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Autore: DigitalGenius    18/11/2017    1 recensioni
Garfield arrossì lievemente. Non poté evitare che il cuore gli si fermasse, nel guardarla, anche se non era la vera Raven.
«Allora, cosa ti porta qui?» gli domandò lei sorridendo.
Garfield dischiuse le labbra per risponderle. All’improvviso tutti i suoi piani, tutti i discorsi a cui aveva pensato per riportare Raven tra i Titans, sembravano inutili. Chinò lo sguardo e strofinò per terra una suola della scarpa.
Sentiva quegli occhi addosso a sé e quello sguardo lo trafiggeva.
«Dov’è che sono le altre emozioni? Potrei parlare con alcune di voi?» esordì all’improvviso agitando le punte delle orecchie.
Coraggio scrollò le spalle. Il sorriso le si spense mentre si avvicinava al bordo del precipizio su cui si trovavano. «Loro non verranno» annunciò rassegnata. «Si vergognano»
«Perché dovrebbero?» le domandò il ragazzo seguendola. «Sono sempre il buon vecchio Beast Boy, credevo di piacere almeno alla metà di loro»
«Tu ci piaci» lo tranquillizzò lei nel vederlo quasi nel panico. Gli sorrise. «Diciamo che non sono pronte ad incontrarti. O almeno non lo sono la maggior parte di loro»
«Perché?» domandò Garfield mogio. «Perché loro no e tu sì?»
«Perché?» ripeté lei. «Perché io sono il Coraggio»
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven, Robin, Starfire
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Signori, signore, demoni e mezzi demoni di questa e di quell’altra dimensione, dopo nonhovogliadicontarequanti giorni dall’ultimo aggiornamento ecco il tredicesimo capitolo di Blood. Tutti si stanno certamente domandando: “passeranno altri nonhovogliadicontarequanti per il prossimo capitolo (che probabilmente sarà l’ultimo)?”. Lo sapremo solo quando vedremo il prossimo aggiornamento, ma speriamo che non passi così tanto!

Vi lascio al riassunto dei capitoli precedenti e vi informo che ora la fanfiction è anche su Wattpad a questo link:

https://www.wattpad.com/373330147-blood-prologo

Se ci siete seguitemi, ci sono anche le altre mie fanfiction sui Titans e alcune fanart.

RIASSUNTO SPOILER PER CHI NON HA LETTO:
Raven è fuggita dalla torre in gran segreto, anni dopo è tornata in città, ma non è tornata alla torre a rimettere insieme i pezzi della squadra che è più o meno crollata in sua assenza. Non è tornata da sola; si è portata dietro tre ragazzi (fratelli da parte di padre): Belial, Jeremy e Lilith. E se il primo resta un po’ in disparte gli altri due attirano l’attenzione uno di Starfire e l’altra di BeastBoy (che ora si fa chiamare Changeling) per via di una sorta di legame/simpatia per cui loro vorrebbero prenderli sotto la loro ala. Se Belial pare avere pienamente il controllo della situazione (e di altro), i poteri dei più piccoli sono invece ancora instabili, oscillando tra i traumi delle loro vite e l’incapacità di relazionarsi in un mondo umano/cittadino in cui tutto può accendere le loro emozioni, che ovviamente sono quelle che scatenano il loro poteri.
Presto si scopre la ragione del ritorno di Raven: lei, Belial, Lilith e Jeremy stanno preparando un rito per evocare Trigon, ma una volta aperto il varco che lo riporterà in questo mondo, quando i quattro fratelli dovrebbero ucciderlo e bloccarlo per sempre, Belial li tradisce per mantenere il varco aperto, pugnala Raven e dimostra di aver fatto sempre il doppio gioco con Evren, un quinto fratello.
Ora il varco si sta aprendo e la terra è di nuovo in pericolo, mentre Raven sta morendo tra le braccia di BeastBoy, perché in questa fanfiction nata per il BBRae c’era troppo poco BBRae.



