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Autore: HarleyHearts    18/11/2017    0 recensioni
Lyla ha sempre avuto una vita normale, come tante sue coetanee ventitreenni.
Viveva con la madre e la sorellina minore, in una piccola casetta a schiera a Washington, e divideva le sue giornate tra l’Università e i migliori amici Rebekka e Robert. Andava tutto bene nella sua quotidiana monotonia.
Almeno, era così prima di incontrare in ospedale il nuovo medico pediatra Ciel O’Konnor; 27 anni di pure bellezza canadese, e un passato traumatico alle spalle.
Da quel giorno, da quel lieve sfioramento di mani, tutto è cambiato drasticamente.
L’esistenza di un mondo che credeva impossibile, una guerra sanguinosa che durava da decenni, creature straordinarie... persino Alpha; tutte cose che travolgeranno la sua vita, come un fiume in piena.
Prima storia della serie “Diversi, Simili ed Uguali”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 34
Capitolo 34
Parole non dette


Il Gamma rimase immobile per svariati secondi, fermo come una statua di sale.
La morsa che lo aveva fatto soffrire per interminabili secondi, e che si era miracolosamente sciolta nel momento esatto in cui aveva udito le parole di Robert, era tornata a tormentargli il cuore.
- C’è una cosa di cui non ti ho parlato -
- Cosa? - domandò confuso il castano, che non si aspettava una risposta simile.
La cosa iniziava a spaventarlo, e fargli pensare male.
Cosa non gli aveva detto?
Sicuramente non poteva essere una cosa positiva per il ragazzo, e il tono che aveva usato, insieme alla circostanza, non facevano altro che farglielo credere con maggiore intensità.
- Riguarda noi due, ed è... è una cosa che succede a quelli come me -
Robert inarcò un sopracciglio - Cosa? - marcò, con più forza.
Alb prese un bel respiro, preparandosi ad una delle spiegazioni più difficili della sua vita.
- L’imprinting -  




Lyla aprì gli occhi nel momento esatto in cui Rebekka iniziò a toccarle lievemente la spalla. Voltò lo sguardo e notò, vicino alla bionda amica, il viso conosciuto di Rie.
- Bobbie è sveglio - le comunicò, con un’espressione decisamente più rilassata in volto.
La corvina si accorse subito però che non era solo rilassata, ma nascondeva in sé una strana nota che non riuscì a comprendere subito. C’era qualcosa che non andava.
Si tirò su e lanciò, prima una rapida occhiata a Rebekka seduta vicino a lei, poi una seconda alla sorella del castano.
- Che è successo? - domandò, subito dopo.
Arianne si lasciò sfuggire una piccola smorfia - Non ne sono sicurissima, ma mi sa che Rob ed Alberich stiano litigando -
Ambe due le ragazze sgranarono gli occhi, spaventate.
Quello non era un bene.
Non lo era affatto.
Era forse possibile... che Robert non avesse accettato la natura del proprio ragazzo?
Se così fosse... come avrebbe reagito con loro due?





