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Autore: Myra11    19/11/2017    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

 
-Si rifiutò di sollevare lo sguardo, eppure sentiva la sua presenza come una ferita pungente sulla schiena.-
 
 
Quando l’ultima persona ebbe lasciato la stanza, Noctis si rilassò sul trono, sentendo la pietra fredda contro la schiena. Era giusto ascoltare ciò che i suoi cittadini avevano da dire, e accogliere i nuovi gruppi di rifugiati che ancora arrivavano, ma era suo compito.
Chiuse gli occhi per un istante, massaggiandosi la fronte, rispettando in quel momento più che mai la forza che suo padre aveva dimostrato sorreggendo il peso del regno sulle proprie spalle.
«Stai bene?»
Gli sfuggì un breve sorriso.
Lui, almeno, non era da solo a svolgere quel ruolo, e il peso della Barriera non gli consumava la vita più velocemente del dovuto. Riaprì gli occhi e allungò una mano verso di lei.
«Si, sono solo un po’ stanco.» Confessò, e lei gli prese la mano con delicatezza, come se fosse fatto di cristallo. Si sedette al suo fianco e posò il viso sulla sua spalla.
«Sei il re, ma soprattutto sei mio marito. Posso andare avanti io, se lo desideri.»
Victoria, pensò, era stata un’assoluta sorpresa.
Tre anni prima l’aveva avvicinato con timidezza per ringraziarlo di ciò che aveva fatto, e lui aveva sentito lo stomaco stringersi guardando quella donna dal viso dolce e i capelli rosso fuoco. Da quel giorno erano stati inseparabili e, un anno dopo, lei era diventata sua moglie, e la nuova regina del recentemente ricostruito Regno di Lucis.
«Grazie.» Mormorò, depositandole un bacio sulla fronte. «Ma non posso chiederti questo. Vai, se lo desideri, ho solo più Ravus da incontrare.»
Ancora prima che finisse di parlare, lei stava scuotendo la testa. «Non ti lascio da solo. Sono la tua regina, e ascoltare i problemi del mio popolo è mio compito.» Decretò con un sorriso, che lui ricambiò sinceramente.
Era più forte di ciò che appariva, pensò, e più di una volta era stata la sua soluzione a problemi ai quali non trovava la risposta.
Le porte della sala del trono si aprirono nuovamente, e Ravus entrò a passo di marcia, gli occhi fissi su di lui, illuminati da una lieve aria divertita. Era insolito, per lui, sempre così contenuto.
«Cosa ti diverte, comandante?» Gli chiese con un sorriso, facendogli cenno di alzarsi quando lui s’inginocchiò: anche dopo cinque anni, lo imbarazzava che le persone che lo conoscevano s’inginocchiassero davanti a lui, trattandolo con formale rispetto.
Ravus piegò le labbra in un sorriso, e il re notò le lievi rughe che stavano comparendo intorno ai suoi occhi. «Ho appena sentito una storia interessante.» Confessò, la mano metallica poggiata sull’elsa della spada.
«Riguardo a cosa?»
Il principe di Tenebrae sorrise. «Riguardo alle gesta di un uomo dal volto bruciato, che può essere in più posti allo stesso istante.»
Noctis ridacchiò piano. «Nyx.»
Ravus annuì, confermando il nome.
Era ovvio, pensò Noctis.
Come linea di sangue di Lucis, Bahamut aveva revocato i suoi poteri divini quando aveva cancellato gli Antichi Re e i doni da lei loro concessi, ma Nyx era diverso e restava, in quel momento, l’unico uomo al mondo a potersi proiettare e usare liberamente la magia.
«Più leggende circolano su di lui, più i resti dell’Impero desisteranno dall’attaccarci. Procedi pure con il rapporto, comandante.»
E Ravus obbedì, spiegandogli nei dettagli cosa stava succedendo ai confini settentrionali del regno, di come i territori un tempo controllati da Nifheleim facessero fatica ad accettare un nuovo sovrano, e di com’erano stati costretti a sedare le rivolte.
Noctis, sebbene ascoltasse, era presente solo in parte.