CAPITOLO 13
Lava e cenere



La cenere piovve dal nulla, si impigliò tra i capelli di Changeling e si depositò sulle sue dita umide del sangue di cui i suoi guanti erano ormai impregnati. Nulla sembrava riuscire a fermarne il flusso.
«Non mollare, ti prego.» supplicò a denti stretti.
I polpastrelli scivolavano, premevano sulla pelle calda di Raven attraverso lo strappo che il pugnale aveva lasciato nel vestito e non riuscivano a fare presa sui due lembi della ferita per tenerla chiusa.
«Sei stata stupida, non credevo che te l’avrei mai potuto dire, ma avremmo potuto essere tutti qui per aiutarti e tu invece hai scelto di tenerci fuori.» le disse tremando.
Premette il palmo sulla ferita, guardò il viso pallido di lei e trattenne un singulto. «Stupida, stupida Raven.»
Le palpebre di Raven tremarono, il ragazzo pensò di averlo immaginato, oppure di aver provocato quella reazione perché stava premendo troppo forte, ma quando vide le pupille leggermente sbiadite di lei che cercavano il suo viso, nonostante il sollievo, non riuscì a sorriderle.
«BeastBoy.» disse lei senza fiato.
«Ora mi faccio chiamare Changeling.» le ricordò.
Sollevò lo sguardo, l’aria odorava di fumo, qualcosa sopra di loro si stava muovendo, tutto ciò che aveva davanti vibrava dando l’impressione che la realtà attorno a loro si stesse distorcendo.
«Changeling.» ripeté Raven.
«Esattamente.»
Con un gemito, Raven piegò un braccio e premete un gomito per terra per sollevarsi, ma Changeling la tenne giù.
«No! Non muoverti!» le disse. «Hai perso molto sangue, sto cercando di rallentarlo ma non ci riesco, devi iniziare a guarirti da sola.»
«Non ci riesco.» rispose Raven. Si aggrappò al polso di lui e cercò il suo sguardo. «Non riesco a concentrarmi.»
Changeling scosse il capo. «Sì che ce la fai, devi solo impegnarti.»
Ma Raven lo ignorò e si girò verso gli altri.
Nonostante fosse cieco, Belial riusciva a parare ogni sfera di energia di Starfire respingendole con sicurezza come se riuscisse addirittura ad anticipare il lato da cui lo avrebbero colpito. Lilith era al fianco della ragazza, cercava di aiutarla come poteva, la teneva al sicuro dalle sfere di energia che Belial le rimandava indietro, punzecchiava il mezzo demone per cercare di distrarlo, ma nulla sembrava efficace.
Robin e Cyborg si spalleggiavano nell’affrontare Evren, ma lui sembrava avere per loro la stessa considerazione che avrebbe avuto per un insetto che fosse fermo sulla parete dalla parte opposta della stanza rispetto a dove si trovava. Usava la spada per respingere i Birdarang, per tagliare in due e deviare i raggi laser di Cyborg, ma continuava a guardare in alto, a cercare qualcosa nell’aria carica di elettricità.
Changeling si sforzò di distogliere lo sguardo.
«Ehi.» disse a Raven. E solo quando lei tornò a guardarlo continuò. «Andrà tutto bene, ok? Sistemeremo questo casino e tu starai bene.» Lei tossì ed uno schizzo di sangue le imbrattò il mento e scivolò contro la guancia.
«Cyborg!» gridò Changeling. «Non riesco a fermare il sangue, mi serve il kit del pronto soccorso!»
«L’ho lasciato in fondo alle scale!» gli rispose l’amico.
Le dita di Raven si strinsero attorno al suo polso, la stretta si allentò e poi si fece di nuovo forte. «Il portale si sta aprendo.» disse.
Lui annuì, trovò il kit con lo sguardo, ma scoprì con un gemito che era troppo lontano per raggiungerlo senza togliere le mani dalla ferita di Raven. D’un tratto, inaspettatamente, il kit scivolò da solo verso di lui fino ad urtare contro i piedi di Jeremy, ancora fermo dall’altra parte del cerchio. Il ragazzino lo raccolse e corse verso di lui, quando fu di fronte a Changeling lo fissò ad occhi sgranati, come per chiedergli cosa avrebbe dovuto fare adesso.