- Che cazzo vuol dire, me lo vuoi spiegare? - urlò quasi il castano, tirandosi su a sedere con evidente fare nervoso - Che mi ami perché sei obbligato? - sputò fuori, furente.
- Non ho mai detto una cosa del genere! - ribatté duramente l’altro, serrando la mascella - Non mi sono innamorato perché è stato l’imprinting a farmelo fare, ma perché ti ho conosciuto e mi sono innamorato per come sei te. Questo non ha niente a che vedere con quello che provo nei tuoi confronti -
Robert sgranò gli occhi esterrefatto. Non riusciva a credere a quello che stava sentendo.
- Come non ha niente a che vedere con quello che provi per me? Certo che c’entra, razza di... stupido orso-tattoo! Lo hai detto tre cazzo di secondi fa! -
- No, invece - ribatté ancora il corvino - Ho detto che l’imprinting ci permette di capire chi è la persona perfetta per noi, non che ci obbliga a provare forzatamente determinati sentimenti verso qualcuno. Sarebbe assurdo! -
Questa volta fu il turno dell’altro di stringere la mascella.
- È assurdo! Da come l’avevi spiegata sembrava quasi che fosse stato questo “sovrannaturale potere e forza mistica” a dirti “Ehi, lo vedi quel tipo? Bene. BADAZUM! Ora lo ami!”. Io cosa diavolo avrei dovuto capire? - parlò ancora, con un tono parecchio elevato.
- Che ti amo, e basta! - urlò anche Alb.
- Beh ti amo anch’io, e allora? - ripetè, con la medesima enfasi, incrociando le braccia al petto stizzito.
Rimasero entrambi in silenzio, e stizziti, per alcuni secondi.
- Perché stiamo litigando? -
- Non lo so! -
E rimasero in silenzio.
Il lieve suono, di qualcuno che bussava alla porta, attirò l’attenzione di entrambi.
Si fece avanti pochi secondi dopo, senza nemmeno chiedere il permesso, Ciel O’Konnor.
- Che vuoi Ciel? - domandò rapido il tatuatore, in maniera alquanto sgarbata.
 L’uomo gli lanciò una rapida occhiataccia e serrò la mascella, prima di distendere nuovamente i lineamenti del volto.
- Non vorrei disturbarvi, o interrompere il vostro litigio, ma ci tengo a comunicarvi che siete perfettamente udibili in tutto l’ospedale - spiegò, calmo - Vi consiglierei di abbassare un poco il volume, se non volete che tutti sappiano i fatti vostri -
I due, in silenzio, annuirono un paio di volte con la testa.
Il corvino fece per andarsene, ma si fermò sulla soglia della porta.
- Alb? - lo chiamò, sempre calmo.
- Sì? -
- Parlami ancora con quel tono e ti ribalto - un sorriso amorevole, che nascondeva tutt’altre intenzioni ed una non poco velata minaccia.
Alberich rimase ancora in silenzio, mentre osservava il fratello maggiore andarsene. Sospirò pesantemente, e riportò gli occhi chiari su quello che sperava essere ancora il suo ragazzo.
Gli occhi scuri erano socchiusi, e la fronte era contratta in una linea dura.
- Sei ancora arrabbiato con me? - gli domandò il tatuatore.
- Non lo so - borbottò - Sono sempre arrabbiato con te -
Il corvino si lasciò sfuggire un sorriso - Siamo in due allora -
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, e lo guardò male - Io non ti do mai motivi per essere arrabbiato con te; caso mai è il contrario - gli fece notare.
L’altro scosse la testa - No, caro mio. Potrei farti una lista scritta con tutte le ragioni - rise.
Negli occhi di Robert si accese una luce di sfida - Elenca, su - lo provocò, con un piccolo ghigno in volto.
Lui scosse la testa - Magari un’altra volta, con più calma - disse, con il medesimo ghigno, se non più grande.
- Quindi mi ami -
- È quello che ho detto, sì -
- Ed io amo te -  
- È quello che hai detto tu, orso-tattoo! -
Rimasero entrambi in silenzio per altri secondi.
- E abbiamo appena litigato -
- Sai che novità - rise Robert - Stiamo giocando ad affermare l’ovvio, e me lo sono perso? -
Lo sguardo che gli lanciò il tatuato non prometteva niente di buono.
Se lo sentiva: avrebbe fatto, da lì a poco, una delle sue solite battutacce. Anzi! Non se lo sentiva, lo dava per certo.
- Sai cosa ci starebbe bene ora? - domandò, malandrino.
Robert temette il peggio.
- Non lo so, e non lo voglio proprio sapere! - squittì, rosso in volto.
Alberich parve non sentirlo nemmeno.