Vorrei che fossi qui, padre. Si ritrovò a pensare con un breve sospiro.
Regis era nato per essere re, era saggio e riflessivo senza nemmeno sforzarsi, sarebbe stato tutto più facile con lui al proprio fianco.
Irrigidì la mascella, osservando il segno sull’anulare, e raddrizzò la schiena.
Ma è morto.
Si ferì volontariamente con quel pensiero, strappandosi ad un desiderio inutile e doloroso.
A distanza di quindici anni, non aver potuto dire addio a suo padre era il suo più grande rimpianto.
«Grazie, comandante. Puoi andare.» Fu la voce di Victoria a riscuoterlo, e vide Ravus chinare il capo e girare sui tacchi per uscire dall’ampia sala.
Anche se era ormai ricostruita, c’erano notti in cui Noctis si svegliava di soprassalto, sudato e agitato, e si trascinava fino a lì, i piedi nudi sul marmo gelato, tutto per assicurarsi che Ardyn non fosse seduto là, pronto a schermirlo. Quando succedeva, era sempre Victoria a raggiungerlo, e sempre lei che, senza dire una parola, lo stringeva a sé finché lui non tornava nella loro stanza da letto.
Si alzò dal trono e le sorrise. «Queste udienze sarebbero ancora più tediose senza di te.»
Lei rise piano e si strinse nelle spalle. «Non devi preoccuparti, non ho intenzione di andare da nessuna parte.»
«Bene, allora sono un uomo fortunato.» Si concesse il re, guidandola giù per le scale.
All’improvviso, gli venne da chiedersi che tipo fosse stata sua madre.
 

 
«Stai invecchiando, amico mio.»
La risata risuonò nel cortile intorno a loro, e l’uomo ritirò i suoi kukri nei loro foderi, poi abbandonò la posizione di guardia.
Quando chiuse gli occhi, Libertus esitò un attimo. «Che stai facendo?»
«Fidati, è un vecchio trucco. Credo che i ragazzi abbiano bisogno di vederlo.» Gli spiegò, sentendo i mormori delle reclute delle guardie reali intorno a loro.
«Non ritirare le armi, Libertus, per favore.» Gli chiese.
Drautos l’aveva addestrato così, e si era rivelata una tecnica brutale ma efficace.
O impari, o muori.
«Sei pazzo, Nyx.» Lo schermì Libertus, ma lui rise e scrollò le spalle.
«Può darsi. Allora, se vi state chiedendo cosa sto facendo.» Esordì, riferendosi ai loro spettatori. «Vi sto insegnando un trucco che potrebbe salvarvi la vita, e cioè che non dovete contare solo sulla vista, quando combattete.»
Fece un cenno con la mano, e Libertus si avvicinò con cautela. «Potreste avere sangue negli occhi, o trovarvi a combattere al buio.»
Era a pochi metri da lui, avanzava a passi calcolati, studiando il modo migliore per attaccare.
«In quel caso, l’udito sarà il vostro migliore amico. Ignorate tutto il resto.»
Eccolo lì, pensò. Aveva portato il piede sinistro indietro, pronto a darsi lo slancio d’attacco.
Quando si mosse, attese l’ultimo secondo, poi si spostò di lato e calciò via la spada dalle mani del suo migliore amico.
Riaprì gli occhi ed evitò a Libertus di cadere a terra, sbilanciato.
Fu in quel momento che un applauso si levò dal gruppo dei suoi studenti, e Nyx si passò una mano fra i capelli. «D’accordo, ora sceglietevi un compagno, niente armi.»
Obbedirono senza esitare, e lui li osservò uno per uno, camminando tra di loro.
Si fermò accanto ad una coppia di soldati, osservandoli con curiosità.
Erano gemelli, si rese conto, una femmina e un maschio, entrambi con i capelli più neri del buio e straordinari occhi azzurri.
«Posso?» Domandò, e la ragazza si fece da parte con un breve inchino.
«Certo Generale.» Era stato proprio il ragazzo a chiedergli di esibirsi in un combattimento per loro, e lui non aveva potuto rifiutare.
«Attaccami.» Gli ordinò, e lui obbedì.