«Passami le garze» gli disse Changeling.
«Si sta aprendo.» disse Jeremy, infilò le mani nella scatola e ne tirò fuori delle forbici e due grossi rotoli, iniziò a srotolarne uno ed a passarglielo così che lui potesse usarlo per tamponare la ferita.
«Non me ne frega nulla, in questo momento.» gli disse, ma non si aspettava che proprio in quel momento lo squarcio tra le due dimensioni si aprisse con il rimbombo di un pezzo di stoffa che si strappa amplificato di diecimila volte. Fu tanto intenso da ferirgli le orecchie, l’aria si fece pesante ed il calore invase la vecchia biblioteca, mentre proprio sopra le loro teste appariva un cielo rosso fiammante che portò da loro odore di fumo e carne bruciata.
Evren attraversò la fessura con un balzo, Belial indirizzò uno Starbolt verso Starfire, sbalzandola contro la parete, poi fece lo stesso.
«Non lasciateli scappare.» disse Raven.
Robin annuì, pochi secondi dopo aveva lanciato il suo rampino oltre la fessura ed era corso dietro i demoni. Starfire lo seguì, mentre Cyborg e Lilith, corsero verso Changeling. Lilith si aggrappò al mantello di Raven come se fosse l’unico modo per non scoppiare a piangere.
«Qui ci penso io» disse Cyborg. «Tu sei più utile a Robin e Star.»
Changeling lasciò che prendesse le bende inzuppate di sangue tra le mani, ma non si allontanò e la mano di Raven era ancora avvolta attorno al suo polso. Premette il palmo sul dorso della sua mano e scosse il capo.
«Non posso lasciarla così.» disse.
Allora la presa di Raven si allentò. «Ti prometto che starò bene,» gli disse lei. «ma tu devi andare.»
Lui scosse il capo, si irrigidì, piantò le ginocchia per terra anche se gli dolevano per il timore che lo trascinassero via di peso. «No.»
Raven lasciò il suo polso e gli sfiorò la gamba, il sangue scorreva ancora imbrattando le bende, ma lei tenne gli occhi aperti ostinatamente fissi nei suoi. «Starò bene se andrai e ti assicurerai che Trigon non vinca.»
Changeling sospirò, il dolore che provava nel petto faceva sì che il mondo attorno a lui risultasse ovattato e l’aria che si distorceva non faceva che intensificare la sensazione. Non voleva lasciare Raven, ma temeva che non darle ascolto l’avrebbe spinta ad insistere rischiando di farla peggiorare e Lilith e Jeremy lo guardavano supplichevoli, mentre Cyborg teneva gli occhi bassi.
Pulì le mani sui pantaloni della tuta, la cenere si stava accumulando sulla polvere e sui simboli che Belial ed Evren avevano tracciato sul pavimento, il calore offuscava i suoi sensi animali, quindi doveva fare affidamento solo sugli occhi secchi per l’aria pesante. Con un’ultima occhiata sfocata a Raven e gli altri, mutò in un’aquila ed attraversò il varco in un battito d’ali.
Appena fu dall’altra parte gli fu subito chiaro di essere in un’altra dimensione; si sentiva pensante al punto da dover atterrare e ritrasformarsi, ma qualcosa continuò a ribollire nel suo corpo, come se tutti gli atomi del suo corpo si scindessero e riordinassero in continuazione, incapaci di ritrovare il loro equilibrio o forse semplicemente adattandosi al mondo che ora lo circondava. Changeling premette le mani sugli occhi, cercando di fermare la terra che oscillava attorno a lui, di impedire alle rocce di sdoppiarsi disorientandolo.
Cadde in ginocchio sulla sabbia, sembrava che tutto fosse rosso, dal cielo alla terra, tanto che gli venne il dubbio che fossero i suoi occhi ad avere qualche problema. Strofinò i dorsi delle mani sulle palpebre, qualcosa pizzicava all’angolo dell’occhio, forse un granello di polvere smosso dal vento, ma neanche le lacrime incontenibili parevano riuscire a dargli sollievo. Asciugò le guance e si sforzò di guardarsi attorno, studiando con difficoltà ciò che lo circondava.