- Un po’... - iniziò lentamente, per potersi gustare le reazioni del castano, che divenne più rosso ed iniziò a balbettare.
- Non t’azzardare, Alberich! -
- ... di sano è meraviglioso... -
- Non ci devi nemmeno provare! Non ti ascolto più! Non ci provare, stupido orso! - pigolò.
- Sesso post discussione e riconciliatore! - finì con un ampio sorrisone, sporgendosi appena verso il volto dell’altro.
Robert divenne ancora più rosso per quanto possibile, e gli lanciò un’ulteriore occhiataccia.
- Ti odio quando fai così - brontolò, ancora paonazzo.
Alberich rise divertito - Non è vero, e lo sai pure te -
- Già - sospirò il ragazzo, rassegnato - Purtroppo lo so -
Robert iniziò a torturarsi le mani, con fare nervoso. Gli dispiaceva aver reagito così male con il corvino alla rivelazione dell’imprinting, ma in un primo momento si era sentito quasi preso per il culo.
L’aver pensato ad una sottospecie di forza, che aveva praticamente obbligato il ragazzo vicino a lui a provare qualcosa nei suoi confronti, lo aveva fatto stare malissimo. Come se i suoi sentimenti non fossero ricambiati, ed Alberich stesse con lui perché doveva e non perché lo volesse davvero.
Forse, la moltitudine di informazioni ricevute, e la serie di esperienze appena vissute, lo avevano caricato a tal punto da farlo scoppiare in tale maniera.
Forse, ne aveva proprio bisogno, sfogarsi in quella maniera; però gli dispiaceva avergli urlato addosso.
- Mi spiace aver reagito così male - si scusò il castano.
Alberich scosse la testa - Tranquillo, la colpa è mia. Non mi sono spiegato bene, e ti ho caricato di troppe informazioni in poco tempo. È comprensibile che tu sia scoppiato ad un certo punto -
Rimasti nuovamente muti, l’uomo osservò a lungo il castano - Vuoi che... me ne vada? Per lasciarti un po’ di tempo per te... -
Quelle parole gli costarono care da pronunciare, e solo il silenzio che ne conseguì riuscì a farlo stare ancora più male.
- Non lo so sinceramente- pronunciò infine Robert, con lo sguardo sempre basso.
Non sapeva davvero cosa volesse in quel momento, e non si riteneva abbastanza lucido al momento per poter prendere una decisione di qualunque tipo.
Era stanco... e confuso, principalmente.
Erano successe così tante cose, in così poco tempo, che sarebbe stato impossibile per chiunque riuscire a reggere tutta quella mole di cose.
Robert non riusciva nemmeno ad autospiegarsi decentemente i sentimenti che stava provando.
Era confuso e spaventato? Sì, lo era.
Ma non era la storia dei licantropi a spaventarlo maggiormente, bensì la situazione con Alberich. Lui non era dotato di un interruttore per i sentimenti; se aveva detto di essere innamorato di lui, era perché lo era veramente.
Amava Alberich, ma la questione dell’imprinting e dell’essere per certo la sua anima gemella... lo spaventava, a morte.
Era come avere una responsabilità ed un peso sul cuore in più, non sapeva come spiegarlo.
- Alb, io... Mi dispiace, ma sono davvero tante informazioni e tanti avvenimenti da digerire - iniziò il castano - Forse ho bisogno solo di un po’ di tempo per metabolizzare il tutto, ma la mia testa è colma di così tanti “forse” che non so quasi più che pensare o fare. Ho paura di... poter sbagliare qualcosa -
- Lo posso capire - sospirò l’uomo, distogliendo lo sguardo - Non voglio metterti ulteriore fretta. Se le cose fossero andate diversamente ti avrei dato più tempo per metabolizzare questa storia, e avrei quanto minimo aspettato ancora un po’ prima. Ti lascerò tutto il tempo di cui avrai bisogno, Robert. Aspetterò -
Rob annuì un paio di volte, e non poté non sentirsi incredibilmente in colpa.
Stava forse sbagliando?
Si stava comportando troppo da egoista?
Dopotutto anche Alberich stava soffrendo per quella situazione, e non era di certo l’unico.
Ma... non sapeva bene cosa fare o dire.
L’uomo tatuato si alzò dalla sedia lentamente, a capo chino, pronto a lasciare la stanza.
- Vuoi che vada a chiamare tua madre e tua sorella? -
Il castano fece di sì e, nonostante avesse voluto fermarlo e dire qualcosa, lo osservò semplicemente uscire e andarsene.
Le parole non dette furono quelle che fecero più male, ad entrambi.



   
 
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