, una che rappresenta Sabin con un’espressione seria che non gli è propria. Realizzerà nuovi sigilli e … beh, dovrà risolvere la questione del conio.
Testa o croce, una bella domanda. “Mi mancherai, Sabin”.
La luce delle stelle illumina la fatidica moneta, quella che suo padre gli aveva fatto scivolare tra le dita quando era stato chiaro che non sarebbe sopravvissuto a quel veleno. Il proprio profilo gli risponde di rimando, la lunga chioma bionda che corre lungo tutto il bordo dentellato.
Testa o croce. È il Fato a scegliere.
Ma Edgar ha trascorso buona parte del proprio tempo libero nelle taverne e nei bordelli, e lì ha imparato che il Fato è il primo giocatore a dover uscire dal campo. “Magari la prossima volta fai più attenzione. Il gioco d’azzardo non è il tuo forte”.
Testa o croce. La propria libertà, o quella di suo fratello.
Fa volare la moneta in aria e, quando la raccoglie nel proprio palmo, l’altra faccia gli mostra il profilo triste di Sabin.
“Buon viaggio, fratello mio”.
  
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