Se mai si fosse soffermato a pensare a come fosse l’inferno, di certo l’avrebbe immaginato simile per aspetto e temperatura. Ora che era tornato a vedere, si alzò ed avanzò incerto e, ancora chino su sé stesso, scoprì che quella che aveva scambiato per terra era in realtà cenere ancora incandescente che cadeva dal cielo e si ammucchiava ai suoi piedi. Changeling non riusciva a capire cosa stesse bruciando. Si girò un’ultima volta verso il varco, fermi in aria a pochi metri da uno strapiombo che era ben felice di aver evitato.
Gli venne quasi la tentazione di guardare cosa ci fosse lì sotto, ma scacciò via quel pensiero per cercare le impronte degli amici in modo da capire quale direzione avessero intrapreso. Iniziavano proprio davanti a lui, delle incerte piccole fosse abbastanza distanti da fargli intuire che Robin aveva corso. Le seguì, ragionando sul fatto che Starfire e i due mezzi demoni dovevano aver volato fin da subito e, ad un certo punto, Starfire aveva probabilmente sollevato Robin in volo per raggiungerli. Quando le impronte dell’amico si interruppero, Changeling spiccò un salto sfruttando lo slancio per spalancare le ali, trasformando gli arti a mezz’aria, ma non riuscì a mantenere quella forma e precipitò di nuovo al suolo e slittando sulla cenere per alcuni metri.
«Porca miseria.» gemette, sputando la cenere che gli era finita in bocca.
Qualcosa gli impediva di mutare come voleva, il suo corpo quasi non gli obbediva, gli animali racchiusi nel suo DNA mutante facevano a gara per uscire e nessuno di loro riusciva ad avere la meglio sugli altri, provocandogli un gran mal di testa.
Rannicchiato per terra, portò le mani alla testa e strinse denti gemendo. «Basta.»
Prese fiato, capendo che suo mal grado prima di poter essere utile a sé stesso ed a chiunque altro avrebbe dovuto risolvere questo problema, allora si fece forza, issandosi in ginocchio e restando a capo chino, la fronte quasi premuta nella cenere. Se gli animali miravano a venire allo scoperto tutti insieme, avrebbe fatto in modo di dare spazio ad ognuno di loro il più possibile. Cercò nella sua mente gli animali più chiassosi, fece spazio loro uno alla volta, abbastanza per dargli fiato, ma non per prendere il controllo. Lasciò gli artigli affilarsi fino a perforare stivali e guanti, le squame ricoprire la sua pelle, i denti affilarsi e la lingua scattare tra le labbra secche. Strappò le maniche per permettere alle prime ali di svilupparsi direttamente dalle ossa del braccio e ricoprirsi di membrana sottile, rimase chino perché un altro paio si sviluppasse dalla schiena e gemette, quando il loro peso lo investì in pieno e le piume iniziarono a frusciare, accavallate sulla carne fresca.
Mutare era sempre stato abbastanza doloroso ma, pensò Changeling nel percepire la schiena aprirsi in due per liberare una coda di lucertola che subito iniziò ad agitarsi sulla cenere disegnando un ventaglio dietro di lui, probabilmente dopo questo avrebbe evitato di farlo per almeno un mese. Quando finalmente gli istinti animali furono solo dei sussurri nel fondo della sua mente, con il fiato corto ed il proprio sangue che andava a mescolarsi con quello di Raven che aveva addosso, sollevò il capo verso il cielo. Alla fine non aveva ben chiaro quali animali avesse lasciato uscire allo scoperto, ma fu ben felice che uno di essi avesse una membrana sull’occhio che gli permetteva di vedere alla perfezione e sopportare meglio il calore, quindi agitò le orecchie sensibili per cercare di captare dei rumori e scandagliò il territorio circostante in cerca di segni di vita.