Lui stesso aveva imparato molto, osservando Drautos combattere.
«Più veloce.»
«Il necessario per poterlo uccidere, vero Nyx?»
La voce lo distrasse mentre il soldato si muoveva.
Non era possibile, pensò, era stato lui stesso ad ucciderlo.
Il pugno del ragazzo gli affondò nello stomaco, e subito dopo l’intera legione di reclute era ferma ad osservarli.
Nyx sorrise tra sé e sé.
«Generale mi dispiace, non intendevo…»
Alzò una mano, bloccando le sue proteste. «Errore mio, mi sono distratto. Qual è il vostro nome?» Domandò, osservando i due gemelli.
Entrambi unirono i talloni, una mano sul cuore e l’altra dietro alla schiena, e s’inchinarono in un movimento identico. «Siamo Gratia e Sol Obscura, Generale.»
Nyx annuì, poi mise una mano sulla spalla al ragazzo. «Piacere di conoscervi. Continuate ad allenarvi, avete del potenziale.» Sorrise, e, dopo aver ordinato alle reclute di ricominciare l’addestramento, si ritirò nell’ombra del portico, e si abbandonò sulla panchina.
«Chi è che stava invecchiando?»
La voce di Libertus lo raggiunse, strappandogli un sorriso. Quando l’amico gli si sedette a fianco, Nyx non si voltò a guardarlo, ma sapeva che era preoccupato.
«Che ti è preso? Sono anni che nessun riesce a toccarti, e ora ti fai beccare da un novellino?»
L’uomo rise, e poi si strinse nelle spalle. «Non lo so.» mentì. «Forse sto veramente invecchiando.»
La gomitata nel fianco lo fece sobbalzare. «Non dire idiozie, Ulric, hai quarantasette anni e ne dimostri ancora trenta.»
Ridacchiò divertito, ma ben presto la sua risata si smorzò.
Era vero, pensò osservando Libertus. Avevano la stessa età, ma il suo amico aveva quasi tutti i capelli grigi, ormai, e le rughe si facevano ogni anno più marcate intorno agli occhi, mentre lui, al contrario, aveva ancora una sola solitaria striscia di capelli bianchi, e nient’altro che comunicasse l’età che aveva.
Com’era possibile?
«Non ci arrivi proprio, eh?»
Lo scherno nella voce lo fece irrigidire di tensione.
Si rifiutò di sollevare lo sguardo, eppure sentiva la sua presenza come una ferita pungente sulla schiena.
«Libertus, manda i ragazzi a casa, hanno finito per oggi.» Si alzò di scatto, spaventando il suo compagno d’armi, e poi si diresse verso l’uscita del cortile.
Quasi non si rese conto di coloro che lo salutavano, mentre si dirigeva a passi spediti verso quell’ala del Palazzo che era riservata alla famiglia reale e a coloro con il privilegio di vivere lì.
Si liberò della giacca dell’uniforme mentre entrava nella camera da letto, e la gettò distrattamente sul letto.
Si sedette sul materasso, nascondendo il viso fra le mani, ma ben presto un muso caldo attirò la sua attenzione, e lui vide gli occhi d’oro di Umbra osservarlo con aria curiosa.
Sfregò la testa del cane con una carezza. «Sto bene, bello, non preoccuparti.»
«Da quando parli con lui, Nyx?»
La voce divertita proveniva dal bagno e, voltandosi, lui vide Lunafreya guardarlo dalla porta, avvolta in un accappatoio che lui riconobbe come il suo, con un sorriso dolce sul volto.
Si alzò di scatto dal letto e l’abbracciò senza una parola, nascondendo il viso contro la sua spalla.
Lei non gli fece domande, e si limitò a ricambiare l’abbraccio, una mano sulla sua schiena e l’altra fra i suoi capelli.
Quando Nyx vide il movimento nello specchio, chiuse gli occhi, rifiutandosi di vedere, perdendosi nel profumo di fiori e sole di Lunafreya. Quando inspirò a fondo, qualcosa dentro di lui si calmò, come gli succedeva sempre quando erano vicini.
«Va tutto bene, amore mio. Sei a casa.»
  
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