Li individuò quasi istantaneamente, alcuni chilometri più avanti, oltre un altro strapiombo che gli impediva di vederli. Prese ancora la rincorsa, arrancando per lo scatto iniziale e poi piegando le ginocchia per darsi lo slancio. La ali si spalancarono, le piume frusciarono mentre lui divaricava le braccia per usare anche l’altro paio, quindi prese quota e si concentrò per dare un ritmo ad entrambe le sue paia d’ali ed a sincronizzarle, poco dopo iniziò a muoversi in avanti invece che verso l’alto e sorvolò la zona deserta, sollevando nubi di cenere ad ogni colpo d’ala. Il terreno scivolò rapido sotto di lui, che si lasciò alle spalle il portale senza guardare indietro, la coda che lo appesantiva restando a penzoloni, costringendolo ad un volo sbilenco a schiena china e con il peso male equilibrato, le gambe flesse in un vano tentativo di tenerle strette contro il corpo ed essere più aerodinamico. Si trovò a chiedersi se correre su quattro zampe non sarebbe stato meglio, poi vide lo strapiombo.
Le rocce finivano su quella che sembrava una scogliera, ma dai riflessi che vedeva risalire da esse, là sotto doveva esserci un mare di lava. Qualcosa si muoveva, grugniva e vibrava, qualcosa colpiva le rocce, rompendole, qualcosa cadeva nella roccia fusa, Starfire e Robin erano là sotto e, almeno per ora, erano vivi. Qualche altro metro permise a Changeling di vedere l’immensa sagoma di Trigon e, inaspettatamente, di Belial ed Evren che lo affrontavano.
Atterrando ad un pelo dallo strapiombo, per prima cosa si sporse e cercò gli amici che, stupiti forse quanto lui, si erano rifugiati su una sporgenza appena una cinquantina di metri più in basso, sotto di loro la lava si ramificava districandosi tra le diverse isolette. Trigon era imponente, i piedi affondavano nella lava senza risentirne ma, assurdamente, sembrava infastidito dagli attacchi ripetuti dei suoi figli, che a Changeling sembravano solo zanzare moleste che lo punzecchiavano saltellando senza alcuna organizzazione. Planò lungo la parete di roccia, voltandosi in caduta libera ed aggrappandosi ad ali spiegate per rallentare la propria discesa. Gli artigli delle mani quasi si piegarono per il suo peso, scavando piccoli solchi nella parete di roccia fin quando, in prossimità degli amici, Changeling piegò le gambe ed usò i piedi per fermarsi.
Starfire e Robin ebbero un sussulto, ma erano illesi.
«Cosa mi sono perso?» domandò loro.
I due tornarono a guardare lo scontro. «Pensavamo che l’avrebbero portato al varco, ma lo hanno attaccato.»
L’incertezza che trapelava dalle parole di Robin, di solito così composto e deciso, lo spiazzò. Starfire lo fissava come se lo vedesse per la prima volta, confusa dal suo aspetto e forse anche dal suo arrivo.
«Dobbiamo aiutarli?» domandò.
Changeling grugnì. «Io non aiuto chi pugnala i miei amici.»
Con una rotazione del braccio, Trigon colpì Belial e lo scagliò contro la parete della scogliera, il suo corpo scavò un solco nella roccia che lo fece sparire alla loro vista per alcuni secondi, polvere e detriti scivolarono verso la lava, atterrando in essa con diversi sonori splash. «Sarà rischioso, ma voglio vedere dove vogliono arrivare.»
Sotto lo sguardo affilato di Changeling, Belial si rialzò, ma non gli diede l’impressione di voler tornare ad attaccare direttamente. Ai suoi occhi, in realtà, era tutto abbastanza semplice, forse per via dei suoi sensi animali. La lotta poteva essere benissimo un modo di far valere il proprio valore, per la contesa di un territorio, per il dominio degli inferi. Forse Trigon si era sentito minacciato e non aveva preso bene il loro arrivo, nonostante il legame di sangue con lui, ma se erano stati loro a cominciare potevano semplicemente essere in cerca di vendetta per la sorte toccata loro a causa delle loro origini. Oppure volerlo spodestare per prenderne il posto nel dominio degli inferi.
Anche Evren planò a terra, proprio dalla parte opposta di Trigon. Lui e Belial rimasero ai due lati del demone, che solo allora si accorse di Changeling e i suoi amici che restavano appollaiati sulla sporgenza. I suoi occhi scintillarono di curiosità, prima che le sue labbra si schiudessero scoprendo i denti in un ringhio che fece vibrare il suo petto e rizzare i peli sulla nuca. Parve che Trigon si fosse dimenticato dei suoi figli, tese il braccio verso Changeling e gli altri, dischiudendo la mano come per afferrarli e, probabilmente, stritolarli, ma prima ancora che loro potessero realizzare quello che stava facendo per reagire lui aveva stretto il pugno a vuoto e chinato lo sguardo.
Changeling pensò che Evren e Belial avessero ricominciato a punzecchiarlo, invece scoprì che avevano approfittato della sua distrazione per disegnare un cerchio magico tutto attorno a lui.
Il ruggito di furia che il demone emise fece tremare la terra, in lontananza qualcosa si alzò in volo sbucando dalla lava sciamando verso di loro. Il cerchio era quasi completo, i due lo avevano disegnato talmente in fretta che Changeling si domandò come avessero fatto, considerata la stazza di Trigon.
«Ecco perché lo attaccavano a turno.» osservò Robin.
Sotto lo sguardo confuso di Starfire, Changeling intuì che mentre uno dei due lo teneva impegnato l’altro si occupava di tracciare il cerchio simbolo per simbolo, incidendo direttamente sulle rocce degli isolotti attorno a lui. Ora che avevano finito, un campo di forza si sviluppò attorno a lui, scie di luce si alzarono fino al cielo formando una barriera. Le creature che arrivavano da lontano formavano una nuvola scura, dietro di loro i fulmini infiammavano il cielo, quasi come se loro stessero arrivando con la tempesta. Changeling non ci teneva affatto a scoprire cosa sarebbe successo se li avessero raggiunti.
Starfire strinse la mano attorno al braccio di Robin, pronta a sollevarlo ed a trascinarlo via. «Dobbiamo andare via?»
«Senza assicurarci che Trigon sia morto? Non cedo proprio.» rispose Robin, i piedi ben piantati sulla sporgenza.
I demoni arrivarono abbastanza vicini per far sentire i loro strilli acuti ed i battiti ritmici delle loro ali, Changeling riconobbe nelle loro ali la forma di quelle che si erano sviluppate dalle sue braccia, piegate seguendo la curva del suo gomito e ora sferzate dal vento e spinte da esso contro i suoi fianchi e contro il ginocchio. Si domandò se in qualche modo il suo corpo si fosse adattato a quella dimensione acquisendo le fattezze degli animali che lo abitavano, ma quando i suoi occhi misero a fuoco i volti bruciati, le braccia scheletriche ed i denti affilati e luridi scoperti verso di loro si disse che mai, per nessuno ragione, avrebbe preso la forma di uno di quelli.
Belial ed Evren portarono le mani alle labbra, premettero i denti sul polso fino a ferirsi e tesero il braccio, lasciando scivolare le mani oltre la parete di luce, lasciando uno squarcio in essa. Il sangue iniziò a gocciolare sul terreno, i rivoli atterrarono sulle rocce fumanti e, invece di seccarsi o evaporare per il calore del terreno, scivolarono verso Trigon che, a capo chino, sollevò i piedi per evitare che lo toccassero. I demoni erano vicini, i primi planarono sulla barriera tentando di attraversarla per arrivare in soccorso di Trigon, ma presero fuoco prima di arrivare a lui, precipitando a terra come un ammasso di carne bruciata. Il secondo sciame evitò la parete di energia girandole attorno in una spirale che, giro dopo giro, li portò all’altezza di Evren e Belial. I due si voltarono per affrontarli, ma Changeling non aveva interesse a guardarli ancora.
Il sangue non smise di rincorrere Trigon, lo raggiunse e scivolò su per i suoi piedi, ripercorse le gambe e i fianchi; nessuno dei tentativi di lui per scrollarselo di dosso pareva funzionare. Trigon si dimenò, cercò di premere i grossi palmi contro i rivoli per asciugarli, ma quelli deviarono, scivolarono verso la sua schiena quel tanto che bastava per essere fuori portata, risalirono dal collo e, prima che lui potesse rendersene conto, si fecero strada lungo le guance e si ripartirono in due scie che raggiunsero gli occhi.
Trigon gridò, il suo grugnito di dolore tuonò facendo quasi perdere l’equilibrio a Robin, che dovette aggrapparsi a Starfire per non cadere. Si accasciò come se avesse perso tutte le energie contro la barriera, che scintillò e sfrigolò a contatto con la sua pelle.
Changeling non si riusciva capacitare di quello che aveva davanti, non avrebbe mai immaginato che avrebbe assistito ad una scena simile, che bastasse così poco per stendere un demone simile. Probabilmente aveva a che fare con qualche magia di sangue, pensò, ed aveva già visto quanto era stato fondamentale per l’apertura del varco e per tutto il resto.
Una volta che Trigon fu in ginocchio, i demonietti apparvero provati quanto lui; lasciarono in pace Belial ed Evren, sbandarono in volo, urtarono gli uni contro gli altri schiamazzando e strillando, sbattendo contro la barriera, cadendo ed ammucchiandosi a terra privi di vita.
«Forse ora dovremmo intervenire.» disse Robin.
Changeling concordava, ma in quell’unico momento di esitazione precedente a quello in cui le sue dita si allentarono dalla roccia per permettergli di saltare via, la barriera cadde, il corpo di Trigon si rovesciò all’esterno del cerchio schizzando la lava e sollevando la cenere da sopra le rocce calde, qualcosa si stava formando nel centro della sua fronte; un taglio verticale quasi simile ad un occhio che si dischiuse, mentre i veri occhi si scioglievano gocciolando liquido putrido seguendo gli zigomi ed imbrattando i capelli bianchi. Belial si alzò in volo mentre gli ultimi demoni morivano, Evren lo precedette, affondando le dita nel taglio ed estraendone una perla rilucente di oscurità abbastanza grande da sembrare una sfera da chiromante. Sembrava che l’oggetto assorbisse la luce intorno, spegnendo i colori ed assorbendo i contorni delle dita di Evren.
Belial tese le braccia e mostrò all’altro i palmi come un mendicante che chiede l’elemosina, anche attraverso i suoi occhi spenti Changeling riusciva a vedere la smania di potere. Non c’erano dubbi che quella sfera contenesse un’energia inimmaginabile, che era ciò a cui avevano mirato fin dall’inizio. La sfera era una minaccia e i ragazzi non avevano idea di come avrebbero voluto usarla, ma sapevano che non avrebbero dovuto permetterlo.
Changeling lasciò che le dita scivolassero sulla roccia, si diede lo slancio per distanziarsi dalla scogliera e ruotò spalancando le ali per indirizzare il suo volo verso i due, sbatté le ali rapido e non si preoccupò di controllare che Robin e Starfire lo stessero seguendo. Belial era troppo vicino alla sfera, Evren troppo tranquillo, era impossibile che non si fossero ancora accorti di loro, che non si stessero preparando a reagire. Evren fu il primo a sollevare lo sguardo, Belial sembrava ancora perso a contemplare l’energia della sfera, che Changeling riusciva a percepire anche da lì, assieme a qualcosa che gli scorreva giù per la spina dorsale fino a raggiungere la punta della coda, che si agitava come se vivesse di vita propria, sollevandosi ed incurvandosi sulla sua testa per prepararsi ad attaccare.
Quando Changeling fu in prossimità dei due, Evren spinse Belial davanti a sé facendosi scudo con il suo corpo. La coda di Changelig si conficcò nel suo petto e iniettò il suo veleno, mentre Belial rantolava di dolore e, stupito ed incerto per il tradimento, cadeva in ginocchio e moriva.


  
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